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NON PIU' GANGBANG, SOLO MANU E MARY.


di RedTales
14.10.2015    |    9.335    |    1 9.5
"E' ovvio che mi piacerebbe fare sesso con te, ma penso che non sia la cosa migliore, adesso..."
Quando aprì gli occhi si guardò intorno smarrito. Non riconosceva nulla. Si chiese perché era su quel divano e, immediatamente, mise a fuoco la situazione. Si alzò di scatto. Fuori era chiaro. Si domandò che ora poteva essere. Pensò al lavoro. Ma che ora era, si domandò nuovamente mentre sentì un fastidio li dietro.
“Oh! Buon giorno! Ben svegliato!”
Si girò verso la voce. Sulla porta c'era un signore che gli sorrideva.
“Bu… buongiorno.”
“Tutto bene? Come va il culetto?”
“Ma chi sei? Dove sono adesso?”
“Manfredo. Sei a casa mia. Hai dormito qui. Magari ieri sera volevi anche andar via, ma poi ti sei addormentato e ti ho lasciato tranquillo.”
“Ma che ora è?”
“Quasi le sette.”
“Devo andare a lavorare.”
“Anch'io! A che ora?”
“Alle nove.”
“Allora c'è tempo per un caffè. Vieni.”
“Manu, tu sei la Manu!”
“Si, ma adesso sono Manfredo, non ti pare!”
“Si.”
“Fa ancora male?”
“Un po'”
Dalla cucina stava arrivando un delizioso profumo di caffè e, appena varcata la porta vide parecchie cosette attraenti sul tavolo: cornetti, biscotti, marmellata ed altro.
Si fermò chiedendo dove fosse il bagno.
“Non ti ricordi che è la” disse indicando una porta.
“Si.”
Ci si diresse. Uscì poco dopo decisamente più sicuro di quando ci era entrato perché aveva messo a fuoco perfettamente la situazione.
“Certo che così non ti riconoscevo.”
Rise mentre gli chiese se voleva tè o caffè.
“Caffè, grazie.”
Si sedette.
“Prendi quello che vuoi” e gli appoggiò davanti la tazza.
“Non ho latte, se vuoi quello di soia.”
“No, va bene nero. Grazie per ieri...”
“Dai...”
“Mi da ancora fastidio, sai, avrei voglia di grattarmi da dentro.”
“Ci credo, mi sa che non hai neanche capito tutto quello che ti hanno fatto. Ad un certo momento sembravi in trance.”
Mario abbassò lo sguardo. Adesso si sentiva in imbarazzo.
“Sono cose che capitano. Forse hai fatto il passo più lungo della gamba. Ma domani sarà tutto passato.”
“Si.”
Mangiarono qualcosa tutti e due.
“Ora dovrei andare. Ti porto a casa, se vuoi.”
“Si.”
“Vuoi che ti metta ancora della crema?”
Restò silenzioso, indeciso, prima di lasciarsi sfuggire un leggero si.
L'uomo andò a prendere la pomata e ritornò invitandolo ad abbassarsi i pantaloni.
Lo fece e si piegò in avanti per agevolarlo.
“Certo che sei ancora tanto rosso. Adesso ti metto la calendula. Speriamo che basti.”
“Cosa vuoi dire?”
“Non vorrei che avessi qualche piccola lesione interna. Hai perso sangue?”
“No, no, non mi pare .”
“Magari oggi controlla.”
“Si, si.”
Passò la mano sul quel morbido sederino applicando delicatamente e massaggiando le zone arrossate e spingendone appena appena una piccola quantità all'interno.
“Dai, tirati su che andiamo.”
Saliti nel SUV gli chiese dove abitava e si diresse da quella parte.
Lungo il percorso iniziarono a parlare dei lavori che facevano e di musica. Si fermò proprio sotto il suo condominio.
“Vuoi che ci vediamo stasera?”
“Si.”
“Passo a prenderti?”
“Si.”
“A che ora? Io finisco a metà pomeriggio e poi sono libero.”
“Io finisco alle cinque. Se vuoi puoi venire alle nove.”
“Ti va se vengo prima di cena e andiamo a mangiare qualcosa assieme?”
“Si.”
“Vuoi che venga a prenderti la Manu o Manfredo?”
Restò spiazzato. “Fai tu...”
“Va bene, lo scoprirai stasera. Alle sette qui sotto.”
“Si.”
Alle sette meno qualche minuto Mario uscì dal portone e vide Manfredo che lo stava aspettando fuori dalla macchina.
Gli andò incontro con slancio, salutandolo allegramente: “ciao!”
“Ciao! E' venuto Manfredo.”
Gli sorrise.
”Sai che ti ho pensato tanto oggi?”
L'uomo lo guardò e lui divenne rosso.
“Volevo dire… Si, ho pensato a ieri… A stamattina...”
Manfredo non disse nulla ma gli passò affettuosamente una mano tra i capelli.
“Come va il culetto?”
“Bene, molto meglio.”
Iniziarono a parlare, come se si conoscessero da sempre. Prima di cose banali poi, via via, scendendo sempre più nel personale. Si confidarono, ascoltandosi reciprocamente e instaurando una buona intesa. Quando lasciarono l'ultimo locale erano già abbastanza intimi, almeno a parole e il ritrovarsi nuovamente a casa dell'uomo non aveva l'aria di una botta e via.
Continuarono a raccontarsi e, quando Mario provò a stuzzicarlo lui, con fare deciso, lo fermò subito.
Voleva chiarire delle cose.
“Mi piaci, è inutile girarci attorno. Mi piaci per come sei, per come parli, per il corpo che hai, per la testa che hai. E' ovvio che mi piacerebbe fare sesso con te, ma penso che non sia la cosa migliore, adesso. Te lo ho già raccontato, mi intriga trasformarmi e godere con una sorellina e penso che tu potrai esserlo ma, adesso, non lo sei. Sei Mario. E come Mario non sei il mio tipo d'uomo, quello a cui mi darei. Che ci vuoi fare, sono fatto così. E poi, come sta il tuo culetto? Non ti sembra che sia meglio lasciarlo in pace ancora per un po'?”
“Wow! Ne hai scaricate tante. Va bene. Va bene. Voglio fare come hai detto. Voglio essere la tua dolce sorellina. Ma me lo devi insegnare.”
Si sorrisero. Per Manfredo l'idea di avere una sorellina così giovane e disponibile era davvero eccitante. L'avrebbe trasformata nel suo sogno.
Anche Mario pensava qualcosa di simile. Avere quel bell'uomo così dolce e gentile tutto per se era davvero il massimo.
“Un'ultima cosa. Voglio l'esclusiva.”
“Cioè?”
“Se ci buttiamo in quest'avventura voglio l'esclusiva. La facciamo solo io e te, non ci entra nessun altro tra di noi. Niente più Sebastiano, niente club, niente sesso con altri, niente di niente. Ti devo bastare solo io. E lo stesso vale anche per me. Ti va?”
Certo che gli andava ma, chissà perché rispose più con il basso ventre che con la testa: “ma scopiamo? Io voglio godere. L'idea di stare con te mi piace tantissimo. Tu mi piaci! Ma voglio anche godere.”
Per tutta risposta si alzò, si abbassò i pantaloni e gli mise davanti un cazzo niente male.
“Lo vedi. Quando lo proverai lo troverai lungo e grosso il doppio e resistente per delle ore. Ti basta?”
Lo ammirò. Era proprio un gran cazzo. Si piegò in avanti e gli diede un bacino sulla punta prima che ritornasse dentro i pantaloni.
“Ancora una cosa. Mi piace fare sesso senza protezioni. Sono sanissimo. Tu?”
“Lo ho sempre fatto con il preservativo. Sempre. Non credo di avere niente.”
“Sicuro?”
Mario ribadì quanto già detto ma accettò la proposta di recarsi con lui per fare insieme uno screening per verificare l'eventuale presenza di infezioni sessualmente trasmesse presso un centro che conosceva.

Quel giorno era il grande giorno. Mario aveva imparato a truccarsi perfettamente e riusciva a indossare abiti femminili con una naturalezza incredibile. Adesso si faceva chiamare Mary. Quando uscì dalla stanza era una meravigliosa ragazza. Viso ben truccato, capelli a posto, vestitino delizioso, scarpette intonate. Anche Manu non era da meno, fasciata nel suo tailleur, la scollatura evidenziava il seno, compresso nello stretto reggiseno per farlo risaltare e la corta gonna lasciava scoperte le gambe, ben modellate. Ognuna si compiacque con l'altra per la mise e, dopo essersi accomodate sul divano, come due impazienti amanti che si erano appena incontrate, iniziarono a baciarsi. I rossetti si mischiarono, spargendosi oltre le linee definite dove erano stati messi e le mani cominciarono a scorrere sotto le camicette e le corte gonne alla scoperta delle loro intimità. Manu, sempre più intraprendente, sbottonò parte dell'abito e, scostato il reggiseno, si tuffò sui capezzoli, succhiandoli fino a farli inturgidire. Mary, lasciatasi andare, assaporava passivamente quanto la sua amante le faceva, lasciando che dal seno spostasse la bocca sul collo, sulla schiena e facendosi, lentamente, spogliare fino a restare quasi completamente nuda per lei. Quando la lingua cominciò a correre nel solco tra le natiche i sussulti che le procurava divennero palpabili e la risvegliarono dal torpore. Anche lei divenne attiva protagonista, spogliando la sua donna e ricoprendola di baci e carezze. Quando liberò il pene, nascosto dal tanga ci si tuffò subito sopra, assaporandolo e dispensandogli il meglio di quanto sapeva fare fino a farlo crescere. Adesso che era li, in tutta la sua imponenza, sembrava affascinata da quel membro e non riusciva a spostare lo sguardo da lui. La lingua scorreva sul frenulo che sembrava strapparsi da quanto era teso o nei solchi ai suoi fianchi. Con fatica lo faceva entrare, per metà, in gola per poi osservarlo lucido e ricoperto di saliva mentre fuoriusciva. Dopo lunghissimi preliminari, quando erano rimaste solo con le calze, Manu, sdraiata dietro di lei, cominciò a spingerle il sesso in quello che chiamava il suo adorabile buchino che, dopo qualche resistenza, si aprì alla profanazione, accogliendo quel gigante. Le posizioni si modificarono più volte, portando entrambe ad un piacere sublime. Manu le donò il suo seme, appoggiata sopra di lei mentre si baciavano. Godette a lungo. Mary versò il suo, poco dopo, nella bocca della sua amante che si era impossessata del suo sesso per portarla al traguardo. Quel giorno entrambe raggiunsero più volte l'appagamento sessuale, promettendosi di rifarlo e rifarlo e rifarlo...

Ormai è da diversi mesi che Manu e Mary si vedono assiduamente. Non restano più chiuse in casa a darsi reciprocamente amore ma hanno iniziato a frequentare diversi ambienti dove, a volte, danno spettacolo con i loro corpi che si compenetrano con reciproco piacere. Forse a tutte e due piace farsi guardare ma non gradiscono intromissioni. Le conoscono in tanti come la Manu e la Mary, dicono che sono due “lesbicone” e che sono inseparabili e che è inutile provarci con loro. Nessuno ha ben capito da dove sia saltata fuori la Mary, nemmeno Sebastiano che, pur incontrandola diverse volte, non la ha ancora riconosciuta.
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