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UNA LUNGA GIORNATA (racconto con foto) ANCORA UBBIDIENZA A DUE MASCHI


di RedTales
05.08.2022    |    6.911    |    7 8.3
"Proprio mentre pensai che forse gli avrei fatto un pompino, iniziò a pisciarmi addosso..."
Questo racconto è la SECONDA PARTE di: “ANCORA UBBIDIENZA A DUE MASCHI” e descrive il resto di quanto è accaduto durante quella lunghissima giornata passata con i due padroni.
Ricordo che è sempre un racconto BDSM. Lo ho messo in questa categoria perché l’avventura si svolge tra maschi. Se questo tipo di esperienze non piace, consiglio di non leggerlo.
Preciso che per ubbidire agli ordini di chi ha “giocato” con me, come ben precisato nel primo racconto, ho dovuto presentarmi agli incontri con il corpo trascurato.
Poiché mi sono state scattate molte foto ho pensato di illustrare i diversi momenti dell’avventura con delle immagini che sono indicate con un numero tra parentesi: es. (FOTO 4) e che manderò con email a tutti quelli che le chiederanno per condividere con loro questo “gioco”.
PER RICEVERLE scrivete a [email protected] o direttamente nei MESSAGGI di ANNUNCI69 indicando la vostra email.
Ricordo che sono foto esplicite e abbastanza crude e che possono non piacere… anche se riguardandole provo un’immensa voglia di rivivere ogni singolo momento…
Un’ultima cosa: sono riuscito a ricordare e a rivedere nella mente ogni singolo momento passato tra le mani dei miei due padroni proprio per le tante foto che sono state fatte. Senza le foto non ci sarei assolutamente riuscito.


Mi fecero aspettare davvero tanto, forse più di un’ora, ma quella lunga pausa mi aiutò a… ritrovare il mio culo. Infatti, anche se lentamente, il bruciore quasi sparì. Risalirono soddisfatti perché si erano fatti una pasta e, sentendo questo, mi accorsi che avevo fame anch’io. Ormai era il tardo pomeriggio ed ero lì dalla mattina…
Mi appesero subito e quindi Michelangelo mi mise sul corpo delle cinghie stringendole con forza: una mi strizzava i capezzoli, l’altra mi comprimeva la pancia e la terza mi pizzicava i testicoli facendo davvero male (FOTO 1). Fatto questo mi diede una serie di schiaffetti alle palle che così sollevate si prestavano bene al suo scopo e quindi sciolse tutte le cinghie.
L’inizio della ripresa si dimostrò interessante...
Subito dopo mi fece indossare uno strano costume e iniziò a percuotermi con un bastoncino, prima davanti (FOTO 2), poi dietro (FOTO 3). I colpi arrivarono decisi e improvvisi facendomi letteralmente fremere ogni volta che li sentivo sul corpo. La sensazione fu forte e immediata, con un piacere viscerale che mi avvolse sempre di più man mano che venivo colpito.
All’improvviso, vedendo che mi stavo eccitando e che da sotto il costume si iniziava a vedere una mezza erezione, smise, mi strappò il costume, mi slegò e, dopo avermi fatto inginocchiare, mi ordinò di spalancare la bocca e ci spinse dentro il suo cazzo. Ovviamente fui felice di sentirlo invadermi anche se era ancora molliccio ma, lavorandolo di lingua e succhiando con impegno, lo feci crescere in poco. Appena fu completamente duro mi afferrò la testa e iniziò ad usarmi per farsi una sega, spingendo con forza il suo grosso bastone fino in fondo alla gola (FOTO 4). Mi ritrovai la faccia ritmicamente schiacciata contro i suoi vestiti in un ritmo via via più veloce. Si fermò solo una volta per strapparmi il cappuccio che, evidentemente gli dava fastidio e quindi riprese ad utilizzarmi e ne fui davvero felice (FOTO 5). Quella imponente presenza in gola era davvero invasiva e ad un certo punto, forse per una spinta più profonda, provai un senso di nausea e, quasi ribellandomi, mi spostai per sputare per terra tutta la saliva che avevo in bocca (FOTO 6).
Questa ribellione fece infuriare l’uomo che, seccato, mi gridò: “e con questa cazzata che hai fatto puoi scordarti di bere la sborra. Non te la darò mai più. Non la meriti. Sei una merda.”
E Pierluigi rincarò la dose, quasi scusandosi con l’amico per il mio comportamento totalmente inadeguato. Mi ricoprirono di insulti senza immaginare che queste nuove umiliazioni mi fecero esplodere una nuova bellissima sensazione interna di totale sudditanza e ne fui assai gratificato, pur tenendo la testa china e dimostrandomi mortificato per quanto avevo fatto.
Decisero che dovevo essere punito: “adesso vedrai cosa ti capita. Intanto pulisci bene per terra, lecca, lecca tutto.”
Mi accucciai e leccai la saliva fin quando non mi ordinò di asciugare tutto per bene con della carta.
Come ebbi finito Pierluigi si rivolse ancora a me: “adesso arriverà la punizione, però prima ti metto questo, così sarai ancora di più la laida troia che sei.”
Mi fece infilare un collant nero ma mi fermò prima che lo tirassi su del tutto in modo che mi restasse sotto al cavallo e, dopo aver preso da una scatola un lungo cazzo di gomma mi ordinò: “spingilo tutto nel culo.”
Era di una buona misura ma, fortunatamente grosso come un cazzo normale. Cominciai a farlo ma mi accorsi che, senza un minimo di lubrificazione oltre a farmi male, era difficile. Ovviamente non chiesi nulla ma portai il giocattolo alla bocca per bagnarlo: “no! Brutta cagna di merda. Lo spingi su così, così com’è…”
Lo riportai al culo anche se, fortunatamente un po’ si era inumidito. Spingendo e facendo degli sforzi per far dilatare lo sfintere, come se dovessi fare un bisogno, lo allargai abbastanza, tanto da farlo passare e, anche se in modo fastidioso, quell’oggetto di piacere mi entrò dentro (FOTO 7).
Pierluigi lo afferrò e facendolo entrare e uscire cominciò a scoparmi sculacciandomi, di tanto in tanto. Inutile dire che restare in quella posizione oscena e subire quel lavoretto mi provocò una sensazione divina. Succube di quei due e piegato a novanta con il culo spalancato era già eccitante ma scopato in quel modo era davvero sublime.
Andò avanti per un po’ quindi tirò fuori con un colpo secco il cazzo e mi fece mettere uno slippino rosso e un reggiseno e, continuando ad urlarmi volgarità, mi ordinò di sdraiarmi per terra sulla schiena e di sollevare le gambe tenendole con le braccia: “aprile, aprile che dobbiamo vedere quel buco di culo di merda…” (FOTO 8).
Mi ero appena messo nella posizione che voleva quando mi colpì con la punta della scarpa proprio sull’ano. Quel calcio, improvviso e inaspettato, mi fece male e gridai per la gioia dei due che si guardarono con un’espressione d’intesa e di complicità.
Pierluigi si abbassò davanti a me e mi spinse dentro un plug (FOTO 9) prima di alzarsi e darmi ancora un calcio e poi un altro. In tutto furono forse sette quelli che arrivarono prima che togliesse l’oggetto per sbatterne dentro uno diverso (FOTO 10).
“Adesso stai fermo, goditi il cazzo che hai nel culo. Non ti muovere.”
Entrambi andarono un po’ più in la e sentii Pierluigi illustrare alcuni dei suo “giochetti” all’altro.
Restai immobile in quella strana posizione anche se la schiena, appoggiata su una dura tavola, mi faceva proprio male. Fortunatamente quello che avevo dentro mi allargava e mi procurava una sensazione niente male e poi, a farmi sopportare quasi con leggerezza il tutto, era quel sentirmi totalmente nelle loro mani e, vi assicuro, godevo, godevo, godevo.
Dopo una decina di minuti li vidi nuovamente davanti a me, Pierluigi si chinò cercando il mio sguardo che abbassai subito e quindi, con la solita brutalità, mi strappò via il giocattolo.
“Tirati su e mettiti a novanta come sanno fare le troie come te. Voglio vedere il buco.”
Un attimo ed ero piegato davanti a loro: “aprilo! Apri il culo, voglio vederlo bene.”
Afferrai le chiappe con le mani le allargai più che potei (FOTO 11).
I due lo osservarono commentando e poi o uno o tutti e due ci sputarono sopra.
“Alzati! Tirati su le calze.”
Distesi il collant in vita e rimasi fermo a guardare il pavimento ascoltando ancora le loro frasi volgari fin quando Michelangelo non afferrò il reggiseno con tutto quello che c’era sotto e mi diede due decise strizzate alle tette.
Altro urletto e nuova espressione di soddisfazione da parte loro.
Quindi mi legarono di nuovo, a braccia larghe e, con modi spicci mi tolsero tutto lasciandomi ancora nudo per poi farmi indossare un paio di calzettoni a strisce.
“Però ha delle belle gambe, è vecchio ma le gambe non sono male.”
“Tutte le vacche come lui hanno le gambe magre.”
“Già, già…”
“Adesso ci gioco un po’ io… mi sono venute delle idee, vedrai che ti divertirai…”
“Ci conto…”
Pierluigi si avvicinò con una corda che mi legò attorno al pacco in modo che palle e cazzo risultassero ben strizzati e quindi, tenendo l’altro capo con la mano, si allontanò e cominciò a strattonarmi (FOTO 12), prima piano, poi sempre più forte quindi iniziò a tirare in modo costante la corda. Il dolore fu deciso e provai a ridurre la distanza inarcandomi (FOTO 13) per avvicinarmi quanto più possibile a lui che sghignazzò più volte vedendomi in quello stato di precario equilibrio. Di sicuro, non avevo mai provato prima qualcosa di simile e mi accorsi che, nonostante le fitte che mi raggiungevano quando la fune si tendeva, l’eccitazione era grande.
Quando quel gioco gli bastò, mi slegò e iniziò a massaggiarmi proprio lì, come per darmi conforto anche se, temendo qualche strizzata di palle, rimasi teso. Non lo fece e si allontanò.
Ritornò con un cestello pieno di mollette. Ne prese due, cercando quelle che avevano la molla più rigida e me le attaccò ai capezzoli sorridendo ai miei gemiti. Fatto questo, con calma, le legò con un cordino che iniziò a tirare (FOTO 14).
Un nuovo tipo di dolore si impadronì del mio petto anche se i lamenti non fecero che provocare risate e ulteriori strattoni (FOTO 15) che proseguirono fin quando una molletta non si staccò.
Sorpreso e compiaciuto da quell’improvviso strappo riprese a tendere la corda per riuscire a staccare anche l’altra molletta (FOTO 16).
Questa però era attaccata in modo assai più saldo e dovette tirare davvero tanto per riuscirci e ciò mi procurò parecchie fitte. Inutile dire che ad ogni strattone gridavo mentre i due padroni si compiacevano. Alla fine si staccò e anche quel gioco ebbe fine.
Pierluigi riutilizzò le stesse mollette immediatamente.
Dopo avermi afferrato il pene, allungò la pelle sopra la punta e la strizzò attaccandoci sopra le stesse mollette e iniziò a tirare nuovamente la cordicella (FOTO 17). Anche se questa volta l’operazione risultò quasi indolore, continuai a fingere di gemere e ad inarcarmi (FOTO 18) per tutto il tempo che giocò con me.
“Basta, ti lamenti troppo! Adesso te la tappo io quella fogna di bocca” sbottò Pierluigi che, preso un cazzo di gomma me lo spinse tra le labbra (FOTO 19), prima per un po’ ma poi quasi tutto dentro, fino in gola (FOTO 20), facendomi provare nuovamente un senso di nausea.
“Vuoi tenere la bocca chiusa?”
Accennai ad un sì con la testa e, fortunatamente, me lo tolse.
“Quindi adesso stai zitto?”
“Si padrone.”
A quel punto prese un martelletto di legno con un lungo manico, me lo fece vedere e quindi mi colpì più volte sulle palle (FOTO 21). Le fitte furono forti e decise ma, nonostante cercassi di schivare i colpi muovendo le gambe, cercando di tenerle chiuse o ruotando un po’ su me stesso, ne ricevetti diverse anche se mugolai in modo quasi silenzioso per accontentare Pierluigi che mi aveva ordinato il silenzio.
Quando si fermò mi accorsi di essere senza fiato ma mi preoccupai di più per il rischio di avere una nuova erezione perché quell’assoluta impotenza mi stava eccitando in un modo indescrivibile.
Fortunatamente mi slegò e potei accasciarmi per terra per nasconderlo mentre loro decisero nuovamente di scendere senza rendersi conto del mio pene che, lentamente, iniziava rizzarsi.
Sapevo di essere “a rischio” e, nonostante mi facessero davvero male le palle, inizia a masturbarmi con grande fretta, sperando di riuscire a sborrare prima del loro ritorno.
Mi spostai in un angolo e, eccitato com’ero per quanto mi stavano facendo, ci riuscii impiegando anche poco tempo e ritornai subito al mio posto, con il pene che era ritornato un piccolo affarino.
Appena mi sedetti mi resi conto che fuori era già buio e che quindi ero lì da mezza giornata e ne rimasi sorpreso in quanto, pur essendo stato usato in molti modi e appeso per ore, non avevo sentito affatto la stanchezza e mi sembrò impossibile che il tempo fosse volato così in fretta.
Quando tornarono ero nuovamente sereno e pronto a ricevere tutte le loro attenzioni, anche se, in tutta sincerità, mi mancava un po’ il… cazzo. Finora praticamente non me ne avevano dato che un piccolo assaggino...
Pierluigi mi disse di togliermi le calze e appena lo ebbi fatto mi getto un collant a rete: “mettilo, è proprio adatto a esseri come te.”
Appena fui pronto mi legò nuovamente chiedendomi se avevo apprezzato il martello. Ovviamente dissi di sì e allora rispose che lo avrei assaggiato ancora ma: “adesso nell’altro verso, vedrai come entra bene…”
Iniziò così a infilarmi la punta del manico nel culo (FOTO 22, 23, 24, 25) cambiando angolazione ma, dopo poco, mi fece ruotare su me stesso e riprese a colpirmi come aveva fatto prima di andare via. E furono altri colpi sulle palle (FOTO 26, 27), non forti ma dolorosi, un piccolo stillicidio che mi procurò altre scariche di piacere che, unito alle stilettate, diventava qualcosa di troppo intenso da sopportare al punto che mi accorsi che forse non sarei riuscito a resistere nemmeno nel… trattenere la pipì…
Fortunatamente ce la feci perché si fermò. Prese il telefonino a Michelangelo che aveva scattato fino a quel momento e mi mise in posa, prima davanti e poi dietro (FOTO 28, 29), con il martelletto vicino. Quella pausa fu provvidenziale e ritrovai il controllo sfinterico e anche poco dopo, quando mi diede ancora un po’ di colpi da dietro (FOTO 30) pur entusiasta del trattamento non mi trovai a dover lottare con… la pipì che avrebbe voluto uscire.
“Vorrei provare anch’io a legargli le palle. Prima mi è piaciuto.”
Pierluigi si fermò e cedette il posto a Michelangelo che dopo avermi girato e tolto le calze mi annodò la corda proprio lì e iniziò a dare degli strattoni (FOTO 31). Fu più brutale di Pierluigi o semplicemente, dopo tutti i colpi subiti ero molto più sensibile io perché ad ogni tensione scattavo in avanti cercando di ridurre la tensione della corda per alleviare il dolore (FOTO 32, 33).
Purtroppo la voglia di farla ritornò e, pur lottando e stringendo i denti non ce la feci e dal mio martoriato pisello uscì qualche schizzetto di pipì (FOTO 34).
“Cazzo! Questa troia piscia!”
Proseguirono a lungo con i commenti poi Pierluigi decise che, vista l’ora, non c’era più tempo per punirmi adeguatamente per quello che avevo fatto ma: “però ti ripago con la tua stessa moneta bastardo pisciatore…”
Mi slegò, gettò degli stracci sul pavimento e mi fece sdraiare sopra, arrotolò il cappuccio fino al naso e si aprì i pantaloni. Proprio mentre pensai che forse gli avrei fatto un pompino, iniziò a pisciarmi addosso. Il primo schizzo mi colse di sorpresa (FOTO 35) ma un suo deciso ordine: “apri la bocca, troia” mi fece restare sotto lo zampillo dorato a bocca aperta (FOTO 36). Ne fece tanta e mi bagnò dappertutto procurandomi ancora una volta un’immensa goduria, di quelle viscerali che senti dentro, come un solletico, e che si espandono dappertutto.
Quando ebbe finito restai a fissare la fonte di quel piacevole scroscio come per chiederne dell’altro, Sperai che me lo facesse succhiare, magari con la scusa di pulirglielo ma lui, dopo due scrollatine, richiuse i pantaloni. Si piegò per prendere gli stracci zuppi e portarli via e a me non restò che appoggiarmi al muro, bagnato, sfatto, deluso ed incurante di essere seduto proprio su quanto aveva appena fatto (FOTO 37).
“Abbiamo finito. Per oggi abbiamo finito. Ma ad una cagna come te non basta mai.”
“Alzati e vestiti.”
Nemmeno provai a dire che ero tutto bagnato ma Michelangelo intervenne.
“La troia voleva pisciare? Facciamola pisciare…”
L’altro rise e concordò: piscia troia, piscia. Adesso pisci…”
Mi alzai in piedi e, finalmente, mi svuotai, lasciando sul pavimento un piccolo laghetto.
Poco dopo, appena vestito, mi misero alla porta. Uscendo sentii: “ce li facciamo due spaghettini aglio e olio…”
Raggiunsi la macchina con passi svelti. Una volta dentro l’orologio diceva che era quasi mezzanotte.
Ero rimasto in balia di quei bruti per più di dodici ore. Mi avevano fatto di tutto e probabilmente avevo goduto per intere ore. Ero distrutto ma così felice che sarei tornato da loro anche subito…
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