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Fra Sodomizio - 3


di adad
05.07.2018    |    7.290    |    2 9.2
"“Beh, certe volte non so davvero dove grattarmi!” “Non è giusto, però: tu fai tanto per noi…” Fra Sodomizio non rispose: aveva intravisto una grossa pulce..."
Ma non ci fu bisogno che fra Sodomizio andasse ad offrire i suoi servigi al giovane amico: fu lo stesso fraticello a tornare spesso e volentieri a sottomettersi alle cure dello spulciatore. Del resto,sembrava che le pulci fossero particolarmente ghiotte del suo giovane sangue e, tempo ventiquattro ore, tornavano all’assalto delle sue pudenda con ancor maggiore virulenza.
In certi momenti fra Gelsomino si sentiva disperato, ma erano sempre così amorevoli le attenzioni che gli riservava l’amico…
Un giorno, nel bel mentre fra Sodomizio inseguiva una coppia di pulci nell’incavo della coscia di fra Gelsomino:
“Ma te, fratello, - gli chiese questi – te non hai le pulci?”
“Altroché!”, rispose fra Sodomizio.
“E come fai? Hai qualcuno che ti spulcia?”
“Ahimé, nessuno. Mi arrangio da solo come posso e dove non arrivo, sia fatta la volontà del nostro Salvatore.”
“Devi soffrire molto…”, constatò il fraticello.
“Beh, certe volte non so davvero dove grattarmi!”
“Non è giusto, però: tu fai tanto per noi…”
Fra Sodomizio non rispose: aveva intravisto una grossa pulce indugiare sulla soglia del morbido orifizio, mentre cercava una via di scampo, ed era indeciso se agguantarla subito o aspettare che si fosse un po’ inoltrata nel corridoio segreto: si sentiva come il gatto col topo e la cosa non gli dispiaceva. Dal che non sfugge ad un occhio attento come al di sotto del suo desiderio di giovare al prossimo fosse presente una certa vena di perversa natura.
Mentre decideva se afferrare subito l’importuna e schiacciarla o aspettare, onde avere il pretesto di affondare le dita nella tenera carne del suo paziente:
“Se vuoi, posso provarci io, fratello; - disse fra Gelsomino – un po’ ho imparato da te come si fa.”
Fra Sodomizio non credeva alle sue orecchie:
“Davvero lo faresti?”
Senza rispondere, fra Gelsomino, scivolò giù dal lettino, nudo com’era e con l’uccello teso; mentre l’altro si sfilava in fretta e furia saio e braghetta e si stendeva sul lenzuolino trepidante d’eccitazione.
Senza minimamente badare alla procace nudità dell’amico, fra Gelsomino si accinse all’opera, affondandogli le dita nel serico cespuglio del pube e iniziando la caccia. Abituate a non essere disturbate da persona estranea, le pulci di fra Sodomizio si guardarono in faccia stupite e appena capirono che era arrivato il momento anche per loro, iniziarono un fuggi fuggi generale, chi a nascondersi nelle pieghe dello scroto pesante, chi inoltrandosi coraggiosamente nelle regioni sconosciute dello spacco del culo.
Ma nulla valse loro: fra Gelsomino le inseguì con determinazione dovunque si nascondessero, le catturò e le schiacciò spietatamente fra le unghie dei pollici.
Senonché, alcune più intraprendenti, o disperate, osarono l’inosabile: si lanciarono con la forza di un ariete e forzarono l’apertura serrata dello sfintere, inoltrandosi nel canale maleodorante.
Fra Sodomizio fece un salto sul lettino e prese a torcersi come un disperato, sentendosi zampettare sulla delicata mucosa le fastidiose creature.
“Uhaii! Sono entrate, sono entrate, fai qualcosa!”
“Chi è entrato?
“Le pulci… le pulci mi sono entrate nel buco del culo! Fa’ qualcosa, fa’ qualcosa ti prego.”
“E cos’è che devo fare?”, chiese fra Gelsomino guardandosi attorno.
“Vai dentro con le dita, - ansimò fra Sodomizio – presto, ficcami dentro la dita e acchiappale! Mi stanno facendo morire dal solletico!”
Imbarazzatissimo, fra Gelsomino, puntò un dito sull’orifizio e lo spinse dentro, cominciando a rovistare intorno.
“Non trovo niente.”. fece.
“Vai più dentro… Usa due dita, altrimenti non le prendi… Presto, ti prego…”
Fra Gelsomino, infilò nel pertugio mezza mano e finalmente riuscì a catturarne qualcuna, ma molte altre si persero nei meandri intestinali, dove furono preda di chissà quali mostri, ivi annidati.
Tirando fuori la mano, fra Gelsomino sollevò gli occhi e si imbatté nella carne tremula di fra Sodomizio, stirata fino allo spasimo.
“Accidenti! – fece sbalordito – Pure a te fa questo effetto?”
“Eh, già! - sorrise l’altro – adesso bisogna riportarlo normale.”, e se lo prese in mano, cominciando a segarselo.
“Ehi, aspetta, - lo interruppe il fraticello – tu a me hai fatto un’altra cosa.”, e si chinò, dando un’annusata alla cappella paonazza.
“Hi, hi, hi – ridacchiò divertito alla vista del sugo che sgorgava dal taglietto come una sorgente – sembra che stai pisciando.”
Fra Sodomizio incrementò il ritmo di segata, ma in quel momento fra Gelsomino aprì la bocca e ingoiò l’intera cappella. Stette un attimo fermo, assaporando, la bava viscosa che la ricopriva; poi sollevò la testa con aria assorta:
“Non male”, fece e tornò a riaccoglierla in bocca. Ma era evidente che a quel punto non sapeva cosa fare, così mentre lui succhiava il glande come una mentina, fra Sodomizio riprese a masturbarsi, finché con un urlo liberatorio scatarrò tutto fuori con un orgasmo che gli rivoltò le palle, riempiendo la bocca del malcapitato fra Gelsomino, a cui non rimase altro che ingoiare tutto.
“Uauh! - fece una volta finito – mi hai pisciato in bocca e l’ho bevuto.”
“Quello non è piscio, sciocco! – scoppiò a ridere fra Sodomizio, carezzandolo amorevolmente su una guancia – quello è il sugo del maschio,”
Da quel giorno, i due continuarono a trovarsi pressoché quotidianamente per spulciarsi a vicenda; finché un giorno pensarono bene, già che c’erano, di farselo insieme: si adagiarono sul lettino, uno di fianco all’altro, ma in posizione opposta, e presero a spulciarsi reciprocamente l’inguine, inseguendo per ogni dove i malcapitati animaletti; e così scoprirono anche di trovarsi molto più comodi, quando nel momento finale, dovevano smaltire gli effetti della tolettatura, riportando alla normalità i rispettivi organi.
E fu così che nacque il gioco detto “spulcia la pulce”, che alcuni pervertiti reinterpretarono più tardi a modo loro, inserendolo nel catalogo dei giochi sconci al numero 69.

(continua)
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