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Gallina vecchia - 1


di adad
08.08.2021    |    13.599    |    10 9.4
"A questo punto, mi sono accorto senza ombra di dubbio che non indossava niente sotto la tuta, infatti un salsicciotto alquanto sostanzioso gli si delineava..."
“Gallina vecchia fa buon brodo”, recita il proverbio. Sarà anche vero: non metto in dubbio la saggezza popolare, anche se personalmente trovo non meno gustoso, anzi decisamente più appetibile il brodo dei galletti giovani… non so se mi spiego… la cui carne, come sanno tutti, è molto più tenera al palato.
Credo però che al giorno d’oggi il brodo non siano più in molti a farlo, specialmente da quando hanno cominciato a produrlo industrialmente: infatti le galline vecchie non interessano più a nessuno e quasi non le trovi neanche più dal macellaio di fiducia.
Il macellaio di fiducia… Beh, dal mio, devo dire che mi farei volentieri mettere in pentola con due patate e una carota… Oh, santo Iddio, cosa mi fate dire!
Beh, ad ogni modo il mio macellaio è un gran bel pezzo di manzo! Due manone così, due braccia muscolose, con quei bicipiti che si gonfiano quando afferra la mannaia per affettare le bistecche… e quelle spalle… Il resto non si vede, stando al di là del bancone, ma vi assicuro che è tutto in proporzione… anche le parti normalmente nascoste alla vista… quelle che non vedono mai il sole, per intenderci.
Questa notevole, quanto magnifica costituzione fisica, oltre che dal lavoro, dipende anche dal fatto che fa palestra, come mi disse tempo fa: spesso si prende qualche ora libera e va… No, non ve lo dico: non vorrei che si ritrovi con una coda di spasimanti davanti alla doccia. E non vi dico neanche dove si trova la macelleria, anche se gli farei un grosso favore, con l’aumento di clientela che ci sarebbe.
Del resto, è un gran bel pezzo di manzo!... credo di averlo già detto. Ci vado spesso, anche solo per comprare una coscetta di pollo; e ci vado nei momenti in cui c’è affollamento per potermelo slumare con tutto comodo, e quando si accorge che ci sono, mi saluta con un sorriso e si volta a guardarmi spesso. Sono un vecchio cliente… vecchio soprattutto. Poi, quando mi serve, è sempre molto gentile, scambia due chiacchiere sul tempo e come sta, signor Paolo… Lui si chiama Alessio, e mi allunga sempre un’aluccia di pollo fuori pesa.
Quanti anni ha? Non lo so, ma a occhio e croce gliene darei trenta o giù di lì. Inutile dire che è il protagonista dei miei wildest dreams porno-erotici!
Eh eh eh… bello wildest dreams, non trovate? Le mie fantasie più selvagge! Come quando immagino di trovarmi nel suo negozio, anzi nel retro della macelleria, appeso ad un gancio assieme ai quarti di manzo… Cioè, ho le braccia legate per i polsi e agganciato ad un gancio tramite la fune… non andiamo troppo sul truculento.
E io sono lì, appeso assieme ai quarti di manzo sanguinolenti, mi guardo attorno spaventato: cosa mi succederà? E poi arriva lui, magnifico con la sua capigliatura nero ricciuta, i grandi occhi neri, un grembiale di plastica nera lungo fino ai piedi… un coltellaccio in mano, che lo affila con la cote, come quando si appresta ad affettare una bistecca…
Io tremo, me la faccio sotto… Lui si avvicina placido e sorridente… “Allora, signor Paolo…”, mi dice e continua ad affilare il coltello… “Signor Alessio”, lo saluto con voce tremante e non riesco a dire altro. Ho paura, ma sono affascinato dal suo volto maschio, dalle sue braccia nude, dalle sue spalle nude, dal torace nudo sotto la pettorina del grembiale… Capisco che sotto non indossa niente e la cosa mi eccita. Beh, deve eccitarmi per forza, visto che è uno dei miei wildest dreams porno-erotici… e anche un po’ maso, a dire la verità, ma con un pezzo di manzo del genere ci sta anche il maso. In genere a questo punto inizio a menarmelo… per lo meno, quello che posso: sono una vecchia gallina e i miei bollori sono ormai tutti nella mente: come diceva il poeta, spesso la lena non segue il disio.
Ah, avevo dimenticato di dire che sono pressoché nudo, appeso al gancio da macellaio, indosso solo un paio di mutande, per questioni di decenza.
“Allora, signor Paolo, come va?” mi dice lui e mi passa sul petto la punta del coltellaccio. Io non rispondo, me la sto facendo sotto… per modo di dire, ovvio! Lui mi gira attorno, mi afferra una manata di chiappa e ci appoggia la lama. “Che ne dice, - continua perfidamente – ci affettiamo due belle cotolette da questa culatta?” “Per favore…”, balbetto io, incrementando il ritmo della sega, perché a questo punto mi è venuto miracolosamente duro. Forse sono maso davvero.
Lui, però, infila il coltellaccio sotto gli slip e li taglia via, mettendomi a nudo le chiappe, che modestamente sono ancora belle sode e appetibili; getta via il coltello e comincia a pastrugnarmele… ci si struscia col bacino e la plastica del grembiale mi procura sensazioni indescrivibili..
Che sballo, sentire il liscio freddo e untuoso della plastica che mi struscia sulla pelle del culo… e sotto sento il durone del suo pisello… A questo punto in genere vengo. Qualche volta riesco a resistere e allora lui mi viene davanti, si toglie il grembiale con gesto teatrale (la rima è del tutto casuale) e mi resta davanti solo con un paio di slip… bianchi, perché è il bianco che mi strippa. Sotto si delinea il durone in tutta la sua lunghezza e lui se lo liscia e ghigna…
Vabbè, smettiamola qui, tanto la sostanza dei miei wildest l’avete capita.

Oggi pomeriggio, mi trovavo dalle parti di via ***, stavo camminando sul marciapiedi immerso nei miei pensieri… e no, non stavo pensando a lui, quando sento un macchinone che mi si ferma vicino.
Sarà qualcuno che vuole un’informazione, penso, e mi chino all’altezza del finestrino, il cui vetro si abbassa ronzando.
“Salve, signor Paolo.”
È lui, il mio macellaio di fiducia! Lo ricapitolo con uno sguardo veloce: indossa una tuta grigia e mi guarda sorridendo. È ancora più bello e maschio, che nei miei wildest dreams.
“Salve, Alessio.”, rispondo.
“Cosa fa da queste parti?”
Gli mostro il borsone di carta.
“Shopping e lei?”
“Palestra.”
Immediata vampata di libidine e fremito nelle parti basse.
“Va o viene?”
“Vengo. – risponde con una risatina – Salga, le do un passaggio.”
“Ah, grazie.”, e allungo la mano per aprire la portiera.
Appena dentro, mi accoglie un avvolgente aroma di macchina nuova e di maschio appena docciato. Mi sento i brividi risalirmi per le braccia.
“E’ nuova.”, osservo, mentre mi allaccio la cintura.
“Lo ha capito dall’odore? – sorride lui – In effetti, ha meno di un mese. Le dà fastidio?”
“Cosa?”
“L’odore”
“Tutt’altro, lo trovo molto… - e stavo per dire erotico, ma sono riuscito a frenarmi in tempo – coinvolgente.”, qualunque cosa potesse significare.
A quel punto, ho cominciato a percepire il “suo” odore e i selvaggi desii hanno cominciato a svegliarsi e a frullarmi nel sangue e nella mente. Per fortuna, l’età ha impedito che mi venisse duro in sua presenza.
Abbiamo parlato del più e del meno.
“Senta, Alessio, le dispiace se ci diamo del tu?”, gli ho detto ad un certo punto.
“Volentieri, - ha fatto lui, girandosi a guardarmi con un sorriso – è da un po’ che volevo chiedertelo pure io.”
“E perché non l’hai fatto?”
“Non mi sembrava educato.”
“Che sciocchezze, ci conosciamo da una vita…”
E come, se ci conoscevamo, con tutte le seghe che mi sono fatto sognando il retro della macelleria! Ma questo ho evitato di dirglielo.
Arrivati a casa, l’ho invitato a bere un drink… Oggi mi sento decisamente moderno: wildest… drink… per fortuna sono le uniche parole inglesi che conosco. Beh, anche dream… e cock, che significa cazzo… del resto, a furia di vedere video porno americani, qualcosa si impara.
Ha accettato, ha parcheggiato la macchina, ha chiuso nel portabagagli il borsone da palestra e siamo saliti. Indossava una tuta grigia larga e sformata, di quelle che mi fanno impazzire, perché non si riesce mai a capire come sono messi sotto, se indossano le mutande o se hanno l’apparato a penzolo libero.
Si è accomodato su una poltrona in soggiorno e ha accettato una birra. A questo punto, mi sono accorto senza ombra di dubbio che non indossava niente sotto la tuta, infatti un salsicciotto alquanto sostanzioso gli si delineava lungo la coscia. Ero seduto sul divano di fronte a lui e quello che vedevo era inequivocabile: Alessio non indossava le mutande e da qualche momento il salsicciotto era diventato più consistente… ma forse stavo traveggolando io, la libidine cominciava a darmi alla testa. Devo averlo fissarlo in mezzo alle gambe con particolare intensità, perché lui se n’è accorto e ha abbassato gli occhi a guardarsi pure lui.
“Cosa c’è? – ha fatto – perché mi stai fissando?…”
“Scusa, - ho risposto – mi stavo chiedendo se porti le mutande…”
Avrete capito che è stata la mia lingua a parlare per conto, perché mai e poi mai mi sarei permesso di dire una cosa del genere. Ma lui è scoppiato a ridere.
“No, che non le porto, - ha risposto – specialmente dopo la palestra, mi piace tenerlo che spenzola fra le gambe.”
“E di spazio gliene servirà parecchio! – ho sparato – Sembra un batacchio niente male!”
“Non mi lamento.”, ha detto lui e, fissandomi negli occhi, si è agganciato l’orlo dei pantaloni e se li è abbassati a mezza coscia, scodellandomi alla vista un sorcione semiduro da accapponare la pelle a checche meno provate di me.
“Accidenti, che sberla!”, ho esclamato, mentre lui se lo impugnava e con un paio di menate lo portava, scappellandolo, ad un buon grado di turgore.
Me lo ha esibito con fierezza, dandosi anche un paio di strattonate alle palle, poi:
“Vieni, - mi ha detto, sfacciatamente – vieni a leccarlo. Lo so che ti piace il maschio, mi sono accorto di come mi guardi in negozio.”
E non sai come ti immagino io nel retrobottega, ho ghignato fra me, mentre mi alzavo al suo invito e mi inginocchiavo davanti a lui. L’odore del suo cazzo era coinvolgente: una fragranza di umori e bagnoschiuma, che mi ha fatto venire l’acquolina in bocca. Una goccia ha cominciato a formarsi alla sommità della cappella, sgorgando dalla boccuccia carnosa. A quella vista non ho retto: mi sono accostato e l’ho lappata via con la punta della lingua. Era un sugo denso, ma ancora insapore. Ho insistito a leccare nella parte inferiore, attorno al filetto teso e lui ha cominciato a fremere, premiandomi con un’altra generosa elargizione di sugo. Ho continuato a leccare e succhiare, anche se facevo fatica a prenderglielo in bocca.
“Lo prendi anche nel culo?”, mi ha chiesto ad un tratto.
“Ti piace inculare?”, ho risposto dopo essermi liberato la bocca dal grosso impaccio.
“Non l’ho mai fatto. Mi piacerebbe provare, però.”
“Hai trovato la persona giusta!”, ho detto allora e, rialzatomi, mi sono tolto in fretta e furia pantaloni e mutande.
Poi mi sono voltato, chinandomi a novanta e aprendomi le chiappe a mostrargli il buchetto. Anche lui, intanto, si è calato i pantaloni sotto i ginocchi e mi è venuto dietro, puntandomelo contro.
“Aspetta, - gli ho detto allargandomi le chiappe ancora di più – sputaci sopra e spingi dentro la saliva con le dita.”
Lui, allora, si è chinato e mi ha scatarrato dritto sul buco un grumo di saliva collosa, che mi ha fatto rabbrividire al contatto. Poi ho sentito un grosso dito rugoso scivolarmi dentro e muoversi piano dentro e fuori, sciogliendomi i nodi. Quindi, tenendomi allargato lui stesso con la sue manone, ha sputato nuovamente, dentro il buco stavolta, ci ha puntato sopra il cazzo e ha spinto dentro.
Ho il culo rotto, ma accidenti se l’ho sentito!
“Piano, - ho esclamato – fa’ piano. Il culo non è una figa… devi aprirlo con calma.”
“Dimmi tu.”, ha fatto lui, già ansimando.
Allora, l’ho guidato, quasi tenendogli per mano l’uccello… è una figura retorica, ovvio: come potevo tenerglielo in mano, se me lo stava ficcando dentro? Era talmente grosso, che non ci sarebbe stato spazio neanche per farci scivolare un filo d’erba.
Lo sentivo avanzare nel mio retto centimetro dopo centimetro… e anche lui doveva sentirlo.
“Che stretto…”, ha sospirato, infatti.
“Non ti piace?”, gli ho chiesto, tanto per dire qualcosa.
“Altroché, se mi piace… è fantastico… me lo stai sbucciando come una banana…
Cazzo, me lo stai sbucciando come una banana! È bellissimo! Wow wow wow!”, e ha dato un affondo brutale, che me l’ha piantato dritto fino ai peli del pube.
“Ahi!”, ho esclamato.
“Scusa… scusa… ma è straordinario… e chi lo avrebbe detto? Mi sembra di averlo come pressato in una morsa.”
Mi sono allungato una mano in mezzo alle gambe e ho palpato i suoi coglioni appiccicati ai miei, sfiorandomi poi con la punta delle dita lo sfintere stirato attorno alla sua mazza, meravigliandomi io stesso di come fossi riuscito a prenderlo tutto senza colpo ferire, come si dice.
In quel momento, Alessio ha cominciato a muoversi avanti e indietro e per un po’ mi sono lasciato scorrere sul palmo aperto della mano le sue palle, molto più grosse delle mie. Quel robusto andirivieni inizialmente mi ha creato qualche fastidio, visto che mi smuoveva tutta la verminaia, portandosela dietro in dentro e in fuori; ma poco dopo, complice il progressivo slargamento dello sfintere, e la formazione di uno strato di umori lubrificanti, l’enorme pistone è riuscito a scorrere agevolmente avanti e indietro, svegliandomi centri nervosi che non sapevo neanche di possedere. E in effetti era la prima volta che accoglievo un cazzo di tale dimensione.
Ben presto, sono divenuto anch’io parte attiva di quella chiavata: se per lui era la prima volta, volevo rendergliela indimenticabile. Ho preso così ad accompagnare la sua vogata, rilassando i muscoli quando usciva e serrandoli quando rientrava, in modo da aumentare l’attrito; ed è stata una mossa vincente, perché lo sentivo ogni volta gemere e vibrare, come se gli stessi facendo un pompino con il culo.
Forse ho lavorato lavorare troppo bene, però, perché non ha tardato molto che mi ha afferrato ai fianchi e ha cominciato a pompare come un forsennato.
“Vengo, cazzo! – ansimava – Ti sborro nel culo… ti sbrodo tutto…”
E in quel momento ho sentito come una scossa, mentre il suo cazzo cominciava a eiaculare, un getto dopo l’altro, dopo l’altro, dopo l’altro… Mi teneva premuto il bacino contro l’ano e sborrava… sborrava… sborrava… Ero strabiliato: non la finiva più di sborrare.
“Gesù, ma quanta ne tenevi nei coglioni?”, ho esclamato mentre mi teneva stretto a sé, col cazzo ancora piantato tutto intero nel mio culo.
“Sai come dice il proverbio, no? Cazzo giovane in culo vecchio di buona sborra ne produce un secchio.”, mi ha sussurrato lubricamente all’orecchio.
Non ho potuto trattenermi dallo scoppiare a ridere, ma così facendo il suo paletto ormai frollo mi è sgusciato fuori, trascinandosi dietro buona parte della sua produzione, che è scolata dal buco sfilacciato, senza che riuscissi a trattenerla.
“Accidenti! – ho detto quando mi sono accorto che era andata a finirgli sui pantaloni calati alle caviglie – ti ho combinato un macello”
Lui ha fatto spallucce e se li è tirati su, rificcandoci dentro l’uccello tutto imbrattato di sperma e di umori anali.
“Grazie, - mi ha detto avviandosi alla porta – è stata una bella esperienza.”
“Da rifare?”
“Perché no? – ha detto, facendomi l’occhiolino – Ti aspetto in macelleria.”
“Ho sempre sognato essere violentato appeso a un gancio.”, mi è sfuggito prima che me ne rendessi conto.
Lui è scoppiato a ridere, ma gli brillavano gli occhi, mentre mi salutava.

Ok, adesso, se non siete ancora venuti, rificcatevi l’uccello nelle mutande, perché per oggi non vi racconto altro. Ho bisogno di rilassarmi e riflettere su quanto è successo… Certe cose sono lunghe e complesse da elaborare.

(continua)
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