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A.D. 1537. RESIDENZA DEL PRINCIPE CARLO MARIA FILIPPO GUESPETTI.


di RedTales
07.12.2019    |    14.056    |    13 9.7
"Scese dal letto spostandosi immediatamente nel fondo della stanza con una espressione di deferenza e dandosi tra sé e sé dello stupido per aver pensato di..."
Un delicato bussare annunciò l’ingresso nella stanza di un cameriere che introdusse l’ospite atteso.
“Mi consenta signore, c’è qui il contadino Gregorio, posso introdurlo?”
“Si, fallo entrare.”
“Come ordinato è stato lavato, profumato e vestito con abiti puliti.”
Con un inchino il ragazzo entrò mentre l’uomo che lo aveva condotto nella stanza del Principe indietreggiando uscì chiudendo la porta.
Era la terza volta che quel ragazzo era chiamato a servire il principe e pur mostrandosi timoroso e incerto sul da farsi sapeva bene cosa sarebbe successo.
A quel punto il nobiluomo si rivolse al paggio di camera che se ne era rimasto in disparte in un angolino: “preparalo.”
Il ragazzino, splendidamente avvolto in vaporosi indumenti, si avvicinò al contadino e con rapidi movimenti sciolse il fiocco che teneva chiuso il collo della camicia e lo aiutò a toglierla quindi afferrato il bordo delle braghe le fece scendere fino ai piedi e quindi sfilò le pantofole appoggiandole con attenzione su un ripiano per poi raccogliere i pantaloni che il ragazzo aveva abbandonato sul pavimento.
L’ospite era rimasto completamente nudo e attendeva i comandi del principe.
“E’ pronto?”
“Purtroppo no mio principe non si è ancora innalzato.”
Si riferiva al grosso pene che penzolava tra le gambe dell’ospite.
“E cosa aspetti? Preparalo.”
“Subito signore.”
Il ragazzino si piegò prendendo tra le mani il sesso e iniziò ad accarezzarlo per poi percorrerlo per tutta la lunghezza con la lingua ed infine, dopo aver appoggiato l’imponente cappella sulle labbra cominciò a succhiarlo senza mai smettere di muovere le mani dappertutto.
Continuò per alcuni minuti vedendolo crescere a dismisura davanti ai suoi occhi e quando la consistenza divenne marmorea si fermò: “è pronto Principe.”
“Alla buon’ora!” esclamò avvicinandosi al letto e ordinando al suo giovane paggio di prendere oli ed unguenti e di preparare anche lui.
Il giovine raggiunse un vassoio e quindi si spostò vicino al grande letto dove nel frattempo, dopo aver lasciato cadere a terra l’ampio camicione, si era steso il principe.
Con attenzione spalmò degli unguenti tra i glutei del suo signore spingendo anche un ditino nell’orifizio per poterlo lubrificare al meglio e infine, dopo essersi spalmato un altro tipo di olio sulle mani, le passò alcune volte sull’enorme pene concludendo con un cantilenante: “ho fatto Signore, è pronto.”
“Vieni, fai il tuo dovere. Soddisfami a lungo e dammi un grande piacere.”
Il contadino salì sul letto e si mise sopra il Principe che lo ammonì subito: “bada bene di non appoggiarti. Non voglio subire il tuo peso ma solo sentire il tuo sesso che deve placare il mio desiderio.”
Il ragazzotto si puntellò sui gomiti e sulle punte dei piedi e si appoggiò con molta attenzione sulla fessura del suo signore spingendo con circospezione. Non incontrò alcuna resistenza e riuscì a farsi dentro con scioltezza. D’altra parte lo sfintere del Principe era avvezzo fin dalla giovane età del collegio a tali esperienze ed ormai apprezzava le misure imponenti.
Iniziò così la lunga cavalcata del ragazzo che sotto lo sguardo attento del paggio si mise a dare piacere all’uomo.
Sapeva che doveva resistere a lungo e non poteva permettersi di pensare a se stesso ma solo al Principe e così fece. Sempre attento a non gravare con il suo peso su di lui prese a muovere il bacino con determinazione abbassandolo ed alzandolo ma stando ben attento a non sfilarsi da quell’umido pertugio. Sapeva di poter resistere molto ma cercò in tutti i modi di controllarsi fin dal principio. Non poteva rischiare di eiaculare in nessun modo né tanto meno prima che il suo signore non godesse. E non poteva nemmeno permettersi di fornire una prestazione non perfetta o, peggio ancora, una dèfaillance. Purtroppo il corpo sfatto e cadente del Principe non sapeva eccitarlo e spostò quindi lo sguardo sul paggio che, poco distante, osservava in silenzio. Ne incrociò lo sguardo e vide che abbassò la testa come se si vergognasse di essere stato sorpreso a fissare il coito.
Quel gesto pudico gli piacque e si fermò con lo sguardo su di lui fissando il suo corpo e iniziando a fantasticare su cosa gli avrebbe fatto se fosse stato a sua disposizione. Tutto questo immaginare servì a mantenerlo attivo e a farlo durare.
Infatti dopo un buon quarto d’ora il Principe che fino a quel momento era rimasto fermo e silenzioso nonostante fosse pesantemente stimolato da quell’energumeno, iniziò a smaniare e ad emettere prima soffocati sospiri, quindi sempre più marcate grida per poi sprofondare in decise urla accompagnate da tremori e scuotimenti dell’intero corpo ormai in preda ad un orgasmo lento e profondo che lo stava portando alla sommità del piacere.
Il contadino, contento di quanto stava facendo, continuò distogliendo lo sguardo dal ragazzino e concentrandosi solo sui suoi movimenti fin quando un secco: “basta, basta! Fermati subito” lo fece desistere dal continuare con quelle possenti bordate.
“Esci, allontanati.”
Ubbidì portandosi a debita distanza dal letto mentre il paggio non poteva far a meno di fissare quanto fosse forzatamente aperto l’ano del suo signore.
“Asciugami.”
Con passo svelto prese degli asciugamani e si affrettò a passarli con delicatezza sul deretano per asciugare i rivoli di unguenti che colavano mentre il contadino, ancora con una esagerata erezione e voglioso di soddisfarsi essendo stato interrotto, riprese a fissarlo.
Ci mise poco a pulire le terga dell’uomo che, in parte ripresosi dagli sforzi subiti, si sedette sul bordo del letto: “ti sei comportato bene. Anche questa volta.”
E notando l’enorme pene che si ergeva dritto, aggiunse: “ma la Natura ti ha favorito in questo.”
Chissà perché, forse sentendosi così apertamente apprezzato e sempre più desideroso di placare le sue voglie personali osò rivolgersi al Principe: “posso chiedere, Vostra Grazia, una concessione?” bisbigliò con deferenza.
“Sentiamo.”
“Mi concedete di soddisfare il desiderio che mi è ancora rimasto con il vostro paggio?”
Il Principe prima posò lo sguardo su quel campagnolo che osava mendicare una siffatta richiesta, quindi lo spostò sul suo paggetto che si era fatto serio in viso ed infine rimase silenzioso a fissare lo smisurato bastone di carne che fino a poco fa gli aveva dato così tanto piacere. Per alcuni lunghissimi minuti regnò il silenzio finché non echeggiò la risposta inattesa: “si, va bene, te lo concedo. Ma qui, sul mio letto, adesso.”
Il ragazzetto si sentì venir meno in quanto mai aveva aperto le sue intimità a chicchessia ma soprattutto per l’imponente sesso che lo avrebbe posseduto. Comunque, conscio del suo ruolo, accettò la decisione del suo Principe cercando di dissimulare l’angoscia che stava provando.
Il contadino iniziò a ringraziare per la concessione che gli era stata fatta ma fu seccamente zittito dal nobile che lo incitò ad affrettarsi a compiere quanto desiderava.
Contemporaneamente ordinò al giovane paggio di appropinquarsi al letto e di spogliarsi.
Il ragazzo si avvicinò con un incedere indeciso e quindi prese a togliersi i voluminosi indumenti che lo ricoprivano facendo attenzione a non sdrucirli e ammucchiandoli in modo ordinato uno sopra all’altro.
Come rimase nudo la pelle diafana lo fece sembrare ancor più piccolo ma la cosa sembrò non interessare il Principe che gli ordinò di stendersi sul letto e, come lo ebbe fatto, gli si sedette vicino.
“Avvicinati pure tu e prendi quanto hai chiesto.”
Il ragazzotto, nuovamente molto eccitato e con l’erezione che sembrava ancor più una imponente si accostò fissando le due gambette magre e il minuscolo sedere che gli veniva offerto per i suoi servigi.
Il Principe con un lento gesto della mano lo fermò invitandolo a prendere il vassoio degli unguenti. Come lo ebbe davanti prese un’ampolla e, dopo essersi cosparso la mano con il suo contenuto, la passò tra i glutei tesi e rigidi. Infilò anche un dito nello stretto pertugio riscontrando come fosse veramente angusto e serrato dai muscoli tesi allo spasimo come per cercare di proteggerlo.
A quel punto, con un cenno, accordò al contadino di saziarsi della giovane carne.
L’uomo si appoggiò al letto e si fece sopra il giovinetto quasi eclissandolo con la sua mole e facendo scorrere il membro tra le natiche per posizionarlo.
Il Principe notò la sproporzione tra le due parti: enormemente una e minuscola l’altra.
Con lo sguardo percorse l’intero corpo del suo paggio e quando arrivò alla testa che era sprofondata tra le morbide lenzuola questa ruotò verso di lui e non poté fare a meno di incrociare lo sguardo triste e rassegnato del fanciullo e fu come abbagliato da un lampo. Il viso del giovane si era trasformato nel suo. Sgomento chiese anche al contadino di girare la faccia verso di lui e non lo riconobbe perché il viso non sembrava quello del villico ma quello di un suo vecchio educatore che lo aveva preso in un’analoga situazione quando, giovinetto, era stato chiuso in collegio.
Davanti agli occhi, in pochi istanti, gli passarono tutte le immagini di quella violenza e lanciò un urlo che fece trasecolare e fermare il bracciante che se ne uscì con un: “Principe!”.
Quell’esclamazione lo fece tornare in sé.
Davanti agli occhi aveva nuovamente il suo paggio e l’uomo che con tutte e due le mani cercava di allargargli il più possibile il solco tra i glutei per poterci entrare. Un’altra volta lo colpì la smisurata sproporzione tra la mastodontica cappella e quel culetto che si poteva quasi stringere completamente in una mano e, con voce ferma e severa, gridò: “fermo! Fermati!”
Il ragazzo lo guardò stupito.
“Per oggi basta, sono stanco. Ritirati.”
Interrotto nuovamente quando ormai si era illuso di ammansire il suo desiderio in quel fanciullesco solco, senza riflettere, provò a chiedere: “posso portare con me il paggio?”
La risposta piccata e durissima fu immediata.
“Come osi! Bada a come parli in mia presenza!”
Il villico non aggiunse altro rendendosi immediatamente conto di quanto fosse stata tracotante la sua espressione. Scese dal letto spostandosi immediatamente nel fondo della stanza con una espressione di deferenza e dandosi tra sé e sé dello stupido per aver pensato di poter togliere al Principe, anche se solo per poco, il proprio paggio personale.
“Tu, cosa fai ancora li! Chiama il cameriere. Che venga a prendere questo contadino per accompagnarlo fuori.”
Il ragazzino non se lo fece ripetere e, scendendo giù dal letto, incurante di essere nudo, chiese a gran voce la venuta del cameriere che quasi subito, dopo aver bussato, aprì la porta salutando ossequiosamente il Principe e sembrando quasi non far caso alla nudità di tutti.
“Accompagna il contadino dabbasso e affidalo alla guardia non prima di averlo fatto rivestire e non dimenticare di ricompensarlo.”
“Ringraziando e salutando ossequiosamente l’ospite se ne andò, ancora nudo, dopo aver raccolto i propri panni.
“Vestiti, cosa aspetti a vestirti.” rimbrottò il paggio che guardò grato il suo signore osando sussurrare: “grazie signore per non aver lasciato che fosse quell’uomo a cogliere questo frutto per la prima volta.”
“Vergine? Sei ancora vergine?”
Il paggio portò lo sguardo al pavimento senza aggiungere altro.
“Beh! A questo dovremmo provvedere. Magari con qualcosa di più adatto a te.”
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