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Gay & Bisex

SI, ERA PROPRIO IL MECCANICO CHE CERCAVA.


di RedTales
25.02.2018    |    19.024    |    8 9.7
"“No, no” disse quasi timidamente: “siamo amici..."
“Ciao. Il capo è fuori ma dovrebbe tornare a momenti. Ti serviva qualcosa?”
Gino rimase indeciso. Era andato li perché gli avevano detto che, oltre a customizzare moto, il proprietario era proprio un bel tipo, di quelli che piacevano a lui ed era assai disponibile a… darsi da fare. Trovarsi davanti quel ragazzetto piccolino, rasato e infagottato in quella tuta di almeno due misure più grande lo lasciò perplesso.
“Si, grazie… Se torna lo aspetto...”
“E’ per qualcosa che non va o per modificarla?”
“Per modificarla...”
“Si, si presta bene. Gran bel modello...” e si rimise a trafficare con un cambio.
Si diede un’occhiata in giro iniziando a sbirciare in quell’ordinatissimo ambiente, guardò alcune moto smontate, una in fase di assemblaggio, dei serbatoi appoggiati su uno scaffale e poi fu attratto da alcuni modelli che si intravedevano dalla fessura di una porta socchiusa. Guardò meglio e notò, delle foto che tappezzavano, disposte in maniera ordinata, un’intera parete sul fondo, proprio dietro alle moto esposte. In tutte le immagini c’era lo stesso modello, una bellissima Harley Davidson Electra Glide azzurra degli anni settanta, ma sopra c’erano decine di ragazzi diversi, tutti rigorosamente con il culo esibito in primo piano. Spinse leggermente la porta e si avvicinò cominciando a fissarle. I giovani raffigurati erano ripresi di schiena e la maggior parte indossava un qualche capo d’abbigliamento: stivali, guanti, calze a rete, cinture, giubbotti, fasce elastiche, sciarpe, caschi, occhialoni ma ciò che colpiva era il sedere. Sempre messo al centro della foto e sempre perfettamente a fuoco e tutti i soggetti erano in pose plastiche e ben studiate per farli risaltare.
“Forti vero? E’ la collezione del Tana.”
Non capì. “Si, del capo. Qui lo chiamano tutti il Tana… Le fa solo agli amici, sai, quelli giusti. Diciamo speciali. Qui è un onore esserci… Ci sono anch’io vedi?” e indicò un’immagine.
C’era un ragazzino in piedi sulle padane che indossava solo scarpe antinfortunistiche e una cintura piena di attrezzi in vita. Colpiva la pelle quasi bianca e la totale assenza di peli in tutto il corpo, enfatizzata da un sapiente gioco di luci. Rispetto alle dimensioni della moto sembrava ancora più piccolo.
“E’ di due anni fa. Ero venuto a lavorare qui da poco ma sono piaciuto subito al Tana… Sai, per me lui è proprio uno speciale...”
Un cupo rumore sordo annunciò l’arrivo di una moto: “ecco! E’ arrivato.”
Scese un uomo molto alto che si tolse subito il casco. Il viso era avvolto da una lunga barba nera e, come si aprì la giacca, dalla maglietta scollata fece capolino un fitto pelo.
“E’ qui per te.”
“Giorno. Cosa ti serve?”
“Mi hanno parlato assai bene di te… volevo fare qualche modifica… ma senza esagerare...”
“Siamo qui per questo… quello che ti piace… si fa… Scusa un attimo che mi tolgo sta roba...”
Si allontanò raggiungendo una stanza sul fondo. Si era proprio come gli era stato descritto da un amico che aveva avuto la fortuna, come diceva lui, di… incontrarlo.
Ritornò poco dopo. Mentre si avvicinava lo osservò con attenzione. Altissimo, almeno un metro e novanta, in splendida forma fisica, pelosissimo, sulla quarantina. Si, era proprio lui. “Chissà se ci scappa...” pensò proprio mentre Umberto gli chiese di mostrargli la moto.
“Si, è qui davanti.”
Come uscirono noto la stessa Harley delle foto a fianco della sua.
“Wow! Una Morini Excalibur. Non ci ho mai lavorato sopra ma con quel motore si presta. Cosa pensavi di farci?”
“Non so, qualcosa.”
“Non hai idee? Non te la sei sognata fatta in un certo modo?”
“No, no, pensavo di parlarne con te… La vorrei diversa, ma non so come.”
Rientrarono.
“Sei qui perché hai visto qualche lavoro che gira?”
“Si, ma mi ha detto di passare Giulio quello del...”
“Si si, Giulio con il suo Guzzi. E’ rimasto molto contento del lavoretto che gli ho fatto. Ci vediamo ancora, ogni tanto.”
Eh si, questo lo sapeva ed era proprio per quello che gli aveva detto Giulio che era li. Lui e Giulio erano amici da molti anni, stavano bene insieme e avevano anche fatto sesso ma poi, desiderando entrambi la stessa cosa, cioè un bel maschio che li possedesse, non si erano trovati molto in sintonia e capitava assai di rado che lo rifacessero adattandosi a scambiarsi dei lunghissimi sessantanove. Ma amici lo erano rimasti e le loro frequentazioni, anche se a volte solo virtuali erano assai frequenti.
E proprio Giulio gli aveva detto di come scopava bene Umberto e di come fosse assai ben messo… li sotto.
“Ma vieni in ufficio che proviamo a fare qualche schizzo, così ti mostro cosa si potrebbe fare.”
Come stavano per entrare gli si avvicinò Raffaele dicendogli a bassa voce e pensando di non essere sentito: “ha visto il muro.”
A quel punto Umberto si girò e lo fissò per un istante e quindi, invece di andare verso l’ufficio, lo portò nella stanza delle foto che aveva visto prima.
“Mi ha detto che le hai viste.”
“Si, mentre ti aspettavo, guardavo le moto e...”
Si avvicinò ad una e la indicò con la mano: “questo è Giulio. Il tuo amico.”
Si, lo riconobbe subito. Il suo culo perfettamente modellato e con quel quadrifoglio tatuato sulla chiappa destra era inconfondibile. Indossava un body a rete strappato in più parti e stivali da moto.
Poiché non disse nulla, il Tana proseguì: “gran culo. Sembra fatto per essere messo in mostra. Ma lo vedi come è perfettamente tondo? Un culo così mi ha sempre fatto impazzire.”
Rimase in silenzio e quello continuò: “se lo conosci allora te lo sei sicuramente scopato.”
E lo fissò come per avere una risposta.
“No, no” disse quasi timidamente: “siamo amici. E poi...”
“E poi?”
Si stava sentendo in leggero imbarazzo. Non aveva immaginato che quell’omone andasse subito al sodo. Ma ormai era li e tanto valeva scoprirsi subito. In fondo ci era andato proprio per darsi a lui. Così riprese: “e poi io sono come lui. Abbiamo fatto sesso ma preferiamo tutti due darlo che metterlo… così lo facciamo solo ogni tanto ma… non come piace a noi. Ma Giulio mi ha detto tante belle cose di te e così...”
“E così sei venuto a vedere se è tutto vero. Giusto?”
Balbettò una specie di si
“Dai, andiamo in ufficio. Sai che con questa sorpresa mi hai fatto venire voglia? Ti va adesso?”
Rimase ancora più spiazzato anche se Giulio lo aveva avvisato che era uno che scopava anche più volte al giorno e che gli tirava tanto e pure a lungo. In fondo era andato li proprio per quello anche se non aveva messo a fuoco che quel tipo potesse essere tanto veloce nel proporglielo. Almeno non dopo averlo conosciuto da pochi minuti. Ma l’idea lo stava eccitando e disse un altro si.
“Raffa! Sono impegnato. Se viene qualcuno digli di tornare.”
Il ragazzo fece un cenno del capo e loro entrarono nell’ufficio. Era ampio, ordinato con alcune moto ad arredarlo. L’uomo chiuse le tapparelle della porta a vetri e gli intimò di spogliarsi.
“Voglio vederti tutto nudo, fino ai piedi. Sai per scoparmelo uno mi deve piacere.”
“Wow! Come corri! Non...”
Lo interruppe subito: “senti, inutile girarci intorno. Sei amico di Giulio e quello ha solo voglia di cazzo, dici di voler modificare la moto ma non hai nemmeno un’idea, hai visto il muro e ti è piaciuto… Non dirmi che sei qui per l’officina. Giulio ti ha detto come scopo e hai voglia. Ti pare?”
Restò senza parole. Con due frasi aveva indovinato tutto. Per un istante pensò di lasciar perdere ma poi quell’ultima frase: “adesso, o ci mettiamo al tavolo e ti faccio uno schizzo della moto o ti spogli e forse più tardi ti faccio un altro tipo di schizzo.” E rise.
Lo colpì il modo così diretto e brutale e decise di spogliarsi immediatamente. In fondo lo aveva fatto tante volte e, sapendo di aver un gran bel corpo, ci riuscì con disinvoltura e quasi con orgoglio, ripetendosi che poi il motivo per cui era li era proprio quello.
Ci mise poco e tutti gli indumenti si ritrovarono ammucchiati sulla sedia.
“Dai, sali su” aggiunse indicandogli la scrivania. Ci si sedette sopra e poi si alzò in piedi li sopra con Umberto che cominciò ad “esaminarlo” girandogli intorno ma restandosene a mezzo metro da lui. Infine allungò una mano su una gamba e, lentamente, la fece risalire fino al fondo schiena prima di stringerla con forza sulle chiappe.
“Mi piacciono i culetti piccoli. Il tuo è proprio piccino ma bello sodo.”
Lasciata la presa si spostò sul pacco serrandolo nel pugno e facendo trasalire il povero Gino che non si aspettava una strizzata di palle.
“Sai, mi piaci anche li. Hai così poco pelo che sembra quasi che ti depili anche se non lo fai. E poi è così morbido...”
L’ultima attenzione la dedicò al pisello che afferrò con due dita e stuzzicò finché non lo sentì indurirsi.
“Basta poco per fartelo venir su. Adesso girati, da bravo, e piegati a novanta. Voglio vederti bene il buco.”
E, mentre pensò che quell’uomo non aveva mezze misure e andava sempre deciso al bersaglio, si piegò in avanti.
Vista la posizione rialzata Umberto si ritrovò il buchetto proprio all’altezza del viso. Appoggiò le grandi mani sulle chiappe e, allargandole con decisione, cominciò ad aprirlo cercando di deformarlo e continuando ad esercitare pressione in tutte le direzioni. Dopo, cercando di tenere il solco largo con una sola mano, ci passò sopra un dito facendolo scorrere dal basso verso l’alto più volte e, per facilitarsi, ci sputò pure sopra. Dedicò un giusto tempo a quella esplorazione, notando anche come quell’intimo massaggio facesse fremere il suo giovane amico, prima di infilare nel pertugio un’intera falange dell’indice. Non trovando la minima resistenza si spinse completamente dentro iniziando anche a roteare il dito prima di spingerlo diverse volte dentro e fuori e, una volta tolto lo osservò.
“Pulito! Sei tutto pulito. Quindi ti sei lavato prima di venire qui. E bravo il porcellino che aveva già un’ideuzza di farsi scopare e si era preparato il culetto.”
Per un attimo Gino pensò di negare ma immediatamente capì che era meglio non dire nulla perché era andata proprio così e quel volpone lo aveva capito. In quel momenti si rese conto di essere alla sua mercé e di non potersi nascondere.
Provò a rialzarsi ma sgarbatamente gli ordinò di restare fermo così e contemporaneamente gli slargò con forza i glutei e cominciò a passare la lingua nel solco partendo dal basso, proprio dall’attaccatura delle palle. Già il primo passaggio lo fece sobbalzare.
“Cazzo se ci sa fare.” pensò gustandosi quanto gli stava facendo. Continuò ad umettare l’intero percorso prima di soffermarsi nell’area tutto attorno all’ano per poi infilarsi, il più infondo possibile, al suo interno. E Gino non ce la fece, iniziando a mugolare per il piacere che gli stava dando. Quindo la lingua si ritrasse sentì qualcosa di freddo scorrere li intorno prima di essere di nuovo slargato e poi di percepire perfettamente il richiudersi dello sfintere attorno a qualcosa che in gran parte gli era rimasto dentro.
“Tienilo li, non farlo uscire, guai a te. Adesso tirati su e scendi, ma non farlo uscire.”
Lo fece e, poiché provò a toccarsi dietro, gli disse subito che gli aveva piantato dentro un bell’ovetto di ceramica. “Così ti apre un po’ di più mentre mi attendi.”
“In che senso?”
“Nel senso che non ti aspettavo e adesso devo finire un po’ di cose ma appena finisco ti scopo.”
Chiarissimo, pensò e aggiunse: “e io… adesso...”
“Tu adesso ti siedi e mi aspetti. Ti guardi un po’ di foto e magari ti viene anche un’idea per la moto.”
Gli diede due raccoglitori zeppi di immagini, gli ricordò di restare li e di: “non farti uscire l’ovetto, capito?”
Fece di si con la testa e lo vide uscire dalla stanza e quindi lo sentì parlare con il ragazzo.
“Se li sento magari anche lui prima ci ha sentiti.” si disse fra se ma la cosa non gli importò più di tanto. Ascoltò per alcuni minuti quanto si dicevano poi non resistette alla curiosità e, inclinandosi su un fianco si tolse l’ovetto dal culo. Voleva vedere come fosse. Era come lo aveva immaginato, forse un po’ più grosso e lo spinse nuovamente dentro afferrandolo per la base.
Dopo più di mezz’ora Umberto ritornò nell’ufficio dicendogli che presto avrebbe finito e si mise a fare delle telefonate. Entrò anche il ragazzo che, con molta noncuranza, quasi lo ignorò, pur vedendolo seduto li tutto nudo. E, questa volta, mentre i due parlavano di cose tecniche, come se lui non fosse li, si sentì davvero a disagio ed in imbarazzo. Tirò un gran sospiro quando il meccanico se ne andò salutando e ricordando all’uomo che sarebbe ritornato all’apertura del pomeriggio.
“Perfetto. Chiudi pure tutto che noi usciamo più tardi. Bene, adesso siamo soli e tu di sicuro ti aspetti che adesso ti scopi come ti ha detto Giulio, vero?”
Effettivamente era quello che sperava ma non disse nulla. Umberto gli si mise davanti e si sbottonò i calzoni invitandolo a tirar fuori la sua bestia. Non se lo fece ripetere e dopo averne sentito la consistenza attraverso gli slip, gli fece far capolino abbassando l’elastico.
Quello che si trovò davanti era esattamente quanto gli aveva descritto Giulio. “Non ha affatto esagerato, questo è proprio grosso.” si disse cominciando a giocare con le mani con quella sberla di salsicciotto.
“Tutto dentro!” gli chiese Umberto appena iniziò ad indurirsi. L’odore e il sapore erano di maschio. Era evidente che era da parecchie ore che non si lavava ma quell’aroma era assai piacevole e lo succhiò e leccò con ingordigia fin che riuscì a tenerlo tutto in bocca. Ma quando svettò nella sua massima estensione si accorse di riuscirci solo in parte. Era troppo grosso per la sua bocca.
“Hai capito perché ti voglio bello aperto?”
Si, lo immaginava e solo quel pensiero lo aveva fatto diventare durissimo. Anche lui aveva un bel cazzo, ma nulla in confronto a quel mostro che stava smanettando.
“E così ti piace” aggiunse indicando la sua erezione “e allora facciamo sul serio, non ti pare? Sei pronto? Lo vuoi?”
Fece di si con la testa e Umberto abbassò i pantaloni per poi lasciarli li per terra. Come lo vide nudo pensò a quanto gli aveva detto il suo amico: “E’ una foresta. Un vero orso. Ha pelo dappertutto” perché quell’uomo era davvero ricoperto di pelo. Quasi non riusciva a vedere il colore della pelle da quanto era peloso. Sembrava avesse una pelliccia dalla quale faceva capolino soltanto metà cazzo. Ma che cazzo! Si disse che saranno stati almeno venti centimetri dritti dritti ma era grosso come una lattina di Coca.
“Stupito? Troppo pelo? Ma mi pare che ti piaccia… Dai, alzati che si comincia!”
Come fu in piedi lo girò di peso e, spingendogli le spalle in avanti lo fece appoggiare alla scrivania, prima di afferrare il dildo che aveva ancora ben piantato dentro iniziando facendolo entrare ed uscire completamente.
“Bene, bene, scorre che è una meraviglia. Forse sei più aperto di quanto mi sembrava. Meglio per te...”
Subito dopo sentì colargli sul deretano qualcosa di freddo. Era il gel che gli spalmò tutto attorno e dentro il buchetto. Cominciò subito a piacergli quel dito che iniziò ad esplorarlo e lo sentì sempre più invadente e poi capì che ne stava usando due, quindi tre e, alla fine si rese conto che era l’intera mano che stava premendo per entrare.
Rimase come in attesa quando la sentì premere con decisione, pur senza forzare, perché faceva fatica a superare l’ultima strettoia ma, pochi istanti dopo, forse solo con un leggero fastidio, si accorse che era già ben piantata dentro di lui e forse era entrato con... mezzo braccio.
“Che troia! Tu si che sei una vera troia sfondata! Ti ho fistato ed e come se lo facessi tutti i giorni. Voglio proprio vedere come lo prendi.”
E, senza tanti complimenti, sfilò il braccio, si mise in fretta e furia un preservativo e gli si accomodò dentro con il cazzo.
“Neanche un lamento! Sai che sei forse il primo! Cazzo che culo che hai! Allora mi posso sfogare alla grande.”
Gli frullò in testa che forse gli avrebbe fatto male ma non finì neppure il pensiero che dovette reggersi con tutta la forza sulle braccia perché il modo in cui quell’armadio umano iniziò a sbatterlo si dimostrò veramente possente. Faceva quasi uscire del tutto l’enorme cappella per poi farla sparire di nuovo dentro fin che le palle non sbattevano contro il culo con un sordo rumore di schiaffo.
“Che goduria!” pensò poco dopo essersi abituato visto l’enorme piacere che gli stava procurando quello sfondamento.
Il Tana nel frattempo preso dal voler dimostrare quanto fosse vera la fama che lo circondava si stava impegnando al massimo, dando sfogo a tutta la sua libidine e tirando fuori tutta la sua atletica fisicità. E continuò, continuò per tanto, fermandosi solo un istante, pur restando ben piantato dentro, per togliersi o quasi strapparsi di dosso la maglietta ormai madida di sudore. Adesso erano entrambi nudi ed era forte lo scostamento tra i due uomini: uno di altezza normale, carnagione chiara ed assai poco peloso, l’altro un omone di quasi due metri e ricoperto dalla punta dei piedi alla testa da un fitto pelo nero senza quasi soluzione di continuità.
Nella stanza perdurava il silenzio, o meglio, i continui gemiti di piacere di Gino che non riusciva a contenersi e miagolava come un gatto alla luna continuando a mordicchiarsi le labbra e a passarci sopra la lingua. Avrebbe voluto masturbarsi ma non poteva togliere le mani dal tavolo però sentiva che il suo cazzo, sempre durissimo, stava sgocciolando in continuazione procurandogli un piacere disumano e quasi insopportabile. Resisteva e godeva.
Quando Umberto si fermò di scatto immaginò che fosse venuto ma non era così. Voleva solo cambiare posizione. Infatti si sedette sulla bassissima sella di una Harley allungandosi all’indietro fino al parafango e finalmente riprese a parlare.
“Forza, scavalcami e inculati da solo. Adesso voglio vedere quanto resisti tu...”
Si rialzò sentendosi colare qualcosa lungo le gambe ma non se ne curò. Fu invece felice perché avrebbe goduto ancora.
“No, non così, girati, ti voglio veder in faccia mentre ti prendo.” Lo scavalcò di nuovo e si impalò con rapidità su quel cazzo umido e gocciolante, lasciandolo entrare tutto fino alla fine prima di trovare la posizione ottimale delle gambe e quindi iniziò a piegare entrambe le ginocchia per farlo scorrere dentro il culo.
Provò subito una gran bella sensazione e il poter muoversi a suo piacere riusciva a soddisfarlo ancor più di prima. Ormai era partito si concentrò solo sul darsi il maggior piacere possibile. Vedendolo così perso nel suo piacere, con la testa rivolta verso l’alto e con gli occhi chiusi, ad aggiungere qualcosa di più profondo, ci pensò il Tana che gli afferrò l’uccello iniziando a masturbarlo in sintonia con il ritmo che aveva impostato. A quel punto non ce la fece proprio e iniziò ad urlare proprio poco prima di schizzare dappertutto, faccia del suo partner compresa. Rallentò perché avrebbe voluto fermarsi ma Umberto lo spronò a non fermarsi, così inghiottì e continuò a muoversi, anche se lentamente.
L’uomo capì subito che era allo stremo e non volle insistere. Lo afferrò, mettendogli le mani sotto il culo, gli si avvicinò fino a sbattere contro il suo petto e, raddrizzate le gambe, di forza si sollevò tenendolo in braccio e senza far uscire il cazzo dal suo culo. Fece tre passi e dopo averlo adagiato nuovamente sulla scrivania riprese con velocità la scopata. Gino sentì brivido sulla schiena e poi un gran caldo nel culo. Fu sbattuto con veemenza e senza esitazioni finché, senza emettere alcun suono, capì che il suo amante era arrivato al traguardo. Restò fermo alcuni istanti poi si tolse e sfilato il preservativo lo agitò davanti a lui gonfio di crema prima di gettarlo per terra. Dopo essersi pulito sommariamente con dei fazzolettini ne porse alcuni al ragazzo.
“Bella scopata. Gran culo. Lo sai prendere alla grande. Dopo che sei venuto avevo anche pensato che mi avresti chiesto di smettere invece hai continuato a prenderlo. Bravo. Mica tutti mi fanno arrivare alla fine in culo. D’accordo, non ho esagerato perché era la prima ma sei ben messo. Si, ci vedremo ancora e, se vuoi, lavoro anche sulla tua moto.”
Gino fece un gran sorriso: “mi è piaciuto tantissimo. Mi hai fatto morire. Hai anche pensato a me...”
“Si, ma non ti ci abituare, oggi era la prima volta.”
Scese dalla scrivania e vedendo li per terra il sacchettino pieno si abbassò per prenderlo con il fazzolettino che aveva in mano.
“Lascia, lascia. Ci penserà Raffaele appena rientra.” E, vedendolo incerto, aggiunse: “ci è abituato, lo sa cosa faccio qui. Ma adesso è tardi, devo fare altre cose. Magari chiama quando vuoi tornare.”
“Si, va bene.” Quindi, quasi esitando aggiunse: “e potrò avere anch’io un posticino sul muro?”
Rise: “forse, chissà. Per finire li devo scoparti almeno tre volte… conoscerti. Mica ci metto una sveltina e via. Se no dove trovo lo spazio. Ci vorrebbe il muro di una strada.” E rise sguaiatamente mentre si sistemava i pantaloni. “Dai vestiti che devi andare.”
Raccolse i suoi indumenti e poco dopo era in sella. Era contento. Stanco ma soddisfatto. La dritta del suo amico era stata proprio giusta e quell’uomo si era dimostrato un vero mandrillo: un cazzo da paura, un fisico da sballo e una forza da superman. “Chissà cosa mi farà la prossima volta se ha detto che oggi si è trattenuto” e accelerò felice
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