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Lui & Lei

Il rientro da Cecina


di cuckold211
07.04.2018    |    6.136    |    2 9.4
""Ma, tesoro mio, quel tuo gesto lo avrà fatto eccitare: non ti sapevo esibizionista" aggiunsi e lei in risposta: "Quindi?..."
Quei due giorni di lontananza da Loredana li trascorsi come un sonnambulo, finché fui scosso dallo squillo del telefono a mezzo del quale mia moglie comunicava l'ora d'arrivo a Napoli. Ero sul binario ad attenderla e... eccola lì... più bella che mai.
Appena mi vide, mi corse incontro e ci abbracciammo con il trasporto di chi non si vede da anni. Poi si staccò da me e disse: "Dai! Andiamo a casa... non vedo l'ora di raccontarti ogni cosa".
In auto mi appoggiò la mano sinistra sulla patta, dicendo: "Come sta il mio tesoro?" ed io "Annaspa, perché sta disperatamente cercando di ritrovare il tepore della sua micetta che lo ha abbandonato".
Ella continuava a massaggiare la protuberanza che avevo fra le gambe e premeva contro la stoffa dura dei jeans
Giunti al casello autostradale, feci per toglierle la mano, ma lei insistette a tenerla lì dov'era, a dispetto del casellante che vide e le sorrise con evidente compiacimento.
Ella sostenne lo sguardo e corrispose al sorriso con malcelata malizia.
Quel suo comportamento era nuovo per me: mai, per il passato, era stata così sfrontata ed aveva sempre tenuto il contegno che si addice alle signore perbene.
Le chiesi ragione ed ella rispose con assoluto candore: "Quando si ama, non è giusto nasconderlo, ma... anzi, è possibile che quella ostentazione solleciti a fare altrettanto".
"Ma, tesoro mio, quel tuo gesto lo avrà fatto eccitare: non ti sapevo esibizionista" aggiunsi e lei in risposta:
"Quindi?... Quando tornerà a casa, avrà desiderio di far l'amore con la moglie"
"Forse... ma, intanto, quello si è eccitato per te"
"E allora? Forse che a te dispiace?"
"Assolutamente no... lo sai... ma, ripeto, non ti sapevo esibizionista e, poi, stai divagando dal discorso".
Prese a parlarmi di Enrico, ricordandomi (vedi: Il toscano di Cecina) quando, in estate, di lui aveva detto che sembrava avesse due personalità: romantico e dolce, finché avevano ballato, e ardito e passionale, quando ebbe modo di averla nuda fra le braccia, tanto da averla presa quasi con brutalità, e concluse dicendo "Pensa, ad esempio, al dr. Jekill e Mr. Hyde", e riprese a raccontare.
Appena giunta a Firenze, egli era lì ad aspettarmi: mi ha abbracciato e baciato a lungo, senza curarsi delle persone che ci passavano accanto sorprese dall'ardore che ci metteva. Poi mi ha condotto per mano al parcheggio e, da perfetto gentiluomo, mi ha aperto la portiera.
Una volta al volante, ha preso la mia mano sinistra e se l'è messa sulla patta: ho avvertito subito il turgore della sua verga e, vergognosa, guardandomi attorno, gli ho detto:
"Che fai? Sei impazzito? Se qualcuno ci vede?"
"Buon per lui! Io non ho problemi e gradirei che anche tu non ne avessi"
A quelle sue parole si inserì il mio pensiero: ecco da dove proveniva quel cambiamento di mia moglie; era stato lui a plagiarla.
Effettivamente - continuò a raccontare Lory - non me ne importava granché e, se a lui piaceva così, perché non accontentarlo?
Partimmo alla volta di Cecina e lungo il percorso, tenendogli sempre la mano sul pene, volle sapere di noi, me e te, di come ci eravamo svegliati quella mattina alla luce dell'avventura che presto ci avrebbe coinvolti, me quale soggetto pronto al piacere e te ad attendere passivamente la sua conclusione.
Gli ho raccontato che ero stata svegliata dal solletico, molto caratteristico, che si prova quando una bocca si appoggia a baciare l'orifizio vulvare... il solletico strano, costante, persistente che mi fece schiudere gli occhi... ero nuda, a cosce divaricate ed offrivo a te, amore, il più bello spettacolo che si possa immaginare e tu, consapevole che presto mi sarei svegliata, continuavi a leccarmela, mentre ti masturbavi; con la lingua aprivi le piccole ali della farfalla, frugando tutt'intorno e dentro l'orifizio, provocando fremiti convulsi al mio corpo che avrebbe voluto che quel momento non finisse più, fosse eterno. Quando hai preso in bocca il bottoncino che, sai bene, mi fa letteralmente delirare e lo hai succhiato, ho avuto un orgasmo quasi animalesco, cui rispondesti inondandomi l'esterno della vagina del tuo sperma.
Avevo appena finito di raccontare del nostro amplesso di ieri mattina, che egli ha accostato e fermato l'auto lungo il fianco di un parco. Mi ha preso per mano e mi ha condotto lungo i viali, finché non ha trovato una panchina, dove ci siamo seduti ed ha preso a mangiarmi bocca e lingua, mentre rimetteva la mia mano sul pena. Ebbi come una scossa: lo aveva tirato fuori dai pantaloni, nudo, proteso e caldo, irresistibilmente caldo.
"Ma Enrico - protestai - se passa qualcuno?"
"Non temere! A me piace così; anzi..." fece seguire alle parole il gesto impositivo di prendermi per la nuca e spingere la testa sul suo grembo. L'eccitazione era tanta, per cui non insistetti più di tanto: lo presi in bocca e lo fagocitai da ingorda; sentii dei passi vicini, sulla ghiaia; non m'importava più chi potesse essere e continuai quello che stavo facendo.
Che vergogna, tesoro... udii la voce di una donna che diceva: "Che sfrontati! Invece di farlo a casa loro, devono farlo qui?"
Quando mi riempì la bocca di sperma, dovetti ingoiare per timore di sporcare il vestito. Poi ci ricomponemmo e guardandoci negli occhi, scoppiammo a ridere.
Ritornammo in auto, ma poco dopo ci fermammo in un agriturismo, per non saltare il pranzo.
Appena fornita la "comanda" al cameriere, per vero un bel ragazzo dagli occhi azzurri che non mi toglieva gli occhi di dosso, gli altri avventori presero ad andar via.
Avevamo ordinato solo un antipasto ed un primo e, mentre consumavamo quelle pietanze, essendo rimasti soli nella sala, dovetti ingaggiare una lotta con Enrico, perché ora mi scopriva le tette, ora le gambe fino all'inguine.
Il cameriere era tornato a sparecchiare, quando quel porco di Enrico, con un movimento inaspettato, tirò giù l'orlo del vestito, facendolo scendere al di sotto dei seni nudi.
Agli occhi del giovane, incredulo, apparvero, in tutto il loro splendore, i miei globi sormontati da capezzoli duri, contornati da areole brune, che risaltavano su quelle pallide dune.
Con un sorriso di circostanza, guardai verso il ragazzo e ricoprii il petto, dicendo:
"Scusalo... mio marito, a volte, è come un bambino, uno zuzzurellone e non pensa che queste sue azioni possano scandalizzare".
Al che il giovane: "Scandalizzare? Ma che dice, signora? Lei ha delle tette che sarebbe 'scandalo' non mostrarle e... scusi l'ardire... non immagina quanto mi piacerebbe titillare con la lingua quelle superbe fragole che ha voluto nascondere alla vista".
Era quasi implorante l'espressione usata, per cui abbassai di nuovo il vestito; egli prese le mammelle con le mani e le omaggiò di tanti baci, leccate e succhiate ai capezzoli. Si era tirato il fallo fuori dai pantaloni per masturbarsi, ma quell'operazione mi avrebbe sottratto il piacere che provavo, così gli dissi:
"Continua pure come stavi facendo... a lui, penso io"; bastarono pochi va e vieni che mi scoppiò in mano.
Enrico aveva uno sguardo estasiato... mi guardava con il desiderio che leggo nei tuoi occhi, quando assisti a qualche mia performance. Eravamo talmente eccitati che non potevamo proprio permetterci di proseguire il viaggio. Così decidemmo di prendere una camera lì, nell'agriturismo, per calmare i bollenti spiriti che avevano raggiunto livelli insopportabili.
Appena in camera volevo servirmi della toilette per darmi una rinfrescata, ma Enrico me lo impedì; mi strappò via gli slip e prese a leccarmela con la furia dettata dalla lussuria, quasi fosse una leccornia da gustare subito, per tema che qualcuno potesse portargliela via.
Non ce la facevo più... lo volevo dentro di me e glielo dissi: "Dai! Prendimi e fammi godere tanto, che è ciò che mi ha raccomandato mio marito".
Finalmente lo sentii entrare e riempirmi fin in fondo all'utero; accompagnai quella penetrazione con un lungo mugolio di soddisfazione; mi sentivo completamente riempita da quel fallo come lo ricordavo da quella lontana sera d'estate; emisi tanti gridolini di piacere e gli piazzai le mani sulle chiappe, artigliandole con le unghie in una stretta bestiale.
Probabilmente avevo gli occhi estatici, durante quella copula, quando Enrico se ne uscì con questa frase:
"Niente male il cameriere, vero?"
"Oh, sì, mi è piaciuto da subito e tu?... che figura mi hai fatto fare! Mettergli le mie mammelle sotto gli occhi... sei porco quasi quanto mio marito..."
"E' quello che volevo sentirti dire, mia adorata... dobbiamo festeggiare..." si fermò, prese la cornetta del telefono e chiese che ci fosse portata una bottiglia di spumante.
Riprese a cavalcarmi con irruenza; non ricordo: avevo forse goduto già 3 o 4 volte, quando sentii bussare alla porta.
"Non muoverti da questa posizione, né permetterti di coprirti!" intimò Enrico con fare autoritario.
Andò ad aprire; in camera entrò il cameriere di poco prima, cui fu ordinato di riempire le coppe.
Ero rimasta supina, sul letto, completamente nuda, a cosce aperte. Era evidente quanto quel cameriere fosse emozionato ed eccitato per la scena che gli si presentava davanti... quasi non riusciva a stappare la bottiglia e, una volta riuscitoci, il tappo partì e con esso lo spumante che mi bagnò i piedi.
Si sentiva il ticchettio che faceva il collo della bottiglia sul bordo delle coppe... Enrico era seduto sulla poltroncina della stanza e quando, dopo aver servito me, il cameriere gli porse la coppa, disse:
"Dimmi sinceramente: ti piace mia moglie?"
"Hummmmmmm - farfugliò dapprima il giovane, poi aggiunse - Non sono mica frocio: come potrebbe non piacermi una donna così?"
Enrico allora riprese: "Bevila tu questa coppa e festeggia con noi... spogliati e ripuliscile i piedi che hai bagnato con lo spumante; poi scopala... è tua... ma, bada, devi farla godere tanto, altrimenti ti sbatto fuori a calci nel culo".
Al ragazzo non parve vero: trangugiò lo spumante; fu nudo in un battibaleno; prese a leccarmi i piedi come un cagnolino; salì lungo le cosce fino a raggiungere il mio nido d'amore, lo baciò e leccò in lungo e in largo, mentre ero presa da brividi in tutto il corpo; mi girò sulla pancia e mi allargò i glutei (temetti volesse sodomizzarmi), invece leccò l'ano con una dolcezza mai provata prima e, di tanto in tanto, affondava la punta della lingua nel mio buchetto.
Ormai godevo senza ritegno e cominciai a desiderare di sentirlo nel ventre... glielo dissi ed egli mi girò ancora per distendersi sul mio corpo, poi, aggrappato come l'edera al muro, mi rivoltò in modo da costringermi a coprirlo a mia volta. Ero su di lui e per me fu facile cavalcarlo. Era magnificamente duro e possente ed io me lo gustavo, mentre lo sentivo entrare ed uscire con una lentezza, a dir poco, esasperante; cavalcavo quel ragazzo con eccitata passione, mentre Enrico, da dietro, sicuramente godeva dello spettacolo della mia vagina impalata dal fallo del cameriere. Fui inondata dal suo sperma ed Enrico era sempre lì ad ammirare lo scorrere del piacere lungo l'asta che mi penetrava.
Oh, tesoro mio, quanto ho desiderato che, in quel momento, fossi lì a raccogliere con la lingua i nostri godimenti!
Loredana smise di raccontare, anche perché eravamo giunti a casa, ed io, eccitato all'inverosimile, mi ritrovai ad elucubrare sulla sua ultima frase: a Loredana, quindi, avrebbe fatto piacere che potessi ripulirle la vagina, aspirando con la bocca gli umori che aveva emesso durante la copula, ma, a maggior ragione, se frammisti allo sperma che le era stato schizzato dall'altro? Quando e come aveva concepito questa fantasia? L'aveva buttata lì, per l'eccitazione del momento o lo desiderava per davvero?
Appena chiusa la porta alle nostre spalle, la presi in braccio e la deposi sul nostro letto; la spogliai con la stessa delicatezza che usa un collezionista nel maneggiare una rarità, qualcosa di inestimabile.
Il corpo del mio amore era lì, offerto ai miei occhi ed a tutti i sensi possibili, dopo essere stato protagonista di eventi che l'avevano fatto fremere, l'avevano fatto scuotere, in preda agli spasimi del piacere.
Cosa dovevo fare? Potevo violare quell'altare di voluttà?
Fui riportato alla realtà dalla voce di mia moglie che diceva:
"Cosa aspetti, amore, vienimi sopra, come sempre, ed appoggia il tuo pene al mio fiore, tra i suoi petali, mentre proseguo nel racconto". Obbedii all'istante ed ella, appena percepì il contatto del mio membro, la fava anelante, emise un sospiro di soddisfazione infinitamente gratificante.
Lasciato l'agriturismo, giungemmo a Cecina, a casa di Enrico, e ci mettemmo a letto per dar un minimo di ristoro ai nostri corpi stanchi. Sarà stato il vino bevuto a pranzo, seguito dallo spumante, senza contare il viaggio e le varie emozioni vissute intensamente, mi addormentai subito, mentre Enrico mi cingeva, da dietro, tra le braccia.
Non so quanto ho dormito ma, una volta sveglia, sono andata in bagno per dei bisogni e subito dopo sotto la doccia. Uscii dal bagno con l'accappatoio di Enrico sul mio corpo nudo e lo trovai pronto per uscire:
"Come ti va di trascorrere la serata?" disse, proponendo due alternative: andare a cena fuori, in qualche locale, o consumare qualcosina a lume di candela lì in casa.
Optai per la seconda prospettiva raffigurandomi a far la gattina con lui, tutta nuda, a godermi le coccole che certamente si sarebbe sentito in dovere di profondere nei miei confronti.
Lo aspettai come la più classica sposina alla sua prima notte; avevo fatto volare lontano la fantasia e non nascondo che parte del tempo l'ho trascorso guardando allo specchio il mio corpo nudo ed immaginando le sue calde mani che correvano su di esso, alla ricerca di quanti più punti erogeni possibili.
Rientrò e mi chiese:
"Ancora non ti sei vestita?" ed io "Pensavo avessi piacere ad avermi nuda, per casa".
"Se splendida e lo gradisco eccome. Ma, se ti dicessi che a breve saranno qui due miei amici?"
"Scusa, ma la nostra intesa non era che avremmo trascorso la sera io e te da soli? Forse ho capito male?
"No, avevi capito bene; ma, per strada, ho incontrato gli amici ed ho pensato di farti una sorpresa. La cosa ti dà noia?"
Mangiai la foglia: ero certa che la cosiddetta "sorpresa" era, in realtà, un espediente concepito per offrirmi ai suoi amici. Cosa dovevo fare? Avrei potuto mandare a monte tutto e rovinare, così, la nostra serata, ma a che pro? Ti avevo promesso che me la sarei goduta alla grande, da autentica svergognata?
Mentre mi dibattevo in questi pensieri, sentii suonare alla porta... dovevano essere loro... sgattaiolai nuovamente in bagno. Quando sentii le loro voci in casa, finsi di non sapere che ci fosse gente ed uscii dal bagno con l'accappatoio aperto sul davanti.
"Eccomi, tesoro, sei rientrato? Oh, pardon... ma non sei solo?" dissi questo mentre facevo finta di raccattare i lembi dell'accappatoio per, maldestramente, coprire le mie nudità.
Mi avevano visto, eccome. Erano rimasti a bocca aperta e notai subito le sporgenze che andavano riempiendo i pantaloni. Poi aggiunsi:
"Scusate... vado a vestirmi"
"Assolutamente no" disse Enrico con voce stentorea, per poi aggiungere mellifluo:
"Vuoi privarci di tanta bellezza?"
Mi avevano avvicinato e, presa per mano, mi condussero al tavolo dove erano da consumare le cose prese per la cena. Ci sedemmo ai quattro lati del tavolo ed Enrico, con la sua eleganza, mi abbracciò le spalle e fece calare l'accappatoio, mentre mi ricopriva il collo e le guance di baci. Ero seduta al tavolo con loro, completamente nuda, con i seni svettanti ed i capezzoli duri come spilli, tanto erano puntuti.
Enrico mi servì la cena, come potrebbe farsi ad una regina, poi "Lory, ti dispiacerebbe mescere il vino a tutti noi?" Non potevo negarmi. Mi alzai, nuda com'ero e con la caraffa feci il giro della tavola, offrendo la completa visione del mio lato B e, nell'avvicinarmi a ciascuno di loro, osarono lambirmi i capezzoli con la bocca.
"Buon appetito" disse Enrico.
Avevamo quasi finito il pasto che l'ospite volle che gli rendessi onore, gattonando sotto il tavolo.
Quel gioco mi stava piacendo, ma mi piaceva ancor più per come veniva posto: non era per niente volgare, né coercitivo.
Spostai la mia sedia e, ginocchioni mi avvicinai a Enrico che avevo di fronte, mentre gli amici erano ai lati. Gli aprii la patta e tirai fuori il suo nerbo, che presi a leccare e succhiare come in adorazione. Notai che, nel frattempo, anche gli altri due, forse esortati da Enrico, avevano estratto i loro e perciò, dopo il primo, passai al secondo ed infine al terzo.
Ad un certo punto, sempre Enrico disse: "Basta così... siano, ora, resi onori alla regina! Lory, vuoi, per favore, sedere su questa poltrona, poggiando le tue magnifiche cosce sui rispettivi braccioli?"
Lo feci... ero aperta, spalancata, ed offrivo la vulva sfrontatamente... i volti di quegli uomini erano rubicondi, imporporati dalla libidine.
Ognuno mi si inginocchiò davanti e prese a leccarmi la vagina con la stessa devozione che va tributata ad una Dea.
Amore, sapessi quanto ho goduto, ma non è finita qui, perché poi, fui penetrata e goduta fino ad avere il sesso ricolmo di sborra.
Enrico congedò gli amici ed io scappai in bagno per cercare di espellere tutto lo sperma che mi era stato riversato dentro. Ma Enrico mi raggiunse e mi chiese di non farlo, perché in realtà, distesosi sul letto di schiena, volle che gli appoggiassi la vagina sulla bocca dicendo:
"Ora spingi... contrai il più possibile le pareti della vulva... fa in modo che lo sperma coli fuori, nella mia bocca".
Quell'operazione durò a lungo ed egli, con la lingua, sembrava un formichiere... credo me l'abbia prosciugata... poi, mi fece distendere su un fianco ed egli mi penetrò la vagina da dietro, con lentezza, delicatezza sentendolo affondare nell'altro sperma che doveva essere residuato. Lo sentivo gongolare come un bambino.
Amore, è stato bellissimo; ma ora, in ricordo di ciò che è stato, entra in me e scarica a tua volta i tuoi testicoli esacerbati.
Ecco quando e da chi era stata inculcata in mia moglie quella perversa fantasia di vedersi ripulire il sesso colante sborra.


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