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Effetto Nico - 3


di adad
16.03.2018    |    7.035    |    6 9.8
"Sollevai lo sguardo al suo volto..."
Intanto era passato quasi un anno dal nostro primo incontro e col crescere della nostra intimità, le mie esibizioni presero a farsi più audaci e spudorate, via via che più vivi si facevano le mie voglie e il desiderio di sedurlo.
Un giorno decisi di giocare il tutto per tutto e mi feci fotografare mentre giocavo con un dildo, uno dei più grossi della mia nutrita collezione.
Lui si mostrò divertito quando lo tirai fuori da un cassetto e non fece obiezioni, continuando a scattare, mentre lo tenevo in mano, me lo passavo lascivamente sul corpo. Ad un certo punto, fissandolo intenzionalmente, presi a slinguare la cappella gommosa con l’espressione più lasciva che riuscii a trovare. Lui capì perfettamente il messaggio, ma:
“Che porca sei! - si limitò a ridacchiare, sia pure arrossendo un poco – Ti piacerebbe se fosse vero, eh?”
“Pensa se fosse il tuo…”, mugugnai languidamente.
Poi mi sdraiai su un plaid a terra, sollevai le gambe e mi puntai il dildo sul buco del culo.
“Dai, ficcatelo dentro, troia…”, sibilò Nico, smanettandosi l’uccello duro in attesa di scattare la foto.
“Ti piace vedere che me lo ficco nel culo, vero?”, feci con voce strozzata.
Lui non rispose, ma mi accorsi che gli brillavano gli occhi. In quel momento realizzai che forse era la prima volta che vedeva un uomo ficcarsi un dildo o qualsiasi altra cosa nel buco del culo, e l’idea mi elettrizzò: così, cominciai a spingere. Per fortuna avevo la figa rilassata e l’aggeggio era scivoloso di saliva; comunque era lo stesso troppo grosso per entrare senza impaccio, ma non desistetti: troppo eccitante era la prospettiva di offrirgli quello spettacolo nuovo per lui.
“Oh!....”, gemetti, rovesciando la testa all’indietro, quando il puntale forzò la resistenza dello sfintere e plof, il dildo mi sprofondò nel culo fino a metà.
“Azz!”, mi giunse da una remota lontananza, insieme a una rapida successione di flash.
Continuai a spingere fino ad affondarmelo tutto nel buco martoriato. Allora mi fermai e lo guardai: Nico ansimava leggermente, mentre scattava da diverse angolazioni e il suo cazzo ballonzava turgido nell’aria, quasi in preda all’orgasmo. Non mi sbagliavo, allora: era la prima volta che assisteva allo stupro anale di un uomo e ne stava subendo tutta la straordinaria carica emotiva.
Fa che mi salti addosso!, implorai mentalmente, mentre lui si avvicinava, ma solo per farmi un primo piano dell’anello stirato attorno al fusto massiccio del dildo. Rimasi fermo un istante, poi, dimenandomi, iniziai a farlo scorrere lentamente dentro e fuori.
“Dai, fottiti il culo, puttana…”, mi giunsero i suoi commenti.
“Dammi il tuo cazzo… dammi il tuo cazzo…”, gemetti negli spasimi del piacere, agguantandomi l’uccello e prendendo a masturbarmi.
Durai poco: tempo trenta secondi e l’orgasmo esplose, inondandomi il petto e la pancia, mentre lo sfintere mi si serrava a scatti attorno al duro corpo del dildo. Ansimavo ancora,stringendomi con due dita il cazzo molle e stremato, quando aprii gli occhi: Nico mi sovrastava a gambe larghe, aveva l’aria stravolta e si stava segando l’uccello con foga febbrile.
“Ti sborro addosso, troia, ti sborro addosso…”, ansimò con voce strozzata, e subito dopo una pioggia calda e densa mi si rovesciò sul petto e sullo stomaco, frammischiandosi alla mia.
Finito di sborrare, Nico si scrollò con forza l’uccello diverse volte, poi fece un passo indietro e prese a pulirsi con l’asciugamano che avevo preparato lì.
Ero letteralmente ricoperto di sborra.
“Me lo passi, per piacere?”, gli chiesi, accennando all’asciugamano che stava gettando via.
Lui me lo porse e mi pulii alla meglio; poi, sotto il suoi occhi, mi tolsi lentamente il dildo dal culo e ce lo avvolsi per lavarlo più tardi.
“Te lo sei goduto, eh?”, ghignò Nico, mentre mi rialzavo.
Gli andai vicino e presi in mano il suo cazzo molle:
“Questo me lo sarei goduto ancora di più!”, sospirai con un mesto sorriso.
Aveva ancora la punta bagnata.
“Immagino!”, commentò lui, iniziando a rivestirsi.
“Eppure una volta o l’altra dovrai deciderti a mettermelo.”
“Non ti arrendi mai, eh?”, rise Nico in risposta.
Passarono un paio di settimane e ormai l’estate si stava preannunciando in tutto il suo vigore. Come di norma, me ne stavo in casa con addosso solo un perizomino coprisesso praticamente inesistente e una canottiera svolazzante a mezza chiappa, un abbigliamento che mi faceva sentire terribilmente porca, tanto per cambiare.
Erano circa le tre del pomeriggio e mi stavo organizzando per un’orgetta privata con un video porno e un paio dei miei dildi preferiti, quando suonò il telefono.
“Ciao, sei in casa?”, mi fece una voce ben nota in risposta al mio Pronto?.
Il cuore prese a battermi all’impazzata, come sempre del resto, quando mi preannunciava una sua visita.
“Certo.”, risposi.
“Senti, - continuò lui – sto tornando a casa e passo dalle tue parti: se ti va, passo a salutarti.”
“D’accordo”, feci io, cercando di non far trapelare l’entusiasmo nella voce.
“Sicuro che non ti disturbo?”, insistette Nico, ma con un tono che smentiva qualsiasi timore potesse nutrire in tal senso.
“Ma smettila, scemo! – tagliai corto – Ti aspetto; intanto preparo la macchina fotografica.”
“Ok, - scoppiò a ridere lui – A dopo.”
Cazzo, Nico stava arrivando e con largo anticipo rispetto alle solite scadenze. Mi si prospettava qualcosa di molto più allettante dell’orgetta solitaria che avevo in mente. Caricai la fotocamera e predisposi un altro paio di rullini, inserii un porno nel videoregistratore ed iniziò l’attesa.
Decisi di rimanere così come stavo, tanto con Nico avevamo superato da un pezzo qualsiasi problema o imbarazzo di sorta. Ero già eccitato e il triangolino coprisesso di maglina color crema a stento, e solo grazie alla sua estrema elasticità, riusciva a contenermi l’erezione.
Mi stavo chiedendo se fargli trovare sul tavolo in bella vista anche il dildo dell’altra volta, quando suonò il campanello di strada. Corsi al citofono: era lui!
Schiacciai il pulsante d’apertura e feci un profondo respiro nel tentativo di controllare il tremito che sempre mi pervadeva, ogni volta che stava per arrivare. Quando calcolai che fosse alla svolta dell’ultima rampa di scale, aprii la porta per riceverlo nel modo adeguato. Ma non feci in tempo a sporgere la testa sul pianerottolo che il sangue mi si gelò all’istante: stava parlando a voce alta.
“Forse è al telefono”, pensai; ma un’altra voce gli rispose ridendo… Oh, cazzo, non era solo! Ma cosa gli era passato per la mente di portare altre persone? E perché non me l’aveva detto? Mi guardai attorno smarrito. E adesso? Mi sentii ancora più nudo di quello che ero. Ebbi l’impulso di correre in bagno e infilarmi un accappatoio. Ma nell’attimo stesso in cui stavo per ritrarmi, Nico svoltò l’ultima rampa di scale e mi vide.
“Ah, ciao.”, mi salutò con un sorriso.
“Ciao”, risposi, facendo buon viso a cattiva sorte e sporgendomi solo con la testa.
Dietro di lui comparve la bella testa mora del suo accompagnatore.
“Scusa se ti abbiamo disturbato, - fece Nico, mentre salivano gli ultimi gradini – ma passavamo da queste parti e abbiamo pensato di fermarci per un saluto.”
Erano ormai entrambi sul pianerottolo, davanti alla mia porta aperta e io, inghiottendo l’imbarazzo, mi feci avanti per riceverli.
“Ti presento Andrea, un mio collega.”, continuò.
“Piacere, Lorenzo. – risposi, stringendo la mano al nuovo arrivato – Nessun problema, non vi preoccupate. Scusatemi voi, invece, ma siete arrivati prima di quanto prevedessi e non ho fatto in tempo a vestirmi. Prego.”, e li feci entrare in soggiorno.
“Accomodatevi pure, - proseguii – e scusatemi un momento, vado a mettermi qualcosa addosso.”
“Ah, fa lo stesso, - ghignò Nico, che aveva capito tutto – non ci scandalizziamo non preoccuparti! Dico bene?”, aggiunse rivolto all’amico.
“Assolutamente! – fece quello con una robusta voce baritonale che mi diede un fremito – Siamo uomini di mondo.”
Per un istante ebbi la sensazione che si stessero divertendo alle mie spalle, ma non ci diedi peso: se la cosa non dava fastidio a loro, perché avrebbe dovuto darne a me? E poi, conoscendomi, Nico sapeva benissimo come mi avrebbe trovato: se aveva portato con sé un amico e non mi aveva avvertito, significava che non c’erano problemi.
Nonostante l’imbarazzo, la zoccola si riscosse con un brivido nel profondo del mio essere e fece una rapida scannerizzazione del nuovo arrivato, mentre lui e Nico si accomodavano sul divano: sui trent’anni, con quel fisico robusto, almeno da quanto si poteva giudicare attraverso gli abiti, e con l’ aroma coinvolgente di colonia e sudore fresco, che traspirava, era senz’altro un individuo affascinante.
Ma ad attirare la mia attenzione erano soprattutto il bel volto dagli occhi vivaci, il sorriso simpatico, e il pacco a dir poco rilevante che gli si formò alla convergenza delle cosce non appena si fu seduto.
Mi accomodai su una poltroncina di fronte a loro, cercando di darmi un contegno più naturale possibile, cosa non facile neanche per me, visto com’ero combinato. L’erezione che si era svegliata mentre aspettavo, si era riassorbita, è vero, ma ero comunque consapevole di essere indecentemente esposto ai loro sguardi.
“Cosa stavi facendo?”, mi chiese Nico.
Forse avrei dovuto dirgli sinceramente: “Stavo per mettere un porno e farmi una sega,” invece:
“Oh, niente di particolare.”, risposi facendo spallucce.
Bene o male, riuscimmo a intavolare un minimo di conversazione, finché, fingendo di notarla solo allora sul tavolo con i rullini:
“Ah, vedo che hai preparato la macchina fotografica. – esclamò Nico – Lorenzo è un fotografo eccezionale.”, aggiunse rivolto all’amico.
“Non esageriamo!”, mi schermii imbarazzato, sentendo, comunque, l’erezione riprendere vita.
“E’ lui che mi scatta le foto che ti ho fatto vedere.”, continuò Nico.
“Davvero? – intervenne Andrea – Ti piace fotografare?”, mi chiese.
“Dipende dal soggetto.”, feci con una certa ambiguità.
I due scoppiarono a ridere.
“L’avevo preparata, pensando che volessi…”, spiegai, accennando alla macchinetta.
“Beh, allora, tanto vale approfittarne, se hai voglia. – disse Nico – Tu permetti, Andrea, vero?”
“Fate pure con calma, - rispose quello con aria candida – vi aspetto qui.”, e prese una rivista dal tavolinetto lì vicino.
Andammo nell’altra stanza e Nico fu nudo in un attimo, mentre io cominciavo a scattare. Ben presto, la mia eccitazione raggiunse livelli parossistici; la punta del cazzo eretto mi tendeva la maglina del perizoma fin quasi a forarla.
La consapevolezza che ci fosse di là un’altra persona mi instillava un certo senso di imbarazzo, è vero, ma lungi dall’essere di ostacolo, mi rendeva la situazione innegabilmente più euforica e intrigante.
“Questa è per te.”, mi disse ad un tratto Nico, dandomi le spalle e piegandosi in vita, mentre si allargava le natiche con le mani.
Fissai ammaliato il suo buchetto ammiccante e feci un paio di scatti.
“Attento a quella posizione… può essere pericoloso!”, sentii una voce ironica alle mie spalle.
Mi voltai di scatto: Andrea era inquadrato nel vano della porta rimasta aperta, e ci osservava con un ghigno divertito sulla faccia.
“Non c’è problema.”, ridacchiò Nico, raddrizzandosi e voltandosi all’amico, del tutto incurante del suo cazzo proteso da cui cominciava a colare un filo di bava traslucida.
Io rimasi un istante inebetito: da quanto tempo era lì a guardarci? E cosa poteva aver pensato di me, ascoltando i suggerimenti che davo a Nico durante gli scatti o gli apprezzamenti che gli rivolgevo per la sua virilità e tutto il resto? E cosa avrebbe pensato vedendomi ora in un così evidente stato di eccitazione?
Ripresi però subito il controllo:
“Ho ancora mezzo rullino, - gli dissi, affettando una noncurante professionalità – faccio qualche foto anche a te?”
Ma lui scosse la testa:
“No… falle tu.”, rispose.
In quel momento, per quanto cercasse di nasconderlo sotto la mano, infilata nella tasca dei pantaloni, mi accorsi con un brivido che aveva il cazzo duro.
“Perché non le fate assieme?”, intervenne allora Nico e mi tolse di mano la macchinetta.
L’odore del suo corpo nudo e sudato mi avvolse e in un lampo capii. Mi tornò il mente quanto lo avesse eccitato vedermi giocare con il dildo e capii che aveva organizzato tutto per vedermi ora inculare da un altro.
D’impulso, allora, mi avvicinai ad Andrea e senza mezzi termini gli allungai una mano all’inguine: sentii la consistenza morbida dei coglioni e più sopra il turgore massiccio della sua erezione. Lo fissai negli occhi scintillanti e lentamente mi calai in ginocchio.
Lui non si era mosso, non aveva battuto ciglio; solo un cupido sorriso gli si era aperto sulle labbra.
Con le mani che mi tremavano gli slacciai la cintura e gli sbottonai la patta; i leggeri pantaloni estivi gli si afflosciarono ai piedi e lui ci sgambettò fuori. L’afrore del suo corpo mi sferzò le narici. Abbassai gli occhi: indossava degli slip sformati e non propriamente puliti, tesi sotto la pressione di un batacchio che si preannunciava poderoso.
Un’ampia macchia di bagnato ne coronava l’estremità presso l’elastico della cintura. Sollevai lo sguardo al suo volto.
“Sei eccitato.”, osservai stupidamente.
“Sì, - rispose lui con un ghigno – che t’aspettavi?”
A quel punto, afferrai l’elastico degli slip e li abbassai lentamente. Il cazzo ballonzò in avanti appena fu libero, mentre le palle ricadevano pesanti. Con una lentezza quasi al rallentatore gli calai le mutande fino ai piedi e gliele sfilai, portandomele al naso per annusarne l’odore; poi con la sinistra gli soppesai i grossi coglioni nello scroto peloso, con la destra gli presi a metà l’asta vibrante, la scappellai del tutto e mi ci calai sopra con la bocca.
Andrea fremette e sospirò, mentre io gemevo languidamente, sentendomi pizzicare la lingua dal sapore acidulo del sugo che gli sbavava la cappella.
“Ti piace?”, sentii Nico che mi chiedeva.
“E’ fantastico…”, mugugnai, slinguandolo golosamente attorno al taglietto.
Lo smanettai alcune volte in tutta la sua lunghezza, poi tornai a leccare il glande nuovamente bagnato, passandogli la punta della lingua tutt’attorno alla corona e picchiettandolo sul filetto con rapidi colpi. Andrea ebbe un sobbalzo.
“Ci sai fare con il cazzo.”, mormorò.
Mi resi conto che cominciavano a tremargli le gambe. Allora mi rialzai.
“Vieni”, gli dissi e, tirandolo per l’uccello, lo feci sedere sulla sponda di un lettino che era lì e mi accosciai fra le sue gambe aperte.
“Prendiglielo in bocca, dai. – mi stimolò Nico – Fammi vedere come glielo succhi.”
E io ripresi in bocca quel nerchio gustosissimo e succhiai il glande spugnoso, mentre con la mano masturbavo lentamente il gambo nella sua guaina carnosa.
Andrea gemeva e sospirava senza ritegno, adesso, mentre gli manipolavo i coglioni e gli sbocchinavo la mazza.
Dopo qualche scatto, Nico aveva messo via la fotocamera e si era avvicinato a guardare. Quando me ne accorsi, notai con la coda dell’occhio che si stava smanettando pure lui.
“Dai, bocchinaro, - mi diceva – fallo godere il mio amico, fallo sborrare.”
Queste parole, quasi bisbigliate, mi eccitarono ulteriormente e intensificai il ritmo, deciso a farmelo venire in bocca. Ma tutto d’un tratto, Andrea si trasse indietro e con la mano mi allontanò la testa.
“No, - disse con urgenza – voglio incularti… voglio dartela nel culo!”
Subito mi rialzai: non ho mai saputo resistere agli ordini di un maschio arrapato. Mi tolsi l’ormai inutile perizoma e mi chinai, allargandomi le natiche per mostrargli il buchetto. Andrea mi venne subito dietro e tenendosi con due dita il cazzo sgocciolante dritto in avanti, piegò la testa leggermente di lato per controllare dove fosse il pertugio, ce lo puntò sopra e spinse.
Il glande viscido e spugnoso, sgusciò agevolmente all’interno, procurandomi solo un leggero fastidio alla forzatura dello sfintere, che non oppose comunque resistenza, tanto era infrollito dal desiderio.
“Oh, - gemette Andrea con voce strozzata, affondando nella mia carne spasimante – che caldo…”
“Ficcaglielo tutto, sfondagli il culo...”, lo incitò Nico che, continuando a masturbarsi, si era avvicinato e fissava il bastone dell’amico affondare nella ferita del mio buco voglioso.
“Sì, glielo ficco tutto, non preoccuparti, - ansimò quello – ha un culo sto finocchione che è meglio della figa… Guarda come prende bene il cazzo. Oh…”
Il sospiro finale accompagnava il suo ultimo affondo.
“Oh!...”, sospirò ancora Andrea, premendo con forza e roteando piano il bacino, macinandomelo contro. I peli crespi del suo pube mi facevano solletico allo sfintere stirato attorno allo spessore del suo manico.
“Ah, così…”, sguaiolai io, sentendomi invadere da un piacere languoroso.
A quel punto, lui cominciò a muoversi: lo estrasse lentamente fino alla cappella e poi me lo rispinse fino in fondo con foga… una volta, due volte… e sempre sospirando.
“Che culo, Nico, che culo, - ripeteva come una cantilena – è meglio della figa…”
Poi cominciò il ritmo ampio e regolare della cavalcata.
Ogni sua spinta in avanti mi faceva barcollare e quasi perdere l’equilibrio, nonostante lui mi tenesse saldamente in vita con le mani contratte; così, appena mi accorsi che Nico mi si era accostato davanti, per osservare più da vicino, protesi le braccia e mi appoggiai alle sue cosce.
Completamente assorbito com’era dallo spettacolo, Nico sembrò non accorgersene nemmeno e seguitò a smanettarsi lascivamente il nerchione, a pochi centimetri adesso dalla mia faccia! Gli occhi mi si incrociarono sulla sua punta paonazza, ne sentii l’odore acre, il cik-ciak del prepuzio che scorreva avanti e indietro sulla superficie bagnata della cappella… quel frutto così desiderato… così proibito…
La mente mi si svuotò di ogni pensiero, di ogni sensazione, che non fosse il richiamo selvaggio di quel cazzo irresistibile; d’impulso mi protesi un poco in avanti e gli slinguai la parte inferiore del glande, raccogliendone una goccia di siero viscoso. Il suo sapore acidulo mi inebriò e fu l’istinto a fare il resto. Approfittando di un affondo del mio inculatore, aprii la bocca e accolsi l’intera cappella. Ma stavolta Nico reagì e si trasse indietro, sfilandomelo dalla morsa delle labbra.
Sollevai lo sguardo verso di lui, che mi fissava con aria quasi incredula.
“Per favore…”, mormorai accorato.
Avevo le labbra unte e bagnate del suo sugo. Andrea continuava a chiavarmi e adesso i suoi colpi erano più energici, segno dell’orgasmo che stava montando in lui.
“Per favore…”, ripetei.
Ma Nico non rispose alla mia flebile preghiera, mi puntellò anzi una mano sulla spalla, come per tenermi lontano, continuando con l’altra a masturbarsi e fissandomi con l’aria stravolta del piacere ormai imminente.
“Ti sborro in faccia, troia…”, sibilò fra i denti.
E subito dopo, con un grugnito animalesco, spinse avanti il bacino e uno, due, tre fiotti di sperma in rapida successione schizzarono dal suo nerchio congestionato e mi si spiaccicarono sul volto, colando poi giù in lunghi filamenti collosi.
“Sì, sborragli in faccia, - ansimò Andrea, accelerando il ritmo della cavalcata – sborragli in faccia, che adesso… oh… gli riempio il culo… Oh! Oh!”, e mi si abbatté addosso, avvinghiandomi il torace con le braccia, mentre il cazzo gli esplodeva, eiettandomi una corposa colata di sbroda negli intestini.
“Ah! Sborro, cazzo! Sborro, Nico… gli sborro nel culo, cazzo!”, ripeté con voce spezzata, quassi incredulo con se stesso, premendomi forte col bacino.
Gli scatti del suo bestione sulla prostata mi produssero una sensazione di goduria talmente forte, che d’istinto mi afferrai l’uccello e mi ci diedi un paio di menate, in un lampo schizzando per terra tutta l’eccitazione di quelle ore. Le contrazioni del mio sfintere gli serravano il cazzo ormai quasi molle, ancora allogato nel mio retto.
“Ah… - rabbrividì lui – me lo sta mungendo, cazzo… me lo sta mungendo col buco del culo!”
E mi rimase incollato addosso, per godersi quegli ultimi spasimanti attimi di piacere. Rimanemmo immobili tutti e tre per un lungo momento, ansimanti, straniti: io, piegato a metà, con Andrea tuttora avvinghiato a me, mentre il suo cazzo molle mi sgusciava dal culo con un morbido plof, e Nico davanti, che con una mano mi teneva lontano e con l’altra, bagnata, si lisciava pigramente il bigolo esausto.
L’odore forte e muschioso del suo sperma mi riempiva le narici e io tirai fuori la lingua per leccarmi le labbra, ma era l’unica parte rimasta asciutta del mio volto grondante.
Poi, l’incantesimo si ruppe.
“Cazzo, che chiavata! – ghignò Andrea, staccandosi da me – Certo, che ci sapete fare con il culo, voi froci.”
“Devo prenderlo come un complimento, immagino.”, dissi con una punta di sarcasmo, intanto che raccoglievo un panno da terra e mi asciugavo la faccia.
“Assolutamente sì.”, intervenne Nico, mentre entrambi si rivestivano per andare.
Ci salutammo con un ben’augurante A presto, poi tornai nella camera per mettere a posto. Il tanfo dei loro corpi sudati, della loro sborra matura, gravava ancora nell’aria stagnante, ma era un tanfo conturbante: sapeva di maschio, di sesso, di… Le sensazioni che avevo appena provato mi sommersero di colpo. Raccolsi da terra il panno con cui poco prima ci eravamo ripuliti: era fradicio e qua e là appiccicoso della sborra di Nico e di Andrea: me lo premetti sotto il naso e aspirai a pieni polmoni quell’aroma pungente, perdendomi in un gioco tutto mio, che andò avanti a lungo in quell’infuocato pomeriggio d’estate.

(continua)
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