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Gay & Bisex

Rapporti condominiali -2


di adad
12.01.2019    |    15.608    |    5 9.6
"In effetti era un organo fantastico: lungo e levigato, con una pelle morbida e carnosa che scorreva scioltamente su un’anima d’acciaio..."
Era il giorno di Capodanno e il sole era tramontato da poco. La sera prima ero stato ad una festa di amici e non vedevo l’ora di andarmene a letto. Mi stavo preparando a tirarmi una sega della buonanotte, guardando un porno, quando sentii suonare alla porta. Stupito perché di solito non aspetto nessuno, per di più in una serata fredda come quella, andai ad aprire e… beh era lui, Andrea!... puntuale al suo appuntamento con il destino.
“Ciao”, gli feci con un sorriso luminoso.
“Ti disturbo?”, chiese lui, un po’ impacciato, per la verità.
“No, assolutamente! Entra, fa freddo per le scale, – e mi scostai per lasciarlo passare – anche se tu non hai di questi problemi.”, scherzai, alludendo alla sua tenuta: solita maglietta e pantaloni di felpa.
“Mia moglie ha portato i bambini dai nonni e ho pensato di venire a farti gli auguri.”
“Già, è vero! – esclamai – Buon anno.”, e gli strinsi la mano.
Lo feci accomodare sul divano, in soggiorno e gli offrii dello spumante che mi era avanzato a mezzogiorno. Poi mi sedetti su una poltrona lontano da lui: lo vedevo già abbastanza teso e non volevo innervosirlo ancora di più. Scambiammo le solite chiacchiere: come va, cosa hai fatto di bello, come hai passato le feste e altre fesserie del genere, tanto per alleggerire l’atmosfera.
Poi, d’un tratto, lo vidi prendere un lungo respiro e irrigidirsi un attimo.
“Senti, Luigi…”, cominciò.
Ci siamo, pensai.
“L’altra settimana…”
Io lo guardavo senza dire niente, anche perché non riuscivo a capire quale voleva essere il senso del suo discorso.
“Giù in cantina…”, proseguì nervosamente.
Mi fece pena, poveraccio, doveva costargli parecchio imbarazzo parlarne. Decisi di intervenire.
“Sì, ricordo, - feci – ti ha creato problemi quello che è successo?”
“No! – esclamò Andrea di scatto, coprendo di rossore una bugia più grande di lui – Cioè…”
“Era la prima volta che ti succedeva, vero?”, cercai di essere più asettico possibile.
“Sì… e non so proprio…”
“Non preoccuparti, Andrea: capita a tutti di trovarsi coinvolti prima o poi in qualche esperienza, come dire?, stravagante. Importante è che non risulti… spiacevole. A me, però, è piaciuto…”.
Evitai, ovviamente, di chiedergli cosa era parso a lui: dovrebbero proprio darmi l’Oscar per la diplomazia. Andrea mi fissò con aria stupita.
“Sul serio?”
“Sì”, annuii con un sorriso serafico.
“Tu… Tu sei?….”
“Sì”, risposi, intuendo quale fosse l’imbarazzante domanda.
“A me piacciono le donne!”, asserì allora lui tutto d’un fiato, quasi volesse liberarsi di un peso.
“Lo so. E’ per questo che ho apprezzato molto la tua disponibilità quella mattina.”
Andrea mi fissò con aria interrogativa.
“Beh, il fatto è che, pure se non ti interessava, - gli spiegai – hai lasciato che te lo facessi… Io lo desideravo, ma non avrei mai avuto il coraggio di chiedertelo. Tu invece me l’hai concesso spontaneamente… è stato molto bello, ti ringrazio davvero.”
Il mio discorso dovette spiazzarlo un po’, ma lo vidi anche assumere un’espressione più tranquilla: la sua debolezza in fondo era consistita solo nel farmi un regalo!
“Ma a te piace fare…”
“Beh, sì.”, risposi con aria indifferente.
“E… lo fai a tutti…”
“Ah, solo a chi trovo interessante!”
Dovette capire il mio messaggio, perché arrossì leggermente, a meno che non si sentisse soltanto gratificato dalle mie parole. Seguì una pausa di silenzio, che io mi guardai bene dal turbare, limitandomi a fissarlo, mentre rimuginava chissà che cosa, con le mani in grembo e gli occhi bassi.
“Prima… - disse poi – prima hai detto che ti è piaciuto quella mattina…”
Mio Dio, ne aveva una voglia tale che stava per scoppiare! Dovetti farmi forza per non precipitarmi da lui, afferrarlo per le spalle e urlargli: “Ma cazzo, ti decidi a chiedermi di farti un pompino?”
“Sì, - risposi invece – mi è piaciuto… molto, anche, e… per conto mio, te lo farei ancora, se non ti creasse problemi...”
“No… - si tradì lui – nessun problema per questo… Non so…”
Era chiaramente in bilico fra la paura e il desiderio: aveva bisogno ancora di una piccola spinta per cedere, ma sarebbe bastato il minimo passo falso da parte mia per farlo schizzar via di colpo nella confortante sicurezza del suo appartamento. Io ero pronto a coglierlo, doveva essere lui però ad offrirsi a me. Altra lunga pausa di assorto silenzio.
“Hai qualche filmettino… piccante?”, mi chiese dopo un po’.
Ecco la via di scampo per la sua coscienza, ed era stato lui a trovarla. Dio benedica chi ha inventato la pornografia!
“Certo”, risposi e mi alzai a prendere un DVD.
Se c’è una cosa che non manca a casa mia sono proprio i film porno! Scelsi ovviamente un etero e lo inserii nel lettore; quindi mi andai a sedere vicino a lui, giustificato dal fatto che il televisore era di fronte al divano.
Parte la visione: compare una coppietta in macchina, lei squallida e molliccia, lui un figazzo strappaseghe sodo e cazzuto come pochi altri. Si fermano in un posto appartato, lui reclina il sedile di lei, le tira su la gonna e comincia a slinguarle la figa depilata: una cosa semplicemente disgustosa!
Mi voltai a guardare Andrea: era attentissimo alla scena; ma notai che aveva ulteriormente allargato le cosce e non si stava coprendo l’inguine con le mani, come fa di solito chi non vuol farsi accorgere che si sta eccitando, o vuole precludere la strada ad eventuali disturbatori. Immaginando, pertanto, che fosse l’OK per me, allungai la mano e gliela poggiai in grembo.
Lui non reagì, allora gli diedi una leggera palpata all’uccello che sentivo sodo sotto la mano. Senza distogliere gli occhi dallo schermo televisivo, Andrea sorrise imbarazzato, ma non si mosse, né mi tolse via la mano. Evvai!
“Mi sto vergognosamente eccitando…”, mormorò con un risolino imbarazzato.
“Non c’è nulla di male.”, feci spallucce io, rassicurante.
Lo palpai ancora un po’, facendoglielo diventare duro del tutto, poi decisi di giocarmi il tutto per tutto: gli scivolai in ginocchio fra le gambe divaricate, gli agganciai con le dita l’elastico dei pantaloni e feci per tirarglieli giù. Lui sollevò leggermente il bacino per agevolarmi e così glieli calai fino alle caviglie. Cercai di toglierglieli del tutto, ma lui si schermì:
“No…”, senza distogliere gli occhi dallo schermo, dove sapevo che la squallida aveva tirato fuori il nerchione del figazzo e glielo stava succhiando: avevo guardato talmente tante volte quella scena, l’unica del film con un maschio decente, che avrei potuto dire con esattezza quanti peli lui aveva nel pube e quanti centilitri di sborra avrebbe eiaculato fra un attimo in bocca alla schifosa.
Io invece rimasi un momento a contemplare estasiato lo spettacolo meraviglioso che avevo davanti agli occhi: gli slip di Andrea erano puliti stavolta, ma non certo meno fragranti dell’altra volta.
Mi accostati e inalai l’aroma che emanava dal suo inguine, l’aroma caldo del maschio, misto di sudore e degli umori virili, impregnati nei peli del pube e nelle mutande: una fragranza che mi manda letteralmente in estasi. Baciai l’involto umidiccio dei coglioni, poi infilai la mano lateralmente e glieli cavai fuori. Lo scroto era molle e glabro, con i testicoli grossi come due uova. Ci diedi qualche leccata, poi gli tirai fuori pure l’uccello ormai turgido.
“Che bello!”, esclamai piano, tenendolo diritto in su.
In effetti era un organo fantastico: lungo e levigato, con una pelle morbida e carnosa che scorreva scioltamente su un’anima d’acciaio. Era coronato da un glande affusolato sulla punta, ma con la cresta sporgente come la cappella di un fungo. Mi presi il bell’agio di ammirarlo, come non avevo potuto fare nei momenti frenetici di quella prima volta in cantina, dopo di che lo scappellai lentamente e quando il puntale fu del tutto scoperto, dapprima gli vellicai il filetto con la punta della lingua, facendolo sobbalzare, poi lo ingoiai con un gemito di golosa voluttà e diedi inizio all’impresa.
Sbocchinare un uomo mentre si guarda un porno in TV è sempre stata una delle mie fantasie più scatenate e adesso la stavo realizzando. Non so se lui continuasse a guardare il film o che, perché per tutto il tempo che durò il pompino non staccai mai la bocca dal suo cazzo, né sollevai mai lo sguardo verso di lui.
Posso dire solo che sentivo i suoi fremiti e i lievi sobbalzi, ogni volta che gli toccavo un nervo più sensibile. Poi, quasi senza che me ne accorgessi, arrivò l’orgasmo. Tutto d’un tratto il suo cazzo si tese spasmodico, lui si lasciò andare sullo schienale del divano e subito dopo inarcò il busto in avanti.
“Ohhhh!”, sospirò e io mi ritrovai con la bocca piena di sperma caldo.
Ingoiai tutto finché il flusso non cessò; quindi seguitai a leccare ogni goccia di spurgo perlaceo che sgorgava via via che il cazzo gli si smollava. Alla fine, tenendogli in mano il pistolino ormai moscio, dopo un’ultima leccata sul taglietto, sollevai gli occhi a guardarlo: Andrea mi stava fissando con un sorriso che esprimeva tutto: schifo e imbarazzo, ma anche gratificazione.
“Di che sa?”, mi chiese, più per sciogliere l’imbarazzo, che per reale curiosità.
Mi parve di cogliere una nota di dolcezza nella sua voce.
“Sa di cannella, - risposi con tono serioso, seccandomi le labbra – ma con un retrogusto amarognolo di noce moscata.”
Andrea scosse la testa.
“Che stronzo!...”, commentò sollevato.
Io mi rialzai, evitando naturalmente di fargli qualsiasi tipo di domanda. Intanto, pure lui si era rialzato: si risistemò l’armamentario negli slip; si tirò su i pantaloni e si diresse alla porta.
“Te ne vai?”
Che domanda idiota, è chiaro che se ne andava: aveva soddisfatto il bisogno che lo aveva spinto a venire e stava cominciando a fare i conti con il senso di colpa; oltretutto non poteva certo rischiare che mi tirassi giù i pantaloni pure io e lo costringessi a star lì mentre mi facevo una sega o, peggio ancora, chiedessi qualcosa a lui.
“Sì, devo andare, – si giustificò – mia moglie sta per tornare da un momento all’altro e se non mi trova… Magari ci vediamo un’altra volta, se ti va…”
“Ok!”, risposi.
“Allora, ciao, eh!”, e sgattaiolò fuori.
Salì le scale al buio e in silenzio fino al suo piano dove lo sentii aprire e poi richiudere la porta. Non mi rimase che tornare in soggiorno e terminare la serata con una sega solitaria.

Alcuni di giorni dopo, sull’imbrunire, sentii dei leggeri colpetti alla porta. Mi meravigliai: se era qualcuno che mi cercava, perché non usava il campanello? I colpi si ripeterono leggeri e frettolosi, allora andai ad aprire: era Andrea che si mise un dito sulla labbra e sgattaiolò dentro.
“Scusa, Luigi, - bisbigliò, come se ci fosse qualcuno nelle vicinanze ad ascoltarlo – ma sono di corsa… Sto andando al supermercato e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere se mi fermavo un momento da te… ma solo un momento, però… sono di corsa…”
Che avrebbe fatto piacere a me! Non finirò mai di stupirmi della capacità che abbiamo noi umani di mentire a noi stessi. Comunque, è pur vero che un pompino non si rifiuta mai, così lo seguii in soggiorno, dove lui si era già infilato e adesso mi aspettava appoggiato col sedere al tavolo, i pantaloni aperti e l’uccellone già fuori, turgido e scappellato.
Senza perdere tempo, gli caddi in ginocchio davanti, e gli presi in bocca il glande viscido di presborra, cominciando a lavorarglielo con la lingua guizzante.
“Ohhhh!”, sospirò lui con un senso di sollievo.
Ma non fece in tempo a lasciarsi andare, che prese a suonargli il cellulare. Andrea fece un balzo.
“Chi cazzo…”
Si infilò la mano in tasca e lo tirò fuori.
“Cristo! – gemette, guardando il display, e poi al telefono – Dimmi, cosa c’è?”
Ascoltò per un po’, mentre io continuavo a lavorarglielo alacremente.
“Come, dove sono? – disse, cercando di dare alla voce un tono normale – Sono qui davanti… Ma no, ma no, non serve che vieni pure tu… Sì, va bene, va bene, ti aspetto….”
Chiuse il telefonino e mi strappò letteralmente il cazzo dalla bocca.
“Cristo santo, devo scappare! – farfugliò rimettendosi a posto i pantaloni – Scusami, Luigi… ci vediamo!” e si precipitò giù dalle scale, per arrivare davanti al portone prima della moglie, che probabilmente stava chiamando l’ascensore giusto in quel momento.
Non si può certo dire che la vita di un marito non sia movimentata, pensai ironicamente, per quanto contrariato da quell’incidente che mi aveva privato di una buona sborrata.

(continua)
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