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ETTORE DICE AD ARTURO: “DOVE LA METTO LA ZUCCHINA?”


di RedTales
17.09.2017    |    25.750    |    10 9.6
"Clemente appoggiò le mani sul letto dietro la schiena e si piegò indietro e, da quella posizione privilegiata, osservò la fine di quella scopata con il cazzo..."
Arturo vive con il padre, un robusto quarantaduenne che lo ha avuto molto presto e con lo zio, di due anni più giovane del fratello. La sua vita è apparentemente tranquilla. Frequenta l’ultimo anno delle superiori anche se, in realtà, all’interno di quella casa… Siamo nel 1989...
Clemente, lo zio di Arturo è il classico armadio: alto, grosso e robusto e, come ogni giorno, anche quel pomeriggio, rientrato dal lavoro, era solito recarsi subito nella sua stanza per poi farsi una bella doccia ristoratrice. Messosi in libertà, proprio mentre stava per raggiungere il bagno restò pietrificando davanti alla porta aperta di suo nipote: era sul letto, completamente nudo, appoggiato su un fianco e stava sfogliano un giornale. Ma la cosa che lo lasciò completamente allibito era la zucchina che continuava a muovere dentro il culo che era rivolto proprio verso la porta. Dalla stanza usciva della musica ad alto volume e, evidentemente, il ragazzo non lo aveva sentito. A meno di tre metri da quello spettacolo rimase immobile ad osservare, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quella mano che spingeva dentro e fuori l’ortaggio che luccicava per l’abbondante olio che ci aveva spalmato sopra. Quel giovane corpo steso sul letto era proprio una meraviglia e lo zio rimase lunghissimi minuti, sempre più eccitato, ad ammirarlo prima di abbassarsi gli slip per poi cominciare a toccarsi.
Arturo, ignaro di essere spiato, continuò a stimolarsi l’ano fin quando non spostò la mano dalla zucchina al pene per iniziare a masturbarsi. Da dove si trovava non riusciva a vedere esattamente cosa faceva ma i movimenti erano inequivocabili anche se il suo sguardo era comunque fisso su quanto era rimasto piantato tra le chiappe. Non riusciva a spostare gli occhi da quella zucchina che sporgeva, mezza dentro e mezza fuori, tra le chiappe, come non ce la faceva a smettere di far scorrere la mano sul suo pene che sembrava scoppiare da quanto erra duro. Poi l’ortaggio, anche per i movimenti, sgusciò fuori cadendo sul pavimento ma offrendogli una visione ancor più erotica: quel buchetto spalancato, lucido per l’olio e con i peli scuri impiastricciati che lo circondavano, iniziò lentamente a richiudersi. L’uomo non seppe resistere: avanzò furtivo e in un attimo si buttò sopra il ragazzo che dopo il primo istante di spavento cercò di divincolarsi anche se, bloccato dal peso dell’uomo, non ci riuscì. Girando la testa vide che era Clemente e urlò: “zio! No! Anche tu zio! Zio! Zio cosa fai!” Ma l’uomo nemmeno lo ascoltò, gli afferrò le mani e, tenendole strette, lo fece girare lasciandolo a pancia in giù e schiacciandolo contro il materasso con tutto il suo corpo. A quel punto Arturo sentì perfettamente il sesso che gli si era appoggiato tra le natiche e provò a dirgli di smettere e di non farlo. Cercò di dimenarsi e inarcò, per quanto gli fosse possibile, il bacino. Ma fu del tutto inutile, anzi, quello scatto non fece che facilitare ciò che lo zio, muovendosi lentamente, cercava di fare. E così, proprio mentre tentava di sollevare il più possibile il culo, quel grosso cazzo riuscì ad entrare facilmente anche grazie all’abbondante olio che era stato usato. Il ragazzo lanciò un deciso “aah!” nel preciso momento che lo penetrò e si lasciò ricadere mentre Clemente iniziava a “pomparlo”. Dopo pochi minuti lo sentì distendersi e quindi smettere di fare resistenza con le mani e le lasciò, spostando le sue ai lati del corpo per puntellarsi e per… scoparselo meglio. Il ragazzo sembrò contento di non sentire più tutto il peso sopra di lui e iniziò a mugolare come una gatta in calore, cercando di assecondare le spinte dell’uomo muovendo a destra e a sinistra il bacino. Quando fu sazio di quella posizione lo afferrò per le spalle e lo fece girare sul fianco senza uscire da lui e riprese a spingere mentre con una mano gli afferrò il cazzo, durissimo, per masturbarlo. I versi del ragazzo si trasformarono in sospiri e poi in gemiti e infine in una specie di miagolio acuto nel momento in cui si accorse che gli stava bagnando la mano: “sei venuta troietta...”
“si… mi stai facendo impazzire… zio!”
“ti piace troietta?”
non rispose a parole ma con un altro prolungato mugolio.
“Troia!”
“Si, si… sono la tua troia zio… sfondami tutto...”
“Si!”
E continuò a lungo, senza più cambiare posizione ma facendogli solo sollevare una gamba per riuscire a spingersi completamente dentro. Raggiunse l’apice del piacere dopo un buon quarto d’ora e gli rovesciò nello sfintere la sua smodata quantità di liquido prima di uscire e di mettersi sdraiato accanto a lui per riprendere fiato. Arturo si girò e, spostando la testa si infilò il cazzo ancora sgocciolante in bocca, iniziando a succhiarlo talmente bene che lo zio lo apostrofò con: “sembri una troia professionista...” Poi, ripensando a cosa gli aveva detto prima, gli chiese cosa avesse voluto dire con quel “anche tu zio”. E il nipotino, togliendosi dalla bocca quel cazzo ancora duro e guardandolo dritto negli occhi con uno sguardo che più malizioso non poteva essere e passandosi la lingua su un angolo della bocca per togliere una gocciolina bianca, rispose: “lo fa anche Ettore… anche papà mi scopa...”
Clemente restò quasi imbambolato. In tanti anni non aveva mai pensato che suo fratello potesse fare una cosa del genere.
“Ti scopa?”
“Si!” e si rituffò sul pisello per continuare quel delizioso lavoretto.
E, quando smise, quel membro era nuovamente bollente, gonfio e… pronto all’uso e nel volgere di un attimo si ritrovò di nuovo sodomizzato dallo zio che, senza alcuna inibizione, se lo scopò ancora e a lungo, cambiando spesso posizione. Arturo continuò a gemere e a manifestare a gran voce tutto il piacere che riusciva a dargli e non smise fino a che il gioco non si fermò. E fu solo a quel punto che, entrambi sfiniti per la lunghissima scopata, sdraiati vicini sul lettino, iniziarono a confidarsi.
Fu così che lo zio seppe che il suo nipotino perse la verginità assai presto in un ripostiglio, durante un centro estivo dove due suoi compagni, poco più grandi di lui lo iniziarono ai piaceri del sesso. Scoprì anche che da parecchi mesi era pure diventato una specie di “valvola di sfogo” per suo fratello che lo “usava” per scaricarsi nei momenti in cui il desiderio diventava implacabile e, infine, venne a conoscenza di come, ogni tanto: “così, ma solo per prendere qualche soldino” andava a casa di qualche uomo: “molto grande” per soddisfare le sue voglie.
“Ma con questi sempre con il preservativo...”
E, nonostante avesse appena finito di “giocare” con lui ne restò quasi sconvolto, soprattutto dalla naturalezza con cui il ragazzo gli stava raccontando questi suoi segreti continuando a toccarlo e ad accarezzarlo con estrema disinvoltura e… bravura. E restò ancor più colpito nel sapere che pure il padre, suo fratello, ne era a conoscenza: “ma davvero Ettore sa tutto?”
“Si, si, è stato proprio lui a dirmi di andare la prima volta da uno di quegli uomini...”
E, dopo una lunga pausa non riuscì a trattenersi: “certo che sei proprio una vera troia… e magari ogni volta che scopi ci godi pure da matti...”
“Certo che ci godo, se no non lo farei mica! E anche quelli vecchi, non hanno più un bel fisico ma tengono un cazzo così e non smettono mai…. Si sente che ci sanno fare… Una goduria prenderli…”
E poi guardandolo assai maliziosamente aggiunse: “però anche tu, da come mi hai lavorato il buchetto ne hai esperienza di culi… e mi piaci tanto perché mi hai toccato… papà non lo fa mai… pensa solo a se stesso… tu mi hai fatto venire… mi piaci… mi piaci molto zio|”
Clemente si mise seduto ai piedi del letto e percorse con lo sguardo tutto il corpo di quello splendido ventenne, gli appoggiò una mano sul ginocchio e risalì la gamba fino al suo pene, afferrandolo: “hai proprio un bel cazzo. Di solito le troiette come te ce l’hanno piccolo e magari non gli tira neanche… il tuo è bello grosso e sempre duro. Si vede che hai preso da noi!” e, ridendo aggiunse: “ma com’è quello di papà?”
“Quasi come il tuo, ma un po’ più piccolo… più corto… Ma bello… come il tuo...”
“Ah! Più piccolo tu dici! Ma sei sicuro? A me sembrava di averlo più lungo del mio fratellino!”
Rimasero stupiti e contemporaneamente si girarono verso la porta da dove aveva parlato Ettore.
Nessuno dei due lo aveva sentito arrivare ma lui era li. Chissà da quanto li stava osservando.
“E bravo Arturo… appena vedi un cazzo lo vuoi subito nel culo… E adesso ti sei fatto anche lo zio...”
Clemente provò a dire qualcosa ma farfugliò delle parole senza senso mentre il fratello in modo brusco fece alzare dal letto il figlio e, dopo averlo fatto girare, abbassandosi velocemente i pantaloni e sfoggiando un cazzo duro e dritto, probabilmente eccitato per quanto aveva visto, con sicuri movimenti e stringendogli le braccia sulla pancia, glielo sbatté dentro, iniziando subito un “gran ballo”.
Il fratello, ancora seduto sul letto rimase a fissarli mentre il cazzo del ragazzo, a mezzo metro da lui, saltava a destra e a sinistra e in alto e in basso assieme alle palle per i gran colpi che gli stava dando il papà da dietro. E… non seppe resistere. Si spostò in avanti di quel poco per infilarselo tra le labbra e, semplicemente tenendolo in bocca, lo sentì muoversi avanti e indietro e diventare sempre più duro e grosso. Gli afferrò le palle con la mano e rimase fermo, gustandosi quel saporito salamino che gli regalò anche un po’ di crema. Gli sfuggì di bocca quando il padre, nel momento del massimo piacere, diede un forte strattone tirandolo indietro verso di lui proprio nel momento in cui segnalò a gran voce che stava venendo.
Clemente appoggiò le mani sul letto dietro la schiena e si piegò indietro e, da quella posizione privilegiata, osservò la fine di quella scopata con il cazzo del ragazzo che aveva ripreso a traballare freneticamente da tutte le parti, anche perché si era in parte ammosciato, sotto la sequenza dei potenti e rapidissimi colpi che suo fratello stava dando. Poi, in un attimo, tutto si fermò. I due rimasero immobili: le braccia dell’uomo continuarono a stringere con forza il petto del figlio mentre il suo pene doveva essere completamente affondato nel suo intimo, fino alle palle. Rimasero in quella posizione per lunghissimi minuti con il giovane sorridente e con Ettore in affanno che cercava di riprendere fiato. Alla fine tutti e due si sedettero sul letto con il ragazzo in mezzo e, quasi contemporaneamente, tutti e due gli uomini appoggiarono le mani sulle sue gambe iniziando ad accarezzarle e, vedendo quel gesto che spontaneamente avevano fatto all’unisono, si misero a ridere.
“Papà, adesso che gioca anche lo zio mi aumenti la paghetta?”
I due uomini si guardarono e ripresero a ridere.
“Hai un figlio che è proprio una troia!”
“Si, si… ha preso tutto dalla madre...” e poi, prima di uscire dalla stanza, Ettore, raccogliendo la zucchina che era rimasta ancora li per terra, disse ad Arturo: “e questa dove la metto?”
Risero ancora.
Quel ménage à trois durò parecchi anni, fino a quando Arturo non lasciò la casa paterna per andare a convivere con Guido, l’amore della sua vita anche se, durante le frequenti visite a casa, molto spesso non si negava una appagante razione di sesso a tre… quasi a confermare quello che era solito dire lo zio: “il lupo perde il pelo ma non il vizio...”
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