Racconti Erotici > Gay & Bisex > ANGELO È DA QUARANT’ANNI LA MIA METÀ ED IO LA SUA ED INSIEME SIAMO UNA SOLA ENTITÀ
Gay & Bisex

ANGELO È DA QUARANT’ANNI LA MIA METÀ ED IO LA SUA ED INSIEME SIAMO UNA SOLA ENTITÀ


di RedTales
20.02.2021    |    6.472    |    11 9.9
"Ci siamo amati e continuiamo a farlo, anche adesso che siamo grandi, molto grandi, con i sensi, gli odori, i suoni del piacere e abbiamo e sguazziamo nel..."
In quell’estate agli inizi degli anni ottanta il nostro gruppo era diventato davvero grande e verso le nove ormai era facile trovare insieme anche una buona trentina di ragazzi. L’età media era sui diciotto anche se diverse ragazze erano più piccole e qualche ragazzo ne aveva ben più di venticinque. Erano ancora gli anni in cui per divertirsi bastava poco: una passeggiata in centro o lungo la battigia, una chitarra in pineta o in un tratto di spiaggia solitamente non usato, un bagno nella notte, una serata in discoteca, un falò attorno al quale chiacchierare.
Di macchine ce ne erano poche e quindi non ci si spostava molto. In compenso avevamo parecchie moto ma pochi soldi per la miscela... Dimenticavo, un po’ di sesso si faceva, soprattutto con quelle ragazze che venivano nel gruppo proprio con l’idea di darla via durante tutta l’estate. Segretamente qualcuno di noi si divertiva anche tra maschietti, ma non erano anni in cui si poteva dirlo in giro. Ma si faceva, per lo più di nascosto.
Io ero particolarmente fortunato perché i miei avevano il classico appartamentino estivo e quindi nessuno mi toglieva due lunghi mesi di vacanza anche se spesso mezza giornata era dedicata allo studio per recuperare le materie in cui ero stato rimandato.
Quell’estate ero felice e mi sentivo particolarmente grande ed importante: avevo compiuto diciotto anni da poco e finalmente ero riuscito a farmi regalare una Beta GS 250. Uno spettacolo con il quale ero sicuro di fare stragi con le pulzelle.
Quello che accadde però mi smentì.
Una delle tante sere, ricordo ancora il giorno, era il quindici luglio, ritrovai un ragazzo del gruppo che avevo conosciuto l’anno precedente. Era il classico “sfigato”: un po’ grassottello, con gli occhiali, timido, taciturno. Sempre vestito in modo… strano. Ci avevo parlato alcune volte perché, unico lato positivo, era un grande appassionato di moto, da fuoristrada in particolare, anche se non la possedeva. Ma la desiderava tantissimo.
Come lo vidi gli chiesi subito se era riuscito ad averla. Ormai doveva aver compiuto diciassette anni e la cosa era probabile, magari solo un cinquantino truccato…
“No, mia madre non vuole. Dice che è pericoloso. Tu? Hai sempre la Ducati Six Days?”
“No! Venduta. Ho preso una Beta 250 GS.”
“Noo!”
“Si! Se vuoi domani andiamo a farci un giro.”
“Siii!!! Figo” Che forza il GS! Duecentocinquanta! Una bestia!”
Mi sembrò più simpatico di quanto ricordassi e continuammo a parlare lungo tutto il percorso che, assieme agli altri, ci fece raggiungere, dopo un’oretta di cammino, la parte di spiaggia nei pressi della pineta. Ci raccontammo un po’ come avevamo trascorso l’anno appena passato. Non abitavamo molto lontani ma, terminate l’estate non ci si sentiva più.
Mi disse che era già arrivato da alcuni giorni ma che doveva stare spesso a casa a studiare.
Qualcuno accese un falò e ci si mise tutti seduti ad ascoltare, quasi nell'oscurità, chi si era messo a cantare accompagnato da due chitarre. Noi stavamo continuando a raccontarcela quando arrivarono Paolo e Maurizio che chiesero ad Angelo di andare con loro.
“No, magari dopo...” balbettò in evidente imbarazzo mentre uno dei due, ridendo e senza aggiungere altro, gli afferrò una mano e lo fece alzare e, quasi trascinandolo, se ne andarono.
Buttai lì un: “ti aspetto qui” rimanendo un po’ sorpreso ma non più di tanto. Seguii i tre fin quando sparirono alla mia vista e quindi rimasi ad ascoltare un pezzo di Battisti nell'attesa del suo ritorno.
Non vedendolo arrivare, dopo una mezz’ora mi alzai e andai a cercarlo perché quei due ci avevano interrotto mentre avevamo ancora molte cose da dirci.
Lo intravvidi, da solo, lontano da tutti e, felice di averlo trovato, mi sedetti vicino riprendendo da dove ci eravamo fermati ma mi accorsi ben presto che era cambiato. Rispondeva a monosillabi ed era come assente e disinteressato a ciò che prima lo entusiasmava.
Me ne accorsi ma lasciai perdere pensando chissà a cosa. Parlammo, o meglio parlai ancora per un po’ e poi. con una scusa, me ne andai lasciandolo solo.
Il giorno dopo non venne all'appuntamento che ci eravamo dati per fare il giro con la moto e la cosa mi seccò perché avevo anche lucidato la Beta… Ma non lo vidi nemmeno alla sera e pensai alla madre… carceriera.
Lo ritrovai la sera del giorno seguente e riprendemmo a parlare. Finalmente il giorno dopo lo portai a fare un giro con il Beta. Non so come spiegare ma il sentirlo così schiacciato contro di me con le sue forme abbondanti mi procurò una bella sensazione fisica e quasi un’erezione che rimase contenuta e nascosta dentro i jeans. A parte questo imprevisto, mi trovai bene con lui scoprendo di avere tante cose in comune. Restammo a parlare fino all’ora di cena quando lo portai sotto casa.
“Vieni dopo?”
“Si, arrivo, arrivo.”
Arrivò anche se quando seppe che quella sera si andava a fare il bagno si rabbuiò e non fu tanto contento: “sai, ho qualche chilo di troppo e mi vergogno un po’...” provò a giustificarsi.
Sdrammatizzai e lo convinsi, facendolo tornare di buon umore. Continuai ad avere l’esclusiva con lui per tutto il tempo: ridemmo e scherzammo parlando di modellismo, musica, moto, animali, fantascienza e perfino della nostra spiritualità. I nostri interessi erano davvero sovrapponibili. Verso le dieci raggiungemmo con gli altri la spiaggia e dopo esserci spogliati entrammo in acqua ridendo e scherzando e, in quel buio quasi totale, non lo vidi più. Lo cercai ma era letteralmente sparito. Ed anche terminato il bagno girai a lungo senza più trovarlo e pensai che se ne fosse andato. Sinceramente ci rimasi nuovamente male.
Ricomparve quando ce ne stavamo per andare: era stravolto al punto che gli chiesi cosa era successo. Si fermò ed io con lui. Sentii che dovevo stargli vicino e ci sedemmo sulla sabbia rimanendo nel buio più buio. Piano piano le voci degli altri si fecero sempre più lontane fin quando sparirono del tutto.
A quel punto gli chiesi di nuovo: “ma cos’è successo?”
Mi guardò e sussurrò: “è venuto anche mio cugino con il suo amico.”
Non capii e lui se ne rese conto e mi raccontò tutto dall’inizio.
Durante l’inverno suo cugino, un ragazzo di una trentina d’anni, lo costrinse ad avere dei rapporti sessuali e, ad un certo punto portò anche un suo amico.
“Sai come vanno queste cose. Lui era tanto più grande di me e mi ha fatto fare tutto quello che voleva. Tutto, proprio tutto. E poi ho dovuto farlo anche con un suo amico. Hanno continuato fin quando sono venuto qui. Mi aspetta fuori da scuola e andavamo da lui o veniva semplicemente a prendermi a casa: baciava mia mamma e si inventava una scusa per portarmi a fare sesso. E se provavo a dire di no era mamma stessa ad insistere che uscissi. All’inizio mi faceva solo male e provavo tanto schifo ma poi, col tempo, mi sono abituato ed è cominciato anche a piacermi. Prima è venuto qui, lo ha chiamato il suo amico che è uno del gruppo. Non immagini neanche come mi sono sentito quando sono arrivato e lo visto. Pensa che ha voluto fare sesso subito, nella sua macchina. E poi ha anche detto a qualcuno che… che mi potevano scopare. Perché sono una puttana.”
Restai ammutolito trovando la cosa più grande, assai più grande di me, di noi e non trovai parole per consolarlo o fargli coraggio. Riuscii a dire solo: “ma allora l’altra sera Paolo e Maurizio...”
“Si, mi hanno portato vicino alla pineta e mi hanno scopato. Lo avevano già fatto il giorno prima assieme all’amico di mio cugino. Che situazione di merda! Ma la cosa che mi fa ancora più male è che… che mi piace quello che mi fanno. Non so come dirtelo ma mi fanno godere. Quando mi mettono i cazzi davanti alla bocca non resisto e… e devo fare...”
In quel momento, quasi scioccato, mi accorsi che le nostre mani erano intrecciate e si stringevano. Durante il racconto ci eravamo cercati e presi ed eravamo restati così. Credo che lo notò anche lui perché entrambi abbassammo il capo guardando come eravamo vicini. A quel punto lui appoggiò la testa sul mio petto e, istintivamente, lo accarezzai.
Poco dopo ci abbracciammo e iniziammo a baciarci, dolcemente, con delicatezza e assaporando la fragranza della nostra saliva. Durò tantissimo e, almeno per me, sparì tutto quello che c’era intorno: il tempo, il rumore della risacca, la sabbia, ogni pensiero.
Facemmo l’alba e vedendo sorgere il sole ci sentimmo uniti, un solo essere. Lo so, può suonare falso e melenso, ma è quello che è accaduto. Quelle mani unite che si erano unite senza che ce ne accorgessimo restarono strette tutta la notte per separarsi, solo momentaneamente, mentre ci alzammo. Poi ritornarono a cercarsi e si ripresero e, felici, veleggiammo come sollevati, sospesi a mezz’aria verso casa.
Non ci arrivammo perché ci incrociarono prima sua madre e mio padre che, insieme, stavano girando all’impazzata da alcune ore per trovarci. Avevano saputo che eravamo stati con gli altri in spiaggia e la stavano percorrendo.
Furono due sgridate epiche ma, continuando a guardarci, le affrontammo serenamente sapendo di non aver fatto nulla di male.
Anche se ancora non lo sapevamo, quella notte ci eravamo uniti in qualcosa di infinitamente grande, eravamo andati oltre, ci eravamo illuminati nel buio con qualcosa che allora non avremmo chiamato amore ma che in realtà lo era e… con la A maiuscola.
Fu l’inizio di un fuoco eterno, non limitato dal tempo e dallo spazio. E non fu l’infatuazione di un momento o di un’estate o la semplice idea di felicità che ci strinse uno all’altro. E nemmeno il dolore o la paura. Fu semplicemente un ritrovarsi, dopo tempi ed ere di separazione. Lo sapevamo, lo sentivamo dentro.
E fu solo l’inizio di un cammino condiviso che nulla ha potuto separare od incrinare e non fu solo un percorso fisico e terreno ma spirituale ed etereo che ci ha portato ad un grado di coscienza superiore.
Ci siamo amati e continuiamo a farlo, anche adesso che siamo grandi, molto grandi, con i sensi, gli odori, i suoni del piacere e abbiamo e sguazziamo nel sesso senza limiti ma ancor di più lo facciamo con quella comunione animica che pochi hanno avuto il dono di condividere.
E sarà così per sempre, in ogni luogo, tempo, vibrazione, oltre i limiti della vita.
Angelo è da quarant’anni la mia metà ed io la sua ed insieme siamo una sola entità.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.9
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per ANGELO È DA QUARANT’ANNI LA MIA METÀ ED IO LA SUA ED INSIEME SIAMO UNA SOLA ENTITÀ:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni