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Christine: L'incontro al Nautilus


05.07.2025 |
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"Poi, un rumore: un fruscio dalla camera da letto, come il suono di un tessuto che sfrega contro la pelle..."
Il professor Francesco, 44 anni, insegnante di chimica al liceo Carlo Porta di Monza, era un uomo che non passava inosservato. Con un fisico scolpito da ore in palestra, occhi verdi penetranti e un fascino che mascherava la monotonia della sua vita coniugale, Francesco attirava sguardi ovunque andasse. Sposato da otto anni con una moglie che lui definiva “bacchettona” e che lo coinvolgeva in un’intimità tanto rara quanto insipida, trovava rifugio nelle sue fantasie e in qualche serata fuori, lontano dagli occhi indiscreti della scuola e del quartiere. Quella sera, il Nautilus Club Privé, situato in Via Mondovì 7 a Milano, era il luogo perfetto per perdersi. Il locale, noto per la sua atmosfera trasgressiva, si ispirava al celebre sottomarino di Jules Verne, con un design che evocava un mondo sommerso e misterioso. Gli interni erano un mix di eleganza e provocazione: sale spaziose con divani a corona, rivestimenti in metallo acidato, luci soffuse che creavano un’atmosfera intima e leggermente decadente. Il Nautilus era famoso per le sue serate a tema, come quelle dedicate a trav, trans, coppie e singoli, con eventi che spaziavano da spettacoli di drag queen a feste BDSM e fetish, il tutto accompagnato da musica elettronica e DJ set che animavano la pista da ballo. Francesco era appoggiato al bancone, un whiskey in mano, osservando la folla che si muoveva al ritmo di un beat pulsante. L’aria era carica di possibilità, e fu allora che la vide: una donna bionda, alta, con un corpo sinuoso fasciato in un vestito nero attillato che ne esaltava le curve. Si muoveva con grazia felina, i capelli lunghi e dorati – una parrucca, come avrebbe scoperto – che scintillavano sotto le luci al neon. Francesco sentì un brivido. Non era solo attrazione; c’era qualcosa di magnetico in lei, qualcosa che lo spingeva ad agire.Si avvicinò, il cuore che batteva più forte del solito. “Posso offrirti da bere?” chiese, con quel tono sicuro che aveva perfezionato negli anni. Lei si voltò, e i suoi occhi azzurri lo fissarono con un misto di curiosità e malizia. “Perché no?” rispose, con una voce morbida, leggermente roca, che fece scorrere un altro brivido lungo la schiena di Francesco. Si presentò come Christine, 37 anni, single, una donna che sembrava conoscere il gioco della seduzione meglio di chiunque altro in quel locale.Parlarono per un po’, scambiandosi battute e sorrisi. Francesco era incantato: Christine aveva un modo di muoversi, di parlare, che lo teneva inchiodato. Ma c’era qualcosa di familiare in quella voce, un’intonazione che gli sfuggiva, come un ricordo sfocato. Fu quando lei rise, inclinando la testa all’indietro, che un lampo di riconoscimento lo colpì. Quella voce… era la stessa che rispondeva al telefono in segreteria, la stessa che lo salutava ogni mattina con un tono professionale e distaccato. Christine era Mario, il segretario del liceo Carlo Porta.Francesco rimase immobile per un istante, il bicchiere sospeso a mezz’aria. Mario, o meglio, Christine, lo notò e sorrise, un sorriso che non nascondeva nulla. Non si stava nascondendo, non stava negando. Anzi, sembrava compiaciuta del fatto che lui l’avesse riconosciuta. “Sorpreso?” chiese, inclinando leggermente la testa, la parrucca bionda che scintillava sotto le luci del locale. Francesco, invece di tirarsi indietro, si sentì travolto da un’ondata di eccitazione. Non era solo il taboo di quella situazione; era il potere che improvvisamente si trovava tra le mani. “Non proprio,” mentì, con un sorrisetto. “Ma devo dire che sei… inaspettata.”Christine rise, un suono che era allo stesso tempo dolce e provocatorio. “Ti piace quello che vedi, professore?” chiese, avvicinandosi di un passo. Francesco sentì il calore del suo corpo, il profumo del suo profumo che si mescolava all’adrenalina del momento. Non era solo attrazione; era un gioco di potere, e lui non aveva intenzione di perdere. “Voglio andare a casa tua,” disse, la voce bassa, quasi un ordine. Gli occhi di Christine si illuminarono di una luce nuova, un misto di sfida e sottomissione. “Seguimi,” rispose semplicemente, finendo il suo drink con un sorso deciso.Uscirono dal locale, l’aria fresca della notte che li avvolse. Christine aveva preso un taxi per arrivare al Nautilus, così Francesco la fece salire sulla sua auto, una berlina nera che teneva sempre impeccabile. Appena si sedettero, l’atmosfera cambiò. L’abitacolo sembrava troppo piccolo per contenere la tensione tra loro. Francesco accese il motore, ma le sue mani non rimasero ferme. Mentre guidava, la sua mano destra scivolò sulla coscia di Christine, il tessuto del vestito che scivolava sotto le sue dita. Lei non si ritrasse; al contrario, si avvicinò, il respiro leggermente accelerato. “Ti piace giocare, vero?” sussurrò, mentre la sua mano si posava sul petto di Francesco, accendendo ogni nervo del suo corpo.Poi, senza preavviso, Christine si chinò verso di lui, le sue dita che armeggiavano con la cerniera dei pantaloni. Francesco trattenne il respiro mentre lei liberava il suo membro, già duro, e iniziava a massaggiarlo con movimenti lenti ma decisi. La strada davanti a lui sembrava sfocarsi mentre Christine si abbassava ulteriormente, la sua bocca che lo avvolgeva con un calore umido. Francesco strinse il volante con una mano, l’altra che si posava sulla nuca di lei, spingendola con una certa rudezza. “Prendilo tutto,” le ordinò, la voce roca. Christine obbedì, accogliendo ogni centimetro con un gemito soffocato, la gola che si contraeva attorno a lui. Francesco sentì il piacere montare, il controllo che esercitava su di lei che lo eccitava tanto quanto il contatto fisico.Arrivarono a casa di Christine in un tempo che a Francesco parve un’eternità e un istante allo stesso tempo. L’appartamento era esattamente come si sarebbe aspettato: intimo, caldo, con luci soffuse che creavano ombre suggestive. Alle pareti, quadri audaci, espliciti, con figure stilizzate in pose erotiche che sembravano osservare ogni loro movimento. Non appena la porta si chiuse alle loro spalle, Francesco non perse tempo. La afferrò, tirandola a sé per un bacio appassionato, le loro lingue che si intrecciavano con una fame che non aveva bisogno di parole. Le mani di Christine tornarono sul suo membro, infilandosi nei pantaloni con una confidenza che lo fece quasi tremare.Francesco, però, voleva di più. Con un gesto deciso, girò Christine, spingendola contro il divano. Le tirò giù le mutandine con un movimento rapido, quasi brutale, esponendo la sua pelle liscia. Si inginocchiò dietro di lei, la lingua che esplorava con avidità il suo corpo, dal culo alla fica anale, assaporando ogni gemito che lei lasciava sfuggire. Christine si abbandonò completamente, il petto premuto contro il divano, il culo sollevato in un’offerta silenziosa. Francesco si alzò, infilandosi un preservativo con mani tremanti dall’eccitazione. Senza preavviso, la penetrò con un colpo secco, facendola gridare di piacere e dolore mescolati. I suoi movimenti erano forti, ritmici, ogni affondo che la spingeva più a fondo nel piacere.Christine urlava, il suo corpo che tremava sotto di lui, il suo orgasmo anale che sembrava imminente. Cambiarono posizione, Francesco che si sdraiava sul divano, invitandola a cavalcarlo. “Sali su di me,” ordinò, e Christine obbedì, impalandosi sul suo membro con un movimento fluido. Si muoveva come una danzatrice, ogni gesto carico di una sensualità cruda. Francesco non si trattenne, insultandola con parole crude – “puttana,” “troia” – che sembravano solo accendere ulteriormente il fuoco in lei. Il membro di Christine, lucido di liquido pre-eiaculatorio, era una tentazione irresistibile.In un impeto di desiderio, Francesco si sfilò da sotto di lei, spingendola a sdraiarsi per un 69. La sua bocca trovò il membro di Christine, un sapore che lo sorprese per la sua dolcezza, quasi femminile. Anche Christine lo ricambiò, succhiando con avidità mentre infilava un dito nel culo di Francesco, facendolo gemire di piacere. L’eccitazione era al culmine. Francesco cercò un altro preservativo, ma non lo trovò. Christine, senza esitazione, lo tirò a sé e si mise a 90 gradi, allargando il suo culo con le mani, invitandolo a prenderla di nuovo. Francesco non si trattenne: con colpi poderosi, la penetrò ancora, il suo orgasmo che esplodeva dentro di lei, un calore liquido che la riempiva. Anche Christine raggiunse l’apice, gocce di sperma che colavano sul divano di pelle nera.Esausti, si sdraiarono uno accanto all’altra, i loro corpi ancora caldi, i sessi che si sfioravano in un ultimo gesto di intimità. Si baciarono, un bacio lento e soddisfatto, mentre la notte li avvolgeva.
Il liceo Carlo Porta di Monza, quella mattina, era un mosaico di rumori familiari: il chiacchiericcio degli studenti nei corridoi, il ticchettio delle penne sulle scrivanie, il ronzio sommesso delle stampanti in segreteria. Francesco, però, si muoveva tra quei suoni come un predatore in agguato, il cuore ancora pulsante del ricordo della notte precedente. Il profumo di Christine – un mix di vaniglia e muschio che gli si era impresso nella pelle – sembrava seguirlo ovunque, mescolandosi all’odore di carta e inchiostro della scuola. Ogni passo verso la segreteria era carico di anticipazione, un desiderio che gli scaldava il sangue e gli faceva stringere i pugni nelle tasche.
Entrò nella stanza, il profumo di caffè stantio e della colonia floreale della signora Sabina, prossima alla pensione, che lo accolse come un pugno. La scrivania di Mario era sul lato destro, ordinata, con una pila di moduli e un computer che ronzava piano. Mario era lì, chino su una tastiera, i capelli castani raccolti in una coda bassa, il volto concentrato ma con un’ombra di rossore sulle guance. Quando i loro occhi si incontrarono, fu come se l’aria si fosse rarefatta. Mario lo salutò con un cenno rapido, professionale, ma nei suoi occhi azzurri – gli stessi che la notte prima avevano brillato sotto la parrucca bionda – c’era una scintilla di complicità, un segreto condiviso che bruciava tra loro. Francesco ricambiò con un sorriso teso, il desiderio che gli ribolliva dentro come un fuoco lento.
Tornò in segreteria più tardi, con una scusa banale: un problema con il registro elettronico. Si fermò accanto alla scrivania di Mario, il corpo così vicino che poteva sentire il calore che emanava da lui. Il membro di Francesco, già duro nei pantaloni, sfiorava quasi il bordo della scrivania, a pochi centimetri dal viso di Mario. Quando Mario si girò, trovandosi la cerniera a un soffio dal naso, un lampo di eccitazione gli attraversò lo sguardo. Francesco si abbassò, il suo respiro caldo contro l’orecchio di Mario, e sussurrò con voce roca: “Ti aspetto in bagno.” Poi, con un tono più duro, aggiunse: “E torna presto a casa stasera, Christine. Preparati, perché avrai visite.” Mario deglutì, il pomo d’Adamo che si muoveva visibilmente, ma non rispose. Non ce n’era bisogno.
Nel bagno dei docenti, l’odore di disinfettante e sapone economico pizzicava le narici, ma non abbastanza da coprire il sentore muschiato dell’eccitazione. Francesco era già nel primo cubicolo, il membro eretto in mano, il suono del suo respiro pesante che echeggiava contro le piastrelle fredde. Quando Mario entrò, chiudendo la porta con un clic che risuonò come un colpo di pistola, Francesco non perse tempo. “Inginocchiati, puttana,” ordinò, la voce un ringhio basso che vibrava di dominio. Mario obbedì, gli occhi lucidi di sottomissione, e prese il membro di Francesco in bocca, il calore umido che lo avvolse come seta liquida. Francesco lo afferrò per i capelli, scopandolo in bocca con una forza che faceva gemere Mario, i suoni soffocati che si mescolavano al rumore di passi nel corridoio. Le voci di due professori che chiacchieravano fuori dalla porta – un tono nasale e un altro più grave – accendevano l’adrenalina, rendendo ogni affondo più frenetico. Francesco sentì il piacere montare, un’onda che lo travolse, e con un ultimo colpo sborrò nella bocca di Mario, il sapore salato che lo fece tremare mentre Mario ingoiava tutto, il respiro ansante che gli scuoteva il petto.
Francesco si ricompose in fretta, il suono della cerniera che si chiudeva come un punto fermo. “Ci vediamo stasera,” disse, uscendo dal cubicolo proprio mentre la porta del bagno si apriva e due colleghi entravano, ignari del fuoco che aveva appena consumato lo spazio. Mario rimase lì, il sapore di Francesco ancora sulle labbra, il cuore che martellava come un tamburo.
Quella sera, Christine tornò a casa, l’appartamento avvolto dal profumo di incenso e cera fusa. Le luci soffuse proiettavano ombre danzanti sui quadri espliciti alle pareti, ogni figura un’eco della sua notte precedente. Ma l’aria era diversa, carica di un’elettricità che le fece accapponare la pelle. Sul tavolo della cucina trovò un messaggio anonimo, una foto stampata di lei e Francesco al Nautilus, i loro corpi vicini sotto le luci al neon. Il cuore le balzò in gola, un misto di paura ed eccitazione che le fece tremare le mani. Poi, un rumore: un fruscio dalla camera da letto, come il suono di un tessuto che sfrega contro la pelle. Qualcuno era lì. Il respiro le si mozzò, ma il pensiero di Francesco, del suo ordine di prepararsi, le accese un fuoco dentro. Chiunque fosse, la notte era appena iniziata.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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