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I momenti di gioia (seconda parte)


di cuckold211
12.06.2016    |    6.625    |    4 9.4
"La feci abbassare sulle ginocchia, imprimendole con le mani, pressione sulle spalle, fino a che la bocca si trovò all'altezza giusta..."
Quella mattina mia moglie Loredana si era svegliata stranamente eccitata.
Avevo, lì per lì, attribuito la cosa al fatto che la sera precedente ci eravamo addormentati, stanchi, senza fare l'amore, invece, saprò poi, la sua voglia era stata sollecitata da un sogno dalle forti tinte erotiche.
Ero bell'e pronto per uscire di casa ed andare al lavoro, quando Loredana, con quel suo sguardo da maliarda, che ben conoscevo e che aveva irretito tanti amici, mi addossò alla parete e mi disse:
"C'è ancora tempo, dai, non lasciarmi così!"
La sua lingua mi penetrò la bocca imperiosamente ed io, nell'abbracciarla, la sentivo nuda e fremente sotto il leggero tessuto del suo pigiama.
Una mia mano, la destra, la raggiunse nel sesso, trovandolo fradicio di umori; l'altra, la sinistra, stringeva fra l'indice ed il pollice, ora l'uno ora l'altro capezzolo irto dei suoi meravigliosi seni.
Intanto la sua mano era scesa fino al membro, appena all'inizio del turgore, sotto la stoffa dei pantaloni e, febbrilmente, ne aprì la zip per potersi introdurre, frugare nell'apertura e, superato lo slip, finalmente afferrarlo già gonfio; con l'altra mano era quasi appesa alla mia nuca, per prolungare il bacio. La sua lingua mi dardeggia tra le labbra, sui denti, passando finanche sulle gengive. Sente il fallo divenire duro, ingrossarsi e lo estrae dalla prigione degli indumenti, ne tende la pelle fino a scoprire il glande. Allora si stacca dal bacio e lo guarda, grosso, rotondo, purpureo.
La mia mano esplora la sua intimità, la carezza nel solco dei glutei con le quattro dita unite, mentre il pollice s'introduce nella vagina, verso l'alto, dove il clitoride attende, già irto, già umido.
Loredana comincia a gemere e cerca di allargarsi più che può. Sa che ora il dito medio la violerà nell'orifizio più stretto e che il pollice si ritirerà per far posto al glande umettato. Sente lo spasimo salirle dal profondo del grembo e accoglie il fallo che la penetra lentamente, ma inesorabilmente e si innesta in lei.
Ella libera la lingua dalle labbra che la stanno succhiando e riesce a dire:
"Ti voglio nella bocca. Mi va di conservare a lungo il sapore di te".
Quelle parole stimolano ancor più la mia libido; la guardo negli occhi e scopro che luccicano: hanno il colore dell'amore.
La sua tenerezza, durante l'amplesso, deborda. Si spalanca, si tende e comincia a venire con fremiti lunghi e persistenti. Sento i suoi umori impregnare i testicoli gonfi, che continuano a percuoterla, ritmicamente sull'orlo della fica, mentre il dito medio della mia mano destra continua a violentarle l'ano fin nel profondo.
Ero al limite; stavo per godere e quindi mi ritrassi da lei. La feci abbassare sulle ginocchia, imprimendole con le mani, pressione sulle spalle, fino a che la bocca si trovò all'altezza giusta.
Loredana aspirò a pieni polmoni l'odore che il membro emanava, quello della sua vulva appena esplorata e con la lingua raccolse tutti gli umori di cui era ancora intriso; poi lo introdusse tra le labbra e cominciò a succhiarlo. Spinse il volto in avanti ed il fallo le penetrò fin in fondo, nella gola: aveva le labbra a contatto con il mio pube.
Non resistetti a lungo, perché lo sperma sgorgò come da una pompa tre volte, in tre getti copiosi e bollenti.
Vidi mia moglie che stringeva le cosce per trattenere, senza riuscirci, un nuovo prepotente orgasmo e, mentre deglutiva l'ultimo violento schizzo, godette ancora una volta come una pazza.
Passò del tempo. Non tornammo più sull'argomento sogno, che quella mattina me l'aveva resa lussuriosa come una baccante.
Un pomeriggio, verso le 18,00, ritornai a casa dal lavoro e, stranamente, Loredana non c'era; guardai in giro per cercare se avesse lasciato un qualche messaggio, ma niente; anche la cucina non mostrava segni della sua presenza.
"Cosa e dove avremmo cenato?" mi stavo chiedendo, quando sentii la chiave armeggiare nella toppa.
Era lei, ansiosa, quasi in affanno, mi corse incontro, mi baciò e, prendendomi per mano, disse:
"Scusa, amore, vieni con me di là... in camera" e lì, senza aggiungere altro, si spogliò nuda. Nel togliersi gli slip, notai che tra le labbra del sesso, come tampone, aveva della carta igienica arrotolata; la tolse, si distese sul letto e disse:
"Ecco, tesoro, leccami! Spero ci sia ancora ciò che un altro uomo vi ha riversato, riempendomela".
Ero inebetito, frastornato, ma terribilmente eccitato da quella situazione; non mi sentivo di rifiutare quello che mia moglie mi chiedeva, perché sapevo quanto piaceva a lei e lei sapeva quanto piacesse a me. Perciò mi fiondai sul quel sesso offerto e vi affondai la lingua, succhiando i suoi petali ancora gonfi per l'eccitazione, il clitoride tutto proteso a cercare sollievo alla tensione erotica cui era stato sottoposto e, aspirando dalla cavità vaginale, trovai ancora il cocktail di umori di cui io e lei andavamo ghiotti.
"C'è... è vero?... Sono riuscita a conservarlo?... Baciami, affinché possa assaporarlo anch'io... condividilo con me".
Mi portai sulla sua bocca e mentre limonavamo fu colta dai fremiti dell'orgasmo.
Mi spogliai a mia volta, perché stavo scoppiando dall'eccitazione e subito tornai con la bocca sul suo nido d'amore, ove colsi quant'altro ancora potesse essere stato espulso.
Poi lei, come suo solito, si distese su di me, supino, e, facendo scorrere molto lentamente il fallo fra le labbra della sua fica, cominciò a raccontare:
"Amore, oggi pomeriggio, ho avuto come un presentimento; avvertivo quasi che qualcuno avesse bisogno di me. Cosicché mi sono preparata e sono uscita.
Volevo distrarmi un po', bighellonare per negozi fino all'ora del tuo rientro.
Ad un certo punto mi sono sentita osservata; non volevo voltarmi, perché così avrei fatto capire di essermene accorta, ma, nello stesso tempo, volevo verificare che la mia non fosse una banale impressione, così come dovevo trovare il modo di soddisfare la mia curiosità, individuando chi potesse essere, senza metterlo in allarme. Quindi allungavo il passo e quello mi seguiva con lo stesso passo spedito; rallentavo, e lui rallentava; avevo raggiunto il primo scopo: non mi ero impressionata; quell'uomo era me che seguiva e scrutava ogni mia azione.
Per un momento ho pensato che tu, amore, per gelosia, avessi potuto farmi seguire da un investigatore, ma non aveva senso, dati i rapporti schietti che teniamo; ho pensato ad un malintenzionato e, allora, ho allungato il passo, sempre seguita e, giunta davanti ad una vetrina, mi sono fermata di colpo, così da vedere, riflesso nel vetro, il viso dell'inseguitore: era Antonio, un vecchio compagno del liceo, che non vedevo da anni.
Mi sono girata e l'ho quasi aggredito, dicendogli:
"Ma che ti salta in mente?! Lo sai che mi hai messo paura? Perché non mi hai chiamato per nome?"
"Ti chiedo scusa, ma non ero certo fossi tu, perché sei ancor più bella di come ti ricordavo. Come stai, Loredana?"
L'ho abbracciato e scambiato baci affettuosi (non ci vedevamo da una vita), contenti di esserci ritrovati.
Antonio era stato il ragazzo che, all'epoca della scuola, filavamo sia io che la mia compagna di banco, Serena. Era nella nostra stessa classe, mista, e sapessi quante avventure abbiamo fantasticato di avere con lui. Poi io conobbi te e Serena cominciò ad uscire con lui, finché mi disse che, al di là delle sole fantasie, se l'era scopato per davvero. Ci perdemmo di vista e poi seppi che si erano sposati.
Seduti ad un bar, davanti ad un bitter, abbiamo ripercorso la vita che non conoscevamo l'uno dell'altra. Ho così appreso che con Serena il matrimonio non aveva funzionato ed ha aggiunto che, allora, avrebbe fatto meglio a rivolgere le sue attenzioni a me, piuttosto che a lei. Me ne sono sentita lusingata e, ricordando, quanto ne ero presa (allora me ne sentivo innamorata, ma egli aveva scelto la mia amica), ho sentito un impulso irresistibile venirmi dal grembo: lui era lì, davanti a me, e, dopo tanti anni, mi stava dichiarando che mi desiderava ancora; ma il punto era che anch'io desideravo lui, ora più che mai.
Ho chiesto scusa e mi sono allontanata per andare in bagno, ma la vera ragione era che non volevo far intendere quanto fossi turbata. Uscita dalla toilette, nella zona dei lavabi, lui era lì; mi ha preso tra le braccia e baciato, questa volta, in bocca con irruenza; mi sono sentita venir meno le gambe; la sua lingua saettava nella mia bocca... sentivo il suo pene rigido premere sul mio pube... lì, di fianco, era libero il bagno destinato agli invalidi... siamo entrati e, chiusa la porta col lucchetto, ci siamo abbandonati l'una nelle braccia dell'altro, in preda ad una passione senza freni... le sue mani percorrevano il mio corpo e vi si aggrappavano come un naufrago si aggrappa al salvagente... mi ha sfilato gli slip e, appoggiatami la schiena al muro, mi è entrato dentro".
In quel preciso momento anch'io le ero entrato dentro e lei, sempre con movimento lento e misurato, si lasciava scorrere il fallo maritale nella vagina, ancora intrisa del seme dell'altro.
Era scivolosa, magnificamente calda e, con le mucose interne, stringeva e rilasciava il mio pene, quasi come una bocca che lo succhi.
Ero immerso con la testa fra i suoi splendidi seni e ne succhiavo, avido, ora l'uno ora l'altro capezzolo.
"Amore, sapessi quante volte ho immaginato quella cosa... quanto mi sono accarezzata e penetrata con le dita, immaginando che egli mi penetrasse, ma ora era vero... era dentro di me ed io godevo di lui e lui di me. Evidentemente il desiderio di entrambi era tale che l'orgasmo ci ha raggiunto entrambi in men che non si dica. Voleva ritirarsi, ma l'ho stretto fra le gambe dicendogli che ero protetta e poteva lasciarsi andare. Dopo ho strappato un'abbondante striscia di carta igienica, mi sono tamponata la fica, ho indossato gli slip e sono corsa qui da te. Il resto lo sai... sai anche quanto tua moglie sia puttana, vero?... Mi hai voluto tu, così?... Ed ora chiavami, perché non è finita qui. Potevo forse accontentarmi di una scopata in fretta e furia, in un bagno pubblico, senza un minimo di comodità... di romanticismo? Una scopata, poi, con quello cui tante fantasie avevo rivolto e l'amica mi aveva sottratto? Egli fra poco ci chiamerà e noi lo raggiungeremo; da qualche parte ceneremo e poi... qui a casa avremo una notte tutta per noi. Ti dispiace, amore, il programma che ho fatto?" A queste parole seguì, da parte di Loredana, un'accelerazione della scopata, divenuta una galoppata scomposta, era come un'invasata; il rumore, che il mio pene produceva nel movimento di va e vieni dalla sua fica, era osceno, molto simile allo sciabordio di qualcosa che affonda in un lago di umori, così come era osceno l'impattare ritmico del suo sesso sui miei testicoli, finché... fu presa da un profondo orgasmo che travolse anche me, lasciandoci in uno stato di semi catalessi.
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