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Vita da MILF


di cuckold211
26.05.2020    |    29.209    |    15 9.4
"Non ti ho mai negato niente ed a nessuno, così che altre labbra, sia di maschi che di femmine, ti hanno baciato, leccato, succhiato, dando e prendendo..."
Racconto ispirato dai ricordi di GLORIA, lei di coppia di "milfdiclassecalda".

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Eccomi... sono una milf... di classe e.... calda.... molto calda.
Frequento da un po' questo sito e leggo spesso racconti, dove le tante "lei", che si autodefiniscono "TROIE", osano mettere in piazza storie che dovrebbero restare al chiuso di un diario, riposto o nascosto il più possibile, per non far sapere di sé, delle proprie pulsioni e di certe avventure, alcune solo immaginate, ma tante altre già realizzate.
Nel leggere qua e là, mi è capitato di condividere il pensiero espresso da un utente che diceva: "la rubrica racconti erotici deve esser considerata come il confessionale di noi tutti, dove ciascuno può riversare tutte quelle fantasie o fatti realmente accaduti, che nessuno si sognerebbe di ammettere, neppure alla propria coscienza".
E' così, va riconosciuto, perché attraverso l'anonimato, assunto con un "avatar" inventato di sana pianta, si può riferire di tutto e di più, anche le cose più vergognose, senza che nessuno possa mai risalire a chi ne sia l'autore.
Ecco, quindi, che capita di leggere di uomini che confessano di adorare il cazzo al pari di donne, o donne che confessano di tradire i mariti, facendosi scopare ovunque e con chiunque capiti a tiro, compresi quei neri che, oggi, sono reperibili anche davanti ai "supermercati"; di gente che confessa di avere relazioni incestuose o di preferire, al pari di D'Annunzio, certe zozzerie tipo piscio addosso o in bocca, o leccare culi sporchi di m...a, o cazzi appena usciti da quei culi.
Ebbene io sono una di queste donne: sono sposata, non più giovanissima ed amo il cazzo di chiunque esso sia; mio marito lo sa, se ne è fatto una ragione, anzi mi ha sposato proprio perché sapeva che ero troia, perché lo sono stata fin da ragazza.
L'altro giorno, uscendo dalla doccia, ancora completamente nuda, mi sono rimirata allo specchio e, mentre mi asciugavo, ho fatto come quella della barzelletta... forse c'è qualcuno che non la conosce, quindi la racconto: guardavo allo specchio la mia silhouette, ancora più che invidiabile nonostante l'età, e tiravo le somme su quella che era stata la mia vita da libertina; guardavo la bocca e, sfiorandone i contorni con le dita, consideravo:
"Proprio non hai di che lamentarti... non ti ho mai negato niente ed a nessuno, così che altre labbra, sia di maschi che di femmine, ti hanno baciato, leccato, succhiato, dando e prendendo piacere senza fine"; poi, proseguendo a rimirarmi, sono giunta ai seni, ancora floridi e sfidanti la forza di gravità, sormontati da due capezzoli (si può dire) "tirabaci?", anche su di essi sorgeva spontanea una considerazione analoga alla prima: "Anche voi non potete proprio lamentarvi.... in quanti vi hanno desiderato vedendovi spuntare dalle mie generose scollature: di essi siete stati la gioia e la felicità, perché non ho mai esitato ad offrirvi alle loro bocche, a quelle lingue grondanti bava per la brama, e che, immediatamente, prendevano a baciarvi, leccarvi, succhiarvi";
lo sguardo, procedendo inesorabilmente nella sua ricerca, si posa sul Monte di Venere, dove una serica peluria, nasconde alla vista lo "scrigno d'amore", cui ogni maschio anela e per esso farebbe follie; lì, la considerazione affiorata alla mente, è stata di tenore diverso dalle precedenti: "Tu, mia dolce e terribile strega, quella che mi ha trasmesso voglie e piaceri infiniti, tu, mia vagina, sei quella che, prima fra tutti, proprio non hai diritto di lamentarti, perché, per venire incontro alla tua voracità, me lo son tolto dalla bocca".
Effettivamente, non vi era lembo di pelle del mio corpo che non fosse stato percorso da mani, bocche, lingue, al fine di inebriarsi dei loro odori o assaporarne gli umori; insomma, dal punto di vista sessuale, sono sempre stata molto, ma molto, esuberante.
Fin da ragazza, nonostante avessi ricevuto un'educazione piuttosto restrittiva nei confronti del sesso, in base al credo religioso che lo considerava la tentazione del "diavolo", cominciai ad avere fantasie sessuali alquanto spinte.
A casa, nella camera con me, dormiva mia sorella, con la quale, spesso, mi abbandonavo a masturbazioni che le migliori attrici porno mi avrebbero invidiato: ci masturbavamo, con le cosce oscenamente aperte, guardandoci l'un l'altra; sostituivamo la mano, la mia a lei e la sua a me; ci guardavamo le fighe e le vedevamo inumidirsi ed emettere umori, che ci impiastricciavano le mani; nei momenti clou di quei godimenti, giungevamo anche a limonarci come assatanate.
Ricordo che insieme, al mare, civettavamo per provocare questo o quello.

Quando, poi, approdai al liceo, i ragazzi divennero tutti mie prede: non lesinavo "limonate", seghe e pompini. Insomma, per quanto ero seria e brava nello studio, di pari passo riuscii a sputtanarmi, finché, una volta, con mia sorella, andammo in discoteca.
In quell'occasione ci facemmo rimorchiare da due bei ragazzi che, poi, ci scoparono assieme, nella stessa macchia: fu allora che persi la verginità.
Poi cominciai una relazione con un compagno di classe, con cui scopavo alla grande, in ogni occasione possibile.
Una volta, in gita scolastica al fiume, mi feci fotografare completamente nuda da quel compagno e, sono certa, che quelle foto fecero il giro dell'intero istituto.
Cosa volete, per me il cazzo era come una droga; proprio non ne potevo far a meno: o in mano, o in bocca e, finalmente, anche in figa, dove e quando possibile, ospitavo qualcuno, senza mai perderne nessuno.
All'ultimo anno di liceo, arrivò, nella mia stessa classe, proveniente da altra città, quello che sarebbe diventato mio marito.
Era molto carino, mi piaceva e, presto, venne a conoscenza che ero molto "monella"; la cosa, però, non lo frenò per niente nelle sue avances; si innamorò di me, mi disse poi, proprio perché ero una "troietta".
Ci sposammo e dal primo momento, molto sinceramente, volli manifestargli quella che era la mia passione per il cazzo, per cui doveva amarmi così come ero, senza condizionamenti di sorta e, semmai, assecondandomi in quella che per me aveva assunto la fisionomia della perversione.
Devo dire che, in questo, non trovai ostilità da parte sua, perché mi rispose con una frase che è rimasta stampata nella mia mente:
"Amore mio, ti ho sposato con la consapevolezza di dover vestire i panni del "cornuto", perché ti sapevo "puttana" e, per me che ti amo, questo non è un demerito, bensì un motivo aggiunto per esser fiero di te; intendo condividerti con chi e quando vorrai, ma, per favore, non rendermi "cornuto" di nascosto".
In pratica, quella, per noi, fu l'intesa su cui avrebbe trovato fondamento la nostra complicità, sia fuori che sotto le coltri del nostro talamo nuziale.
Ormai ero professoressa di Matematica/Fisica in un Liceo Classico e, memore di quando, in passato, ero io a trovarmi in quei banchi di fronte alla cattedra, guardavo i miei allievi e ne studiavo gli interessi cercando di carpire qualche loro emozione.
Essi mi dimostravano stima ed affettuosità, sia maschi che femmine, perché ero molto generosa con loro: a volte, quando chiamavo qualcuno/a alla lavagna per interrogazioni, non risparmiavo accavallamenti di cosce, tali da lasciare di stucco il/la fortunato/a di turno.
Dopo di che, vuoi passando tra i banchi o nei corridoi alla fine delle lezioni, cercavo di udire quelli che potevano essere i loro commenti sulla mia performance e, quando riuscivo a sentire qualcosa, le espressioni che usavano erano di estrema lode ed eccitazione per le mie grazie.
Ovvio, quindi, che ne fossi lusingata e chissà che quella provocata eccitazione, non trovasse soddisfazione fra gli stessi compagni/e, come mi dilettavo a fare io, ai miei tempi.
A sera, a letto con mio marito, riferivo di quelle esibizioni, di quanto mi piaceva provocare le più disparate sensazioni nei ragazzi, ed egli, "porco" non meno di me, una volta osò suggerirmi di presentarmi in classe senza mutande, così da poter far intravedere il pelo della figa.
Per vero con gli studenti non sono mai arrivata a tanto, ma il suggerimento lo applicai con un collega, in occasione dei consigli di classe.
Quel collega, professore di Storia/Filosofia, mi aveva intrigato dal primo momento che l'avevo visto, anche perché si era da subito mostrato garbato e gentile nei miei confronti: era chiaro che anch'io non gli ero indifferente.
Un giorno, secondo il suggerimento di mio marito, non indossai le mutandine e, durante il consiglio, andai a sedermi proprio di fronte a lui.
Era una giornata molto calda, che giustificava in toto la mia "mise", costituita da un vestitino leggero, senza calze e piedini nudi, ben curati, in sabot aperti.
Avevo notato che già quei piedini lo stavano eccitando oltremodo, ma volli essere ancor più audace, facendolo sbalordire. Cominciai ad accavallare e scavallare le gambe, con visuale a sua completa portata, finché, con una sfacciataggine esagerata, poggiai entrambi i piedi per terra e, essendo il vestitino risalito sulle gambe per circa una decina di centimetri, aprii le cosce, giusto quel tanto per fargliela vedere.
Mamma mia! Che espressione assunse il suo viso! Sembrava quasi avesse visto un fantasma; dentro di me, invece, gongolavo dalla soddisfazione.
Egli si alzò dal suo posto, mi venne vicino e mi invitò, per l'ora di spacco destinata alla mensa, ad accompagnarmi a lui.
Era quello che volevo e, quindi, accettai con un cenno decisamente malizioso.
Inutile dire che quel giorno restammo, entrambi, digiuni di stomaco, ma belli paghi di sesso.
Appena fuori mi portò in una pensioncina lì vicino e ci demmo dentro alla pazza gioia: lo cavalcai per l'intera ora di spacco e, fortunatamente, era munito di uno strumento bello sia di dimensione che per resistenza.
Ebbi modo di godermelo tra figa e bocca; per vero, fosse stato per lui, avrebbe anche approfittato del culo, ma, in quell'occasione, con il poco tempo a disposizione, glielo rifiutai, non senza promettergli che ne avrebbe potuto godere una prossima volta.
Non ritenete che la scaltrezza di noi donne sia di gran lunga superiore a quella di voi uomini?
In parole povere, mi ero assicurata una seconda galoppata, con inculata compresa; non vedevo l'ora che ciò avvenisse, ma, prima, avevo il dovere di informare il maritino.

(CONTINUA)

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