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CHE MISTERO E' LA VITA


di RedTales
05.08.2018    |    27.944    |    7 9.6
"E’ qui da quasi tre anni ed è diventato una puttana..."
Quando gli chiusero la cella alle spalle rimase fermo, come in attesa di qualcosa che non successe. Ma era da più di tre ore che stava vivendo quell’incubo e cominciava a credere che fosse realmente vero e quella ne era… la conferma. Si guardò attorno: c’erano diverse persone dentro.
“Buongiorno.” disse a bassa voce.
“Italiano?”
“Si.”
Due gli si fecero incontro: “Tommaso, lui è Roberto.”
“Piero.”
“Prima volta?”
“Si.”
“Quanto ti devi fare?”
“Tre… trentacinque giorni.”
Risero: “vanno via da soli. Il tuo letto è quello.”
Ci si buttò sopra e spense tutto. Nessuno lo disturbò fino all’ora in cui portarono il pranzo. Allora ci fu un po’ di movimento.
L’ambiente era piccolo e c’era poco spazio. Erano in otto.
I due conosciuti prima lo invitarono a mangiare seduto con loro sul letto di uno.
C’era un tavolino con due sgabelli ma erano già occupati.
In quella mezz’ora gli raccontarono degli altri compagni di cella. Quelli seduti al tavolo erano due russi. Quello grande e grosso sulla quarantina, Gerasim, doveva scontare ancora quattordici anni per qualcosa di importante che aveva fatto, ma non si sapeva bene. Parlava solo russo anche se capiva un po’ d’italiano. Li dentro era il capo o meglio, faceva quello che voleva ma fondamentalmente non dava fastidio a nessuno, bastava non dargli fastidio, l’altro si chiamava Milen, non sapevano quanti anni avesse, forse venticinque. Era la troietta dell’altro, il suo passatempo. Se lo scopava quasi ogni notte, a lungo.
“Sentirai che casino fanno. Fin che non finisce non si può dormire.”
Altri due erano marocchini, spacciatori sulla trentina: “lasciali perdere e fai finta che non ci siano. Sono degli attaccabrighe. Quello più alto è Fouad, dopo il russo è lui che crede di decidere e di farci fare quello che vuole ma non esagera mai. Fa solo lo spaccone. In ogni caso l’altro che è Abad gli ubbidisce ciecamente.”
L’ultimo, il più piccolo era Long, un cinese. Non sapevano perché fosse li, era stato trasferito quando aveva compiuto diciotto anni da una comunità: “poi devono esserselo dimenticati. E’ qui da quasi tre anni ed è diventato una puttana. Lo vedi come è vestito?”
Effettivamente indossava un paio di short cortissimi e aderentissimi che dietro lasciavano scappare fuori parte delle chiappe e una maglietta senza maniche che arrivava a fatica a metà pancia.
“E’ dei due marocchini. Ci fanno quello che vogliono. Se lo scopano in continuazione e lo vendono ad altri quando le porte sono aperte. Non so come faccia a prenderne così tanti.”
“E quei due” disse l’altro riferendosi ai nordafricani “hanno due cazzi così.”
Uno dei due marocchini lo chiamò: “nuovo, come ti chiami.”
“Piero.”
“Ascoltami Piero, fai bene attenzione, che qui va così. Ti piace Long? Tu guardi Long. Lui ti piace? Se ti piace tu dici a me.”
“No, no, no...”
“Cosa no no. Se tu vuoi scopare paghi come tutti. Una scopata con Long un pacchetto sigarette. Chiaro come funziona qui.”
“Si, ha capito, ma adesso lasciaci mangiare.” intervenne Tommaso e la cosa finì li.
“Ti ho detto di lasciarli perdere. Non rispondere, che dicano.”
“Ma davvero qui si può scopare così e lui lo compri?”
“Benvenuto in questa cella amico. Adesso hai capito come vanno le cose qui dentro.”
Come per mandare un messaggio al nuovo arrivato, Fouad gridò a Long di alzarsi e di mettersi a ballare aggiungendo: “bene, muovi il culo, come vera puttana.”
Il ragazzo appoggiò il vassoio, si alzò e andò davanti ai due e iniziò a muoversi come se ci fosse una musica a guidarlo. Poco dopo Fouad iniziò ad accarezzarli le gambe, poi la pancia e gli tolse la maglietta. Ogni tanto guardava soddisfatto verso Piero e, forse per sembrare ancora più importante, gli abbassò i pantaloncini facendogli con le mani il gesto di levarli. Continuando a ballare con movimenti abbastanza aggraziati se li sfilò restando tutto nudo con i due che gli ridacchiavano davanti.
“Vedi, lo vogliono depilato perché così se lo immaginano come una donna. Vedi che non ha peli.”
Long continuò ad esibirsi con le mani dell’altro ragazzo che lo palpeggiavano dappertutto strizzandolo anche con forza perché gli restavano dei segni rossi sulla pelle chiarissima.
“Ma non c’è nessuno che controlla?”
I due risero: “e chi deve controllare? Qui siamo nella giungla. Ognuno deve sopravvivere come può.”
Anche i due russi si erano messi a guardare quel balletto quando, ad un certo punto Fouad si alzò, si abbassò i pantaloni della tuta e gli slip e sventolò davanti a tutti il cazzo. Era davvero un “bell’affare”, molto più scuro della sua carnagione e completamente circondato da folti e lunghi peli neri. Con autorità ordinò: “in bocca!”
Long si piegò in avanti e iniziò a fare quello che l’altro voleva. Non ci mise molto a diventare duro e a quel punto il marocchino lo spinse via.
Adesso il pene era completamente duro ed era davvero lungo e grosso
“Visto che cazzo?” bisbigliò Roberto.
Si sedette di nuovo e, strattonando il ragazzo, lo fece sedere a cavalcioni sulle sue gambe che allargò mentre si lasciò scivolare indietro per appoggiare la schiena contro il muro. Con questo movimento aveva spalancato anche le gambe di Long che se non erano aperte a cento ottanta gradi, poco ci mancava. Probabilmente lo fece per noi, magari per il nuovo arrivato, per fargli vedere bene cosa poteva fare li. Infatti i tre italiani erano seduti quasi difronte a loro, sull’altro letto, a non più di un metro. Come si appoggiò al muro il cazzo dell’uomo fece capolino davanti a quello piccolino di Long arrivando ben oltre il suo ombelico. Fouad lo lasciò li come per farcelo osservare bene quindi sollevò di peso Long afferrandolo sotto le ascelle e, muovendolo un pochino in avanti lo sistemò in modo da avere il suo buchino proprio sopra la cappella e lo lasciò ricadere. In un attimo quei venti o più centimetri di “bestia” sparirono completamente in quel minuscolo culetto. Ovviamente il tutto senza alcuna precauzione. Fouad mise la mano proprio li per controllare che fosse tutto dentro e poi iniziò a farlo saltare con dei veloci movimenti del bacino. Dalla posizione privilegiata in cui stavano i tre potevano vedere benissimo quel buchetto così aperto e quel cazzo così grosso entrare e uscire con tanta facilità tra quelle due minute chiappe e colpiva il contrasto di quel membro scuro e nodoso con il culetto chiaro e liscio. Quella visione fece eccitare Piero che in pochi secondi se lo ritrovò duro. Il marocchino continuò, ridendo e parlando in arabo con l’altro, per una buona decina di minuti prima di grugnire e fermarsi. Era arrivato. Lo spettacolo era finito e Long, raccolti i pantaloncini e la maglietta, se ne andò nel gabinetto. Un angolino di un metro quadrato in fondo alla cella senza porta dove c’era solo un lavandino e la tazza del water.
Fouad si alzò e si tirò su slip e tuta e riprese a mangiare continuando a ridere e a parlare con il suo amico.
“Visto? Se lo scopano quando vogliono e quel porco” disse a bassa voce “di Fouad ha sempre voglia. Prima, quando non c’era Long, si segava. Poi lo hanno messo qui e lui se lo è preso. E vuole che sia sempre vestito così! Gli ha anche fatto avere una minigonna ma bisogna stare attenti perché se la vedono i secondini sono capaci di spostarlo. Di solito gliela fa mettere quando vengono gli altri, così si fa prima...”
Piero non capì l’ultima frase ma non osò chiedere nulla.
Nel frattempo Long era tornato e si era messo nella sua branda. Sembrava molto giovane, dimostrava parecchi anni meno dei suoi ventuno, aveva un caschetto di capelli neri e, pur essendo molto piccolino, era assai ben proporzionato: gambe e braccia lunghe, pancia piatta e, come si era potuto vedere mentre ballava, dei fianchi stretti e un delizioso culetto.
Fouad si accorse che Piero lo guardava di nuovo e ridendo lo offrì ancora: “ti piace. Lui bellissimo ragazzo. Gran culo. Hai visto, no! Con lui scopi come con puttana vera. Un pacchetto ed è tuo. Anche dopo, quando si spengono luci. Quando vuoi. Dai sigarette e scopi.”
Non rispose e si girò verso gli altri due italiani.
Il resto della giornata passò. Si sentì raccontare tanti altri episodi che gli sembrarono incredibili e lui fece partecipi gli altri del perché fosse li. Nel tardo pomeriggio, Fouad ordinò a Long di scendere e di togliersi i pantaloncini e di sdraiarsi nella sua branda. Un attimo dopo gli fu sopra e quanto si mise a fare fu inequivocabile. Il letto fece per tutto il tempo un forte e fastidioso cigolio ma nessuno sembrò farci caso. Anche questa volta andò avanti per una decina di minuti, evidentemente quanto bastava per… soddisfarsi, quindi lo fece andar via e, proprio in quel momento, fu l’altro marocchino, Abad, a dirgli di andare nella sua branda. Ci si arrampicò sopra e fu immediatamente montato e si sentì nuovamente il terribile rumore di ferraglia prodotto dai letti che si confondeva con dei gemiti. Come il frastuono cessò Long scese quasi subito mentre i due marocchini si scambiarono dei commenti che li fece ridere entrambi. Seguendolo con lo sguardo Piero si accorse che, mentre si dirigeva nel gabinetto, quanto gli avevano scaricato dentro stava colando lungo le gambe. Long si sedette sulla tazza per espellere quanto tratteneva e poi si sciacquò. Uscito si mise nuovamente gli short e ritornò al suo posto.
Non successe altro ma Piero fu davvero sconvolto. A cena disse poche parole e aspettò che spegnessero le luci principali per cercare di dormire e di dimenticare quella giornata. Ma si sbagliava, non era ancora finita perché vide nel corridoio tra le brande il russo grande e grosso spogliarsi prima di mettersi a letto e poi, proprio come gli era stato detto, dire qualcosa all’altro ragazzo russo che, alzatosi e toltosi diligentemente tutto quello che indossava, gli si stese vicino. Li osservò girarsi quel poco che potevano vista la mole del più vecchio e poi ricominciò quel terribile cigolio che questa volta era assai più forte di prima. L’uomo ci dava dentro con forza e impeto, si fermava, si muoveva, ricominciava. Era completamente sopra l’altro mentre lo possedeva e, a differenza di prima, il sesso tra i due durò una buona mezz’ora, poi tutto si fermò, si sentirono schioccare dei baci e quindi il ragazzo si mise in piedi e raggiunse il cesso. Quando tornò raccolse i vestiti dal pavimento e senza indossarli si arrampicò nella sua brandina. Non successe altro ma Piero non riuscì a chiudere occhio e passò una notte totalmente insonne circondato dal russare dei suoi compagni di stanza.
Il secondo giorno trascorse in quella assurda normalità del primo. Fouad si scopò il suo amante addirittura quattro volte: appena svegliato, durante il pranzo, nel tardo pomeriggio e quando le luci si erano già spente. Abad come pure il russo non fecero niente.
E così giunse il giorno successivo. Avevano appena finito di fare colazione che Tommaso gli disse che oggi era giorno di celle aperte e che li ci sarebbe stato movimento.
Fouad fece mettere Long in piedi davanti a lui e, con un rasoio che teneva nascosto iniziò a depilarlo con attenzione, controllando più volte con la mano il risultato su ogni centimetro di quel corpicino. Come ebbe finito lo portò in bagno dove con una peretta di gomma gli fece diversi lavaggi anali e infine lo fece sedere e con una matita nera gli contornò con precisione gli occhi e mettendogli un po’ di rossetto sulle labbra e sui capezzoli. Lo guardò e fu soddisfatto del risultato. Effettivamente quell’improvvisato makeup lo rendeva assi più… femminile. A quel punto lo pettinò facendogli due corte codine ai lati e sistemandogli la frangetta sulla fronte. Long era pronto. Gli fece indossare la minigonna di jeans che copriva a fatica i glutei e una maglietta nera a rete con le maniche lunghe ma corta in vita. Lo fece alzare, girare su se stesso e ne fu soddisfatto. Ci guardò come per cercare una conferma e sussurrò a Piero: “un pacchetto e sei il primo a scopare.”
Passò quasi un’ora ma alla fine aprirono tutte le porte e cominciò un intenso via vai di persone.
“Noi andiamo giù nell’atrio, almeno ci si muove un poco” disse Tommaso avviandosi assieme a Roberto: “se resti ti godi lo spettacolo. Però poi ti viene voglia di segarti. Ma almeno una volta dovresti vederlo...” e se ne andarono.
Piero rimase fermo, seduto sul suo letto. Anche i due russi erano usciti. Restava solo Long che se ne stava in fondo un po’ nascosto, forse per non farsi notare da chi passava.
Poco dopo ritornò Fouad con altri due arabi con i quali stava discutendo animatamente. Arrivati sulla porta indicò loro il ragazzo facendolo poi avvicinare con un gesto per farlo vedere bene. Gli sollevò la gonna per mostrare il culo, gli pizzicò un capezzolo e gli diede un sonoro sculaccione su un gluteo. Gli fece perfino aprire la bocca mettendogli tre dita dentro. Continuarono a parlare ancora qualche minuto, probabilmente per accordarsi sul prezzo e quindi Fouad ordinò al ragazzo: “muoviti, giù. Prima in bocca e poi ti appoggi al tavolino e ti scopa.” Disse ancora qualcosa ad uno dei due che si avvicinò al ragazzo, incurante che Piero fosse li e si tirò giù i pantaloni. Long aiutandosi con le mani lo leccò e succhiò fin che l’arabo non lo allontanò indicandogli il tavolino. Ci appoggiò sopra i gomiti lasciando il culetto ben proteso in alto mentre quello gli sollevò la gonnellina e lo penetrò per poi sbatterlo con forza tenendolo fermo per i fianchi. Piero vedeva la forza che ci metteva e sentiva quel cupo suono dei due corpi che sbattevano uno contro l’altro. Non smise finché non lo riempì e, a quel punto, soddisfatto della prestazione, la sottolineò ringraziandolo e colpendolo con uno schiaffo sul culo prima di andarsene.
Fouad rientrò: “presto. Va a lavarti. Qui c’è Mohamed che è già pronto.”
Ci mise poco e si mise di nuovo in piedi sul fondo. “Fai cosa ti dice.” ordinò nuovamente il marocchino.
Questa volta entrò un puzzolente omone nero. Guardò subito Piero e in un italiano stentato: “cosa fai li? Guardi? Guardi che scopo?”
Non ricevendo risposta lasciò perdere e concluse con un laconico: “fa pure, così vedi come si scopa...”
Si avvicinò a Long lo guardò dall’alto al basso e lo sollevò come fosse un bambolotto appoggiandolo in piedi sul bordo del letto.
“Baciami!”
Adesso erano alti uguali e l’uomo afferrandolo per la nuca con quella enorme mano lo tirò verso di se e iniziò a baciarlo. Finito lo guardò, accarezzandolo un po’ dappertutto, prima di togliergli in malo modo la gonnellina. Si sedette sul letto continuando ad osservarlo e poi strinse nel pugno pene e testicoli. Forse lo fece con forza perché il ragazzo si lamentò provocando una risatina dell’omone che si rialzò per abbassarsi i pantaloni della tuta. Gli ordinò di inginocchiarsi e gli sbatté davanti alla faccia una traboccante pancia che sovrastava un sesso enorme e due coglioni grossi come palle da tennis.
“Succiami tutto, cazzo, palle, magari poi anche il culo. Voglio aver speso bene i mie soldi.”
Con il viso sempre privo di qualsiasi espressione Long affondò la testa sotto la pancia e cominciò a far correr la lingua in quella foresta lavorandosi quell’uomo con esperienza. Quasi subito fu sollecitato da un deciso: “subito in bocca!”, cosa che fece mentre l’uomo, dopo avergli afferrato la testa con due mani, iniziò a muovergliela con un bel ritmo, schiacciandola contro la pancia per poi allontanarla stando però attento che il “bastone” non uscisse. Un ironico: “bevi, bevi che è tutto tuo” sottolineò il traguardo raggiunto. Le mani lasciarono la presa anche se Long continuò ancora a trafficare con la lingua fin che l’uomo non si girò e se ne andò lanciando un: “piaciuto? Bello spettacolo? Ho scopato bene?” a Piero che era rimasto immobile sul suo letto.
Fouad rientrò subito per dire al ragazzo di prepararsi ma proprio in quel momento entrò anche una guardia che si arrabbiò per come era vestito e dopo un deciso: “qui non siamo a fare marchette. Mettiti una maglia e un paio di pantaloni subito” rimase fermo ad aspettare che Long si cambiasse. Lo fece in fretta e appena fu vestito in modo “normale”, senza aggiungere altro il secondino se ne andò.
Fouad rimase sulla porta con altri detenuti e parlando in italiano spiegò cosa era successo e che “per oggi è meglio fermare qui. Se lui torna e vede qualcosa che non piace fa casino. Oggi già andata bene. Oggi basta. Se voi vuole prossima volta primi.”
Uno però continuò ad insistere con forza e alla fine il marocchino tornò nella camera dicendo al cinesino di andare nel cesso e di spogliarsi. Un giovane ragazzo italiano lo raggiunse e rimasero li dentro per una decina di minuti. Fouad, in piedi davanti alla porta, controllò che non ritornasse la guardia e, rivolto a Piero, borbottò: “lui pagato tanto. Non poteva non scopare. Tu vuoi? Per te più facile. Tu puoi fare quando vuoi. Vuoi?”.
Nel frattempo il cliente uscì, si sistemò i pantaloni, e dando una pacca sulla spalla al marocchino: “bel culo. Bravo! Ci torno. Una troia con la maiuscola.”.
Prima del pranzo tutti furono fatti rientrare e le porte chiuse. Finito di mangiare i due arabi si scoparono il ragazzo, aggiungendo ancora sesso a tutto quello che aveva già avuto.
Ormai Piero si era abituato a quella routine e sperava solo che quella trentina di giorni passasse in fretta. Aveva visto il suo avvocato che gli aveva confermato che si era trattato di uno sbaglio ma che la macchina burocratica era lunga e che doveva solo aspettare… e sperare.
Altri giorni passarono tutti uguali in quel nulla che odorava di sesso.
La novità fu l’arrivo di un prete a metà di un pomeriggio. Entrò e scambiò quattro chiacchiere con tutti, arabi compresi. Ma solo i tre italiani lo presero in considerazione. Era giovane, probabilmente non arrivava ai quarant’anni e a parte una croce sulla giacca era vestito in modo normale. Si avvicinò anche a Long, gli si sedette vicino, gli prese le mani tra le sue e bisbigliò qualcosa poi, mettendogli un braccio sulle spalle, si avviò con lui verso la porta. Si fece aprire ed uscirono.
“E così il pretino si scopa anche lui il cinesino.” ridacchiò Roberto guardando in modo beffardo Fouad: “e non paga nemmeno...” e rise.
L’arabo non disse nulla ma si vedeva che era decisamente contrariato dalla cosa.
“Ma sul serio se lo è portato via per scoparlo?” chiese ingenuamente Piero non credendo a quanto sentito.
“E certo, cosa credi!” gli rispose Tommaso: “una volta a settimana viene, ci dice quattro stronzate e poi si porta via il ragazzo. A volte se lo tiene fino a sera. Vanno in cappella, dietro. E li...”
“Ma dai?”
“Vedrai che tona con una maglietta nuova. Gli fa anche i regalini...”
“Sicuro. Se non ci credi poi lo chiediamo a Long.”
Ma quanto dicevano i due era purtroppo vero perché il prete si avviò proprio verso la chiesetta e, dopo averla attraversata, si chiuse nella piccola sacrestia. Come furono li il sacerdote iniziò a baciare con passione il giovane cominciando a dirgli: “sei una meraviglia... ti voglio tanto bene... sei dolcissimo… ti vorrei avere sempre tutto per me… vedrò col direttore se ti può far venire in parrocchia… dio che corpo… baciami… amore… coccolami...” e così via.
Il primo a denudarsi completamente fu proprio il prete che poi aiutò l’altro a togliersi quelle due cosette che aveva. Si stesero su una copertina che aveva adagiato per terra e l’uomo iniziò subito a leccare dappertutto il cinese. Praticamente non fece altro che baciarlo sulla bocca per poi scendere sul suo pene e, aiutandosi anche con mille carezze, lo fece diventare duro.
“Vuoi che diventi la tua donna? Mi vuoi prendere?” sussurrò mentre tirò fuori da un cassetto un paio di calze e con movenze pateticamente sexy se le infilò.
“Ti piaccio così? Lo so che mi vuoi. Dai, prendimi, sono tutta tua. Mi sono appena fatto la barba per essere tutto liscio per te.” Si sdraiò a pancia in giù e aspetto che Long gli andasse sopra e lo penetrasse. Iniziò a “miagolare” quasi subito continuando a spronarlo, a coccolarlo, a lodarlo mentre veniva inculato. Anche in quella veste il cinesino si dimostrò assai capace perché, pur senza alcuna pausa, durò quasi mezz’ora prima di fermarsi e solo perché glielo chiese il prete che, in un bagno di sudore, non riusciva più a resistere e continuava ad avere dei piccoli orgasmi in continuazione.
“Tesoro, sei una meraviglia, la forza della natura, è il buon Dio che ti ha mandato. Guarda, guarda come sono bagnato. Mi hai fatto sudare tutto. E mi sono bagnato anche davanti, sono venuto, sai? Ma tu sei venuto?”
“No, aspettavo che ti piacesse.”
“Amore! Adesso ci pensa mammina a farti contento. Vuoi con la boccuccia?”
“Si.”
Si rigirarono e l’uomo si abbassò sul pene ancora eretto cominciando a ciucciarlo con avidità e si impegnò fino a farlo svuotare e quindi, ancora con la bocca piena, ricominciò a baciarlo.
“Ti è piaciuto cucciolo?”
“Si.”
“Ma ti piace di più scopare o prenderlo?”
“Prenderlo.”
“Dio, amore, lo immagino, anche a me piace tantissimo ma sai che non posso dartelo… non mi tira.”
Lo baciò ancora.
“Mi dicono che gli altri ti fanno sempre la festa… Ho sentito che lo fanno sempre, tutti i giorni, anche in più di uno...”
“Si.”
“Ma… ma ti piace?”
“Si, tantissimo...”
“Stellina, non sai quanto mi piacerebbe averli anch’io tutti quei cazzoni. Ma sai che qui mi controllano, già parlano… Per fortuna che ho trovato te. Dai, stellina, baciami ancora.”
Il ragazzo torno in cella solo poco prima di cena. Aveva la stessa maglietta ma non più i cortissimi pantaloncini, sostituiti da un paio di bermuda.
Il marocchino si arrabbiò, lo prese a schiaffi e glieli fece togliere pretendendo che si mettesse subito gli altri short. Il ragazzo ubbidì prontamente andando quindi a stendersi. Fouad era seccato ma sapeva che non poteva farci niente e cominciò quindi a scherzarci sopra, ridendo e parlottando in arabo con l’altro.
“Long. Hai pregato con il prete?” disse ironicamente Roberto.
“Fatti i cazzi tuoi.” tuonò l’arabo: “bastardo prete! Me lo sopa ma non mi paga! Gli regala un pantalone! Ma che cazzo è pantalone? Non è pagare questo.”
Li interruppe il servizio della cena.
Sarà stata la rabbia o chissà che ma quella sera Fouad ci diede dentro di brutto con il cinese. Poco prima che si spegnessero le luci urlò al ragazzo di mettersi nudo e appoggiato al tavolino. Questa volta si tolse anche lui i pantaloni e dopo avergli sbattuto più volte il cazzo sul culo, appena fu abbastanza duro da penetrarvi, iniziò a incularlo con tanta forza da far sobbalzare ad ogni colpo perfino quel solido appoggio. Successivamente lo fece inginocchiare nel corridoio tra i letti e con la stessa brutalità lo scopò in bocca facendolo tossire diverse volte da quanto si affondava dentro di lui. Non pago lo sollevò di peso e lo fece aggrappare alle sbarre della finestra con i piedi puntati sul muro e ricominciò nuovamente a possederlo da dietro con veemenza facendolo letteralmente sobbalzare e rischiare di sbattere contro la parete ad ogni colpo che dava. Infine lo abbracciò facendosi mettere le mani dietro il collo e gli sprofondò nuovamente dentro iniziando a camminare avanti e indietro tenendolo stretto contro con il cazzo che entrava ed usciva ad ogni movimento e con Long che, esausto, iniziò a lamentarsi ma non per dolore ma per l’intensità dell’orgasmo che aveva raggiunto e che non riusciva più a reggere. Ma questo lo capì solo Piero che non si era perso nemmeno un istante di quella esibizione perché Fouad sembrava contento di… punirlo in quel modo e continuava a commentare ridacchiando assieme ad Abad. Ma lo pensò anche Tommaso che commentò a bassa voce “oggi questo stronzo lo sfonda il cinesino.” Alla fine si fermò perché, evidentemente, era venuto e poi perché non ce la faceva più ma era solo una sosta perché in modo rozzo lo spintonò sopra il suo letto e lo sistemò a pancia in giù prima di stendersi sopra di lui. Con goffi movimenti si agitò finché non riuscì nuovamente ad introdursi dentro di lui e a quel punto si fermò e rimase immobile al punto che poco dopo, evidentemente stanco per la rabbia e per lo sforzo fisico iniziò a russare.
Piero continuò a fissare quei due corpi avvinghiati per un’altra mezz’ora prima di addormentarsi e li ritrovò ancora così alle prime luci dell’alba.
Trascorsero altri giorni di questa disperata normalità e Piero che si accorse che Long, se non era visto da nessuno, gli sorrideva, e iniziò a ricambiare il sorriso.
Avrebbe voluto parlargli ma non se la sentiva di farlo per non provocare Fouad e il massimo dei loro contatti stava in qualche rapida carezza che riusciva a dargli mentre si muovevano all’interno della cella. E quei gesti, se non fossero stati inseriti in quel contesto di volgare miseria e sopraffazione sarebbero potuti apparire come gli scambi di attenzione tra due innamorati di un secolo prima.
La grossa novità arrivò un martedì pomeriggio quando Long fu portato via perché qualcuno doveva parlargli. Prima di uscire Fouad lo minacciò di stare zitto e di non dire niente. Addirittura nascose meglio la minigonna assieme alle altre “cosette”. Quando tornò la guardia informò tutti che giovedì sarebbe tornato libero. L’espressione del ragazzo confermava la notizia che fece incazzare di brutto Fouad perché così avrebbe perso la sua troietta. Ma non si rassegnò e cercò di sfruttare al meglio il pomeriggio del mercoledì in cui ci sarebbero state le celle aperte e fece partire un passaparola per offrirlo a tutti quelli che erano disposti a pagare… qualcosa. E funzionò perché il giorno dopo davanti a quella cella ci fu la fila e Fouad ed Abad dovettero darsi da fare per far entrare uno alla volta, evitando liti e facendoli anche spostare per non far notare quello strano assembramento proprio li. In quelle quattro ore nelle quali la porta rimase aperta entrarono undici… ospiti desiderosi di soddisfare le loro pulsioni sessuali con quel giovinetto abbastanza ben travestito da donna. Per Long fu un tempo lunghissimo perché non ebbe un momento di pausa, nemmeno per pulirsi, tanto che alcuni degli ultimi si lamentarono di quel lago di sborra che c’era per terra ma anche su di lui che aveva il culo e le gambe incrostate ma anche la faccia, i capelli, il petto e le braccia. Ma il tempo passava e c’era sempre qualcuno che chiedeva di… partecipare. Quando le guardie cominciarono a urlare che bisognava rientrare l’ultimo della fila non riuscì nemmeno a… completare. Long era stravolto e, quasi non reggendosi in piedi, si gettò sulla branda di Piero che, fregandosene dei due marocchini, gli si sedette a fianco: “come va? Vuoi qualcosa?”
“Acqua.”
Dopo aver bevuto, alzando lo sguardo gli sussurrò: “va bene. Mi hanno fatto morire. Mi sembra di averli ancora dentro.”
“Ti fa male?”
Gli brillarono gli occhi che si spalancarono: “mi hanno fatto morire ma dal piacere. E’ stato troppo grande e per troppo tempo. Mi sembrava che mi si rompesse il cuore. Non avevo più fiato ma godevo, godevo...”
Aveva immaginato che quanto gli facevano in parte gli piacesse, ma fino a quel punto Piero non lo aveva minimamente ipotizzato e ne fu contento.
Fouad li interruppe: “italiano, se vuoi scopa pure, senza pagare. Ormai la troia mi ha dato quanto poteva. Adesso la lascio che vada. Se vuoi prendilo anche adesso che domani non c’è più. Non mi interessa.”
Piero gli accarezzo viso coperto dal trucco sfatto e ancora impiastricciato di sperma e gli sorrise sussurrandogli che era ora di farsi una bella dormita.
Long sorrise ancora e poi si assopì quasi subito.
Giovedì mattina anche Piero fu chiamato ad un colloquio: c’era il suo avvocato euforico perché aveva sbloccato la situazione e sventolava con gioia l’istanza di scarcerazione che era stata accolta: “esci oggi o al massimo domani. E’ fatta! Hanno riconosciuto l’errore. Al carcere non ti dovevi nemmeno avvicinare.”
Si fece prendere dall’emozione e dovette sedersi. Quelle due settimane erano state un inferno ma erano finite, o quasi. Tornò in cella sollevato e trovò Long pulito e vestito normalmente e lo fece partecipe della novità cercando di non farsi sentire dagli altri. Poco prima di pranzo vennero a chiamarlo, era finita veramente. Salutò gli italiani e Long che aspettava di essere chiamato.
Poco dopo chiese all’avvocato se poteva informarsi del ragazzo e così venne a sapere che era già stato preso dalla cella per essere dimesso.
Lo aspettò fuori e non molto dopo lo vide uscire. Gli andò incontro e si abbracciarono. Per qualche strano mistero il destino li aveva voluti liberare da quell’inferno insieme.
“Sai dove andare?”
Lo guardò con occhi smarriti senza rispondere.
“Vuoi venire da me? Almeno fin che non ti sistemi?”
Gli occhi si illuminarono e spalancarono istantaneamente e si sollevò verso Piero per gettargli le braccia al collo.
“Lo prendo per un si.” continuò sorridendo.
“Allora, che fate? Venite o volete stare tutto il giorno li ad abbracciarvi? Ormai siete fuori.” li apostrofò in modo scherzoso l’avvocato dalla macchina.
Un’oretta dopo erano nella villa di Piero, accolti con calore ed entusiasmo dai due collaboratori domestici.
“La casa è come l’ha lasciata, anzi meglio perché è più in ordine.” canticchiò la signora mentre Giuseppe gli strinse calorosamente la mano quasi inchinandosi e lasciandolo commosso da quell’accoglienza.
Long rimase stupefatto perché pure lui non aveva immaginato che Piero, il signor Piero, fosse così ricco in quanto in carcere era riuscito benissimo a non farlo sapere a nessuno, come gli aveva consigliato l’avvocato.
Già mezz’ora dopo era nuovamente padrone della situazione, aveva fatto portare Long in una stanza degli ospiti e aveva già chiesto a Giuseppe di andare a comperargli dei vestiti: “di tutto un po’. Pantaloni, almeno due paia, magliette, slip, camice, scarpe, calze, insomma un po’ di tutto. E’ appena uscito e non ha niente se non quello che indossa. Per le misure e il resto vedi con Marina, sicuramente ti dirà cosa prendere, anzi, andate assieme.”
Li vide uscire e, mentre osservava la sua casa, accarezzando un vecchio soprammobile, arrivò Long.
Iniziò a ringraziarlo ma lo fermò e allora il ragazzo lo abbracciò e gli si strinse contro. Chissà perché ma provava un senso di profonda attrazione per lui.
Si sedettero sui divani e provò a spiegargli la situazione cercando di capire anche qualcosa di lui appurando che tra comunità e carcere Long era da quasi sei anni “tagliato fuori” da tutti quelli che conosceva, anche perché mai nessuno era andato a trovarlo.
Quando rientrarono i domestici con tutti quei vestiti il ragazzo non riuscì a credere che fossero per lui.
“Per me? Ma tutti?” e nuovamente si buttò tra le braccia del signor Piero stringendolo fortissimo e con dei grossi lacrimoni che gli scesero sulle guance dalla felicità.
Nel pomeriggio Piero fece molte telefonate per rimettersi al passo e per recuperare il tempo perso e non diede molta attenzione al ragazzo che ciondolò tra il giardino e il televisore. Alla sera cenarono assieme e quindi rimasero parecchio seduti vicino a parlare per conoscersi. Piero voleva sapere qualcosa di lui, ma alla fine capì che Long era solo al mondo.
Ma si era fatto tardi e quindi lo salutò e si ritirò nella sua stanza. Era già in quel comodo letto a gustarsi un libro che sentì la porta aprirsi e vide entrare il ragazzo con la maglia a rete e la minigonna: “lo so che mi vuoi. Mi volevi anche in cella. Quando mi scopavano e tu guardavi avevi voglia di sesso, si vedeva sai. Anch’io ti voglio. Ti voglio perché sei buono, non per tutto questo. Scopami.”
Piero avrebbe voluto farlo ma si trattenne e gli disse che gli sarebbe piaciuto ma: “non averne a male, ma ho visto cosa ti facevano e come lo facevano. Hai sentito parlare delle malattie che si trasmettono con i rapporti sessuali? Domani andremo da un medico che ti visiterà. Prima di fare sesso con te vorrei essere sicuro della tua salute.”
Per Long fu una verità dolorosa e non ne fu felice, ma capì la situazione anche se il suo visino che poco prima sprizzava gioia si rattristò al punto che Piero non se la sentì di lasciarlo andare così e aggiunse: “però ci sono i preservativi, con quelli possiamo stare sicuri e… se vuoi...”
Non aspettò nemmeno la fine della frase e saltò nel lettone per abbracciarlo.
Fecero sesso. Tanto sesso al punto che Piero rimase stupefatto da tutto quello che sapeva fare quel ragazzo con bocca, mani e culo e gli confidò che non aveva mai goduto così tanto, nemmeno con una donna.
Fecero l’amore come due innamorati, sdraiati uno a fianco dell’altro, baciandosi, toccandosi, muovendosi per dare piacere all’altro, cercando i reciproci sessi con la bocca, masturbandosi, sussurrandosi quanto grande fosse il loro piacere e godendo entrambi moltissimo. Per una lunga parte della notte i due si amarono con passione e intensità baciandosi teneramente, accarezzandosi, scoprendo reciprocamente i propri corpi fin quando venne il momento di mettere il preservativo. Fu Long a volerglielo mettere ma, non avendone mai usato uno si dimostrò impacciato e al tempo stesso divertito per quella novità che alla fine riuscì a… srotolare, anche se con difficoltà.
Raggiunsero entrambi più orgasmi, anche se in tempi diversi. Piero dentro quel piccolo sederino tanto accogliente e che non sembrava per nulla essere stato abusato così tante volte, Long aiutato anche dalle mani e dalla bocca di Piero.
“Non ce la faccio più.” sussurrò Piero dopo essere venuto la terza volta: “oggi non ci riesco. Troppe emozioni… scusami.”
“Mi hai fatto godere tantissimo, sei meraviglioso! Pensi sempre a me. Aspetti che tremi dal piacere prima di venire... Sei fantastico… Ma lo avevo capito che eri così… da come mi guardavi scopare...”
Fatte ormai le ore piccole, stanchi ma pure eccitati per tutto quello che era successo quel giorno si addormentarono abbracciati in quel morbido lettone.
Fu così che li trovò la mattina Marina che, dopo un attimo di sorpresa, diede un colpo di tosse per far capire che era li. Più di tanto non si scompose avendone già viste tante in quella casa e augurò loro il buongiorno: “scusi signore. Ma ieri mi ha detto di chiamarla per le nove al massimo. Sono le nove”. Quindi si abbassò, raccolse la minigonna che era li per terra e mettendola su una sedia aggiunse: “immagino sia del signorino” e si girò per andarsene sorridendo per la battuta che aveva fatto.
Piero la ringraziò dicendole che sarebbero scesi tra poco per fare colazione e, come uscì, iniziò a ridere come un bimbo sorpreso a fare una marachella: “ci ha beccati in pieno. Adesso lo sa già anche Giuseppe. Vedrai come ti guarderà… Però sono fidati. Non uscirà una parola dalla casa… Sono più di trent’anni che lavorano qui da noi. Io li considero come degli zii. E sono anche una coppia affiatata.”
Long lo guardò in modo strano e facendo una faccina seria esclamò: “ma tu chi sei? Un milionario?” prima di cambiare espressione e sciogliersi in un gran sorriso: “sono stato bene questa notte. Sai scopare bene, molto bene.”
Ti prego, non dire così, adesso non siamo più in prigione. Che ne sò, potresti dire che… a letto non me la cavo male.” e rise, facendo ridere anche Long.
“Anche tu sei stato fantastico. Potrei quasi dire che quella di stanotte è stata la scopata del secolo!”
“Dai! Non si dice scopata… non siamo mica in prigione.” esclamò divertito il ragazzo facendogli l’eco e poi scoppiando a ridere.
“E poi cosa vuol dire la scopata del secolo?”
Con le lacrime agli occhi per quanto si stava divertendo gli rispose: “vuol dire che è stata la più bella della mia vita.”
Si baciarono e abbracciarono ancora e poi Piero lo mandò in camera sua a vestirsi. Dopo colazione uscirono assieme e Piero telefonò ad un suo amico medico chiedendogli consigli sul da farsi per far visitare il suo giovane amico.
E, ancor prima di passare in azienda, lo accompagnò in una clinica privata dove si sarebbero presi cura di lui: “fai quello che ti dicono i dottori, appena hanno finito vengo a prenderti. Adesso vado in azienda a salutare.”
Capì dall’espressione che Long non era felice e, richiamandolo in macchina, gli stampò un altro bacio sulle labbra prima di affidarlo all’infermiera che era venuta ad accoglierlo.

Dal giorno che sono usciti assieme dal carcere sono passati esattamente dieci anni. Piero si avvicina ai sessanta pur restando in ottima forma e con un aspetto giovanile. Continua la sua attività di industriale come prima, anzi meglio perché l’errore giudiziario, almeno nei primi tempi, gli ha portato una piccola notorietà che è giovata parecchio. Da alcuni anni ha smesso di nascondere i suoi gusti sessuali e si è esposto in prima persona dichiarando la propria omosessualità.
Long ha ormai superato, anche se di un solo anno, la trentina. Incredibilmente è sano come un pesce. Tutte le analisi e i controlli a cui si sottopose diedero esito negativo nonostante quei tre anni in cui subì abusi di ogni genere da tanti individui senza alcuna protezione. Adesso è felice per tutto quello che ha vissuto da quando è libero e per quanto sta scoprendo e provando ogni giorno.
E’ stato nominato vicepresidente perché Piero lo ha voluto al suo fianco, non solo nella vita ma anche nel lavoro. Tra pochi giorni festeggeranno con uno dei soliti viaggi che per il ragazzo rimangano sempre affascinanti, il loro terzo anniversario da quando il Sindaco ha celebrato la loro unione civile.
Piero nell’intimità si è dimostrato un “porco” voglioso e sempre eccitato, quel compagno di vita che Long aveva sempre fantasticato di trovare. E’ sempre in grado di soddisfarlo e… di appagarsi e pure oggi, dopo tutti gli anni passati assieme continuano a fare l’amore più volte al giorno e sempre con estrema intensità sia che passino mezza nottata nel comodo letto a sfinirsi con ripetuti orgasmi, sia che si concedano una “sveltina” in ufficio attenti a non farsi sentire o scoprire dalle segretarie.
Ormai i loro corpi non hanno segreti, sanno dove toccarsi, baciarsi, pizzicarsi per sublimare il piacere che si danno con le infinite penetrazioni che Long concede a Piero.
Piero si stupisce ancora quando qualche giornale di gossip chiede un’intervista, che non negano mai, a loro come coppia che appare sempre unita e felice.
In conclusione, una storia iniziata in un modo terribile che termina come una favola.
Resta solo da dire di Fouad che nel giro di poco aveva sostituito Long con un altro malcapitato e che, terminata la pena, dopo pochi mesi era ritornato in un altro carcere dove, purtroppo per lui, era stato messo in cella proprio con Gerasim, il grosso russo che conosceva e che aveva subito un altro processo perché aveva accoltellato qualcuno in carcere. Una cella da due con dentro loro due. E quel gigante, con le cattive, aveva messo subito in chiaro chi comandava e cosa dovesse fare l’altro. E così Fouad è diventato la sua troietta. Non pretende molto dal marocchino, più o meno una bella scopata al giorno, quasi sempre di notte anche se qualche volta durante l’ora d’aria lo “lascia usare” a qualche amico russo però molti declinano l’offerta perché l’ano di Fouad non si è dimostrato molto elastico e mostra tutti i segni dell’abuso da parte di quel grosso cazzo che lo scopa quotidianamente e non è bellissimo da vedere.
“Vero Gerasim?”
“Da!”
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