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NAIKE: conclusione


di RedTales
19.05.2019    |    4.872    |    2 9.7
"“Anche loro?” Si, ma non vorrei più parlare di questo, Ormai ti ho detto tutto e per me è una storia soltanto da dimenticare anche se mi ha fatto crescere..."
Prosegue il racconto: “Naike: ho cominciato così”

NAIKE: conclusione
“Dai, continua! Stavi per dirmi delle foto che scattava mentre facevate sesso.”
Si, dopo quella volta a casa sua, anche se li non ci siamo più tornati, quasi ogni volta che ci incontravamo volle fare un po’ di scatti. Prima dentro il camper poi, come arrivò la primavera, anche in qualche posto all’aperto che conosceva. Alcune volte mi fotografò pure nei camerini in alcuni negozi di vestiti dei centri commerciali.
“Dai! E non vi ha visti mai nessuno?”
Per fortuna no, ma ti assicuro che quando lo ho fatto la prima volta fui imbarazzatissimo e come uscii mi vergognai da morire anche se nessuno poteva aver visto quello che avevo fatto.
“Cioè? Cosa avevi fatto?”
Mi fece spogliare e, restando sulla porta, cominciò a scattare delle foto facendomi indossare solo qualcosa: una maglietta, degli stivaletti, gli slip a mezza coscia, una camicia sbottonata. Lui andava a prendere i capi e mi diceva come metterli e poi scattava. Certe volte mi portò anche indumenti femminili e pure dell’intimo... Gli piaceva moltissimo e quando rientravamo in camper era così eccitato che voleva… sfogarsi subito. Dopo le prime volte mi sembrò un bel gioco e, col passare del tempo iniziò a farmelo fare anche nei bagni, negli ascensori, in corridoi appartati, garage. Ma per lo più in parcheggi, stradine di campagna, in spiaggia, pinete, boschetti. Mi fece centinaia e centinaia di scatti.
“Certo che eravate proprio una bella coppia di porcellini. Ma lo frequenti ancora? Forse me lo hai detto ma adesso mi sfugge.”
No, non lo vedo più da oltre due anni. E’ stato ancora più stronzo di quello dell’altro giorno. Sai, credo di essere io ad attirarli, come se fossi una calamita.” aggiunse spegnendo quella luce di spensieratezza che aveva sul viso.
“Ehi! Quello che è passato è passato. Bello o brutto non ci torna più tra i piedi. E se ce lo troviamo davanti dobbiamo imparare a prenderlo a calci nel culo e poi non ci resta che andare avanti e continuare sulla nostra strada. Se è stato bello ce lo ricordiamo e proviamo a cercarlo ancora, ma se è stato brutto sarebbe meglio farne tesoro per non ripeterlo. Non trovi? Lo so che sono frasi fatte ma la vita va avanti proprio così.”
Si, lo so, ma perché li devo trovare sempre io quelli così? Perché Manuel si è dimostrato veramente schifoso, sai...
“Scusate” intervenne il proprietario del ristorante che si era avvicinato al tavolo senza che i due se ne accorgessero: “ho sentito l’ultima parola” disse sorridendo “spero non si riferisse all’antipasto.”
“No, no! Dai!” si affrettò a dire Nicola mentre lui ridacchiando ci propose i primi del giorno. Appena se ne andò via l’uomo chiese nuovamente al ragazzo se avesse ancora voglia di andare avanti e lui ripartì da dove si era interrotto.
Ho continuato così per sei mesi. Ci vedevamo spesso: tanto sesso e tante foto dappertutto, fino al ventidue aprile. Mi ricordo anche la data perché quel giorno facevo diciotto anni e credevo che lui non lo sapesse o che non se lo ricordasse. Volevo fargli una sorpresa perché finalmente avremmo potuto andare insieme da qualche parte come una sauna o un club privè. Posti di cui mi aveva tanto parlato ma non aveva mai potuto portarmi e che sapevo piacergli tanto. Magari avremmo pure potuto passare due giorni in qualche albergo per stare assieme tutto il tempo...
La giornata cominciò come tutte le altre, auguri dei miei e poi a scuola. All’uscita guardai il telefonino, sperando di trovare un messaggio di Manuel ed infatti arrivò proprio in quell’istante: “13.15 via Palladio edicola.” Mi precipitai, salutando gli amici in fretta e, come svoltai l’angolo, lo vidi in macchina. Entrai e lui mi diede un bacino e mi fece gli auguri regalandomi un orologio che sapeva piacermi tanto. Ero felice perché se ne era ricordato. Sprizzavo gioia ma realizzai subito che c’era qualcosa che non andava. Era insolitamente serio e silenzioso.
Tutto bene?
“In un giorno come questo vorrei dirti di si ma non ci riesco.”
Pensai a qualcosa tra di noi: ho fatto qualcosa?
“No, no, tu sei meraviglioso. Non centri nulla, sono io che mi sono messo nei casini.”
Restai senza fiato e attento ad ascoltare il resto ma dovetti chiederlo perché non andò oltre quella frase.
“Non te lo ho mai detto ma mi piace giocare e ultimamente ho perso tanto e ho un debito con gente che è meglio non frequentare. Vogliono i soldi, o almeno una parte, ma gli ho già dato tutto quello che potevo e adesso mi dicono di vendere la casa o di darla a loro. Ho ancora delle azioni ma ci vuole qualche giorno per venderle. Sono disperato, non so cosa fare. Cosa dirò a mia moglie?”
Restai senza parole, la cosa era più grande di me.
“Devo andare da uno di loro proprio adesso, ti va di accompagnarmi?”
Gli dissi di si e arrivammo davanti ad una bella villa in periferia. Ci accolse un uomo sulla quarantina: “sei venuto con tuo figlio per impietosirci?”
“No, non è mio figlio. E’… un suo amico che sono andato a prendere a scuola.”
“E perché è qui? Va beh! Questi sono cazzi tuoi. Hai portato i soldi?”
“Si, hai portato i soldi!” gli fece eco un altro uomo anziano che era entrato nella stanza.
“No. Per oggi non riesco ma se mi dai qualche giorno ti porto un’altra parte.”
“Altri giorni? E cosa ci guadagno?”
Manuel non seppe rispondere. L’uomo spavaldo, sicuro di sé e sempre pronto che conoscevo e che amavo sembrava sparito. Mentre pensavo questo notai gli occhi del vecchio che mi squadravano e ne ebbi quasi paura.
“Potresti farci divertire un po’ con lui” disse indicandomi. “Se te lo sei portato dietro vuol dire che te lo scopi. Giusto?”
Prima diventai bianco, poi rosso.
“No, lui non centra. E’ qui per caso.”
“Si, ma te lo scopi?”
Non rispose.
“E che cazzo! Mica siamo qui a fare la morale! Ragazzo! Ti scopa?”
Incrociai lo sguardo con il vecchio e feci di si con la testa.
“E ci voleva tanto? Un’oretta con lui e puoi tornare la prossima settimana con un altro acconto.”
“No, non se ne parla nemmeno.” disse con voce decisa e quindi ribadì: “no! Adesso ce ne andiamo.”
“Come vuoi. Ma domani passiamo da te per la casa.”
Ritornammo in macchina e ce ne andammo. Dopo qualche minuto scoppiò a piangere e ci fermammo.
“Scusa, non dovevo farti entrare. E’ tutta colpa mia. Che schifosi, volevano te. Ma non potevo lasciarglielo fare. Magari trovo una soluzione. Non so cosa ma… Sei troppo importante nella mia vita per lasciarti nelle mani di quei due schifosi” e riprese a singhiozzare.
Chissà come ma mi venne l’idea che forse si poteva fare. In fondo sarebbe stata solo un’oretta di sesso, come avevano detto...
Ma se non c’è altra soluzione...
“Non lo dire nemmeno per scherzo! Meglio perdere la casa che perdere te.”
Si, ma non mi perdi… e non perdi neanche la casa...
“Ma hai capito cosa vogliono da te?”
Si, ho capito. Vogliono fare sesso con me. Ne ho già fatto tanto con te...
“No, no, no!” continuò piangendo: “meglio la casa.”
Manuel, tra noi non cambierà nulla. E’ un po’ come con qualche signora che ti fai...
“Dio! Dio! Lo sai! Sai anche questo e continui a vedermi...”
Lo sanno tutti al club.
“E non mi hai mai detto niente. Dio come sei meraviglioso e io… io sono uno stronzo. Mi faccio schifo. Ti ho tradito con delle culone e non ho mai capito quanto mi volessi bene. Ma da adesso ci sarai solo tu. Dai andiamo, ti porto a casa.”
No, restiamo, digli che mi va bene. Digli che torniamo.
“Ti prego, no!”
E’ l’unica soluzione e poi cosa vuoi che succeda che non ho già fatto...
“E lo fai per me?”
Feci di si e mi abbracciò e baciò come non ricordavo avesse fatto mai.
Chiamali.
Asciugandosi gli occhi fece il numero e li informò che stavamo tornando per fare quello che avevano detto.
Mi accompagnò fin sul cancello e, come si aprì, mi diede un altro dolcissimo bacio e, ancora con gli occhi lucidi si diresse verso la macchina bisbigliando: “ti aspetto qui fuori.”
“Dov’è Manuel?”
In macchina, risposi mentre l’uomo lo chiamò dicendogli di venire in casa e appena entrò: “se te lo scopi allora devi restare. Così almeno vedi cosa vuol dire non onorare gli impegni di gioco.”
il viso gli si trasformò in una bruttissima maschera ma io gli feci segno con la testa che andava tutto bene.
“Forza ragazzo, spogliati. Quanti anni hai?”
“Ha un nome. Si chiama Naike” intervenne Manuel.
Diciotto risposi.
“Naike? Ma che cazzo di nome è?”
“Bene Naike, adesso spogliati.” tagliò corto il vecchio.
Lentamente mi tolsi tutto davanti ai loro occhi e restai completamente nudo in mezzo alla stanza.
“Proprio un bel bocconcino. Ma dove lo hai rimediato uno così? A tennis?” e rise sguaiatamente: “bella la vita dei maestri, trovano da scopare sempre...”
Mi si avvicinò e con la mano iniziò a palparmi il sedere. Stringeva con forza e faceva male, quindi mi afferrò per le palle intimandomi di abbassarmi.
“Però potevi farlo depilare. Non mi piace quel po’ di pelo che ha. Non è tanto ma senza era meglio.”
Accovacciato per terra lo guardai aprirsi i pantaloni e lasciarli cadere fino ai piedi e quindi abbassare le mutande facendo saltar fuori il suo pene flaccido di un colore molto scuro e totalmente incorniciato da una foresta di pelo nero.
“Succhia!”
Allungai le mani per spostarlo ma mi gridò di usare solo la bocca e così feci.
“Manuel! Ti piace fotografare, vero? E allora datti da fare. Dai! Un bel primo piano di questo cazzo.”
L’uomo esitò ma un urlo che perentoriamente gli intimava di farlo gli fece prendere il telefonino e cominciare a scattare.
Ecco, quello fu l’inizio. E non dirmi che non ci credi perché ho ancora qualche foto...
“Cazzo!” esclamò Nicola che era rimasto a bocca aperta ad ascoltarlo e non aveva mangiato nemmeno una forchettata della pasta che ormai si stava raffreddando: “ma è incredibile! Che bastardi! Ma anche lui… Doveva portarti via. Disperato o no come ha potuto lasciarti in mano a quelle merde.”
Naike lo guardò con una faccina maliziosa aggiungendo a bassa voce: “e vedrai cosa è successo dopo. Se adesso ti appare impossibile quando avrò finito ti sembrerà inimmaginabile, eppure io ci sono stato dentro a questa storia. E… ho anche le foto e i video di quel giorno” e si infilò in bocca una forchettata di tagliatelle.
Purtroppo il loro tavolino tranquillo non si dimostrò più tale perché una coppia si sedette proprio a un metro da loro e fu un bene perché il ragazzo dovette interrompere la sua storia ed entrambi riuscirono finalmente a finire il loro primo e poi anche il resto della cena spostando la conversazione su cose frivole e leggere ma che in ogni caso contribuirono a farli conoscere meglio.
Quando uscirono erano quasi le undici: “cosa vuoi fare? Ti porto a casa? Camminiamo ancora un po’ e magari prosegui il racconto?”
Ti va una passeggiata sulla diga? A quest’ora sarà sicuramente deserta.
“Andata!”
Raggiunsero in una decina di minuti il posto trovando pure facilmente parcheggio,
Naike mandò un messaggino alla mamma per dirle che avrebbe fatto tardissimo…
Il lungo nastro di cemento in riva al mare era completamente spopolato e i due si incamminarono verso la luce del faro che ritmicamente si accendeva alcuni chilometri più avanti mentre le onde che si infrangevano sulle rocce facevano salire un delicato profumo di salsedine.
“Cercai di fare del mio meglio con il suo cazzo e in poco me lo ritrovai duro e dritto completamente piantato in gola perché mi aveva afferrato la testa e me la spingeva con forza contro di lui. Chiese a Manuel di fargli una foto con la punta della cappella appena appoggiata alle labbra e poi un’altra che facesse ben vedere che quel lungo bastone era finito tutto dentro. Anche se avevo gli occhi chiusi sentii molti clic tutto attorno a me, praticamente in continuazione.
Quando allentò la presa mi tirai indietro per riprendere fiato accorgendomi che al suo fianco c’era il vecchio con il cazzo in mano che pretese lo stesso trattamento. Nonostante l’età, che poteva essere vicina ai settanta, quando ebbi finito anche lui aveva una imponente erezione e tutti e due iniziarono a sbattermi sulla faccia i loro sessi con dei colpi forti e decisi che mi costrinsero nuovamente a chiudere gli occhi.
Da qui in poi ho solo dei vaghi ricordi, e quello che so lo ho visto nelle foto perché non ho proprio memoria di cosa ho fatto e di cosa mi hanno fatto. Non so come dirti, è tutto molto sbiadito, sfumato, come avvolto da una fitta nebbia dove non sai cosa c’è più in la. Lo intravvedi ma non sei sicuro che ci sia. Comunque dalla sala mi dissero di seguirli e tutti e quattro ci spostammo in una camera al primo piano dove al centro c’era un incredibile letto rotondo. Di questo mi ricordo perché aveva un materasso ad acqua e ho ancora dentro quella strana sensazione dove, mentre loro mi scopavano, si muoveva tutto, sia sopra che sotto. Al massimo posso dirti quello che c’è negli scatti che Manuel ha fatto perché per me tutto finisce poco dopo l’ingresso in quella stanza, quando mi fecero piegare su una cassettiera e, sputandomi sul buchino mi sodomizzarono. Non ricordo altro.
Però dopo parecchi mesi, quando mi era passato proprio tutto, decisi di scoprire cosa si nascondeva dietro quel buio e andai a rivedere le immagini scattate e i video fatti e fu abbastanza facile ricostruire tutto nell’esatta sequenza perché tutto era numerato e con l’ora ben impressa su ogni file.
“Ma come hai fatto a rivederti? Cosa hai provato?”
Si, non è stato facile e ho preso e messo via quelle foto tante volte prima di voler sapere tutto ma ho pensato che dovevo farlo, per me, per provare a capire… per imparare a difendermi. E credo di esserci riuscito perché ora riesco a parlarne anche se ricordare mi fa ancora male ma, come dici tu, tirare fuori tutta questa merda sicuramente mi aiuta a star meglio, anche se va già bene.
Vuoi che vada avanti?
“Solo se non è qualcosa di intimo che non vuoi dirmi. Solo se te la senti e se credi che ti possa servire, altrimenti basta. Mi hai già fatto star male abbastanza...”
Naike lo guardò con un’espressione dolce e quasi scherzando replicò: sei stato male? Pensa quanto ci sono stato io durante e… dopo.
“Si, ci sto pensando da quando hai iniziato ma non credo di avvicinarmi minimamente ad immaginarlo…”
Camminarono con lo stesso passo, uno di fianco all’altro, per qualche decina di metri in silenzio e senza guardarsi quindi Naike ricominciò: si alternarono dentro di me, sempre in in quella posizione più volte mentre Manuel continuò a documentare tutto, fin nei minimi dettagli. Ho ancora nelle orecchie quei maledetti clic del telefonino che si ripetevano incessantemente e, come per magia da quel momento tutto svanì nel nulla fin quando non mi resi conto di essere strattonato e trascinato quasi di peso per un braccio: “stai attento! Vuoi cadere dalle scale?”
Mi stavano portando giù. Ero stanco, quasi stordito, su di me c’era un deciso ed acre odore di sperma. Lo avevo addosso, in faccia e in bocca. Non il sapore di Manuel, un altro. Molto più forte. Indossavo delle calze autoreggenti a rete nere e una sciarpina quasi trasparente intorno al collo. La mano che mi tirava mi condusse attraverso un garage e poi fuori nel cortile dove i sassi sotto i piedi mi diedero fastidio.
“Mettiti giù.”
Mi sedetti sulla ghiaia quando un altro ordine perentorio mi disse: “apri la bocca e resta fermo e non muoverti. Manuel cosa credi di fare? Di guardare e basta? Adesso vieni anche tu qui a finire il servizio, muoviti!”
Lo vidi mettersi a fianco con gli altri due davanti a me e non riuscivo proprio a capire che cosa volessero fare quando un getto dorato mi colpì in faccia facendomi istintivamente spostare e riprendere immediatamente dal torpore in cui mi trovavo.
“Stai ferma troia! Ferma! Ti ho detto di stare ferma!” urlò.
Rimasi immobile con gli occhi chiusi e lo zampillo mi ritornò sul viso e poi si spostò dentro la bocca per poi scendere sul petto prima di esaurirsi. Ne seguì un secondo che mi raggiunse tra i capelli prima di arrivare in bocca e durò molto di più. Il terzo mi prese di lato e fu molto forte e infine ce ne fu ancora uno ma assai breve. Quando smisero risero tutti. Ridevano di me ed io, accucciato e con capelli, faccia e corpo grondanti di urina mi sentii umiliato, offeso, deriso, trattato come un oggetto ma al tempo stesso ero furioso, incazzato e avrei voluto picchiarli tutti. Ma non feci nulla.
“Che bestie! Ma come hanno potuto! Questi non sono uomini sono solo merde! E Manuel non ha detto nulla, anzi ha partecipato anche lui...”
“Si, ma in quel momento ho pensato che era stato costretto a farlo, come me. Comunque si, li ho pensati come delle merde per quello che mi avevano fatto.
Quasi istintivamente Nicola lo abbracciò e lo strinse contro di sé in un gesto d’affetto che Naike apprezzò tantissimo e ricambiò cingendogli il collo con le braccia e appoggiando la testa sul suo petto. Rimasero fermi così, senza dire niente mentre una fresca brezza di mare li avvolse con i mille odori della salsedine.
Quando si staccarono l’uomo gli propose di sedersi sugli scogli: “ci sediamo un momento? Quello che mi hai detto mi ha fatto ancora male. E ti ripeto che, pur sforzandomi, neanche posso immaginare quanto possa averne fatto a te. Sono esperienze che non puoi capire se non ci sei passato, almeno per un poco. E a me non è mai successo nulla di quanto mi stai dicendo”
Il ragazzo gli sorrise e si sedette per primo: “però adesso ci sarà un colpo di scena. Lo vuoi sentire?
“Si, racconta ancora. Starei giorni ad ascoltarti...”
Quando loro rientrarono in casa io rimasi fermo in quella pozza ancora per alcuni minuti poi andai verso la porta.
“Dove vuoi andare? Stai fermo li fin che non smetti gocciolare. Cosa vuoi portarci la piscia in casa?” Mi chiusero fuori e aspettai a lungo prima che mi facessero entrare. Erano già vestiti.
“Puzzi, vai di sopra a farti una doccia. Muoviti!”
Mi diressi verso le scale ma quando ero già sui gradini pensai che forse dovevo prendere anche i vestiti. Loro li indossavano già e quindi era tutto finito. Sicuramente era meglio se fossi tornato vestito. Scesi piano. Le loro voci provenivano dalla cucina. Cercando di non far rumore andai a raccattare slip, jeans e il resto e, proprio mentre avevo quasi tutto e stavo per andarmene una frase mi colpì facendomi sobbalzare.
“Vi è piaciuta la troietta che vi ho portato? Carne freschissima! Diciotto anni compiuti oggi.” Era di Manuel, ne ero certo, ma quello che stava dicendo non aveva senso. Sicuramente avevo capito male. Rimasi bloccato, trattenendo il fiato, cercando di sentire altro.
“Certo che gli abbiamo fatto proprio una bella festa di compleanno.” Disse il più giovane dei due mentre le risa degli altri coprirono la sua voce.
Stupidamente mi avvicinai alla porta rischiando di essere scoperto per sbirciare dentro. Erano seduti e stavano bevendo e Manuel era li. Mi ritrassi rimanendo nascosto per poterli sentire meglio.
“Fra tre giorni ve lo riporto ma questa volta me lo scopo anch’io. Magari mi costringerete voi a farlo....”
“Ma se te lo scopi quando vuoi!”
“Si, ma in gruppo è più…” Probabilmente fece un gesto e continuò: “ Hai capito? E poi non ce li facciamo sempre tutti insieme? E’ tradizione.”
E risero ancora.
“E se vogliamo dirla tutto poi me lo merito, avreste dovuto vedere come ho recitato in macchina la scena della vittima degli strozzini...”
Ci fu un’altra risata.
“Se vi va domani potrei portare Marina.”
“Quella con le tette grandi?”
“Si.”
“Non so, domani forse non riesco.” precisò il vecchio: “e poi sapete che preferisco il buco di un maschietto… Magari quel biondino magro magro...”
Avevo sentito anche troppo e, fatti alcuni passi per allontanarmi dalla porta, mi infilai in un baleno tutti vestiti, non preoccupandomi nemmeno di togliermi le calze che mi avevano messo e decisi di scappare. In quel momento mi accorsi che sul tavolo della sala c’era il telefono di Manuel e non ci pensai un istante, infilandolo in tasca prima di andarmene. Trovai il cancello chiuso ma non era troppo alto e lo scavalcai e, appena raggiunta la strada, mi misi a correre a perdifiato per allontanarmi il più possibile.
Purtroppo non conoscevo il quartiere e le strade erano dritte e con tante villette. Il posto peggiore per nascondersi se fossero venuti a cercarmi perciò continuai a correre zigzagando per delle vie sconosciute finché vidi in lontananza dei condomini e mi diressi in quella direzione. Dopo alcuni incroci raggiunsi una via principale e la fortuna mi assistette perché mi accorsi che stava sopraggiungendo alle mie spalle un bus e poco più avanti c’era una fermata. Feci le ultime decine di metri correndo ancor di più e riuscii a salirci. Mi sedetti in fondo, lontano dai pochi passeggeri e presi il suo telefonino. Era bloccato ma la password l’avevo vista e me la ricordavo. Si sbloccò e disabilitai subito le impostazioni per la posizione e quindi lo silenziai. Guardando intorno mi resi conto che non conoscevo la linea e non riuscivo a capire dove fossi fin quando non trovai dei punti di riferimento e una fermata che coincideva proprio con la linea del bus che prendevo di solito. Scesi e mi mescolai alla gente della fermata, temendo che potessero inseguirmi, fin che non arrivò la mia vettura. Meno di mezz’ora dopo ero a casa. Mi avvicinai con circospezione per paura che fossero venuti a cercarmi, ma tutto era tranquillo. I miei non erano ancora rientrati e così mi spogliai e gettai tutto in lavatrice e, nascoste le autoreggenti, finalmente mi feci una lunga doccia per togliermi di dosso tutto quello schifo.
Ritornato in camera presi subito il telefono di Manuel e mi accorsi che c’erano diverse chiamate e anche dei messaggi. Guardai l’ultimo e rimasi di pietra. Era per me: “Naike, te ne sei andato. Hai fatto bene. Ti hanno cercato. Adesso me ne sono andato anch’io. Hai preso tu il mio telefonino? Se leggi questo messaggio chiamami. Mi spiace per quello che ti hanno fatto e per i video che ho dovuto fare. E’ proprio gentaglia. Ti voglio bene. Manuel.”
Lo lessi e rilessi e, dalla rabbia, per poco non scaraventai via lo smartphone. Poi mi misi a guardare i precedenti e nel giro di qualche minuto mi accorsi che tanti erano simili a quelli che ricevevo perché indicavano un’ora e una via. Erano diretti, almeno negli ultimi dieci giorni a quattro donne e ad un maschio, oltre a me, naturalmente.
“Che bastardo! Ma uno così è proprio una merda! E anche ben organizzata per non farsi scoprire. Ma io quel telefonino glielo avrei rotto.”
Io no. Ho fatto di più. Lo ho collegato al portatile e ho iniziato un download di tutto quello che c’era dentro. Sai, a scuola queste cose ce le hanno insegnate bene e poi questo tipo di gestione dati mi ha sempre interessato.
“Sei una specie di piccolo hacker...”
No, ma il mio percorso di studi alle superiori è stato in un istituto di informatica e telecomunicazioni. Quindi… lo so fare. Lo ho proprio studiato. Dopo aver salvato tutto ho voluto vedere le foto che avevo visto e sentito scattare per tutto il tempo ma, stranamente, la cartella delle immagini era vuota. Breve ricerca ed evidente conclusione. Tutte le foto e i video di cui mi aveva scritto erano già stati scaricati. Ma mi balenò l’idea che, invece di salvare tutto sul telefono o sulla scheda, forse avesse potuto scaricare direttamente su un cloud. Ma quale? Ci persi un po’ ma alla fine trovai lo trovai tra le varie impostazioni. Fortunatamente dal telefonino l’accesso era diretto perché il login veniva fatto in automatico. Entrai così nel suo archivio dove c’erano almeno una cinquantina di cartelle con nomi diversi. E, tra i tanti, una era la mia. Immediatamente mi precipitati li trovando centinaia e centinaia di file: tantissime foto e molti video. Erano ordinati per data. I primi erano delle immagini. Cliccai sulla primissima e sullo schermo si aprì una foto che mi aveva scattato a casa sua. Ricordai benissimo quella foto perché fu la prima che mi fece e perché a casa sua non ci tornammo mai più. Ne feci scorrere alcune accorgendomi che c’erano anche quelle che aveva detto di aver cancellato.
“Quindi non le aveva cancellate. Si, ti eri trovato un vero bastardo!”
Lasciai stare tutti gli altri file e mi fiondai sugli ultimi e rimasi malissimo nel vedere cosa mi avevano fatto perché proprio non lo ricordavo. Dal modo di fotografare ma soprattutto dal modo di riprendere si capiva che Manuel… era uno di loro, ma di questo mi accorsi parecchio dopo, quando, passata la rabbia, andai a rivedere foto per foto...
Rimasi basito per qualche minuto poi cominciai ad esplorare le altre cartelle trovando in tutte foto e video simili ai miei. La maggioranza era di ragazze, quasi tutte giovani, ma c’erano anche molti maschietti. Nella mia velocissima ispezione trovai più volte i due brutti figuri di oggi sia nelle immagini che nei filmati.
Lasciai sbollire la rabbia e dopo cena feci un backup di tutto quel materiale sul mio disco rigido e, una volta controllato di aver preso proprio tutto, cancellai ogni cosa dal cloud e, ciliegina finale, cambia anche la password pensando alla sorpresa che avrebbe avuto dopo aver perso tempo a recuperare le credenziali d’accesso modificate.
Alla festicciola che mi fecero i miei per i diciotto anni restai quasi assorto nei miei pensieri e loro se ne accorsero, chiedendomi più volte se andasse tutto bene. Risposi sempre di sì, accusando un po’ di stanchezza per la giornata ma fu veramente difficile andare a cena fuori con loro dopo tutto quello che avevo passato…
“Certo che sei davvero fantastico. Adesso sei qui a raccontare tutto questo e lo fai come se stessi leggendo la storia di qualcun altro, non della tua. Hai un carattere deciso ma anche una sensibilità gigantesca. Sei la classica persona che chiunque vorrebbe al suo fianco per tutta la vita.” poi, dopo una pausa di entrambi riprese: “non fraintendermi, ma se non fossi così vecchio potrei dire che mi sono proprio innamorato di te, in modo totale, incondizionato, senza guardare alla realtà ma ascoltando solo il mio cuore. Un po’ come è successo a te con quel bastardo di Manuel o con quella merda di Marco qualche giorno fa. Però ho cinquant’anni e so che una cosa così non potrebbe accadere. Perciò ti ammiro e ti sento vicino, anche troppo, ma ti auguro soltanto tutta la felicità del mondo e di trovare per compagno di vita una persona meravigliosa che sappia capirti, ascoltarti, farti godere e che sia al tuo fianco, con carattere e forza, nel momento del bisogno o della malattia o quando… gli anni cominceranno a passare.”
Non mi guardò ma mi interruppe con un: ho freddo. C’è troppo vento. Camminiamo?
Ci avviammo verso le luci della vita notturna che splendevano in lontananza riprendendo il cammino lungo la diga. Il primo tratto lo percorremmo entrambi in silenzio fin quando non incrociammo una coppietta, un ragazzo e una ragazza che, completamente nudi, con il favore del buio, faceva sesso. Purtroppo non potemmo che passargli vicino perché non c’era altra strada ma forse nemmeno si accorsero di noi.
In questa zona ci vengono in tanti anche di giorno a fare il bagno nudi. E’ la parte più lontana e da questa parte c’è una spiaggetta molto appartata, un angolino tra la pineta e il mare quasi nascosto, un spicchio di pace perfetto per i naturisti.
“Ma come fai a saperlo? Io nemmeno la conoscevo.”
Naike guardò Nicola con uno sguardo furbetto e gli sorrise aggiungendo: chissà se sono innamorati anche loro.
“Spero di si. Il sesso è bello, ma farlo quando ci si ama è molto, ma molto più completo. Non è solo fisico, va oltre.”
Altro silenzio.
“Ma Manuel lo hai visto ancora?”
Si, tante volte, disse sorridendo in modo birichino. Ogni volta che vado a vedere le foto che mi ha fatto. A parte li non ci siamo mai più incontrati. Ho smesso anche con il tennis. Comunque il telefonino lo ho portato al club e lo ho lasciato alla segretaria. Mi ha chiamato parecchie volte per un po’ e ha inviato molti messaggi ma ho risposto solo dopo oltre un mese all’ultimo ricevuto. Prese dalla tasca il telefono e dopo una rapida ricerca lesse: “questa è l’ultima volta che ti scrivo prima di fare delle azioni che non ti piaceranno. Mi devi dare tutto il materiale che non trovo più e che avevo lasciato in un account. Passo a prenderti alle 13.00 in via Sabelli davanti al distributore. Puntuale. Mi devi spiegare tante cose.”
Prima di continuare a leggere mi disse di avergli risposto così: “Caro amore i tuoi video e le foto le ho io e questa è l’ultima volta che voglio ricevere una tua chiamata o un tuo messaggio. C’è poco da spiegare a un porco bastardo come te. Quando mi avete fatto la festa di compleanno a casa dei tuoi amici, prima di andarmene, vi ho sentiti che festeggiavate la carne fresca. Non so se ci hai mai pensato ma siete stati delle vere bestie. La pisciata poi… Comunque per me è un capitolo chiuso ma se riceverò ancora qualcosa da te porterò tutto il tuo materiale alla Polizia Postale. Considerando la mia età nelle prime foto non credo possa andare molto bene e guardando altre immagini credo che la situazione potrebbe soltanto peggiorare. Ma la cosa che mi fa più schifo è che tu hai giocato con i miei sentimenti. Ero innamorato perso di te e ne hai approfittato per usarmi come un giocattolo sessuale e per far divertire i tuoi luridi amici. Quindi scordati di riavere i file dei tuoi ultimi nove anni di sesso con ingenue ragazze e sprovveduti ragazzi, non te li darò mai. Sei una lurida persona, ma forse non sei neanche una persona.”
“Bravo! Hai fatto bene. E te lo dico sia come tuo amico che come avvocato. E ti ha scritto ancora?”
Non si è più fatto sentire. Ho saputo da ragazzi del club che ha smesso di lavorare li e che ha perfino cambiato casa. Non so altro.
“E c’erano nove anni di foto?”
Sì, le prime foto e i primi video che ho trovato nelle cartelle di alcuni nomi risalivano a nove anni prima e c’erano già i suoi due amici...
“Povera famiglia. Chissà se la moglie lo sa.”
Lo sa, lo sa… C’era anche la cartella casa. Era quella con le immagini più vecchie. E non c’era solo la… signora, ma anche i tre figli.
“Anche loro?”
Si, ma non vorrei più parlare di questo, Ormai ti ho detto tutto e per me è una storia soltanto da dimenticare anche se mi ha fatto crescere di colpo e diventare grande. Comunque sono rimasto quello di sempre e la stupidaggine con Marco ne è la prova. Però ho una piccola scusante. Dopo quella brutta situazione non ho più fatto nulla, mi sono chiuso in una specie di guscio che ho voluto aprire solo quella sera che ho incontrato Marco. Avevo tanta voglia di tenerezze e di sesso ma ho incrociato la persona sbagliata, di nuovo.
E si mise a ridere da solo.
Ora tu sai la mia vita come nessun altro al mondo. Praticamente mi sono messo a nudo davanti ad uno sconosciuto. Vedi, ci sono caduto di nuovo perché non ti conosco, potresti fingere di essere gentile per usarmi come hanno fatto i primi due uomini della mia vita.
Nicola lo abbracciò di nuovo e lo tenne talmente stretto contro di se da levargli il fiato.
“Non dirlo. Non dirlo, nemmeno come ipotesi. E non pensarlo nemmeno. Non sono mai stato così, non lo sono e non lo sarò mai. Non voglio essere una persona così abietta.”
Si, lo so, lo sento. Tu sei diverso da tutti quelli che ho incontrato. E non mi riferisco ai due bastardi di cui ti ho parlato, Non so come spiegarmi ma ti sento… Non so.
“Si, ti capisco, perché provo anch’io la stessa sensazione ma non vorrei fosse compassione per il tuo sfortunato e sofferto vissuto.”
Si, è proprio quello che pensavo io. Non vorrei sentirti vicino perché ti considero una spalla su cui consolarmi e sfogarmi ma qualcosa di più.
Le luci dei primi bar si fecero incontro e poche centinaia di metri dopo anche il vociare della movida notturna di una sera d’estate che ritornava ad essere calda e afosa, una volta abbandonata la brezza che spirava lungo la diga.
“E’ tardissimo, ti accompagno a casa?”
Si, credo sia meglio.
Prima di scendere gli diede un bacio sulla guancia e dopo aver chiuso la porta si girò tre volte per salutarlo con la mano mentre Nicola era ancora fermo, come per essere sicuro che entrasse a casa, attese senza avviare l’autovettura.
Quella notte entrambi pensarono all’altro e fu un evocare piacevoli sensazioni di complicità e confidenza, di gioia e allegria ma anche di conforto e consolazione. Tutti e due si resero conto di quanto ritenessero importante l’altro che continuavano a visualizzare nei loro pensieri finché non venne il sonno a portar loro conforto.
Alla mattina quando Nicola accese il telefonino trovò un messaggino di Naike: “andiamo a fare il bagno oggi?”
Scrisse immediatamente: “Quando vengo a prenderti?”
Ricevette un’ulteriore risposta: “Quando vuoi.”
“Tra mezz’ora?”
“Si, mi trovi davanti all’edicola. Ti va di andare in una spiaggetta molto appartata, un angolino quasi nascosto tra la pineta e il mare che non conosci?”

FINE?
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