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Minervino - 2


di adad
23.04.2019    |    8.820    |    8 9.7
"Nel delirio erotico che lo sconvolgeva, Minervino non si rendeva conto più di niente: l’unica cosa che avvertiva era questo immenso, totalizzante senso di..."
Minervino passò l’intera nottata ad elaborare quanto era successo. Ancora non riusciva a realizzare di averlo succhiato al ragazzo di cui era invaghito e per farsene capace, cercava di rivivere ogni momento, ogni sensazione, ogni palpito, ogni sospiro. E risentiva nella memoria l’odore di quel cazzo, ne risentiva il calore, il sapore… Frugava nei ricordi e ne riviveva ogni particolare: il grosso glande, l’asta venosa, le palle indolentemente adagiate sulla cintura dei boxer…
Si figurava il momento in cui aveva dischiuso le labbra e quel grosso glande sbavato gli era scivolato in bocca… ne risentiva il contatto viscido contro la lingua, il sapore inizialmente quasi disgustoso, ma poi, piano piano, così… attrattivo… Cazzo, se gli era piaciuto tenerlo in bocca! lo aveva provato e non avrebbe voluto staccarsene mai… avrebbe voluto continuare a poppare ancora per chissà quanto tempo. Lo aveva desiderato e finalmente stava succedendo! Era successo! Aveva succhiato il cazzo a Federico… Ma era successo davvero?
E di nuovo Minervino si reimmergeva nei ricordi, nelle fantasie minuziose per assicurarsi che fosse successo veramente. Alla fine, in preda ad un vero parossismo erotico, si masturbò freneticamente e sborrò nello stesso asciugamani incrostato del seme di Federico.
Cadde allora in un deliquio agitato da immagini evanescenti e dormì per un paio d’ora. Quando si svegliò, aveva ancora l’asciugamano premuto all’inguine: lo prese, tornò ad annusarne gli aromi ormai decomposti e corse a nasconderlo in fondo al cestello della lavatrice, fra il resto della roba sporca.
E Federico? Federico tornò a casa tranquillo, senza alcun patema d’animo per quanto era successo; addirittura con un leggero senso di euforia per l’orgasmo che gli aveva scaricato la tensione.
Se per Minervino era stata la prima volta, per lui no: aveva sempre riscosso abbastanza successo con le ragazze in giro, né gli creava problemi che stavolta fosse stata la bocca di un uomo a farlo godere: era stato un giusto scambio, un do ut des che aveva fatto comodo a tutti e due.
Che l’altro potesse nutrire dei sentimenti nei confronti, non gli passava neanche per la testa: Minervino era solo uno dei tanti che sbavavano lui: ringraziasse il cielo che gli era andata bene.
E con questo pensiero consolante in testa, quella notte Federico dormì saporitamente il sonno dei giusti.
La mattina successiva, a scuola, Minervino non sapeva come comportarsi, quale atteggiamento tenere con il compagno; ma non ce ne fu bisogno: Federico lo ignorò bellamente per tutta la mattinata, tranne uscendo, quando gli si voltò e gli disse con aria tranquilla:
“Allora, ci vediamo alle quattro.”
E puntuale, stavolta, Federico suonava il campanello di casa “Gatteschi”. All’inizio della lezione, Minervino si sentiva un po’ teso e imbarazzato, ma in breve la disinvoltura dell’amico lo calmò e lo mise a suo agio, arrivando perfino a sfiorargli una gamba con la sua, ma Federico sembrò non farci caso o per lo meno non ci si sottrasse.
Finito che ebbero di risolvere un problema alquanto complicato, Federico chiuse il libro e si volse a Minervino con un sorriso complice.
“Basta per oggi, - gli disse - veniamo a noi.”
Si alzò dalla sedia, si sbottonò i jeans, se li calò con i boxer fin sotto i ginocchi e, tornando a sedersi:
“Serviti pure.”, gli disse.
Minervino sentì seccarglisi la gola per l’emozione, ma senza indugiare gli si inginocchiò davanti e, dopo una lunga occhiata a cui Federico rispose con un sorriso e un cenno del capo, si chinò in avanti, raccolse con la mano il cazzo moscio adagiato sul piano della sedia, e se lo portò alla bocca.
Il bigolo molle gli diede una strana sensazione, cercò di infilare la punta della lingua fra le pieghe del prepuzio e dovette reggerlo con la mano, perché non gli sgusciasse fuori dalle labbra. In quel momento, però, l’organo cominciò a prendere vita e Minervino lo sentì gonfiarglisi in bocca e poi scivolargli fuori piano piano, finché gli rimase dentro solo il glande e un poco del gambo.
Cominciò allora il lavoro di suzione, con un po’ più di perizia questa volta, e il risultato non tardò ad arrivare: dal taglietto dell’enfiata cappella cominciò a sgorgare un rivolo sempre più copioso di quel sugo asprigno, che l’eccitazione ci spinge a produrre, proporzionalmente al grado di infoiamento che proviamo; e dalla quantità che Minervino stava gustando, si può dedurre che infoiato Federico doveva esserlo parecchio.
Minervino lo degustò, spalmandoselo su tutta la superficie della lingua, e dopo un momento di esitazione, scoprì che quel sughetto gli piaceva… gli piaceva davvero tanto! Continuò pertanto a pompare con sempre maggior gusto, finché dagli spasimi di Federico, dall’incordarsi del suo cazzo, dal rattrappirglisi dei coglioni, capì che l’orgasmo stava per esplodere, allora si allontanò e portò a termine l’azione con due colpi di mano. Rimase ad osservare il viso stravolto di Federico, mentre il suo cazzo eiettava uno schizzo corposo dopo l’altro di sperma biancastro, che si ridusse presta ad un rivoletto, mentre il gambo si faceva rapidamente flaccido, fino a poterlo reggere con sole due dita.
A quel punto, Federico si rivestì, senza neanche aspettare che Minervino gli portasse un asciugamani, e corse via, come se qualcosa all’improvviso lo turbasse.
Le lezioni andarono avanti quasi quotidianamente e il rendimento scolastico di Federico migliorò notevolmente, soprattutto nelle materie scientifiche, tanto da superare brillantemente il tanto temuto esame di maturità.
Minervino, dal canto suo, si era ormai reso conto che Federico si serviva di lui, usando in maniera quanto mai spregiudicata il suo cazzo per ripagarlo delle lezioni che riceveva.
Sul momento ne era rimasto sconvolto, si sentì vittima di un inganno, di un vero tradimento; ma poi rifletté che in effetti Federico non gli aveva mai promesso niente, anzi non avevano mai neanche parlato della cosa: gli aveva offerto il suo cazzo in cambio delle lezioni e lui aveva accettato, basta: tutto il resto era frutto della sua fantasia.
E questa consapevolezza lo rese cinico, lo convinse che non valeva la pena farsi
menate, che tanto valeva accettare quello che gli veniva offerto e goderselo il più possibile, finché durava.
E infatti non durò. Superato l’esame di maturità, i due ormai ex compagni di scuola si persero di vista: prima le vacanze, poi l’università in facoltà diverse; passarono mesi e mesi, senza che nessuno dei due avesse l’occasione di incontrare l’altro. Minervino si era ormai messo il cuore in pace e sperava un giorno o l’altro di conoscere qualcuno che gli facesse, se non dimenticare il suo primo amore, almeno attenuare quel senso di vuoto che si sentiva dentro.
Era passato ormai quasi un anno dal loro ultimo incontro e, in quel caldo pomeriggio di maggio, Minervino era nella sua camera, impegnato a preparare il suo primo esame universitario. Quel giorno, però, faticava a concentrarsi, si sentiva una smania addosso, una voglia di chissà cosa che lo tormentava come un tarlo nell’anima.
Il suono del campanello rintronò nella casa vuota, facendolo sobbalzare.
“Chi cazzo sarà?”, si chiese, alzandosi per andare ad aprire.
Scese le scale, come si trovava, con un paio di pantaloncini stazzonati e una camicia con le maniche tagliate.
Aprì il portone e la vista gli si annebbiò: Federico era davanti a lui, più bello e attraente che mai.
“Ciao.”, gli fece con un sorriso teso.
“Ciao.”, rispose Minervino, sentendosi d’improvviso la gola secca.
Si fissarono negli occhi per un lungo momento, senza parlare.
“E’ un po’ che non ci si vede. – disse Federico con un certo nervosismo nella voce – Posso entrare?”
“Certo…”, balbettò Minervino riscuotendosi e facendosi di lato per lasciarlo passare.
“Sei da solo?”, chiese Federico, salendo le scale.
“I miei sono al lavoro, come sempre.”
Una volta in camera, si scambiarono qualche battuta di circostanza, poi:
“Scusa se ti disturbo, - fece Federico con l’aria di essere terribilmente a disagio – vedo che stavi studiando.”
“Sciocchezze, niente che non possa aspettare. Hai bisogno di qualcosa?”
“Ecco… Ho un problema e… magari, potresti darmi una mano.”
“Di che si tratta?”, chiese Minervino sentendosi ora più a suo agio.
“Ti… ti va bene, se… se ti pago come… sì, come l’altra volta?”
Minervino si sentì avvampare: tutto si sarebbe aspettato, ma non questo: come, stava un anno senza mandargli nemmeno un saluto, e adesso si ripresentava, chiedendo il suo aiuto in cambio di un pompino? Ma per chi lo aveva preso?
Stava per ribattergli a muso duro, quando l’ansia evidente dipinta sul volto dell’altro e soprattutto un’occhiata al suo inguine gonfio gli fecero cambiare idea.
“Ok, non preoccuparti.”, gli fece con un mezzo sorriso.
“Posso… posso pagarti subito, se vuoi…”
E sotto gli occhi sbigottiti di Minervino, Federico si slacciò i pantaloni e se li calò
assieme alle mutande, sfoderando un uccello gloriosamente turgido.
A quella vista, tutte le sue resistenze si polverizzarono e la testa gli saltò via, mentre gli cadeva in ginocchio davanti, in atto quasi adorante: allungò la sinistra a sfiorargli lo scroto, con la destra impugnò delicatamente l’asta alla base e se la diresse alla bocca, serrando le labbra attorno al glande scoperto.
Federico fu percorso da un brivido di voluttà, ma caricato a pallettoni com’era, gli bastò il tocco leggero della lingua di Minervino sul filetto per perdere il controllo e sborrare come mai gli era successo.
L’altro si sentì d’un tratto la bocca piena di una materia soffice e densa, d’un gusto stranamente dolciastro, capì che Federico stava sborrando, ma non si allontanò, anzi si affrettò a ingoiare quel sugo che per la prima volta gli solleticava la lingua. Stava leccando le ultime gocce lattiginose che sgorgavano dalla boccuccia del pisello ormai molle, quando con mossa fulminea, Federico si chinò, lo prese per le ascelle, lo tirò su e, passatogli le mani dietro la nuca, si avventò a baciarlo. La sua lingua forzò la chiusa delle labbra di Minervino e gli scivolò in bocca, avida di gustare nuovi sapori.
Dopo un istante di attonito stordimento, Minervino reagì al bacio, passandogli a sua volta le mani dietro la nuca e avvinghiando la sua alla lingua di Federico, inseguendola e richiamandola, in una danza forsennata, che li accendeva vieppiù entrambi di passione.
Senza staccarsi dalle labbra dell’amico, ad un tratto Federico cominciò a spingerlo indietro , fino a rovesciarlo sul letto: allora prese a baciarlo sulla faccia, sugli occhi, sulle guance, sul collo… gli slacciò la camicia, quasi strappandogliela, e spostò le sue attenzioni sul petto glabro, baciandogli e succhiandogli i capezzoli, leccandogli i fianchi, rovistandogli con la lingua nell’ombelico. Con mani frenetiche gli sbottonò i pantaloncini, ci infilò le mani dall’alto della cintura, abbrancandogli le natiche e impastandole con foga, mentre premeva il volto sul cespuglio del pube inalandone con un bramoso mugolio la tiepida fragranza.
Sembrava invasato, Federico, sembrava come posseduto da un dio, tale era la frenesia che lo animava. Artigliando con le dita la cintura dei pantaloncini, glieli sfilò da sotto il culo e dalle gambe, gettandoli da una parte; poi premette le labbra sul rigonfio umido degli slip, leccando e mordicchiando il grosso profilo del cazzo teso di traverso.
Minervino era abbandonato inerte sul letto, impotente davanti a quella foga: solo l’espressione del suo volto esprimeva l’assoluta beatitudine che stava provando. Intanto, Federico gli aveva sfilato anche gli slip e gli stava leccando e succhiando avidamente il cazzo e le palle, facendolo torcere e spasimare.
Stava quasi per venire, quando, del tutto inaspettatamente, Federico lo rigirò a pancia in giù e prese a impastargli le natiche, a morderle, a baciarle; e non passò molto, che gliele allargò con foga e si fiondò a grufolargli con la bocca sul buco del culo, infilandoci la lingua fin dove poteva.
Nel delirio erotico che lo sconvolgeva, Minervino non si rendeva conto più di niente: l’unica cosa che avvertiva era questo immenso, totalizzante senso di piacere, che possedeva ogni fibra del suo corpo.
Un’unica, flebile reazione la ebbe, quando Federico gli puntò il cazzo sul buco viscido di saliva e cominciò a spingerlo dentro. Il passaggio era stretto, stante la condizione di verginità del ragazzo, ma il dolore, pur forte, arrivava attutito alla sua consapevolezza, quasi una variazione del piacere straziante che provava. E infatti, Minervino non ricordò mai di essere stato anche inculato quel pomeriggio.
Quando cominciò a riprendere consapevolezza, era nudo, sul letto, abbracciato a Federico, nudo anche lui, che lo fissava, continuando a carezzargli piano la guancia e a baciargli dolcemente la fronte.
“Dev’essere molto difficile il tuo problema, - gli disse, scherzosamente, con aria stanca – se questa era la ricompensa.”
“Sì, - rispose Federico – era un problema molto difficile, ma per fortuna lo abbiamo risolto… e anche bene, mi sembra.”
Minervino lo fissò senza capire.
“Era questo il problema… - fece l’altro, chinandosi un momento a baciarlo – dovevo capire perché continuavo a pensarti… perché c’eri sempre tu nel mio pensiero,anche quando stavo con una ragazza…”
“E adesso lo hai capito?”
“Sì… E credo che lo hai capito anche tu.”
“Cosa vuoi da me?”, chiese Minervino con un filo di voce.
“Sei impegnato con qualcuno?”, gli chiese a sua volta Federico.
“No”
“Bene, adesso sei impegnato con me… e non dirmi di no…”
“E come faccio a dirti di no, se ti desidero da tutta una vita?”, esclamò Minervino, rannicchiandoglisi fra le braccia.

FINE
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