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Laggiù nel far west - 3


di adad
06.11.2019    |    7.825    |    6 9.4
"E’ successo qualcosa fra noi, a cui non saprei … no, cazzo a cui non voglio più rinunciare, Ted, ma non sto parlando del sesso che abbiamo fatto: è a te..."
“Corri, cazzo! Corri! Mi si stanno staccando le palle!”
Era un Buck nudo e scalzo che urlava con voce strozzata all’amico nelle sue stesse condizioni, il quale lo precedeva di poco, saltabeccando sullo stretto sentiero con le braccia strette attorno al corpo.
“Cristo santo, che freddo… - sacramentò di nuovo Buck – Giuro che me la paghi! Giuro che questa me la paghi!”
Quella mattina, dopo una riposante notte di sonno e di carezze indiscrete, i due amici avevano deciso di scendere al torrente per lavare i loro panni ormai luridi, dopo essere stati indossati per tanto tempo. Prima li avevano messo in ammollo nell’ abbeveratoio di legno, fuori della capanna, facendo bollire l’acqua con pietre roventi; poi li avevano strofinati con la cenere, come avevano visto fare alla fattoria di Mr. Avery, e infine erano andati a sciacquarli nelle gelide acque del torrente.
Fu allora che Ted ebbe la bella idea.
“Ehi, Buck, il torrente forma uno stagno più avanti: che ne dici di fare un tuffo?”
“Ma sei fuori di testa?”, lo liquidò Buck.
E fuori di testa Ted lo era forse per davvero, perché continuando ad incitarlo, si diresse di corsa verso lo stagno, si spogliò nudo in un lampo e si tuffò nell’acqua cristallina. Riemerse poco lontano dalla riva, scrollandosi l’acqua dalla testa.
“Uauuuuuuuu…. – ululò – è fantastica! Vieni Buck! Dai spogliati…”, gridò all’amico, che giungeva in quel momento.
Buck scosse la testa con un sorriso.
“Dai, non fare la femminuccia.”, lo incitò Ted, tornando a tuffarsi come un agile delfino.
Buck seguì affascinato i movimenti flessuosi di quel bel corpo nelle acque limpidissime della pozza, combattuto fra il desiderio di unirsi a lui e il timore di prendersi un accidenti con quel freddo.
“Vieni, lumacone!”, lo schernì di nuovo Ted, riemerso poco più in là.
E alla fine Buck si era deciso: pur rabbrividendo per il freddo, si spogliò e si tuffò, senza stare a pensarci due volte.
“Cristo santo! – gridò, riemergendo subito con la pelle già livida – Ma tu sei fuori di testa!”, e si affrettò verso la riva, dove Ted lo aveva preceduto, battendo i denti non meno di lui.
“Se ti becco ti strappo le palle…”, ansimò Buck, mettendo i piedi sull’asciutto e lanciandosi subito verso l’amico; il quale senza neanche raccogliere i vestiti, si lanciò di corsa verso la capanna, dove avevano lasciato un bel fuoco acceso.
L’altro lo seguiva, tremando e più furioso ad ogni passo verso l’amico per averlo convinto a fare quella follia. Finalmente giunsero alla baracca: Ted aprì la porta con una spallata e si precipitò dentro, seguito a ruota da Buck, che gli si lanciò addosso, pronto a menare le mani.
“Ehi, ma che ti prende?”, fece Ted sulla difensiva.
“Cosa mi prende? – urlò Buck al colmo dell’esasperazione – a momenti mi
ammazzavi con quell’acqua gelida!”
“Non ti ci ho mica buttato dentro io!”
“Ma mi hai convinto a farlo!”
“Peggio per te che ti sei fatto convincere!”, disse Ted, perfidamente.
Quello fu il colmo: Buck gli si lanciò addosso e i due iniziarono una lotta furibonda, nudi com’erano, l’uno cercando di sopraffare l’altro. Ad un tratto si ritrovarono vicino al letto e Buck con uno spintone ci rovesciò sopra Ted, ricadendogli addosso. Continuarono a lottare rotolandosi sopra le coperte, finché Buck, che era indubbiamente il più forte, riuscì a immobilizzare l’altro, sotto di sé, tenendogli saldamente le mani sopra la testa. Si fissarono a lungo con aria truce, ansimando.
“Ce l’hai duro…”, disse d’un tratto Ted.
La tensione si dissolse in un lampo.
“Anche tu.”, fece Buck e scoppiarono a ridere, trasformando la presa di lotta in un tenero abbraccio.
Rimasero a lungo avvinghiati, finché le mani dell’uno cominciarono a scorrere sul corpo dell’altro, nell’ansia di esplorarlo, di trarne piacere, ma anche di darlo. E scoprirono la dolcezza di una pelle nuda sulla propria pelle nuda, di assorbirne il calore, di provarne la levigatezza sotto i polpastrelli delle dita mossi con impensata leggerezza.
Ted chiuse gli occhi e si abbandonò alle ondate di emozione e di piacere che la vicinanza e le carezze di Buck gli procuravano: la sua mente si era svuotata di ogni pensiero e lui era solo un fuscello in quel fiume lento e maestoso di sensazioni.
Ma neanche Buck era consapevole di quanto stava succedendo: carezzava il corpo caldo e palpitante dell’amico, guardava il suo volto disteso, quel volto che per la prima volta gli appariva così incredibilmente bello, quasi soffuso di una luce irreale, e il suo unico desiderio era di prolungare all’infinito quell’istante di inaspettata dolcezza.
Poi, come rispondendo ad un impulso misterioso, gli sfiorò le labbra con le sue, indugiando in quell’intimo contatto… e quando Ted dischiuse le sue, Buck scivolò dentro con la lingua. Quanto scoprì valse a travolgere le sue ultime resistenze e quello che era stato un contatto forse casuale, ché mai più Buck avrebbe concepito l’idea di baciare un altro uomo, diventò un bisogno irrefrenabile, quanto inaspettato.
Qualcuno ha detto che un bacio costituisce la conoscenza più intima fra due persone, in realtà è molto di più: è l’esigenza di assaporare nel senso più vero e sublime la persona amata, è il bisogno di fondersi ad essa, di verificare fino a che punto siamo disposti a donarci. Ma è anche il desiderio di cogliere il frutto più spontaneo e dolce dell’amore.
Buck scoprì tutte queste cose, per quanto difficili fossero al suo animo coriaceo di uomo delle praterie, e capì di non poterne più fare a meno. Sedotto e insieme frastornato si staccò da Ted e si soffermò a contemplarne il volto come soffuso da un senso di vera beatitudine; poi tornò a poggiare le labbra su quelle dell’amico, che stavolta gli passò una mano dietro la nuca, quasi ad impedire che potesse allontanarsi di nuovo.
Nessuno è in grado di dire quanto tempo passò fra baci e reciproche carezze, mentre gli uccelli fremevano, e spandevano densi umori, stretti fra i loro corpi.
Il fuoco intanto continuava a bruciare nel grande camino, ma avrebbe potuto anche spegnersi del tutto che non se ne sarebbero accorti.
Finalmente, Buck si tolse da dosso a Ted, scivolandogli accanto, e Ted si accomodò con la testa nell’incavo del suo braccio, inebriato dal sentore acre dell’ascella sudata. Buck, disteso sul fianco, cominciò allora a carezzargli con leggerezza il petto levigato e poi l’addome, seguendo la sottile striscia di peli che dall’ombelico scendeva sempre più fitta verso il basso, fondendosi senza soluzione di continuità con il folto cespuglio del pube.
Qui giunta, la sua mano impugnò l’organo eretto dell’amico, provocandogli un brivido, seguito da uno spurgo copioso che colò lungo l’asta a impiastricciargli le dita. Buck rimase assorto per un certo tempo.
“Una volta, una battona a Sbor City me lo ha succhiato…”, disse con voce sorda.
“Cosa?”, fece stolidamente Ted.
“Mi ha succhiato l’uccello.”
“Ti ha succhiato l’uccello?”, disse Ted, riscuotendosi e poggiandosi sui gomiti.
“Mr. Avery mi aveva dato la serata libera… tu non eri ancora arrivato alla fattoria, e io me ne andai in città a spassarmela un poco. Stavo andando al saloon per bere un cicchetto, quando incrociai questa battona che mi portò a casa sua.”
“E ti ha succhiato l’uccello?”
“Uhu!”
“Accidenti! E com’è stato?”
“Beh… è difficile da spiegare… Bello… diverso da una scopata…”
Ted lo fissò con aria delusa.
“Aspetta, - disse allora Buck – ti faccio vedere.”, e si rigirò con la testa verso i piedi dell’amico.
Sempre reggendolo saldamente nella mano si avvicinò al cazzo dell’amico, cercando di non respirarne l’odore pungente. Aprì la bocca, si avvicinò esitante…
“Non so se ce la faccio…”, disse, volgendosi a guardare Ted, che lo fissava con un’espressione fra l’attonito e lo schifato.
Poi trasse un lungo respiro e di colpo si abbassò, ingoiando la cappella.
Ted sussultò al piacere di sentirsi il cazzo avvolto dalla mucosa orale e dalla lingua pastosa dell’amico, che dopo esserselo rivoltato un po’ in bocca:
“Bleach! Che saporaccio!”, ridacchiò rivolto all’amico.
“E’ così disgustoso?”, fece Ted, pregandolo mentalmente di continuare.
“Un po’… ma forse passa subito…”, rispose Buck, tornando a rificcarselo in bocca.
Questa seconda volta le cose dovettero andare senz’altro meglio, vista la dedizione con cui prese a leccare, slurpare, succhiare quel magnifico arnese. Senonché, le attenzioni, che sentiva prodigare al suo pisello, spedirono Ted dritto fuori di testa, al punto che, girando la testa ad un momento imprecisato e trovandosi a portata di bocca l’organo sbavato dell’amico, trovò naturale prenderlo, accostarselo alle labbra e, vincendo un’istintiva ripugnanza, ingoiarne la punta scappellata, lasciandosi immediatamente avvincere dal gusto salmastro della bava che la ricopriva. A quel punto, si ritrovarono entrambi a succhiarselo con passione e convinzione, come se non avessero fatto altro in tutta la loro vita.
Buck fu il primo a venire: improvvisamente, sentì come una fitta lancinante che gli trafiggeva le palle incordate e con un guaito dal profondo della gola lasciò che il suo seme scorresse fuori dall’uccello saettante.
Sentirsi riempire la bocca di quel liquido denso e cremoso fu una sorpresa per Ted, ma non ebbe esitazione ad ingoiarlo, vuoi per il sapore vagamente dolciastro, vuoi perché gli parve il compimento naturale dell’operazione. Non solo, ma mentre il cazzo dell’amico gli si afflosciava in bocca, lui si scoprì a provare una punta di rammarico, perché era già finito.
Buck, intanto, ripresosi dallo straniamento dell’orgasmo, tornò ad anfanare sull’uccello di Ted, portandolo in breve ad un orgasmo non meno esplosivo del suo e di cui si godé i frutti con non minore goduria.
Giacquero a lungo, storditi e sonnacchiosi. Buck fu il primo a riprendersi.
“Accidenti!”, esclamò, riportandosi faccia a faccia con l’amico.
“Già”, fece Ted con gli occhi ancora languidi, e senza aggiungere altro, gli passò le braccia attorno al collo, attirandolo a sé per un nuovo, lunghissimo bacio.
Fu il fresco pungente dell’aria a riscuoterli.
“Ho freddo…”, disse Ted.
“Si dev’essere spento il camino. Vado a mettere un po’ di legna.”
“No, resta qui.”, sospirò Ted, stringendoglisi ancora di più.
Buck, allora, allungò il braccio, raccolse le coperte ammucchiate da una parte e le avvolse con cura attorno a sé e all’amico, rimanendo avvinti in quel caldo bozzolo a metabolizzare quanto era successo, consapevoli ormai che tutto era cambiato e la loro vita non sarebbe più stata la stessa.
Era quasi notte, quando gli stimoli della fame e altro li riscossero. Si tolsero le coperte di dosso e:
“Dove sono i vestiti?”, chiese Ted, guardandosi attorno.
“Cristo! Sono rimasti sul torrente… - realizzò Buck – Senti, io vado a prenderli; tu intanto riaccendi il fuoco e prepara qualcosa da mangiare.”
E con queste parole, si intabarrò attorno una coperta e si diresse al fiume.
Quella sera, mangiarono gli ultimi resti dei conigli cacciati il giorno prima, poi, dopo aver caricato bene il camino, perché ardesse tutta la notte, si spogliarono e tornarono a letto. Appena furono sotto le coperte, i due si abbracciarono stretti, godendosi il contatto tiepido dei loro corpi nudi.
Buck depose un bacio leggero sulle labbra di Ted.
“Quello che abbiamo fatto oggi… - mormorò – ti va di parlarne?”
“Sei pentito di averlo fatto?”, rispose Ted con un bisbiglio.
“No, mi è sembrato tutto così naturale…”
“Ti è piaciuto?”
“Sì…”
“Ti va di farlo ancora?”
“Sì…”
“E allora, non abbiamo nessun bisogno di parlarne. Godiamocelo, finché possiamo. Qui non c’è nessuno a cui rendere conto di come ce la spassiamo, siamo soli io e te… e tutti e due siamo consapevoli di quello che facciamo. Se tu ne hai voglia, pure io ne ho voglia… Cos’altro c’è da dire?”
“Pensi che… che ci siano anche altri che lo fanno?”
“Intendi altri ragazzi che si divertono fra loro? E perché dovremmo essere gli unici?”
“Ma non si è mai sentito…”
“Sai quello che dicono i predicatori. – osservò Ted – Forse ce ne sono, ma se ne stanno nascosti, perché hanno paura della gente. E anche noi dovremo stare nascosti…”
Buck rimase un momento in silenzio.
“Vuoi dire…”, fece poi.
“Voglio dire che mi piacerebbe vivere con te anche dopo che avremo attraversato queste maledette montagne, se sei d’accordo.”
“Come marito e moglie?”
“Qualcosa del genere… - sorrise Ted – Allora, che ne dici?”
“Dico che mi sta scoppiando il cuore… - rispose Buck, tornando a baciarlo –Queste cose mi giravano tutte confuse nella testa, ma tu hai saputo tirarle fuori e farmele capire. E’ successo qualcosa fra noi, a cui non saprei … no, cazzo a cui non voglio più rinunciare, Ted, ma non sto parlando del sesso che abbiamo fatto: è a te che non voglio, non posso rinunciare… Se tu fossi una ragazza, direi che ti amo…”
“Puoi dirlo lo stesso, - fece Ted con dolcezza - non cambia niente… l’amore è sempre lo stesso…”

(continua)
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