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Gay & Bisex

Correva l'anno 3023 - 1


di adad
02.06.2019    |    8.250    |    5 9.5
"Stettero un po’ senza palare, mentre il sole cominciava ad avvicinarsi all’orizzonte..."
Con uno sbadiglio, Ay si alzò mollemente dalla chaise-longue, su cui si stava godendo il sole pomeridiano, e si affacciò al terrazzo panoramico del suo appartamento al 431esimo piano. Una sapiente disposizione di lastre di vetroresina gli permetteva di godersi la vista stupefacente della città e delle campagne intorno, senza avvertire se non una leggera brezza dei venti che a quell’altezza investivano impetuosi l’edificio.
Piante e fiori, disposti con vera arte, creavano attorno a lui un ambiente paradisiaco, quanto artefatto, non riscontrandosene di simili in nessun angolo della terra. Ma questo Ay non poteva saperlo, stante il fatto che nei suoi trenta anni di vita non aveva mai messo piede fuori dall’edificio. A che gli serviva, del resto, quando i cinquecento piani del grattacielo, oltre ai duecento sotterranei con tutti i servizi, rappresentavano a tutti gli effetti una città a sé stante con locali, discoteche, negozi, musei, teatri, stadi, campi da tennis, parchi pubblici, piscine, uffici, supermercati: tutto quello, insomma, che servisse a soddisfare le esigenze delle migliaia di abitanti.
Una sola cosa mancava, ma di questo Ay non poteva saperlo , non avendone mai avuto contezza.
Il suono prolungato del campanello lo distolse dai suoi annoiati pensieri. Andò ad aprire.
“Ciao, - gli fece Hur con un sorriso – ti disturbo?”
Hur era un caro amico, che abitava cinquanta piani più sotto, e tutto sommato l’unico che ogni tanto si prendeva il disturbo di salire a trovarlo.
“Affatto. – rispose Ay con un sorriso di genuino piacere – Credo che fra un po’ sarei sceso io da te per fare due chiacchiere.”
“Intanto prendi questa.”, fece Hur entrando, e gli allungò una bottiglia, che nascondeva dietro la schiena.
“Oh! Una bottiglia di sidro di Valbona… - si stupì Ay – dove l’hai pescata?”
“In un negozietto di liquori al centunesimo. Appena l’ho vista, ho pensato a te.”
Hur aveva qualche anno in più di Ay; erano alquanto diversi fa di loro: Hur era moro, tarchiato comunicativo, laddove Ay era biondo, slanciato e più riservato, ma erano molto amici e sembravano completarsi l’uno con l’altro.
Si accomodarono sul terrazzo, chiacchierando del più e del mano, mentre sorseggiavano con gusto un bicchiere dopo l’altro del buon sidro.
“Hai sentito la novità?”, disse d’un tratto Hur.
“Cosa?”
“E’ stato appena emesso un bando di riproduzione: la settimana prossima ne saranno reclutati cinquanta in questo complesso abitativo.”
Ay impallidì.
“Speriamo che non tocchi a noi.”, disse a fior di labbra, guardandosi attorno, quasi timoroso che qualcuno potesse ascoltarli: era un grave reato criticare la politica demografica del Governo.
Bisogna chiarire che dopo la Grande Guerra tra maschi e femmine per il predominio fra i sessi, che aveva insanguinato i Continenti per oltre cinquecento anni, portando il genere umano sull’orlo dell’estinzione, in quanto uomini e donne non avevano quasi più occasione di accoppiarsi, impegnati com’erano a combattersi, il Governo aveva preso decisamente in mano la situazione e aveva decretato la totale e definitiva separazione dei due generi, che vivevano pertanto in quartieri differenti della città, senza alcuna possibilità di contatto, neanche casuale. Considerando inoltre la carica eversiva che la sessualità poteva rappresentare, ne era stata proibita la pratica sotto qualsiasi forma: anche il semplice parlarne era reato punibile con l’esilio nelle Terre Desolate, dovunque si trovassero.
Quando si rendeva necessario rimpolpare la popolazione, il Governo emanava un bando di riproduzione: venivano prelevati un certo numero di giovani di entrambi i sessi, che, portati negli appositi centri di riproduzione, erano sottoposti alle procedure del caso, sulle quali c’era ovviamente il riserbo più totale, dopo di che erano avviati alle fattorie di rieducazione, dove si perdeva traccia di loro. Il che spiega la speranza espressa a fior di labbra dal giovane Ay.
Stettero un po’ senza palare, mentre il sole cominciava ad avvicinarsi all’orizzonte.
“Chissà se gli uomini sono sempre ricorsi ai bandi di riproduzione?”, mormorò Hur.
Ay si voltò a guardarlo aggrottando le ciglia interrogativamente.
“Ho sentito dire che un tempo uomini e donne non vivevano separati; mi chiedo se allora usavano altri sistemi per riprodursi.”
Ay scosse la testa.
“A parte il fatto che sono discorsi pericolosi quelli che stai facendo, in quale altro modo avrebbero dovuto fare, se non ricorrere ai bandi di riproduzione?”
“Ma che succede in quei centri? E perché i prescelti non tornano mai?”
“Non lo so.”
Hur tacque a lungo, come in preda ad una dura battaglia interiore. Poi si voltò di botto verso l’amico:
“Ascolta, Ay… ho sentito raccontare che un tempo, molte centinaia di anni fa, quando ancora vivevano assieme, l’uomo deponeva il suo seme nella donna direttamente… a casa sua.”
“Ma che diavolo dici? – esclamò Ay – Come è possibile, senza l’intervento dei tecnici? Come avrebbe fatto da solo?”
“Non lo so… ho sentito raccontare che lo faceva tramite…”, e si indicò l’inguine con un cenno della testa.
“Con quello? – scoppiò a ridere Ay – e che faceva, le pisciava in bocca?”
“No, che dici? Ho sentito che le donne non hanno il… Al suo posto hanno un buco, che l’uomo ci metteva il suo coso dentro e la fecondava.”
“La fecoché?”
“La fecondava, è così che si diceva, e il bambino cresceva dentro di lei.”
“Ma dove le vai a raccogliere queste stronzate?”, rise Ay divertito.
“Beh, il nonno del nonno di mio nonno raccontava che suo nonno possedeva alcuni libri…”
“Intendi quegli affari di una volta con le pagine scritte?”, lo interruppe Ay.
“Sì. Sembra che fosse riuscito a nasconderli e a salvarli, quando il Governo decretò il sequestro e la distruzione delle armi e anche dei libri, pericolosi perché avevano contribuiti a sobillare i sessi l’uno contro l’altro. E in questi libri si parlava anche dei rapporti fra un uomo e una donna. Ma adesso non ricordo… è passato tanto tempo…”
“E adesso dove sono questi libri?”
“E’ un pezzo che non esistono più.”
“E’ un peccato.”
“Già…”
Il sole era diventato un enorme disco rosso e cominciava a sprofondare oltre la linea dell’orizzonte, mentre la sua luce veniva a poco a poco sostituita da un chiarore vieppiù spento ed opaco.
Entrambi tacevano, ma entrambi erano divorati dalla curiosità che i discorsi fatti avevano acceso in loro.
“Mi chiedevo…”, fece Hur, senz’altro il più smaliziato.
Ay lo guardò con aria interrogativa.
“E se fosse… se fosse l’appendice amorfa lo strumento che usavano per fecondare una donna?”
“Potrebbe essere, - ammise Ay – ma l’appendice amorfa, come faceva a entrare nel buco della donna per fecondarla?”
“Forse gli antichi conoscevano un sistema per farlo indurire al punto giusto: pensa quante cose non sappiamo di loro”
“Ma le nostre conoscenze sono infinitamente di più delle loro e se fosse esistito un sistema per indurire l’appendice, lo avremmo saputo.”, ribatté Ay.
“Ma se fa parte delle cause che portarono alla Grande Guerra, il Governo avrà fatto di tutto per nasconderlo.”
Il ragionamento non faceva una piega, ma l’amico rimaneva scettico.
“Ascolta, - riprese Hur, alzandosi dalla poltrona e abbassandosi con mossa lesta gli aderenti pantaloni di tessuto biotecnico – devi ammettere che a guardarlo lo diresti adatto a penetrare nel buco femminile.”, e si prese in mano l’uccello carnoso, che non ebbe nessuna reazione né all’esibizione, né al contatto, non essendoci culturalmente predisposto da secoli.
Ay fissò il molle bigolo che l’amico teneva in mano: era la prima volta che glielo vedeva.
“Sembra più grosso del mio, - osservò – posso toccarlo?”
“Certo, - fece Hur, andando a sederglisi accanto sulla chaise-longue.
Con due dita, Ay lo sollevò, stupendosi del calore e della levigatezza della pelle. Allora se lo depose sul palmo della mano, sfiorando involontariamente con un dito la borsa sottostante, che si raggrinzì leggermente.
“Che strana appendice… - mormorò Ay, continuando a scrutarlo e a carezzarlo – c’è da chiedersi perché la natura ce l’abbia fornita, oltre che per pisciare… E’ piacevole da tenere in mano. Ti dà fastidio?”
“No, assolutamente.”, rispose Hur, adagiandosi sullo schienale della chaise-longue, onde permettere all’amico di dilettarsi meglio con la sua appendice, grato
nel contempo della gradevolezza che la cosa sembrava procurargli.
Ma ecco che d’un tratto, qualche fibra prese a ridestarsi qua e là sotto la pelle non avvezza di Hur: la gradevolezza del contatto si arricchì di un vago sfrigolio, che prese a scorrere prima incerto, poi sempre più rapido nei gangli nervosi dell’amorfa appendice, che tanto amorfa cominciò a non essere più.
“Ehi!...”, fece Hur, sentendo che qualcosa di nuovo si stava svegliando.
“Sto sognando, o si sta facendo più grosso… e più consistente?”, mormorò Ay.
“No, non stai sognando… sta diventando davvero più grosso… e più duro! E non immagini che bello… Oh, fantastico… Continua… continua, per favore.”
E Ay continuò la sua inconsapevole masturbazione, finché non si ritrovò a stringere in mano il pistone dell’amico… bollente… e turgido… e fremente…
“Ma che diavolo…”, mormorarono entrambi contemplando quella meraviglia per la prima volta nella loro vita.
Hur era diventato paonazzo in volto, sia per lo stupore, sia per le sensazioni sconvolgenti che il cazzo e la mano dell’amico gli stavano procurando.
“Sei un mago, Ay, sei un mago… dai continua, vediamo che succede.”
E Ay continuò la sua opera, segando con mosse decise quel grosso pendaglio, mentre fissava l’amico con gli occhi intenti, quasi per scoprire e assorbire le sensazioni che stava provando.
“Oh, - gemeva il povero Hur, tremando e sbattendo la testa da una parte all’altra – è incredibile, Ay… è incredibile… Non ce la faccio più…”
“Vuoi che mi fermi?”, chiese l’altro preoccupato.
“Nooooo! - fu il grido strozzato di Hur – se ti fermi, ti ammazzo! Continua… oooohhhh… continua… per favore…. Che bello… che bello…”
Finché il piacere divenne una fitta all’inguine insostenibile: Hur strabuzzò gli occhi, il cazzo gli divenne rigido come il ferro, lo scroto gli si rattrappì, lui cercò di parlare, ma solo uno stridulo: “Aaaahhhhggggrrrr” gli sfuggì dal fondo dei polmoni contratti, mentre il suo cazzo esplodeva e con scosse violentissime schizzava per aria la sborra di una vita.
Nel ritrovarsi in mano quel pistone guizzante, Ay rimase un attimo a bocca aperta, poi lo mollò spaventato, osservandolo che continuava a scattare, scagliando fuori ogni volta un fiotto di liquido denso e biancastro.
Poi tutto finì e l’organo prese a rattrappirsi, mentre la tensione si allentava nel corpo di Hur e il suo respiro tornava lentamente normale.
Finalmente Hur riaprì gli occhi e fissò l’amico con un sorriso estatico sulle labbra.
“Credo che abbiamo scoperto come facevano gli antichi a fecondare le donne”, mormorò ancora ansimante.
“Perché facevi tutti quei versacci? – chiese allora Ay – cosa provavi?”
Hur scosse la testa:
“Non te lo so dire… - mormorò – in certi momenti mi sembrava di morire e in certi altri… non so… un piacere che non riuscivo quasi a sopportare, tanto era forte. Per la miseria, come sono ridotto!”, disse, accorgendosi di avere la maglietta completamente fradicia.
“Aspetta, ti prendo qualcosa.”, disse Ay e andò dentro, tornando poco dopo con una salvietta umida di colonia.
Hur si pulì alla meglio, poi si spogliò e si avvolse nella vestaglia in sottile tessuto biotecnico, che l’altro gli aveva portato. Ormai il sole era tramontato e la luce crepuscolare si andava via via affievolendo.
“Vuoi provare anche tu?”, chiese Hur, tornando a sedersi sulla chaise-longue.
“Sì”, fece Ay, sentendosi la gola asciutta.
“Dai, spogliati, allora, e sdraiati vicino a me.”


(Continua)
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