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Racconto di Natale - 2, La vendetta di Babbo Natale


di adad
27.12.2019    |    3.959    |    3 8.2
"Poi quando a giugno sarebbero cominciate ad arrivare le prime letterine, avrebbero spostato la produzione sui giocattoli richiesti..."
Era passato qualche giorno, i regali erano stati distribuiti, dopo un’estenuante notte di galoppate negli angoli più remoti della Terra, e tutti erano soddisfatti.
Gli elfi erano impegnati nell’ultima fatica dell’anno: la preparazione del grande veglione di San Silvestro; dopo di che, avrebbero ricevuto un paio di mesi di meritato riposo.
Col primo marzo, infatti, sarebbe ripresa la produzione: prima dei giocattoli generici, bambole di ogni tipo e sesso, trenini, automobiline ecc. Poi quando a giugno sarebbero cominciate ad arrivare le prime letterine, avrebbero spostato la produzione sui giocattoli richiesti. Era così che funzionava da che mondo è mondo.
Gli elfi erano dunque indaffarati ad allestire il salone da ballo con festoni e luminarie; a cucinare cibarie di ogni tipo; a rifornire le cantine di vini, spumanti e bevande varie, quando improvvisamente Berretto Verde e Coda di Merluzzo furono convocati d’urgenza nello studio di Babbo Natale. I due ne furono stupiti: cosa poteva essere successo? era forse per quanto successo nelle stalle delle renne?
Alquanto preoccupati, perché sapevano che Babbo Natale era alquanto moralista su certe questioni, raggiunsero lo studio del Capo e lo trovarono seduto sulla poltrona con un giocattolo in mano e il volto letteralmente stravolto dalla rabbia.
Berretto Verde e Coda di Merluzzo si guardarono in faccia interdetti e si sentirono liquefare il sangue sotto lo sguardo del Capo, che dopo un lungo silenzio allungò il giocattolo verso il Direttore del Laboratorio, mostrandone la targhetta.
“E questo cosa sarebbe?”, tuonò.
“Co… cosa?”, balbettò Berretto Verde.
“Made in Cina! – disse Babbo Natale con voce terribile – Da quando in qua distribuiamo giocattoli made in Cina, eh? Qualcuno riesce a spiegarmelo?”
Berretto Verde sbiancò in volto: porca puttana, si sono dimenticati di togliere le etichette, quei deficienti del Reparto Pacchi!, pensò.
“Allora? Riesci a spiegarmelo?”
“Ca… Capo, ci dev’essere uno sbaglio…”, tentò di giustificarsi.
“Sbaglio un corno! – urlò Babbo Natale, fuori dalla grazia di Dio – Ce ne hanno rispediti indietro un intero tir! Si può sapere cosa cazzo di diavolo è successo? Era il nostro vanto, l’impegno che ci eravamo dati: distribuire solo giocattoli usciti dai nostri laboratori… e adesso rischia di andare tutto a puttane per un direttore che non ha diretto niente! Allora, mi spieghi cosa è successo?”
“Non capisco, Capo… - tentò ancora di giustificarsi Berretto Verde – ci dev’essere un errore…”
“L’errore è stato mio, che ho affidato la direzione del laboratorio ad un… ad un…”, e strabuzzò gli occhi, quasi sul punto di un colpo apoplettico.
Anfanò pesantemente un paio di volte, poi:
“Vieni qui!”, riuscì a dire con voce gracchiante.
Berretto Verde fece qualche passo esitante e appena fu a tiro, Babbo Natale allungò fulmineo un braccio, lo afferrò, se lo tirò sulle ginocchia e prese a sculacciarlo con mano pesante.
“Ma, capo… - protestò l’elfo, cercando di divincolarsi – ma cosa sta facendo? Mi lasci… mi lasci…”
Ma quello, con la sinistra gli afferrò le mani, bloccandogliele dietro la schiena e con la destra continuò a schiaffeggiargli il sedere di santa ragione.
“Ahi! Ahi! – gridava il poveretto, tanto più sconvolto perché la punizione gli veniva inflitta alla presenza di Coda di Merluzzo – Mi lasci, la prego, mi lasci… Non c’entro niente…”
“Non c’entri niente? – ansimò Babbo Natale nello sforzo della sculacciata – E i tir noleggiati a tuo nome? Eh, come li spieghi quelli? Eh?”
“Ci dev’essere un equivoco… Ahi! Mi fa male…”
“Te lo do io l’equivoco!”, grugnì il vecchio e con mossa rapida gli afferrò i pantaloni per la cintura e glieli calò sotto le chiappe già rosse, assieme alle mutande.
L’umiliazione di Berretto Verde, sculacciato come un ragazzino, raggiunse il culmine, mentre Babbo Natale riprendeva a colpirlo. Le ceffonate sulle carni rosseggianti producevano un ciaf! ciaf! ciaf! che risuonava per tutta la stanza. L’elfo sussultava ad ogni colpo e cercava di divincolarsi, ma Babbo Natale lo bloccava saldamente.
A quello spettacolo, Coda di Merluzzo sul momento si sentì strizzare il buco del culo; ma poi fu colpito dal lato comico della cosa e gli scappò inevitabilmente un sorrisetto. Per sua sfortuna, proprio in quel momento Babbo Natale si trovò a rivolgere gli occhi verso di lui.
“E tu cos’hai da ridere, cretinetto? – tuonò – ti diverte così tanto?”, e diede uno spintone a Berretto Verde, rovesciandolo per terra, dove rimase piagnucolante a lisciarsi le natiche in fiamme.
“Vieni qui!”, tuonava intanto Babbo Natale rivolto al giovane elfo.
Come ipnotizzato dallo sguardo terribile del vecchio, Coda di Merluzzo mosse i piedi in avanti, nonostante tutto il suo essere gli urlasse di fuggire. Si avvicinò, scavalcando Berretto Verde tuttora steso a terra, e appena fu a tiro, Babbo Natale lo ghermì per un braccio e se lo trascinò sulle gambe.
“Vediamo se ridi ancora!”, mugugnò, mentre sollevava la mano e un colpo terribile si abbatteva sul culetto del povero Coda di Merluzzo.
“Ahhhhh! – urlò quello, scalciando fuori di sé – No, per favore, no, Capo, mi lasci, non c’entro niente, io.”
“Non c’entri niente, eh? non c’entri niente! – e ciaf! ciaf! con mano implacabile – Se non perdeva tempo con te… o pensi che non sapessi cosa ci facevate nel fienile – e ciaf! ciaf! – razza di pervertiti!”, e con mossa rapida afferrò per la cintura anche i pantaloni di Coda di Merluzzo e glieli strattonò sotto le chiappe.
Invece di riprendere a sculacciarlo, però, Babbo Natale rimase a fissare intento le morbide rotondità, rese ancora più seducenti dal leggero rossore.
“Oh, oh, oh…”, mormorò, allungando la mano a carezzarle con insolita tenerezza.
Sentendosi lisciare le chiappe, Coda di Merluzzo ronfò da vera puttanella e si mosse, facendo in modo, con arte consumata, che la mano di Babbo Natale gli scivolasse nello spacco.
“E questo cos’è?” si disse il vecchio con gli occhi luccicanti, mentre col dito tentava il cedevole pertugio.
Poi spinse dentro fino alla seconda nocca, strappando al giovane elfo un sospiro di voluttà.
Non sentendo più lo schiocco delle ceffonate, Berretto Verde si girò a guardare e rimase allibito alla vista di Coda di Merluzzo che sgambettava, squittendo beatamente, disteso sulle ginocchia di Babbo Natale, che intanto gli rovistava con due dita nel buco del culo.
“Ma…”, fece per dire.
“Taci, disgraziato!”, gli intimò però Babbo Natale.
Che fatto, poi, rialzare Coda di Merluzzo e posizionatolo che gli dava le spalle, lo fece piegare a novanta gradi, gli allargò le chiappe e si fiondò a leccargli la tenera fighetta. Per un po’ si perse nella voluttuosa operazione, grugnendo la propria soddisfazione; poi, voltosi a Berretto Verde:
“Vieni qua, tu! - gli intimò brutalmente - Inginocchiati e succhiami l’uccello!”
L’elfo rimase a dir poco scioccato e non si mosse. Al che:
“Allora?”, berciò il vecchio.
Allora, Berretto Verde strisciò davanti a lui e, postosi in ginocchio, con le palle di Coda di Merluzzo che gli strusciavano sulla fronte e il suo odore che gli riempiva il naso, cominciò a darsi da fare per districarsi nell’ingombrante rivestimento che il vecchio indossava. Finalmente, riuscì a trovare la zip, la tirò giù e affondò le mani nell’apertura, cavandone fuori dopo un po’ l’uccellone gloriosamente turgido del vecchio.
“Ah, però…”, esclamò, stringendo fra le mani quella colonna vibrante.
“Succhia, debosciato!”, grugnì allora Babbo Natale; e mentre Berretto Verde cominciava a lappargli golosamente il bisteccone sugoso, lui tornò a dedicare le sue bramose attenzioni al voglioso pertugio del giovane elfo.
Il quale giovane elfo sguaiolava al piacere che gli procurava il grattìo della barba sulla tenera mucosa dell’ano, nonché il caldo umidore della sua lingua nel retto. Sguaiolava e si dimenava il giovane elfo, vieppiù accendendo in tal modo la libidine non solo di quel vecchio libertino di Babbo Natale, ma anche di Berretto Verde, che si sentiva adesso premere sulla fronte le palle calde e gonfie dell’amante.
Il gioco andò avanti per un bel po’, finché Babbo Natale, respinto con un calcio Berretto Verde, si alzò, spinse Coda di Merluzzo a quattro zampe sul tappeto e, inginocchiatoglisi dietro, gli puntò l’uccello sul buco e glielo ficcò dentro con un colpo solo. Per amor di verità, bisogna dire che Babbo Natale era etero verace, ma erano ormai talmente tanti anni che non batteva chiodo, se capite cosa intendo, che trovarsi davanti un buco caldo e accogliente fu a questo punto una prospettiva tutt’altro che da disprezzare… e infatti non la disprezzò.
Coda di Merluzzo si torse a quella rapida, quanto massiccia intrusione, ma sopportò coraggiosamente, finché Babbo Natale non ebbe compiuto tutto il suo percorso: solo a questo puntosi lasciò andare con un lungo gemito, mentre, premuto dall’urgenza di godere, il suo inculatore non gli dava tregua, iniziando immediatamente il pompaggio.
Berretto Verde assisteva intanto sconvolto alla piega presa dagli aventi, divorato com’era anche dalla gelosia per esserne rimasto escluso. Il vecchio, però, si ricordò di lui:
“Tu, - gli disse, lanciandogli un’occhiata – mettiti sotto e succhiagli l’uccello, mentre me lo scopo!”
Quello non se lo fece ripetere due volte: stesosi a terra, scivolò sotto Coda di Merluzzo e postosi a sessantanove, gli abboccò il cazzo sgocciolante, cominciando a poppare come un vitello. Il giovane elfo urlò di nuovo piacere e senza por tempo in mezzo, si avventò sul cazzo proteso del suo amante, affondandoselo tutto fino in fondo alla gola. A chi l’avesse visto, il gruppo sarebbe apparso come un perfetto meccanismo erotico: Babbo Natale ci dava dentro gagliardamente e ad ogni affondo il contraccolpo mandava Coda di Merluzzo ad ingolarsi sul paletto di Berretto Verde, che dal canto suo continuava imperterrito a poppare, spremendo con le mani ora le palle di Babbo Natale, ora quelle di Coda di Merluzzo.
Poi,d’un tratto, la libidine travolse il senno già offuscato di Babbo Natale,
che si sfilò dal culo del giovane elfo, afferrò per le ascelle Berretto Verde, sfilandoglielo da sotto, lo fece posizionare a cavalcioni sopra Coda di Merluzzo e, senza neanche dargli il tempo di dire bah gli puntò sul buco l’uccello viscido e glielo spinse dentro senza pietà. L’elfo urlò e si dimenò con tutte le sue forze, ma fu inutile: Babbo Natale lo tenne fermo e cominciò subito a scoparlo allegramente.
“Ah, che bel culo stretto che hai… - diceva ormai ansimando – Non lo hai ancora dato al tuo amichetto, vero? O sei tu che fai il maschio e ti fotti il suo culetto? Ma adesso sono io che mi fotto il tuo!”
Dopo un po’, lo sfilò dal buco di Berretto Verde e tornò a infilarlo in quello di Coda di Merluzzo, alternandosi così dall’uno all’altro, finché

le sue ghiandole arrugginite non produssero abbastanza seme da riempirgli la sacca: allora cominciò ad essere percorso da intensi brividi di piacere che si fecero sempre più rapidi e frequenti, finché il vecchio si sentì travolgere da una vera onda d’urto e il suo sperma scorse a profusione, riversandosi nelle recondite intimità di Berretto Verde.
Il quale Berretto Verde, nel sentirsi per la prima volta un uccello pulsante nell’ano, avvampò e venne a sua volta, dilagando sulla schiena di Coda di Merluzzo. Il quale Coda di Merluzzo era l’unico rimasto a bocca asciutta,
così Babbo Natale e Berretto Verde unirono i loro sforzi e le loro bocche per portarlo al giusto compimento, godendosi alla fine e litigandosi il premio che il giovane elfo elargiva con tanta copia e generosità.
Quando tutto fu finito:
“Risistematevi e tornate al vostro lavoro.”, disse burberamente Babbo Natale, senza mostrare alcuna emozione per quanto era successo.
I due si ricomposero e si avviarono in fretta alla porta.
“E ricordatevi che vi tengo d’occhio, - aggiunse, mentre quelli stavano per sgattaiolare fuori – e questo è solo l’inizio!”

FINE
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