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Prime Esperienze

E GIULIO SI SENTI' SFONDARE IL SUO CULETTO VERGINE


di RedTales
13.04.2016    |    53.034    |    7 9.8
"E inghiottì tutto anche questa volta..."
Lo aveva conosciuto con un annuncio: ragazzo disponibile e servizievole cerca uomo deciso e autoritario a cui obbedire. Dopo alcune mail lo aveva chiamato, si erano conosciuti e lo aveva invitato a casa sua.
Lo vide parcheggiare la macchina proprio davanti al portoncino e si mise ad osservarlo dalla finestra. Pantaloncini al ginocchio e maglietta smanicata. Suonò e gli aprì. Appena se lo trovò difronte restò sorpreso: “ma quanti anni hai?”
“Ventotto. Ne dimostro di meno,vero?”
“E si! Vieni, vieni, entra.”
Lo fece accomodare in cucina e gli offrì da bere mentre si misero a parlare. Dopo alcuni convenevoli passò subito al dunque con un: “e così ti piace ubbidire.”
“Tanto.”
“E cos'altro ti va di fare?”
“Tutto quello che vuoi.”
“Cominciamo?”
“Si.”
“Dai, comincia a spogliarti. Fammi vedere come sei...”
Si alzò e con due rapidi movimenti si sfilò la maglina e i pantaloncini. Sotto non aveva altro.
“Che bel corpicino” e allungò le mani per accarezzarlo: “è proprio piccolo come avevi detto…
Quel fisico asciutto e minuto poteva benissimo appartenere ad un diciottenne e lo rimarcò di nuovo.
“Qualcuno me ne da anche sedici...”
Lo fece girare e gli chiese di piegarsi in avanti perché voleva guardargli il buco del culo. Ubbidì. Con le mani divaricò le chiappe e si mise ad osservare quello scuro pertugio.
“Quando hai fatto sesso la prima volta?”
“Tardi, a diciotto.”
“Con un uomo?”
“Compagno di scuola e subito dopo con un uomo.”
“Raccontami che mi piace sentire.”
“Un compagno più grande, aveva vent'anni, mi aveva detto di andare con lui al luna park perché aveva tanti biglietti. E ne aveva veramente tanti. Cominciammo ad andare dappertutto e, dopo un poco lui cominciò a mettermi le mani addosso. Prima sulle spalle, poi mi prendeva il braccio, ancora sul collo. Non dissi nulla. Quando salimmo sulla macchinina che corre all'interno di un percorso buio ed eravamo seduti vicinissimi, prima mi strinse a se con un braccio e poi cominciò a toccarmi tra le gambe, approfittando anche del mio tenermi con tutte due le mani sul maniglione. Mentre lo faceva mi parlava in continuazione di quanto ci passava davanti. Avrei voluto dirgli di togliere la mano, ma non lo feci. Mi propose di rifare il giro e chissà perché accettai. Questa volta mi abbracciò ancora prima di entrare e, appena fummo al buio, si intrufolò nei pantaloni della tuta per toccarmi meglio e subito dopo scavalcò anche l'elastico delle mutande. Quando senti la mano sulle mie parti intime mi disse che era il più piccolo che aveva toccato. Io non dissi niente e restai immobile lasciandolo fare. Non so come spiegarlo ma quella cosa mi stava intrigando. Forse non volevo che lo facesse ma al tempo stesso ero curioso di scoprire qualcosa di nuovo. Quando uscimmo mi chiese se mi era piaciuto. Non risposi e lui prese il mio silenzio per un si. Mi portò verso una zona isolata sul retro di alcune giostre e mi chiese se mi facevo le seghe e se mi piacesse farle. Annui con la testa e ciò lo rassicurò. Raggiungemmo un angolino dietro dei cespugli e, improvvisamente, mi tirò giù in un sol colpo pantaloni e mutande.
In un attimo mi strinse tra le dita il pisello e cominciò a masturbarmi. Non me lo sarei mai aspettato ma, nonostante tutto accettai la cosa. Non ci volle molto a farmelo diventare duretto e ancor meno per vederlo sgocciolare. Non riusi a guardare quello che faceva ma sbirciavo tutto intorno per la paura di essere scoperto. Si pulì la mano sull'erba e, calatosi i jeans mi chiese di fargli la stessa cosa. Vedendomi assai indeciso mi prese la mano e me la fece chiudere a pugno sul suo sesso accompagnandomi nel movimento che mi voleva far fare. Appena presi il ritmo mi lasciò continuare senza il suo aiuto e… lo feci.”
“Cazzo che storia, me lo hai fatto diventare durissimo.” disse l'uomo che non aveva mai smesso di accarezzarlo, infilandogli anche un dito nel culo mentre lo ascoltava.
“Aspetta, fermati, ho voglia di scoparti.”
Lo portò sulla penisola del divano e lo fece stendere sulla schiena. Gli disse di prendersi con le mani i piedi e di sollevarli in alto facendolo restare con il culo ben sollevato e… spalancato. Si mise in fretta un preservativo e gli si mise sopra, puntando le braccia tese ai lati del collo e dopo essersi strusciato per trovare il buco lo penetrò senza indugiare perché era proprio eccitato. Lo scopò con abilità per un buon quarto d'ora, chiedendogli anche di guardarlo negli occhi. Quando si sentì pronto non provò nemmeno a trattenersi e si lasciò andare in un gratificante orgasmo prima di sfilarsi.
“Toglimi il coso e succhiamelo per bene.”
Si sedette e eseguì l'ordine fino a quando non lo fermò e gli comandò, dopo essersi seduto e averlo fatto appoggiare sulle sue gambe con il culetto in alto, nella classica posizione ideale per sculacciarlo di: ”continuare la storia”.
“Continuai a menarglielo fin quando non venne. Mi disse che ero stato bravo e che avremmo continuato a girare tra le giostre. Ritornammo nel luna park e provammo altre attrazioni. Notai che le sue mani erano sempre più spesso su di me e, se notava che nessuno ci guardava, di tanto in tanto scivolava anche dentro gli slip, sia davanti che dietro. Lo lasciai fare. Quando i biglietti finirono mi disse che sapeva come farsene dare altri. Mi portò ad un tiro a segno dove un vecchietto, almeno a me sembrò tale, con i capelli bianchi lo salutò calorosamente. Giacomo gli disse che era venuto per i biglietti. Rispose che ne avrebbe dati di più se io mi fossi fermato a guardare. Accettò dicendogli però che lo faceva solo con la bocca. Ci fece entrare e si avviò sul fondo, sparendo dietro una tenda. Guardai dubbioso il mio amico che mi rassicurò spingendomi dietro di lui e dicendo che lo faceva spesso e che conosceva Ermes da tre anni. Come entrai vidi quel vecchio che si stava abbassando i pantaloni mentre Giacomo gli si accucciò davanti e gli prese con le mani il cazzo, iniziando subito a toccarlo e quindi a baciarlo. Lui mi ordinò di avvicinarmi e di abbassarmi per guardare bene cosa stesse facendo. Piegai le gambe ed ero proprio li. In quel momento non riuscivo nemmeno a pensare. Il mio amico stava togliendo dei peli che erano appiccicati sulla cappella. Era grossissima e di uno scuro colore viola con i bordi gonfi. La pelle tutto intorno era color rosso fuoco. Non riuscivo a staccare gli occhi dalle mani di Giacomo che stavano trafficando con quel grosso salsicciotto continuando a pulirlo. Poi, con una mano lo sollevò e dopo averci appoggiato la bocca sulla punta iniziò a succhiarlo. Ad un certo punto spalancò le labbra e lo fece scorrere quasi tutto dentro per poi muovere la testa avanti e indietro. Lo vidi entrare e uscire a lungo, fino quando l'uomo non gli chiese di fermarsi e di leccargli le palle. Quando lo lasciò uscire dalla bocca era diventato molto grosso e stava dritto, praticamente perpendicolare al corpo. Giacomo si abbassò e mise la testa sotto lo scroto e cominciò a far scorrere la lingua in quella foresta. Mi accorsi che l'uomo era pelosissimo e con una imponente pancia. Quando fu sazio delle leccate gli disse di finire il lavoretto. Se lo mise di nuovo in bocca e riprese a muovere la testa. Ad un certo punto il ritmo fu imposto dalle mani di Ermes che gli strinsero la testa e aumentò sempre di più fino a che non lo senti grugnire, prima piano e poi sempre di più per poi zittirsi di colpo. Gli gridò di fare il bravo e di berla tutta mentre lo teneva fermo, schiacciato contro di lui e lo aveva completamente infilato tutto dentro. Appena lasciò la presa Giacomo si tirò indietro e tossì mentre il vecchio gli ricordò ancora di non sputare niente. E mentre io ero come pietrificato da quanto stavo vedendo il giostraio si alzò e, sistemandosi i pantaloni uscì. Incrociai lo sguardo del mio amico che mi sorrise e mi disse che potevamo andarcene anche noi. L'uomo ci aspettava appoggiato al bancone e sventolò il pacchettino di biglietti dicendo che oltre ai soliti venti ne aveva aggiunti altri dieci perché io ero rimasto li a guardare. Lo salutammo e riprendemmo a girare tra le giostre. Non ebbi il coraggio di dire o chiedere niente a Giacomo che continuò a divertirsi e a scherzare come se non fosse accaduto nulla.
Giunta l'ora di tornare a casa mi chiese di tornarci domani, anche perché aveva ancora molti biglietti. Gli dissi di si ma il giorno dopo gli diedi buca inventandomi una scusa e dando la colpa ai miei. Il giorno successivo era lui che doveva andare all'allenamento e non poteva esserci. Io restai a casa a studiare ma, a metà pomeriggio, poco dopo che mia madre era uscita decisi di tornare al luna park. Cominciai a girare tra le giostre senza meta fin quando non arrivai nei pressi del tiro a segno di Ermes. Mi fermai ad una certa distanza ad osservarlo mentre cercava di attirare chi passava e quindi mi avvicinai. Non mi riconobbe subito ma poi si ricordò e mi chiese se ero l'amico di Giacomo. Feci di si con la testa e lui non mi badò più di tanto fin quando, quasi sussurrando, non gli chiesi se poteva darmi dei biglietti. Ancora adesso non so perché lo feci. Sapevo benissimo cosa avrei dovuto fare ma… lo feci ugualmente. Lui mi guardò con molta attenzione e mi chiese quanti anni avessi. Gli dissi diciotto ma non ci credeva, anche perché allora ne dimostravo si e no quattordici. Volle vedere un documento e solo allora mi chiese quanti biglietti volevo e vedendo che non risposi fu decisamente più chiaro, ricordandomi che me ne dava dieci se usavo le mani, venti se facevo un pompino e cinquanta per la scopata. “Scegli cosa ti va di fare, a me piace tutto e poi con te è la prima volta.” Pensai che dovevo andar via ma non mi mossi da li e bisbigliai, guardando in basso, che avrei usato le mani. “Bene, vieni.” Forse scappare sarebbe stata la scelta giusta, ma non lo feci e lo seguii dietro la tenda. Si appoggiò al ripiano come aveva fatto tre giorni prima e si abbassò i pantaloni. Restai fermo vicino alla porta ma poi mi avvicinai e lo presi in mano. Era caldo e umido. Mi tirò al suo fianco dicendomi che così riuscivo a tenerlo meglio e cominciai a muovere la mano. Era grosso e mi accorsi che diventava sempre più duro. Continuai a masturbarlo per tantissimo tempo, almeno così mi sembrò, con il polso che cominciò a farmi male. Lui non mi disse niente, mi lasciò fare finché lo condussi al traguardo. Mi accorsi che stava arrivando perché lo senti ancora più duro e perché mi strinse la mano con la sua come per completare al meglio quello che stavo facendo. Ansimò appena appena, non come aveva fatto l'altra volta e mi lasciò la mano dopo che fece uscire anche l'ultima goccia. La sentivo impiastricciata ed ero completamente sudato. Lui se ne andò. Mi diede dieci biglietti più altri dieci perché era la prima volta che gli facevo qualcosa. Non dissi niente mentre lui mi chiese di ritornare, magari con Giacomo. Abbassai lo sguardo e me ne andai.
Pensai che non mi avrebbe mai più visto, ma mi sbagliavo. Ci tornai, da solo, il pomeriggio successivo. Qualcosa dentro di me mi diceva che ci dovevo andare. E così feci.
Accettai di farlo con la bocca e tutto si svolse come il giorno prima. Mi fece inginocchiare e mi chiese di leccarlo. Mi accorsi che c'era del pelo dappertutto e che l'odore che sentivo non mi piaceva. Mi ritrovai subito dei peli in bocca e cominciai a togliermeli dalla lingua. Mi disse di tirarli via tutti subito perché non gli piaceva che mi fermassi per farlo. In quella penombra, con attenzione, tolsi tutti quelli che vedevo ma, così facendo lo feci crescere e, visto da così vicino mi sembrò enorme. Feci fatica a metterlo in bocca come ne feci nel leccare in mezzo a tutto quel pelo. Ad un certo punto mi strinse forte la testa con le mani con la scusa di insegnarmi a farlo bene e cominciò a spingermelo sempre più in fondo. Mi diede fastidio e ci volle diverso tempo prima di smettere di tossire per quel cazzo che mi dava fastidio in gola. Lui mi dava il tempo di spostarmi per farlo uscire ma poi mi spingeva di nuovo contro di lui. Mi disse di stringere le labbra e di tenerle chiuse e di stare attento ai denti e di non morderlo. Obbedivo e lo assecondavo. Non ricordo se mi piacesse o meno ma volevo sicuramente provare. Quando ritenne che potevo aver capito abbastanza cominciò a giocare con la mia testa imprimendole un continuo movimento senza più fermarsi. Dopo un poco avrei voluto che finisse ma sapevo benissimo che avrei dovuto aspettare il suo piacere. Si manifestò un bel po' dopo con un caldo getto di un liquido che mi finì proprio in fondo alla gola. Quando mi concentrai sul suo sapore non lo riconobbi tra nessuno di quelli che conoscevo. Era un pochino aspro ma con un pizzico di dolce e pizzicava leggermente. Lo lascia colare lungo il mento mentre lui mi diceva di inghiottirlo. Al primo schizzo ne seguirono altri e alla fine le mani mi lasciarono la testa. Con la punta di un dito raccolse quello che avevo sul mento e me lo mise in bocca dicendo di leccarlo. Lo feci mentre mi intimò di passare anche la lingua sulle labbra per non sprecare neanche una goccia. Quel sapore diventò ancora più definito ma proprio non lo associai a niente che avevo assaggiato. Come le altre volte se ne andò in fretta e prima di salutarmi mi diede altri trenta biglietti sottolineando che i dieci in più erano sempre perché era la prima volta.”
“Cazzo, ma che storia. Ma te la stai inventando, vero?”
“No, tutto vero!”
“Dai...”
Mi sorrise con uno sguardo malizioso e vedendo che avevo di nuovo una bella erezione si passò la lingua tra le labbra. Non potevo resistere e lo trascinai in camera ordinandogli di mettersi a pancia in giù che avevo voglia di scoparlo. Infilai in fretta il preservativo e con la voglia che sentivo partire dalla punta del cazzo e arrivare fin dentro il basso ventre me lo feci fino a che, madido di sudore e stanchissimo, non mi lasciai cadere al suo fianco ordinandogli di farmi venire con la bocca. Ci mise un bel po' ma mi fece godere alla grande. E inghiottì tutto anche questa volta. Ero spossato. Quel ragazzo con la sua malizia e le sue storie oscene mi stava facendo morire. Me lo tirai contro sentendo che anche lui era in un bagno di sudore e gli intimai di continuare con la storia.
“Mentre me ne stavo andando mi guardai la maglietta per vedere se era sporca. Mi sentivo strano. In bocca avevo quello strano sapore. Mi fermai a comperare delle caramelle alla menta… forte e mi passai non so quante volte la mano sulla bocca anche se sapevo che non c'era niente da togliere. Non smisi di pensare a quello che avevo fatto fino al giorno successivo. Ero cosciente che avevo fatto una cazzata e che se lo avessero saputo i miei genitori sarebbe stato un guaio. In casa sgattaiolai subito in bagno per lavarmi e per vedere se si poteva capire qualcosa ma era evidente che non c'erano segni di quanto successo. Mi lavai più volte i denti e decisi che non lo avrei fatto mai più. Ma il pomeriggio successivo Giacomo mi chiese di ritornare al luna park e accettai. Mi promisi di non avvicinarmi al tiro a segno anche perché avevo ancora tantissimi biglietti ma ineluttabilmente ci ritrovammo tutti e tre sempre dietro quella tenda e, questa volta, gli diedi il mio stretto e vergine culetto.
Fu Giacomo a portarmi da Ermes. Appena lo vidi divenni rosso fuoco e quando quell'uomo gli disse che avevo una boccuccia d'oro, avrei voluto sprofondare. Il mio amico si offrì e lui accettò immediatamente. Andammo nel solito posto. Questa volta però quello che si appoggiò alla scaffalatura dopo essersi tolto velocemente pantaloncini e slip fu il mio compagno. Si appoggiò con le mani, allargando le gambe e offrendogli il fondo schiena. L'uomo gli si mise dietro e, dopo avermi comandato di mettermi li a fianco, cominciò a sbattergli il cazzo tra le chiappe fino a che non gli divenne duro. Con i due pollici lo allargò e sistemandosi bene lo impalò. Non riuscivo a vedere bene quanto faceva perché la pancia nascondeva tutto ma sapevo benissimo che se lo stava scopando nel culo. Anche questa volta non riuscivo a staccare gli occhi da quello spazio che si apriva e poi chiudeva tra di loro. Pensai che anche quel giorno avrei fatto da… guardone ma mi sbagliavo perché ad un certo punto mi trovai quel grosso cazzo umido davanti e i suoi secchi e imperativi comandi che mi dicevano di spogliarmi. Scappa Giulio, mi dissi ma le gambe non si mossero. Scappa Giulio, mi ripetei ma mi sfilai la maglietta. Una vocina dentro la testa mi disse che dovevo assolutamente andarmene ma abbassai le mani sulla vita dei pantaloni facendoli cadere fino alle caviglie. Giulio, tirati su i pantaloni e vai via! Fu l'ultimo pensiero di rifiuto che ricordo prima che gli sussurrassi di fare piano perché era la prima volta. Lui grugni qualcosa di incomprensibile. Docile mi sistemai nella stessa posizione che aveva prima Giacomo e mi preparai a ricevere quel cazzo. In quel momento ero eccitatissimo. Pensavo che ero grande e stavo per fare del sesso vero e, soprattutto che solo l'idea mi faceva venire quello strano formicolio li in basso… Anche adesso se ripenso a quel pomeriggio, ricordo benissimo tutto: il mio amico che si era appoggiato davanti a me prendendomi le mani come per tenermi fermo in quella posizione mentre Ermes lo appoggiò sul buchetto e cominciò a spingere. Entrò subito di qualche centimetro e mi fece un male terribile. Forse perché non mi aspettavo che agisse così in fretta e non ero ancora pronto con la testa… per accettarlo.
Mi misi a gridare mentre e anche lui cominciò a urlare. “Si! Così! Si! Adesso ti spacco il culo. Si! Grida, grida. Grida che mi piace. Si! Si!” Gli piaceva tantissimo sentire che soffrivo. Più mi lamentavo più si eccitava. Comunque appena entrò restò bloccato dalla strenua resistenza che opponeva il mio sfintere che riusciva a tenerlo fermo senza consentirgli di avanzare. Ma era esperto e non si mise a forzare, semplicemente si appoggiò con il suo peso, esercitando una continua pressione che, lentamente, assai lentamente, riuscì a farmi cedere. Mi accorsi chiaramente che mi stavo aprendo e continuai a chiedergli di fermarsi. Davanti a me c'era Giacomo che mi bloccava le braccia e mi guardava. Mi diceva che faceva male solo la prima volta e che poi mi sarebbe piaciuto. Diceva anche altre cose ma non riuscivo a sentirlo. Infine mi ricordo dell'urlo che mi si spense in gola quando, di colpo, entrò del tutto. Fu come se qualcosa mi spaccasse in due. Da quel momento in poi tutto diventò molto vago. Una volta dentro non si accontentò ma spinse, spinse e spinse mentre continuavo a gridare e a singhiozzare. Lui urlava. Giacomo successivamente mi disse che mi scopò per poco perché era pronto e doveva solo finire quanto aveva iniziato con lui, ma mi sembrò non finire mai. Mi raccontò anche che mi venne dentro e poi entrò e uscì completamente per almeno una decine di volte. In quel momento lo odiai per quello che mi aveva fatto e soprattutto per come aveva ignorato le mie suppliche. Mi fece male il culo per parecchio e restai terrorizzato che i miei potessero accorgersi della cosa. Mi toccavo in continuazione ma, al tatto o osservato allo specchio, sembrava… come sempre. Odiai anche Giacomo e per una settimana non gli parlai poi cedetti alle sue insistenze e ci confidammo su quanto successo. Mi raccontò la sua prima volta, avvenuta quando aveva parecchi anni meno dei miei e su quanto gli fosse piaciuto dopo. Quel martedì parlammo tantissimo, lo sentii vicino, intimo e, in quella confidenza gli giurai che non avrei mai più fatto di quelle cose ma il giovedì successivo ci masturbammo nei bagni della palestra mentre il venerdì pomeriggio gli lasciai infilare un dito nel buchetto perché… non so il perché, anche se adesso lo immagino: ero attratto dalla voglia di provare, ancora, nonostante quanto mi avevano fatto perché era qualcosa che sentivo dentro. Il giorno dopo, a casa sua, fu proprio lui a mettermelo. Lo fece piano, con attenzione. Voleva dimostrarmi che era bello e piacevole e che potevamo raggiungere delle sensazioni incredibili. Lo lasciai fare e quando ebbe finito non potei non dirgli quanto mi avesse fatto godere anche se sentivo che mancava ancora qualcosa. Quel qualcosa lo trovai col tempo, era la sensazione di totale dipendenza e il mettermi completamente nelle mani dell'altro. Era l'obbedire e il soddisfare ogni sua voglia oltre all'essere usato che mi faceva… volare. E tutto questo lo dovevo a quel vecchio che mi aveva tirato con forza in questo mondo, anche se io avevo fatto di tutto perché accadesse. E da allora non ho più smesso. Il giostraio lo vedo sempre quando ritorna in città e ormai soddisfo diversi padroni e ogni tanto ne cerco di nuovi. Tu mi sembri giusto, credo che tornerò a trovarti.”
“Vedi ancora il giostraio?”
“Si:”
“Ma quanti anni ha?”
“Oggi ne ha settantatré e quando mi ha iniziato ne aveva sessantatré.”
“Muoviti andiamo sul tavolo. Cazzo! Me lo hai fatto tornare duro di nuovo, Neanche mi ricordo di averne fatte così tante una dietro l'altra.”
E dopo averlo fatto appoggiare con la schiena sul tavolo gli divaricai le gambe tenendole ben aperte con le mani e mi ributtai voglioso in quel pertugio, sicuro di riuscire a godere anche questa volta.
Dal suo sguardo amicante piaceva tanto anche a lui essere trattato così...
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