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Non è un capello


di adad
10.08.2022    |    10.950    |    7 9.6
"Ma c’era qualcosa… qualcosa di non detto fra loro, che traspariva da certi sguardi fuggenti che entrambi si lanciavano di nascosto, dalla cura con cui..."
“E questo cosa sarebbe?”, disse Terry visibilmente alterata, entrando nella stanza e sventolandogli davanti agli occhi un lungo pelo ricciuto.
Se vuoi che non ti credano, di’ la verità, riecheggiò nella mente di Sandro. E infatti:
“E’ un pelo di cazzo, cosa vuoi che sia?”, rispose, cercando di soffocare lo smarrimento con un sorriso sicuro.
“Ma mi hai preso proprio per un’idiota? – berciò la donna, strabuzzando gli occhi – Un pelo di cazzo sul collo della tua camicia? Sicuro che non sia un capello di donna?”
“Ma che ne so, tesoro… conosci qualcuna che abbia dei capelli così?”
Terry stette a lungo a rimirare quel lungo pelo ricciuto, rigirandolo da tutte le parti. Mancava solo che lo annusasse.
“In effetti… - mormorò delusa – Ma che ci farebbe un pelo di… di… sul collo della tua camicia?”
“Lo chiedi a me?”
“E a chi dovrei chiederlo, a lei? Scusa, camicia, che ci fa un pelo di cazzo sul tuo colletto?”
“Ma non lo so, amore. Me lo avranno passato sulla Metro: lo sai che casino è all’ora di punta, che siamo messi pigiati peggio delle acciughe in un barattolo! Dai, lasciami finire questa relazione, ché devo presentarla domani.”, e ritornò ostentatamente al computer.
“Già… gliel’avranno passato sulla Metro…”, commentò lei, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
E invece Sandro sapeva benissimo cos’era quel pelo… Non è un capello, ma un pelo dell’uccello… gli sarebbe venuto da cantare. E sapeva anche benissimo di chi era e quando glielo aveva passato: era di Corrado, il suo stagista, e glielo aveva passato nella pausa pranzo quando si erano dati convegno nel bagno dei dirigenti per il consueto pompino.
Sandro si sentì percorrere da un fremito di piacere, e non solo fisico, ricordando la mattina in cui, arrivando in ufficio, aveva trovato quel giovane. poco più che ventenne, ad aspettarlo nel suo ufficio.
“Sono Corrado Trasporti, - gli aveva detto, tendendogli la mano – il suo nuovo stagista.”
“Sandro Solerti”, aveva risposto lui, stringendogli la mano.
Certo avrebbe preferito una graziosa smorfiosetta come stagista, ma quel giovane aveva un’aria simpatica e con quei lineamenti regolari, quegli occhi luminosi, quel fisico, che mostrava i suoi pregi, pur sotto il vestito, sarebbe stata una bella presenza nel suo ufficio.
In breve era nata fra loro una cordiale amicizia, che andava al di là del rapporto gerarchico, pur rispettandone tutte le formalità. Il patatrac successe un pomeriggio: Sandro era rientrato da poco dalla pausa pranzo e mentre aspettava l’arrivo di Corrado, con cui stava lavorando ad un progetto, decise di andare in bagno a soddisfare un’urgenza che gli era sopravvenuta all’improvviso.
Stava giusto espletando la bisogna, quando la porta alle sue spalle si era aperta e qualcuno si era postato all’orinatoio a fianco. Si era voltato leggermente.
“Corrado! – aveva esclamato – anche lei qui.”
“Quando scappa, scappa!”, aveva risposto quello con un sorriso e subito uno scroscio corposo si era fatto sentire, accompagnato da un leggero sospiro.
“Meglio di una sborrata, eh?”, ghignò Sandro, scrollandosi l’uccello e rimettendoselo nei pantaloni.
“Altroché!”, scoppiò a ridere Corrado, continuando a svuotarsi la vescica.
L’odore umido e dolciastro della pipì giunse alle narici di Sandro, che si tirò indietro, con un leggero moto di disgusto, ma gli rimase accanto, in attesa che finisse.
“Non ce la facevo più…”, si volse a guardarlo Corrado, con un sorriso franco e gioviale.
Ma nel voltare la testa, anche il corpo si scostò leggermente, quel tanto da permettere all’amico di scorgere il suo cazzo che ancora pisciava. Sandro non aveva mai visto il pisello di un altro uomo, per di più impegnato in un’azione così intima. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma qualcosa lo tratteneva, curiosità?… interesse?… non avrebbe saputo dirlo nemmeno lui: sentiva solo una forza misteriosa che lo spingeva a guardare quel bigolo carnoso, che stava terminando di espletare la minzione.
Corrado se ne accorse e dopo esserselo scrollato per bene, e forse più del dovuto, si voltò indugiando a rimetterselo dentro e, anzi, scoprendone dopo un poco il glande bagnaticcio. Corrado fissava Sandro con un sorriso adesso ironico e Sandro, fuori dal mondo, fissava l’uccello di Corrado, che iniziava a reagire, sentendosi al centro dell’attenzione.
Quando ebbe raggiunto un certo grado di turgore, Sandro non resistette, ma allungò la mano a toccarlo: bastò quello, perché il cazzo di Corrado scattasse in piena, pulsante erezione. L’uomo continuava a fissarlo e a stringerlo, senza parlare, come allocchito: solo il respiro sempre più pesante ne denunciava il profondo turbamento.
Fu Corrado a dare una svolta agli eventi: lo prese per mano e lo condusse verso uno dei box; lo spinse a sedere sull’asse del water, poi chiuse la porta alle sue spalle e gli si piazzò davanti. Si sbottonò i pantaloni e se li calò a mezza coscia assieme alle mutande, sollevando, quindi, i lembi della camicia ed esponendogli la sua baldanzosa virilità. La visione del nerbo turgido, che svettava, balzando fuori da un folto cespuglio ricciuto, finì con lo stordire del tutto il povero Sandro, che se ne stava lì a fissarlo senza parlare. Finché Corrado gli prese una mano e se la portò alle palle. Fu come una scarica elettrica che risalì il braccio di Sandro, svegliandolo dal suo intorpidimento per precipitarlo in una confusione ancora maggiore. Sollevò infatti lo sguardo a puntarlo negli occhi incredibilmente luminosi di Corrado, mentre gli palpeggiava con titubanza lo scroto.
Sempre fissandolo negli occhi, Corrado fece, allora, un passo avanti, portando la punta del glande a sfiorargli le labbra. L’afrore del cazzo e dei peli sudati, uniti al sentore di pipì, gli punse le narici, ma Sandro non si mosse.
“Prendilo in bocca.”, gli disse allora Corrado, suadente, e spinse leggermente.
E come ammaliato, Sandro dischiuse le labbra, facendoselo scivolare in bocca poco oltre la cappella. Se fosse stato presente a se stesso, forse si sarebbe ribellato o viceversa avrebbe potuto rendersi conto delle sensazioni che gli si presentavano; ma Sandro era come soggiogato, come se stesse vivendo quelle cose fuori da sé, in un’altra realtà. Sentiva questo paletto morbido e nello stesso legnoso, che gli scorreva piano fra le labbra e lui non era capace di opporsi, di reagire… Ma solo per poco, perché d’un tratto fu come se una furia animalesca gli si destasse nel più profondo dell’anima: abbrancò, allora, con foga le chiappe nude di Corrado, si spinse il suo cazzo ancora più a fondo nella gola e prese a succhiarlo, slurpando e leccando come un’anima dannata.
La sua operazione era rudimentale, non poche volte i denti raschiarono la delicata mucosa, spesso la suzione era troppo violenta, ma Corrado era strabiliato da quella risposta che non si sarebbe mai aspettato e non tardò a raggiungere il culmine del piacere. Pur nell’estraniamento dell’orgasmo imminente, avrebbe voluto togliersi, venire fuori; ma inconsapevole di quanto stava per succedere, Sandro lo teneva saldamente per le chiappe e fu giocoforza per Corrado sborrargli in bocca…
Sandro sembrò quasi non accorgersene e ingoiò tutto come niente fosse, anche perché era ulteriormente obnubilato dall’orgasmo solitario, che lui stesso stava subendo.
Finalmente, Sandro allentò la sua stretta e Corrado poté tirarsi indietro, sfilandogli dalla bocca il cazzo smosciato, che penzolò inerte, colando ancora un sottile filamento lattiginoso.
A quel punto, Sandro sembrò riscuotersi.
“Scusa, - mormorò, scuotendo la testa – non so cosa mi ha preso…”
“Nessun problema, - rispose l’altro in tono comprensivo – sono cose che succedono.”
“Ma io sono sposato…”
“Tranquillo… non dirò niente. E’ anche colpa mia… Non è successo niente, ok?”
Corrado si ricompose e uscì per primo. Sandro rimase ancora un po’ seduto sul water, quasi incapace di decidere il da farsi; alla fine si riscosse, andò al lavandino, si lavò le mani, si sciacquò la bocca e tornò in ufficio, imponendosi di non pensare a quello che era appena successo.
E infatti non ci pensò, né quel giorno, né i successivi, durante i quali i rapporti fra i due furono come sempre, cordiali e disinvolti. Ma c’era qualcosa… qualcosa di non detto fra loro, che traspariva da certi sguardi fuggenti che entrambi si lanciavano di nascosto, dalla cura con cui evitavano di sfiorarsi le dita, quando si passavano qualcosa, dal tono formale con cui parlavano, quando si scambiavano dei pareri…
Un giorno, era passata circa una settimana, uscendo per la pausa pranzo, Corrado si diresse ai bagni del personale e se lo stava giusto scrollando, dopo la bisogna, quando sentì aprirsi la porta alle sue spalle. Si voltò con l’uccello ancora in mano: Sandro era entrato e lo guardava con le spalle appoggiate alla parete piastrellata.
Si fissarono senza parlare: c’era come una preghiera, una muta preghiera, negli occhi di Sandro.
“Sono andati tutti via.”, disse in un soffio.
Corrado, allora, sorrise e gli tese la mano, l’uccello oscenamente già in turgore.
“Vieni”, gli disse e si chiusero in uno dei box.
Stavolta, fu lo stesso Sandro ad aprirgli i pantaloni, a sfilarglieli assieme alle mutande, a sedersi sul water e a prenderglielo in bocca, senza bisogno di alcun incitamento. Quanto seguì fu meno forsennato dell’altra volta, ma molto più ponderato e godurioso per entrambi. Sandro era consapevole di cosa stava facendo e lavorava con cura l’uccello di Corrado, cercandone i punti più sensibili, quelli che sembravano suscitargli maggior piacere, stando per lo meno ai gemiti sommessi, che gli strappava, e ai fremiti, accompagnati da quei corposi spurghi, di cui lui si stava scoprendo sempre più goloso. Come si rendeva conto che era fantastico tenere in bocca quel cazzo turgido, carnoso, popparlo come la tetta di una vacca e gustarne il latticello salmastro… E scoprì anche che lo entusiasmava anche sentire il piacere che l’altro stava provando, che lo gratificava la consapevolezza di esserne lui l’autore.
Via via che succhiava, Sandro si sentiva sempre più in sintonia con Corrado, si sentiva quasi fondersi con lui, diventare parte del suo corpo, parte del suo piacere. E quando il giovane venne, fu naturale ricevere in bocca il suo frutto, raccoglierlo sulla lingua, ingoiarlo un poco alla volta…
Quando tutto fu finito, Sandro gli passò le braccia attorno ai fianchi e lo strinse a sé, premendo il volto sul suo inguine e respirandone il forte aroma di sudore, di sesso, di pipì.
“Ma che mi sta succedendo? – sospirò – Io non sono gay… Sono sposato, amo mia moglie…”
Corrado fece spallucce.
“Che ti frega? – rispose, inginocchiandoglisi davanti – Neanch’io sono gay. Facciamo solo quello che ci piace.”, e prese a sbottonargli i pantaloni.
Da quel giorno i loro appuntamenti nel bagno dei dirigenti, alla pausa pranzo, divennero regolari e fu così che, durante un focoso succhiaggio, il famigerato pelo si staccò dal ciuffo di Corrado per approdare sul collo della camicia di Sandro, creando tanto scompiglio nella povera Terry.

La quale povera Terry, dopo averci rimuginato tutta la notte, si convinse che quel pelo non poteva effettivamente essere un capello: quale donna li porta così corti e ricciuti? ergo, doveva essere per forza un pelo di natura sconosciuta, che per cause e in circostanze sconosciute era andato a finire sul collo della camicia del suo uomo. Non poteva che essere così.
Ma il tarlo del dubbio e della gelosia, lo sappiamo tutti, una volta instillato nel cuore di una persona, non molla più la presa, se non davanti a prove inconfutabili. E su quali prove inconfutabili poteva contare lei?…
Oltretutto, lui non le aveva forse detto di avere una nuova stagista? E le stagiste… Certo non tutte… ma vai a fidarti…
Dopo una notte quasi in bianco, Terry decise che era il momento di procurarsele, queste prove inconfutabili, e per prima cosa dare un’occhiata alla nuova stagista. Così, verso mezza mattina, Terry prese la Metro e raggiunse l’ufficio del marito in centro.
“Ciao, caro.”, disse, aprendo la porta, ovviamente senza bussare.
“Terry, ma che bella sorpresa! – esclamò Sandro, alzando la testa dai fogli che stava compilando – Come mai questa visita?”
“Oh, mi trovavo da queste parti e ho pensato di passare per un saluto.”, rispose lei e intanto si guardava attorno alla ricerca della fantomatica stagista, ma l’unica altra persona presente era Corrado, che stava lavorando ad un altro tavolo e aveva sollevato la testa incuriosito.
“Hai fatto bene.” disse Sandro, alzandosi a andandole incontro.
Le diede un bacio sulla guancia, poi, quasi presentendo i sospetti della moglie:
“Cara, - fece – ti presento il mio nuovo stagista. – e a lui – Corrado, posso presentarle la mia signora?”
“Davvero incantato. – disse galantemente quello, avvicinandosi, prendendole la mano e accennando a portarsela alle labbra – Suo marito mi ha parlato molto di lei, ma vedo che non è stato veritiero sulla sua bellezza, che è molto superiore a quanto lui dice.”
La donna si sciolse a quei complimenti.
“Lei è molto gentile, Corrado, - rispose – convinca mio marito a portarla a cena da noi una di queste sere.”
“La ringrazio, ce la metterò tutta.”
Dopo pochi altri convenevoli, Terry se ne andò, del tutto rassicurata: non c’era nessuna stagista e quello non era un capello, ma solo pelo rimediato chissà dove.
“Ruffiano! – sbottò Sandro, appena fu uscita, appallottolando un foglio di carta e gettandoglielo scherzosamente contro – Non è stato veritiero sulla sua bellezza!”, lo motteggiò, facendogli il verso.
Corrado scoppiò a ridere divertito.
“Intanto, devo convincerti a portarmi a cena da voi…”
“Intanto, convincimi a darti questo come antipasto…”, disse Sandro, andandogli vicino, prendendogli la mano e portandosela all’inguine.
“Per questo non c’è bisogno di convincerti… - mormorò Corrado, dando un’occhiata all’orologio – Ce lo papperemo fra poco.”
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