incesto
Ombre del desiderio Part. 2


10.04.2025 |
2.960 |
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"Il ritmo crebbe, colpi profondi e implacabili, e Alessia si lasciò andare, il piacere di dominarlo che le saliva dentro..."
Alessia aprì una delle ante dell’armadio e tirò fuori una scatola nera, elegante, con un lucchetto dorato che aprì con una piccola chiave che portava al collo. Luca la osservava, il respiro corto, mentre lei posava la scatola sul letto e la apriva, rivelando il contenuto: un paio di manette di pelle nera, una benda di seta dello stesso colore, e un frustino di cuoio con un manico decorato. “Mamma… che stai facendo?” chiese Luca, la voce incerta, un misto di paura e curiosità che gli attraversava lo sguardo. Alessia lo guardò, gli occhi da gatta che brillavano di un’intensità che lo fece rabbrividire. “Ti ho detto che c’è un prezzo da pagare, Luca,” rispose, la voce bassa e autoritaria. “Hai rovinato la macchina di tuo padre, un danno da oltre 4.000 euro… e io sono disposta a tenere il tuo segreto. Ma in cambio, per tutta la settimana, tu sei mio. Farai tutto quello che ti chiedo, senza discutere. È chiaro?”
Luca deglutì, il viso arrossato, il senso di colpa che lo schiacciava. “Sì… va bene,” mormorò, abbassando lo sguardo, sentendosi improvvisamente piccolo di fronte alla presenza dominante di sua madre. Alessia sorrise, un sorriso che aveva qualcosa di predatorio, e gli fece cenno di alzarsi. “Sdraiati sul letto,” gli disse, e Luca si stese, il cuore che gli martellava nel petto. Alessia prese le manette di pelle e gli legò i polsi alla testiera in cuoio scuro del letto, assicurandosi che fossero ben strette ma non dolorose. Poi, con un gesto lento e deliberato, gli mise la benda di seta nera sugli occhi, privandolo della vista. “Così va meglio,” sussurrò, la voce carica di potere.
Luca, bendato e legato, si sentiva vulnerabile come non mai, il respiro corto, il corpo teso. Sentì Alessia muoversi intorno a lui, il suono dei tacchi che si avvicinava, e poi il tocco leggero del frustino di cuoio sulla sua pelle. Alessia lo accarezzava con la punta del frustino, partendo dal petto e scendendo lentamente verso l’addome, un contatto che lo faceva fremere. “Sai quanto mi sento sola, Luca?” gli disse, la voce un misto di dolcezza e autorità. “Tuo padre è sempre via, e io… io ho bisogno di sentirmi viva, desiderata, potente. E tu, per questa settimana, mi aiuterai a farlo.”
Con un movimento rapido, Alessia colpì leggermente il fianco di Luca con il frustino, un colpo che non faceva male ma lo fece sobbalzare, un gemito che gli sfuggì dalle labbra. “Ti piace, vero?” gli chiese, accarezzandolo di nuovo, alternando il tocco del frustino a quello delle sue mani, le unghie laccate di rosso che gli graffiavano leggermente la pelle. Luca non rispose, troppo sopraffatto dalle sensazioni, ma il suo corpo parlava per lui: il respiro accelerato, il cazzo ancora duro nei boxer, un misto di vergogna ed eccitazione che lo travolgeva.
Alessia si alzò, slacciandosi il vestito color smeraldo con un gesto lento, lasciandolo cadere a terra e restando in un completo di lingerie nera di pizzo, che metteva in risalto le sue curve perfette. Si sedette accanto a Luca, le cosce che sfioravano il suo fianco, e posò una mano sul suo petto, accarezzandolo con movimenti lenti. “Dimmi quanto mi desideri, Luca,” gli ordinò, la voce bassa, mentre le sue dita scendevano verso l’elastico dei boxer, sfiorandolo appena. “Dimmelo, o ti colpisco di nuovo.”
Luca, bendato e legato, sentì un’ondata di calore salirgli al viso. “Io… ti desidero, mamma,” mormorò, la voce rotta dall’imbarazzo, ma anche da un’inaspettata sincerità. Alessia sorrise, soddisfatta, e gli diede un altro colpo leggero con il frustino, questa volta sulla coscia, facendolo gemere piano. “Bravissimo,” gli sussurrò, chinandosi per posargli un bacio sulla fronte, un gesto che contrastava con la sua autorità, ma che rivelava il suo affetto.
Dopo qualche minuto di provocazioni, Alessia decise di liberarlo. Gli tolse la benda e le manette, ma non aveva finito con lui. “Inginocchiati ai miei piedi,” gli ordinò, sedendosi sul bordo del letto, le gambe accavallate, i piedini piccoli e curati che brillavano sotto la luce. Luca obbedì, inginocchiandosi davanti a lei, il viso arrossato, il cuore che gli batteva forte. “Baciami i piedi,” gli disse, e Luca, spinto dal senso di colpa e dalla sottomissione, si chinò, posando le labbra sui suoi piedini, un gesto di completa devozione che fece sentire Alessia finalmente viva, desiderata, e in controllo.
Mentre Luca le baciava i piedi, Alessia lo guardava dall’alto, il potere che le scorreva nelle vene, un sorriso soddisfatto sulle labbra. Ma dentro di sé, una parte di lei si chiedeva se avesse oltrepassato un confine, se questo gioco fosse andato troppo oltre. Luca, dal canto suo, provava un misto di umiliazione e un’inaspettata attrazione per il potere di sua madre, un sentimento che lo confondeva e lo spaventava.
Alessia gli posò una mano sui capelli, accarezzandolo con dolcezza. “Alzati, Luca,” gli disse, e quando lui fu in piedi, lo guardò negli occhi, un’intensità che li univa in un modo nuovo. “Questo è solo l’inizio,” gli sussurrò afferrando con la mano il pene del figlio, la voce carica di promesse. “Domani parleremo di come sistemare la macchina… ma per tutta la settimana, sappi che sei mio.”
Luca annuì, il cuore che gli batteva forte, mille pensieri che gli attraversavano la mente. Non sapeva cosa lo aspettasse, ma una cosa era certa: la dinamica tra lui e la madre era cambiata per sempre.
Il mattino dopo, alle 8:00 in punto, Alessia irruppe nella stanza del figlio, dopo che aveva provato a chiamarlo invano. “Luca, alzati subito o sai cosa ti aspetta,” gridò, la voce decisa che rimbombava tra le pareti della casa che condividevano. Lui, come al solito, era perso nel suo sonno profondo – abituato a non aprire gli occhi prima delle 10:00 – e ignorò l’avvertimento, rigirandosi nel letto con un mugugno. “Hai fatto un casino con la macchina, e pensi di cavartela così?” aggiunse Alessia, stringendo i denti. Ma Luca non si mosse. “Bene,” mormorò lei tra sé, “se non ti alzi, vengo io a svegliarti.”
Tornò in camera sua per un attimo, solo il tempo di prepararsi, e rientrò da Luca con un’aria che non prometteva nulla di buono. Indossava solo un reggiseno di pizzo nero che le stringeva il seno prosperoso, lasciando poco all’immaginazione, e al posto delle mutandine sfoggiava uno strap-on nero, imponente – 20 cm di lunghezza e 5 di larghezza, decisamente non per principianti. Luca sapeva bene che la madre non scherzava.
Luca dormiva ancora, ignaro, il viso affondato nel cuscino. Alessia si avvicinò al letto, un sorriso perfido sulle labbra, e con un gesto rapido gli sventolò lo strap-on davanti alla faccia, sfiorandogli il naso. Luca sobbalzò, spalancando gli occhi di colpo, il cuore che gli schizzava in gola. “Che cazzo—?!” balbettò, ma Alessia lo interruppe subito. “Leccalo,” gli ordinò, la voce bassa e autoritaria, spingendo il dildo verso la sua bocca.
Luca, confuso ma con un lampo di eccitazione negli occhi, obbedì. La lingua sfiorò la superficie liscia dello strap-on, un gesto che lo fece fremere mentre Alessia lo fissava con un misto di soddisfazione e dominio. “Bravo,” sussurrò, poi aggiunse: “Ora girati.” Luca, il respiro già corto, si mise a quattro zampe sul letto, il culo esposto, vulnerabile. Alessia prese un tubetto di gel dal comodino – lo teneva sempre a portata di mano in quella casa piena di tensioni – e iniziò a massaggiargli l’ano con movimenti lenti, circolari, spalmandolo con cura. Le sue dita scivolarono dentro, prima una, poi due, penetrandolo ripetutamente, aprendo quel territorio vergine con una pazienza che contrastava con la sua ferocia.
Luca gemeva, un misto di dolore e piacere che gli scuoteva il corpo, ma non si tirava indietro. Alessia, soddisfatta della preparazione, si posizionò dietro di lui, lo strap-on luccicante di gel. “Ora vediamo quanto resisti,” disse, e con un movimento deciso lo penetrò, spingendo forte nel suo culo ancora intatto. Luca gridò, il bruciore iniziale che si trasformava in un’ondata di sensazioni intense mentre la madre affondava, centimetro dopo centimetro, fino a sentirlo cedere sotto di lei. Il ritmo crebbe, colpi profondi e implacabili, e Alessia si lasciò andare, il piacere di dominarlo che le saliva dentro. Dopo pochi minuti, un orgasmo potente la travolse, facendola tremare mentre spingeva ancora più a fondo, i suoi gemiti che si mescolavano a quelli di Luca.
Con un gesto rapido, si sfilò lo strap-on, lasciandolo piantato nel culo del figlio come un trofeo, e lo fece girare sulla schiena. Lui, ansimante, il viso arrossato, la guardava con occhi pieni di desiderio. Alessia non perse tempo: gli salì sopra, cavalcandolo con una furia selvaggia, la sua vagina che lo avvolgeva calda e bagnata. Le sue mani si chiusero sui testicoli di Luca, stringendoli con forza, impedendogli di venire. “Non ancora,” gli ordinò, i fianchi che si muovevano frenetici, il seno che rimbalzava nel reggiseno di pizzo nero.
Luca si contorceva sotto di lei, il piacere al limite del sopportabile, ma Alessia lo teneva in pugno – letteralmente. Solo quando sentì il secondo orgasmo montarle dentro, un’onda che le scuoteva il corpo, mollò la presa sulle sue palle. “Ora!” gridò, e Luca esplose, schizzi caldi che le riempivano la vagina, un’estasi condivisa che li fece crollare insieme sul letto, sudati e senza fiato.
Esausta, Alessia si accasciò accanto a lui, un sorriso soddisfatto sulle labbra. “La prossima volta che ti dico di alzarti, fallo,” gli disse, con un tono che era mezzo scherzo e mezzo minaccia, mentre il sole filtrava dalla finestra della loro casa condivisa. Luca, ancora tremante, annuì. Il mattino era appena iniziato, ma quella punizione aveva già segnato la giornata.
La settimana sarebbe stata terribile per lui in tutti i sensi.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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