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Gay & Bisex

Il pomeriggio di un fauno - 1


di adad
07.01.2019    |    10.803    |    6 9.0
"“Toh, un cazzo disoccupato!”, esclamò Marcello, notando un giovane, che se ne stava languidamente appoggiato con la spalla al tronco di un albero, i..."
“Toh, un cazzo disoccupato!”, esclamò Marcello, notando un giovane, che se ne stava languidamente appoggiato con la spalla al tronco di un albero, i pantaloni calati a mezza coscia e l'elastico degli slip abbassati sotto i coglioni, e si masturbava lentamente l'uccellone turgido.
Si avvicinò sorridendo e allungò la mano a carezzarlo. L'altro lasciò fare; allora Marcello glielo prese in mano: era duro, caldissimo e gli diede una strana sensazione con quella guaina di pelle morbida e spessa, che scorreva scioltamente sopra un'anima d'acciaio. Il prepuzio era largo e slabbrato: Marcello lo fece scorrere fino in fondo, scoprendo il glande incredibilmente rosa... un miracolo che non smetteva mai di emozionarlo, per quanti cazzi avesse manipolato nella sua vita.
Continuando a fissare ammaliato la boccuccia dischiusa, da cui vedeva sgorgare una perla di liquido cristallino, il giovane si inginocchiò e lo prese in bocca: era maturo, sugoso... aveva un sapore estasiante. Dolce e salaticcio insieme, con un retrogusto vellutato di aromi sconosciuti. Pochi cazzi aveva gustato Marcello fino ad allora, che avessero un sapore così squisito: lui era uno a cui l'uccello piaceva ben condito.
“Se non sa di selvatico, - diceva sempre agli amici – che senso ha? Tanto vale succhiare una patata lessa, che almeno un po' di sapore in bocca te lo lascia!”
Ma questo era indubbiamente condito al punto giusto. Ringraziando la sua buona stella, con un gemito roco, Marcello cominciò gaudiosamente a spompinarlo, mentre l'altro, con un sospiro di soddisfazione, gli poggiava la sinistra sulla spalla, come per sostenersi, e con l'altra mano gli carezzava la testa, passandogli le dita fra i capelli.
Mentre lo lavorava con la bocca, Marcello gli abbassò gli slip a metà coscia, in modo da potergli ora impastare le natiche forti e carnose, ora palpeggiare lo scroto voluminoso, scivolando ogni tanto con le dita nel solco segreto a vellicargli il forellino umido dell'ano. Gli sarebbe piaciuto poterci infilare un paio di dita, mentre lo sbocchinava, ma l'altro non fece nulla per facilitargli l'accesso e lui capì che non sarebbe stata un'operazione gradita.
Così, si limitò a bagnargli l'orifizio con la saliva che colava lungo il gambo dell'uccello e a sfregargli delicatamente le grinze levigate con la punta dell’indice. L'azione combinata sul cazzo e sul buco del culo, ebbe presto gli effetti desiderati. Lo sconosciuto intensificò la stretta sulla spalla di Marcello e cominciò a dimenarsi, sguaiolando senza controllo.
“Sì, pompami il cazzo, bastardo figlio di puttana! - ansimava – Pompami il cazzo, che ti sborro in bocca!”
Il turpiloquio osceno durante il sesso piaceva da matti a Marcello e anche adesso non fece che eccitarlo ulteriormente. Si diede, quindi, da fare con foga maggiore, ripagato dal sugo denso che prese a sgorgare dal cazzo dello sconosciuto, impiastrandogli la lingua.
“Dai, succhiacazzi, dai, che mi fai venire...”
Il giovane aveva afferrato ora Marcello a tutte e due le spalle e gli pompava freneticamente nella bocca serrata.
“Vengo, cazzo! Ti vengo in bocca!...”urlò ad un tratto e si bloccò, poi un brivido gli corse dalla testa ai piedi e il suo nerchio ebbe uno scatto, mentre i coglioni gli si contraevano, espellendo il primo fiotto di sborra.
Marcello si sentì d'un tratto la bocca piena di una vellutata densa e calda, che ingoiò rapidamente per non perdere il secondo arrivo, che infatti gli dilagò subito dopo sulla lingua ancora più copioso, e fu solo al terzo fiotto che iniziò a gustarne il sapore squisito.
Ripresosi dallo sconvolgimento dell'orgasmo, il giovane si trasse indietro, si rimise frettolosamente a posto e si allontanò, senza neanche degnare di uno sguardo il nostro Marcello, che sorrise e scosse la testa con un po' d'amarezza, ma senza prendersela più di tanto: non era la prima volta che gli succedeva e non sarebbe stata certo l'ultima! C'è in giro gente più incasinata di me, si disse. E comunque, era appena arrivato: il pomeriggio era ancora lungo e le possibilità tante.
Si rialzò in piedi e si chinò a spazzolarsi il terriccio e le festuche di erba secca dalle ginocchia, e così facendo colse un movimento tra il fogliame di un cespuglio poco lontano. Si ripulì, allora, con calma, poi con un sogghigno ci si diresse senza esitazione. Superò la barriera di ramaglie e si trovò di fronte un ragazzotto giovanissimo, che aveva l'uccello fuori dai pantaloni e se lo stava menando con aria stralunata.
Appena Marcello comparve, quello digrignò i denti e parve scuotersi convulsamente.
“Vengo... Vengo...”, balbettò con voce strozzata.
“Oh cazzo!”, esclamò Marcello e si precipitò verso di lui, crollandogli davanti in ginocchio e facendoglisi sotto con la bocca spalancata.
Giusto in tempo! Il ragazzo gli appoggiò istintivamente la punta congestionata del saltapicchio sulla lingua protesa e subito un denso schizzo di latte dall'odore pungente ci dilagò sopra. Con un guizzo, Marcello ritrasse la lingua e si tirò dietro il glande fibrillante, che continuò a sborrare nel chiuso della sua bocca.
A Marcello piaceva il seme maschile: ne apprezzava l'aroma, il sapore, la consistenza. Amava senza distinzioni quello liquido e asprigno di certuni, come quello denso e dolciastro di altri: ognuno di essi gli dava sensazioni ed emozioni diverse, ma parimenti inesprimibili.
Accolse, dunque, e degustò con vera ingordigia lo sperma del ragazzo, trovandolo delizioso nella sua freschezza giovanile, e come sempre faceva, continuò anche ora a poppare e leccare il capezzolone viscido che gli si andava via via smollando fra le labbra.
L'altro tremava tutto e si scuoteva sguaiolando sotto quella prolungata suzione, che gli andava risucchiando fuori tutto. Alla fine, Marcello se lo tolse di bocca e, reggendolo con due dita, strizzò il bigolotto molle, facendo sgusciare il glande viscido fuori dal prepuzio ancora stretto e lo prese fra le labbra, svirgolando la lingua nel taglietto.
“Ah!”, gemette il ragazzo e fece un salto indietro, ridendo.
Anche Marcello scoppiò a ridere e si rialzò.
“E' buona; - fece, accennando al serpentello, che ora pendeva flaccido fuori dalla patta sbottonata dei jeans - ma deve maturare ancora un po'. Sei molto giovane...”, continuò, osservandolo bene.
“Ho diciassette anni!”, proclamò l'altro, piccato.
“Appunto. E' la prima volta che vieni in questo posto, vero?”
“Sì... Da cosa lo hai capito?”
Marcello sorrise.
“Ci siamo fermati tutti qui, le prime volte, dietro questi cespugli: è un ottimo posto per guardare e imparare... E a volte anche qualcosa in più. Beh, ti saluto.”
Gli fece un cenno con la mano e si aprì la strada fra i cespugli, lasciandolo lì ad aspettare nuove occasioni. Per la verità, non gli sarebbe dispiaciuto divertirsi un po' con il ragazzo: spesso questi verginelli riservano piacevoli sorprese, quello che gli manca in esperienza, lo suppliscono abbondantemente con la freschezza e l'entusiasmo. Ma coi tempi che corrono, si disse, meglio rimanere alla larga dai minorenni, non si sa mai quello che ti può succedere! E poi, quel giorno Marcello aveva voglia di maschi tosti, cazzuti e tosti, di quelli che ti fanno torcere le budella.
E all'improvviso si sentì una tale smania addosso, che avrebbe dato il culo al primo venuto! Affrettò, allora, il passo sul sentiero, verso i posti più riparati del boschetto, dove in genere si trovava la merce migliore.

(continua)
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