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Il piacere delle "corna".


di cuckold211
31.01.2021    |    19.673    |    11 9.6
"Lo leccava tutto e, quando è arrivata a imboccare la cappella, il suo viso s'è trasformato; ora era lei a far pressione per imboccare più minchia possibile..."
Questa che andrete a leggere è ancora una storia trasmessami dall'utente siculo che ha voluto restare anonimo. Sì, avete capito bene: si tratta dello stesso autore di "Sei proprio sicuro che le vuoi...?", "Verso nuove avventure ed altre...", "Ancora altre..." e "Ecco uno che ne ha... almeno quanto me". Questo racconto si discosta dagli altri perché non vissuto sulla propria pelle, ma narratogli da un amico. Vi assicuro che è bello e val la pena di leggerlo.

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Sono nato in un paesino del centro Sicilia; un paese che nei primi anni 80 non contava più di 1.500 anime.
Sono Salvo e, all'epoca del fatto avevo 12 anni; mio padre era un muratore e mia madre casalinga; mio padre, un uomo di carattere mite, bonaccione, mia madre, una donna di una bellezza mediterranea straordinaria: alta più di m. 1.72, di un colorito olivastro, un seno di quarta misura, capelli e occhi neri.
Una donna che, quando si percorreva il corso principale, tutti si giravano a guardare.
In quegli anni, si era diffuso il malcostume dell'abusivismo edilizio e gli scioperi per la mancata sanatoria, avevano mandato in crisi quel settore.
Si costruivano solo grossi palazzi o interi quartieri e così, come in tutto il sud, lavoravano i soli costruttori finanziariamente potenti; erano persone spesso in combutta tra loro e protette dalla mafia.
Mio padre, quindi, si ritrovò disoccupato e quello fu un periodo davvero brutto. I miei nonni avevano una casetta in periferia, un casolare di campagna, che mio padre, con il suo lavoro, aveva reso degnamente abitabile: era circondato da un giardino ed aveva finestre in ogni stanza; il tutto era costituito da quattro stanze, cucina, camera da letto, cameretta per me e mia sorella, e bagno.
In più c'era un soppalco, nel quale mio padre avrebbe voluto ricavare un'altra stanza per me, così da dividermi da mia sorella, ma restò solo progetto, in quanto non entravano soldi a sufficienza.
Abitavamo lì e ringrazio Dio che avevamo questa casetta, dato il momento.
Nel mese di agosto, nel paese si organizza la festa del patrono; tre giorni di festa in cui, con l'aiuto dei nonni, mia madre comprava qualche vestito nuovo per noi figli, ma anche per lei e mio padre, che poi si riduceva ad indossare sempre quello.
La sera si usciva a passeggiare nel corso principale, e lì si verificava lo "struscio", cioè la sfilata e l'ostentazione di chi era più elegante.
Mia madre aveva comprato un vestitino nero a fiori, sopra il ginocchio, senza maniche che metteva in evidenza un po' del suo seno prosperoso.
Ai piedi aveva dei sandali con tacco normale, perché, altrimenti, mio padre avrebbe sfigurato al suo fianco.

Quella sera, non per vantarmi, non c'erano uomini che non si giravano a guardarla, ed io notavo quelle occhiate, perché ero già entrato nelle dinamiche della sensualità. Avevo sfogliato qualche giornale porno e, con i miei amici, già si facevano discorsi sul sesso.
Mentre passeggiavamo, incontriamo un tipo con la moglie sottobraccio; mio padre, appena lo vede, lo saluta con affabilità, ma anche tanto ossequio; l'altro non rivolgeva per niente lo sguardo a mio padre, perché i suoi occhi erano fissi su mia madre.
Il tipo si ferma e saluta i miei genitori; mio padre approfitta per chiedergli che, trovandosi per il momento libero, se ce ne fosse stata possibilità, avrebbe accettato di lavorare per lui, in uno dei suoi cantieri edili.
Quello, intanto, non levava gli occhi di dosso a mia madre, e gli risponde:
"Certo... vedremo".
A quel tempo, i cellulari ancora non esistevano e, quindi, dovette fornirgli l'indirizzo di dove abitavamo, affinché, se se ne fosse presentata la possibilità, sarebbe passato a chiamarlo.
La moglie, una donna grassa e tronfia, tutta ingioiellata, ci guardava appena, dall'alto della sua superiorità.
Forse, in realtà, invidiava di gran lunga la bellezza e sensualità di mia madre.

Dopo qualche settimana, era di sera, arriva una Mercedes davanti la porta e chiama mio padre per nome; noi per abitudine tenevamo la porta aperta fino a che non si andava a letto; si era d'estate e queste erano le nostre usanze.
Mia madre esce e lui chiede di mio padre; mia madre, per puro spirito di rispetto, lo invita ad entrare in casa.
Mio padre era esageratamente ossequioso e cercava di esser ancor più deferente cercando di offrirgli qualcosa, ma c'era ben poco in casa, al di là di qualche bicchiere di vino.
Lui si siede al tavolo e gli comunica che può andare a lavorare da lui, anche l'indomani mattina, ma aveva bisogno di alcuni documenti che sarebbe passato a ritirare nei prossimi giorni.
Mio padre quella sera era raggiante; non sapeva più cosa dire per ringraziare, anche mia madre ringraziava, ma lui continuava a non toglierle gli occhi di dosso.
Quella sera aveva un vestitino tipo grembiule, allacciato davanti: risultava visibile un po' di reggiseno, del resto si era nel mese di agosto e faceva un caldo bestiale.
Dopo un paio di giorni, lui passa da casa verso le 10 di mattina, per il ritiro dei documenti. Mia madre, sempre per deferenza, lo fa entrare e gli offre un caffè; io e mia sorella eravamo nel giardino; appena lui entra, entro anch'io; lui, però, mi accarezza la testa e mi dà mille lire, dicendomi:
"Andate a comprarvi il gelato, tu e tua sorella".
Mia madre ci invita a ringraziare ed andare.
Quando siamo tornati, lui non c'era più, ma mia madre aveva un aspetto un po' strano: sembrava inebetita, aveva lo sguardo nel vuoto.

Passano un po' di giorni ed un sabato pomeriggio, lui torna a casa.
C'era mio padre, lui gli porta i soldi della settimana lavorativa e mio padre, al solito, gli riservava modi quasi da venerazione.
Mia madre, invece, non lo guardava, era di spalle a fare il caffè con la moka.
Mia sorella si trovava da nonna, che abitava a circa 500 metri da noi, nelle prime case del Paese.
Io esco e vado nel giardino; lascio lui e mio padre seduti al tavolo della cucina e mia madre che trafficava, sempre dandogli le spalle.
La finestra era aperta ed io, dal giardino, vedevo mia madre, mentre sentivo i due parlare.
Stavo cercando di aggiustare la bicicletta, quando vedo lui dietro mia madre, che le bacia il collo sotto l'orecchio.
Mi si gela il sangue: come poteva osare tanto, davanti a mio padre?
Faccio il giro per entrare in casa, e vedo mio padre che stava prendendo qualcosa dentro la Mercedes.
Non so perché, ma mi sono bloccato e sono ritornato al mio posto.
Mia madre era di nuovo sola
Nel mentre, sento mio padre che gli diceva di non aver trovato quella certa cosa.
Tutto questo l'ho poi metabolizzato negli anni, cercando di capire veramente cosa potesse esser successo.
Il lunedì mattina mia madre ci manda da nonna, dicendo che doveva sbrigare delle cose e non si sentiva tranquilla a lasciarci soli; poi sarebbe passata a prenderci.
Questo fatto di mandarci da nonna, si verificava un paio di volte a settimana,
finché cominciò la scuola e, poi, non successe più.
Dopo qualche mese, che era cominciata la scuola, una mattina non ci fanno entrare per la periodica disinfettazione.

Io, dopo aver giocato con i compagni per qualche oretta, me ne torno a casa; quando giungo vicino casa, vedo la Mercedes davanti la porta.
Mi viene subito un brutto presentimento; mi avvicino alla finestra della cucina e lì vedo una scena che mi gela il sangue: mia madre, abbassata sui talloni, lui con pantaloni e mutande ai piedi, ed un cazzo che, oggi, potrei definire da attore porno, in bocca a mia madre.
Lui, con una mano dietro la sua testa, le diceva: "Suca, sucami a minchia!"; lei pompava e con la testa faceva su e giù.
Io ero paralizzato, ma sentivo un'eccitazione salirmi nel cervello; il cazzetto mi diventava sempre più duro.
Dopo un po' la fa alzare; aveva il grembiule slacciato, era senza mutande e le si vedeva un cespuglio di pelo sulla figa.
Lui la fa girare e appoggiare al tavolo; le si mette dietro e comincia a fotterla; lei gli diceva: "Piano!", ma lui rideva e le diceva parolacce, tipo:
"Buttanazza, sucaminchia, ti piace sta minchia? Nu' curnutu i tu maritu, quannu ti fa saziari?"
Poi dopo un po', aggiunge "Girati che ti sburru na faccia" lei si rigira e lui le ricopre il viso con una sborrata da cavallo.
Poi con il grembiule di mia madre, si pulisce il cazzo e le dice:
"Va.... lavati.a faccia, ca mi staiu vuomitando".
Dopo che si è sistemato e lei è ritornata dal bagno, le dice che adesso deve andare via, ma che si sarebbero visti lunedì mattina.
Sabato pomeriggio, viene a casa a portare i soldi a mio padre, come niente fosse, ma, ogni volta che veniva, era sempre più autoritario; io lo odiavo, ma non volevo far capire che sapevo, perché pensavo al lavoro di mio padre e, se fosse emersa qualcosa, si rischiava lo sfacelo in famiglia.
Però, credo anche che quei pensieri, per me, erano solo pretesti, perché le seghe che mi facevo, sulla scorta di quello che avevo visto, erano tremende.
Mi eccitava un sacco che il tizio usasse tanta boria, scherzando con mio padre, per come lo prendeva in giro; purtroppo mio padre non capiva: lo riteneva un amico.

Lunedì mattina esco per andare a scuola, ma il mio cervello è a casa, a spiare da quella finestra, nascosto come un ladro.
Era il segreto della mia vita, ma proprio non sapevo cosa avrei fatto quando sarei arrivato davanti al cancello: sarei entrato o, preso da un ripensamento, vi avrei rinunciato, ritornando sui miei passi?
Quando arrivo a casa, ancora lui non c'è; guardo dentro la cucina, mia madre non c'era, perché in bagno: sentivo, dietro la finestra del bagno, il rumore della doccia in funzione.
Pensavo: se fossero andati nella camera da letto, come avrei fatto a guardarli? D'un tratto sento la macchina arrivare; giro lungo il perimetro della casa e, all'altezza della camera da letto, spingo un po' la persiana, così da avere la visuale del letto, quando sarebbero entrati.
Poi, ritorno dietro la finestra della cucina e vedo mia madre e lui abbracciati, che si baciavano, con tanto di lingua in bocca.
Lui la tirava a sé e lei, con indosso una gonna sopra il ginocchio, molto aderente, e una camicia bianca, era fresca di doccia e profumata, e con i capelli ancora bagnati.
Lui era più alto di lei e la stringeva e baciava con vera passione.
Lei, con un sorrisino da maliarda, gli dice che le sta bucando la pancia con il suo cazzone.
Si sposta un po' e gli sbottona i pantaloni; poi si abbassa e comincia a fargli un pompino. Lui le afferra la testa e le impone il ritmo, mentre prende a dirle parolacce.
Dopo un po', lei gli mette le mani dietro il culo e se lo tirava, mentre pompava; vedere mia madre in quella posizione, mi dava delle sensazioni da infarto; provavo, nello stesso tempo, rabbia e disgusto, ma provavo anche un'eccitazione tale da sborrare senza toccarmi; mi uscivano poche gocce di liquido ed il cazzetto non perdeva l'erezione.
Dopo un po', lei si alza, lui si siede e lei, dopo aver tirato su la gonna, si siede su di lui, dandogli le spalle; non aveva le mutande, lui le apre la camicia, abbassa il reggiseno e comincia la cavalcata, con lui che le impastava le tette.
Mia madre era una donna bellissima, ma in quella posizione sembrava un'attrice porno: dava degli affondi che facevano rischiare di rompere la sedia e finire per terra.
Dopo un po', lui la fa togliere da quella posizione e la mette sulla tavola, con le gambe poggiate sulle sue spalle. In quella posizione vedevo quel cilindro enorme che entrava e usciva ricoperto da umori bianchi e lui che, per fottere meglio, era costretto ad alzarsi sulle punte dei piedi.
Lei gli diceva: "Futtimi... futtimi...", lui le rispondeva: "Minchia che troia che sei... non ti basta mai..." poi se ne esce dalla fica e le sborra sulla pancia, insozzando gonna e camicia; lei scende dal tavolo e gli dice:
"Aspetta che te lo pulisco" e se lo mette in bocca, in modo da eliminare ogni residuo.
Stavolta lui non le dice niente; si sistema e avverte che deve andare.

Passa un po' di tempo ed io non sempre riuscivo a spiare; poi, con l'inverno, chiudevano tutto e, certe volte, potevo solo origliare, ma senza poterli vedere.
Lui ogni volta che veniva era sempre più autoritario con mio padre; sembrava fosse un suo schiavo, lo trattava come una cosa di sua proprietà al punto che, quando arrivava, baciava mia madre sulla guancia davanti a lui, senza preoccuparsi di poter suscitare in lui sentimenti di gelosia. Sembrava il padrone di casa.
Eravamo di nuovo in primavera; io speravo che lasciassero aperta la finestra, magari anche solo uno spiraglio, per poter guardare.
Un giorno, eravamo nel mese di maggio, io e mia sorella eravamo a casa; nel pomeriggio mia madre era in cucina che guardava la tv. Arriva lui ed io entro in cucina, e lui mi dice:
"Me le vai a comprare le sigarette? Tieni i soldi, così ti compri il gelato"; mia madre gli dice che c'era pure mia sorella e lui aggiunge: "Allora andateci assieme, così ve lo comprate tutt'e due".
Noi andiamo, però, appena fuori, do i soldi a mia sorella e le dico:
"Vai tu... io devo parlare con il mio amico; appena ritorni ci vediamo qui".
Mia sorella, più piccola di due anni, prende i soldi e va; io mi sistemo al mio posto di osservazione e li sento litigare; mia madre che gli diceva:
"Ma mi hai preso per una "buttana"? Lo sa solo Dio quanto mi sento in colpa ogni volta che tradisco mio marito". Ma lui dice:
"Ma lo capisci che non gli si può dire di no? Se tuo marito lavora è per merito suo e se gli diciamo di no, solo Dio sa quello come la prende; lo capisci che quello comanda mezza Sicilia?"
Mia madre piangeva e diceva che con lui ci stava, perché provava dei sentimenti di riconoscenza, ma non se la sentiva di andare a letto con altri.
Poi lui l'ha abbracciata e le ha detto:
"Neanch'io vorrei che altri ti mettessero le mani addosso, ma a questo non gli si può dire di no"; mia madre gli risponde con la logica tipica delle donne:
"Ma questo, come ha fatto a sapere della nostra tresca?" e lui:
"Non lo so, ma lui sa sempre tutto e quando me l'ha detto, me l'ha ordinato".
Mia madre, piangendo, gli chiede con rassegnazione quando sarebbe dovuto avvenire l'incontro.
Lui dice che, se per lei va bene, anche l'indomani mattina; lei dice di no, perché le erano venute le mestruazioni e, per qualche settimana, proprio non poteva.

Nel frattempo vedo mia sorella da lontano; le vado incontro e rientriamo.
Mia madre era rossa in viso ed aveva gli occhi pieni di lagrime; noi diamo le sigarette ed io e mia sorella ritorniamo in camera. Sento lui che, a bassa voce, dice a mia madre: "Facciamo per martedì?" e lei risponde: "Va bene".
Ancora non avevo l'età per capire cosa stesse succedendo, ma avevo capito che c'era qualcosa che mia madre non voleva fare e lui la obbligava con il ricatto. Questa cosa doveva succedere il martedì prossimo.
Avevo paura; non sapevo che fare. Il martedì mattina, usciamo per andare a scuola io e mia sorella. Appena mia sorella entra a scuola, io ritorno a casa e mi nascondo nel solito posto, aspettando quello che doveva succedere.
Verso le 10.30 arriva la macchina, guardo dal mio posto e vedo che il tizio non è solo; insieme a lui c'è un altro, alto sul m.1.90, con i capelli rossi, occhiali da sole, pantaloni bianchi e camicia nera.
Lui era molto ossequioso nei confronti di questo tipo, che era un omone da mettere soggezione solo a guardarlo.

Mia madre era in gonna nera a tubino, scarpe con tacco, camicia bianca e calze che, col tempo, ho saputo essere quelle dette autoreggenti.
Era una gran bella donna, sprizzava sensualità da tutti i pori.
Quando sono entrati, meno male che le finestre avevano l'interno aperto e, alzando un po' le tapparelle, anche dall'esterno, vi si poteva sbirciare.
Lui gli presenta la mamma; il tipo le prende una mano e le dice che l'aveva sempre vista da lontano, ma da vicino era una cosa meravigliosa.
Mia madre ringrazia e poi gli chiede se gradisse un caffè. L'amante di mia madre dice:
"Devo andare a sbrigare delle cose" e, di conseguenza, chiede verso che ora doveva tornare a prenderlo; e lui gli risponde: "Fra un paio d'ore".
Prima di andare fa l'occhiolino a mia madre e le dice:
"Preparati che c'è da risolvere un grosso problema".
E tutt'e due gli uomini si mettono a ridere.

Una volta soli, lui la tira a sé, le passa il braccio dietro la schiena e prova a baciarla; mia madre gira la faccia e gli dice:
"Che fa?" lui allora le prende il mento, vi avvicina le labbra e poi le dice, con fare minaccioso:
"Non lo fare più di rifiutarmi!"
E le infila la lingua in bocca; dopo qualche minuto, mia madre ricambiava il bacio; lui le chiede dove sia la camera da letto, ma lei voleva restare in cucina; allora lui insiste dicendo che quando fotte, vuole farlo comodo.
Così, vanno in camera da letto; io giro e vado dietro la finestra, con addosso una paura tremenda; non so perché, ma questa vicenda mi metteva paura.
Inoltre la finestra che dava nella camera da letto era un po' più in alto e dovevo salire su un paio di mattoni, che, in precedenza, avevo lì sistemato.
Lascio passare qualche minuto prima di spiare e li sento parlare; lui dice che era un gran pezzo di sticchio... come ha fatto a prendere per marito stu scimunitu? Mia madre gli risponde che erano giovani e che il marito era stato sempre un brav'uomo.
Poi sento mia madre che dice: "Minchia che grosso! Con stu cazzu mi spacchi in due?" Lui ride e le dice, sempre in dialetto:
"Tu preparati, e vedrai che lo prendi tutto".
Io a quel punto non ce l'ho fatta più e, facendo tanta attenzione, mi metto a spiare: erano nudi tutt'e due; lui disteso e mia madre con la faccia fra le sue palle che gliele succhiava; in mano teneva un coso impressionante, tutto bianco con i peli rossi, una cappella che sembrava un fragolone per come era rossa.
La mano di mia madre non riusciva a chiudersi intorno a quel cazzo, ma, guardandole il viso, non l'avevo mai vista così: aveva un viso strano e gli occhi che sembrava stessero per uscirle fuori dalle orbite.
Lo leccava tutto e, quando è arrivata a imboccare la cappella, il suo viso s'è trasformato; ora era lei a far pressione per imboccare più minchia possibile.
Lui, con la mano sulla testa, la spingeva, dicendole tutto e di più, sempre in dialetto.
Lei era in ginocchio sul letto e succhiava, senza dar peso a ciò che le veniva detto.
Dopo un po' lui la fa distendere e si fionda con il viso fra le sue cosce; prende a leccale la figa e, mentre lo faceva, diceva:
"Chi si buttana... ti sburrasti tutta sulu a sucarmi a minchia?"
Poi si mette fra le sue cosce, le appoggia la cappella nella spacca, fa un po' di pressione e entra la cappella e un po' di cazzo; lei comincia a strillare di far piano, perché si faceva male, ma lui, imperterrito, le si lancia addosso, le mette la lingua in bocca, e le dà la botta finale.

Dovette averle fatto male per davvero, perché ho visto che quasi voleva sottrarsi da sotto, ma lui si ferma con il cazzo piantato in figa, finché lei si calma un po', poi si solleva, lei piangeva dicendogli che le aveva fatto male, ma, intanto, stava ferma. Lui, allora, ha cominciato pian piano a limare, finché lei si è rilassata e gli avvolge le gambe sulla schiena.
Dopo un bel po', lui le dice:
"Girati a pecora", lei obbedisce sistemandosi a pecora, con la faccia affondata nel cuscino e il culo all'insù. A vederla così era come guardare una delle migliori dive in auge in quel momento: quasi superava la Bellucci.
Lui le si mette dietro, le infila la cappella, poi la tiene per i fianchi e glielo infila tutto. Lei ha uno scatto in avanti e batte la testa sulla testata del letto; lui la tiene stretta e le dice:
"Unni vai, statti ferma; ca ta cazzi nesciri di bocca la minchia!"
Lei, singhiozzando, gli dice che la stava rompendo tutta; mentre la sbatteva dice che vuole sborrarle in bocca e che deve bere tutto.
Lei non risponde; aveva quel coso che non le consentiva di emetter suono.
Dopo un bel po', lui se ne esce, scende dal letto e le dice:
"Vieni a prenderlo in bocca", lei si mette il cazzo in bocca e lui, tenendole la testa ferma mentre sborra, le dice:
"Se ne lasci anche una goccia, ti prendo a schiaffi".
Lei ingoiò tutto, ma lui non la lasciava, finché il cazzo non gli si fu ammosciato.

Mia madre era diventata anche l'amante di questo tipo, che, per fortuna, negli anni 90 è finito in carcere.
Io, a 19 anni, sono partito per militare a La Spezia.
In una giornata libera, vado con amici a Milano, e lì conosciamo un gruppo di ragazze, fra cui una ragazza di Palermo, che viveva con la famiglia in Lombardia.
Ci mettiamo assieme ed oggi è mia moglie; dopo che sono nati i miei due figli, riesco a convincerla che mi sarebbe piaciuto vederla scopare con un altro uomo.
Praticamente oggi sono un cuck: mia moglie è una gran bella donna e di tanto in tanto mi fa cornuto, ma poi mi racconta tutto, senza nascondermi niente.

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