Gay & Bisex
Correva l'anno 3023 - 2
di adad
05.06.2019 |
5.896 |
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"L’uccello di Ay, riposava molle, sporco di sperma e di umori anali; quello di Hur invece scalpitava al limite del parossismo..."
I due giovani erano in camera da letto, qualche giorno dopo, pronti a verificare per l’ennesima volta la validità della loro scoperta, vale a dire se erano sufficienti delle opportune manipolazioni per portare le loro appendici, non più amorfe, al giusto grado di turgore, e se a seguito di altre opportune manipolazioni si otteneva la fuoriuscita turbolenta di un liquido lattiginoso, che a rigor di logica avrebbe dovuto essere il seme che l’uomo impiantava un tempo nella donna per fecondarla. Ma non avevano nessun tipo di riscontro, se non le vaghe notizie tramandate da un lontano avo di Hur, che era riuscito a salvare alcuni libri dalla distruzione del materiale pericoloso imposta dal Governo dopo la Grande Guerra.“Secondo me, questo liquido è proprio quello di cui parlavano i libri.”, disse Hur,
intingendo il dito nella pozzetta dell’ombelico, ricolma del seme che l’azione dell’amico lo aveva appena spinto a produrre.
“Credo che tu abbia ragione…”, ammise distrattamente Ay, ancora intento a giocare col pisello dell’altro.
Che fosse tutto viscido e cosparso di umori non gli creava più nessun problema; del resto che fosse piacevole giocare con quella parte dell’anatomia maschile era l’unico dato che potevano dare per assodato.
“Che grosso, che ce l’hai!”, mormorò, tornando a stringerlo con foga, mentre si andava via via smollando.
“Ma il tuo è più bello.”, constatò Hur, stringendo a sua volta il pischello di Ay.
Infatti, se l’organo di Hur era massiccio, col glande rotondo e rivestito da una spessa guaina carnosa, contornato alla base da un folto cespuglio di riccioli crespi, quello di Ay era snello, affusolato, quasi glabro, con quella peluria bionda che gli velava l’inguine.
Ay boccheggiò, quando Hur glielo strinse con più vigore, incrementando il leggero saliscendi della mano.
“No, aspetta.”, lo bloccò.
Erano sdraiati sul letto, nudi entrambi, con la schiena appoggiata alla spalliera.
“Mi piace stare qui con te, anche senza far niente.”, continuò, rannicchiandoglisi contro, mentre l’altro gli passava un braccio sopra le spalle, stringendolo a sé.
Hur, non protestò: anche per lui erano piacevoli quei momenti.
“Abbiamo assodato come facevano gli antichi a farselo diventare duro… - riprese Hur ad un tratto – Ma è duro abbastanza, mi chiedo, da penetrare nel buco di una donna?”
“In effetti, non sappiamo niente della resistenza che può esercitare.”, osservò Ay distrattamente.
“Che vuoi dire?”
“Solo che non sappiamo quanto sia stretto il buco femminile e quindi quanto possa opporsi alla penetrazione. Bisognerebbe provare.”
“E dove la prendiamo una donna? Che io sappia vivono in tutt’altra parte della città ed è impossibile accedere ai loro quartieri.”
“Potremmo cercare in qualche modo.”
“Bravo! – fece Hur con tono sarcastico – E rischiare di farci sbattere nelle Terre
Desolate, dovunque si trovino.”
“Dicevo per dire!”, sbuffò Ay, impaziente ora che l’altro tornasse ad occuparsi del suo pistolotto.
“Ehi, - saltò su d’un tratto Hur tutto infervorato – ma non è detto che non possiamo farcene un’idea!”
“E come?”
“Beh… ecco… proviamo col nostro!”
“Col nostro, cosa?”
“Col nostro buco, sciocco!”
“Ma sei impazzito! – saltò su Ay – Vorresti ficcare quel coso lì nel mio…”
“Senti, stiamo cercando di capire come facevano i nostri antenati, potrebbe essere di estrema importanza.”
“E allora usa il tuo buco, se ci tieni tanto.”
Si fissarono a lungo.
“Va bene, - fece Hur – usiamo il mio, non ho paura, io. Dai, mettimelo dentro.”
“Tu sei pazzo, - scosse la testa Ay – si può sapere cosa ti è preso?”
“Chiamala passione per la conoscenza.”, disse Hur, cercando di assumere una posizione, che permettesse all’amico di metterglielo dentro.
Ay non era del tutto convinto di quella faccenda; anzi, a dirla tutta, gli faceva anche un po’ senso dover infilare il pisello in una cavità intestinale, con tutto quello a cui poteva andare incontro. Ma d’altra parte, la curiosità, l’aspettativa delle nuove sensazioni che avrebbe provato, lo stimolavano non poco, per cui, dopo un attimo di esitazione, decise di buon animo di partecipare all’esperimento.
Si rotolarono per un po’sul letto a cercare la posizione più comoda per compiere la bisogna e alla fine Hur trovò comodo stendersi prono, la fronte poggiata sul materasso e il sedere puntato all’insù. sistematosi il meglio possibile e tenendosi con le mani le natiche larghe:
“Lo vedi il buco?”, chiese all’amico.
“Sì”, rispose quello, col cuore che gli batteva all’impazzata.
“Prova a mettermelo dentro, dai.”
Ay si avvicinò in ginocchio, tenendosi nella mano l’uccello turgido, e lo poggiò sull’orifizio contratto; ma bagnata com’era dall’eccitazione, la punta smussata scivolava da tutte le parti, sopra, sotto, di lato, non riuscendo a superarne la resistenza.
“Non ci passa.”, constatò alla fine con aria un po’ delusa.
“Ci deve passare. Forse bisogna ungerlo un po’.”
Ay, allora, corse in cucina, prese del burro di magnolia e se lo spalmò con abbondanza lungo tutto il tegone, passandone un po’ anche sull’apertura dell’amico. Quindi si riposizionò, tenendolo ben saldo contro l’orifizio, e diede un colpetto deciso di bacino. Unto com’era, stavolta l’ingranaggio si fece strada per un bel pezzo nella strettoia.
“Aaahhhh! – gridò Hur all’improvvisa fitta di dolore, inarcando la schiena – Toglilo! Toglilo, cazzo! mi fai male… mi fai male!”
Ma Ay, ormai padrone della situazione, lo afferrò per i fianchi, tenendolo con forza. Anche per lui l’avanzata in un tunnel così stretto era dolorosa, ma la sensazione che gli si stesse sbucciando l’uccello era troppo forte, troppo conturbante per smettere adesso.
“Sta calmo, amico, - disse allora – vedrai che adesso ti passa.”, e continuò a spingere.
Ma Hur non voleva sentir ragione: continuava a gridare e a sgroppare nel vano tentativo di toglierselo di dosso: Ay, infatti, si era chinato su di lui: gli abbrancò il petto con le braccia e con un ultimo colpo fu tutto dentro. Che sensazione strabiliante! Si sentiva come friggere in una padella l’uccello scuoiato! Ma anche Hur cominciava a calmarsi: lo sfintere straziato pian piano si abituava al corpo estraneo che lo trafiggeva ed un grato languore andava sostituendosi alle fitte dolorose. A quel punto, però, nessuno dei due sapeva come andare avanti: avevano assodato che un’appendice adeguatamente inturgidita era in grado di penetrare in un pertugio umano: ma ora? Come arrivare alla fuoriuscita turbolenta del seme?
“Dovresti muoverti avanti e indietro…”, suggerì Ay.
“Forse dovresti muoverti tu, che sei più libero. Come faccio io, che mi stai addosso?”
Lampo di genio! Ay si staccò un poco dal bacino di Hur, tirando fuori mezzo uccello e poi tornò ad affondarlo in quella carne bollente: funzionava! Preso dall’entusiasmo, vieppiù alimentato dalle sensazioni incredibili che andava provando ad ogni minimo movimento, Ay prese a cavalcare il povero Hur con tutta la sua giovanile baldanza. Unto dal burro di magnolia, il suo cazzo scorreva avanti e indietro come un meccanismo ottimamente lubrificato, risentendo dell’attrito solo quel tanto che occorreva a stimolarne il piacere.
Ma Hur non era da meno: forse anche grazie alle proprietà emollienti del burro di magnolia, il dolore lancinante provato all’inizio, si era in breve mutato in un profondo, viscerale languore, che dall’ano gli si irradiava in tutto il corpo.
E poi giunse il momento: Ay sentì l’ormai familiare sollecitazione rimescolargli lo scroto, ma tutto più amplificato, tutto più sconvolgente!
“Mi sa che sta per succedere...”, ansimò all’orecchio di Hur, continuando a martellargli nel culo.
E infatti successe: con un urlo e un affondo spasmodico, Ay rovesciò il suo seme negli intimi recessi dell’amico, che a sua volta sentì attraverso la stretta dello sfintere il flusso ricorrente dell’eiaculazione, cosa che lo strabiliò a un punto tale da farlo quasi venire. Ma riuscì a trattenersi: ben altre intenzioni aveva nella mente.
Poco dopo i due amici erano distesi fianco a fianco a raccontarsi concitatamente le sensazioni provate. L’uccello di Ay, riposava molle, sporco di sperma e di umori anali; quello di Hur invece scalpitava al limite del parossismo.
“Dai, voltati, - disse questi alla fine – voglio provare io adesso!”
“No”, gemette Ay, fissandogli l’arnese ancora più grosso.
“Poche storie, mammoletta!”, fece Hur e, presolo per i fianchi, lo rivoltò a pancia in giù.
Ay, a onor del vero, cercò di resistere, ma nulla valse contro il più forte Hur, che, imburratosi per bene l’uccello, glielo puntò sul minuscolo foro e spinse con decisione, accolto da un urlo bestiale.
Mezzora dopo, i due riposavano abbracciati sul letto. Sonnecchiavano esausti.
“Oggi abbiamo fatto un bel passo avanti nella nostra ricerca…”, disse Ay, con la voce impastata di sonno.
“Altroché…”, fece Hur.
“Chissà come lo chiamavano gli antichi quello che abbiamo fatto oggi?”, disse Ay dopo un lungo silenzio..
“Scopare…”, mormorò Hur, stringendosi a lui e dandogli un bacio sulla fronte.
(continua)
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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