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Le mie nozze d'argento... ovvero la conclamazione delle mie corna.


di cuckold211
04.03.2017    |    26.662    |    15 9.1
"Guarda, tocca, sentimi i capezzoli, guardami anche in mezzo alle cosce, perché sono qui come una "puttana", per dare piacere a tutti quelli che..."
Prima di iniziare il racconto, che è direttamente connesso all'altra affermazione contenuta nel titolo, mi va di precisare che, se per "corna" si intende il tradimento vero e proprio, cioè scopare di nascosto dal partner, ebbene mia moglie non l'ha mai fatto; se, invece, si intende il cedere ad altri le proprie intimità, per il suo ed il godimento altrui, ebbene sì, di "corna" ne ho ricevute tante, ma davvero tante; ne ho tenuto il conto: la mia adorabile Loredana ha scopato con ben 78 maschi diversi (sul sito vi è chi ne vanta molti di più e il mio amico "dicarino" ne ha contati non meno di 300 per sua moglie) e, a chi, malignando, volesse affermare che di chissà quanti altri non avrei mai saputo niente, risponderei che la mia adorata non ne aveva motivo.
Dopo i primi 5 anni di matrimonio, durante i quali scopavamo come ricci con reciproca soddisfazione, tanto che avemmo modo di mettere al mondo due figli, cominciai ad insinuarle nella mente il tarlo della trasgressione, del libertinaggio, atteso che, essendo entrambi sessualmente esuberanti, non era il caso di privarsi dei piaceri della vita per mantenere fede alla promessa, scambiata nel giorno delle nozze, di riservare il proprio sesso all'esclusivo uso del partner.
Cominciammo così con il classico scambio di coppia, sia in party privati che nei club prive.
Poi scoprii che mi piaceva di più scrutare e vivere le sensazioni che assalivano la mia donna mentre scopava con amanti estemporanei, piuttosto che soddisfare la mia libidine con un'altra donna.
Ciò, ovviamente, ha portato al fatto che, a conti fatti, ha scopato più lei con maschi diversi, che io con donne diverse.
Questa particolare prerogativa, quella cioè di lasciarla libera di far sesso con chi ne avesse avuto voglia, ha comportato che potesse farlo anche da sola, ma informandomene appena possibile, a volte a copula già avvenuta, a volte prima che si verificasse.
Proprio quest'ultima condizione era, per me, la più eccitante, la più conturbante: vederla avvicinarsi con gli occhi vispi e maliziosi da gattina e, come tale, fare le fusa, mentre mi spiegava e confessava chi e che cosa l'avevano intrigata, il desiderio che le era scoppiato in corpo e che aveva intenzione di soddisfare, erano di per sé condizioni che tenevano lei in subbuglio, cui corrispondeva e sollecitava una immediata voglia anche in me, e, quindi, giù a far l'amore con l'immaginazione protesa a quell'avventura "in divenire", ancora in embrione, ma che provocava domande e risposte di questo tipo:
-- Già immagino quel porco quando avrà a portata di mano queste tue rigogliose mammelle, dai capezzoli così duri, appuntiti e grossi come fragole.
-- Sì, tesoro, gliele sbatterò in faccia, pretendendo che me le lecchi, tutte e due, e mi succhi questi lamponi
prominenti.
-- E poi... gli farai leccare la fica, che per quelle sollecitazioni sui seni, sarà piena dei tuoi abbondanti umori?
-- Ma certo, mio dolce cornuto, vuoi che, come a te, non faccia sentire anche a lui l'inebriante odore e sapore della mia fica? Lo farò impazzire, perché nel frattempo ingoierò, fino all'ugola, il suo cazzo, leccandolo da cima a fondo, testicoli compresi. Voglio che mi dica che sono una "puttana", perché nell'occasione lo sarò davvero, ma non per lui, bensì per te, perché solo così potrò arricchire la tua corona di "corna". Ne sei felice, amore mio?
-- Certo, tesoro, e... se vorrà anche questo tuo buchetto, poco esplorato, perché dici che senti male e ti reprime l'orgasmo?
-- Quanto sei porco, amore mio! Non lo so se glielo concederò... tutto dipenderà dall'eccitazione del momento... da quanto, e se, sarà riuscito a farmi toccare le vette della voluttà.
Queste le premesse concettuali che hanno ispirato e condizionato l'intera mia vita sessuale.
Per quanto invece riguarda il concetto di matrimonio e/o nozze, saranno stati i miei studi classici o cos'altro, non so, ma quando sento pronunciare quei vocaboli, il cuore mi si riempie di gioia e la mente vaga...
Sì, vaga molto al di là del significato di "unione" che oggi noi attribuiamo a quei termini.
Il significato di "nozze" prelude a ben altro, e cioè alla imminente "deflorazione" della sposa (forse oggi obsoleta) di cui, un tempo, bisognava fornire prova. In parole povere si potrebbe dire che il matrimonio non è altro che l'autorizzazione, data alla sposa, di usare il suo sesso (al fine di procreare?). Ma, a parte questo nobile scopo, perseguito dai moralisti, quello più pratico e immediato è la "deflorazione", la rottura dell'imene (non a caso gli antichi definivano il matrimonio: "imeneo"), che, per certi versi, dava "adito", "apriva" al diritto alla sessualità della donna che, a parte, il nobile scopo di cui sopra, la affrancava dalla schiavitù dell'illibatezza, per godere dei piaceri della vita.
Spesso, l'imeneo confluiva in un'orgia, in cui tutti i partecipanti al festino si prodigavano ad augurare agli sposi, mille e ancora mille, di quel giorno, bevendo al calice della voluttà in onore del dio "Eros".
Che alla deflorazione della giovane si desse un valore ed una importanza particolare è dimostrato dall'istituzione, nel medioevo, dello "Ius primae noctis", dovuto al signore/padrone del feudo, cui tutto apparteneva, anche il corpo delle fanciulle nate e cresciute sui suoi possedimenti.
Quella turpe usanza, con qualche rimaneggiamento, è pervenuta fino ai giorni nostri, configurata e definita dal termine "possesso": si pensi a certi clan, dove al padre/padrone spetta il diritto di copulare con tutte le femmine che, a qualunque titolo (sorelle, figlie, nuore, nipoti), ne facciano parte.
La concezione del maschio di guardare alla propria moglie non come un essere umano, ma come una cosa di cui egli abbia l'esclusivo uso, è un tabù da abbattere, perché retaggio di popoli primitivi e non già di una società da secondo millennio.
Tornando, quindi, al termine "matrimonio", "nozze" o "imeneo", che dir si voglia, pensate quale gioia riempie l'animo di tutti e, finanche, di quelli che non parteciperanno alla cerimonia, tant'è che tutti desiderano ammirare "la sposa", tutto si fa per "la sposa", quasi fosse la vittima sacrificale, colei che offrirà il proprio corpo sull'altare dell'Eros?
Nel mio racconto, dal titolo "Un'avventura irripetibile" ebbi già modo di esporre questo mio modo di concepire il matrimonio.
In esso, e per esso, confluiscono tutti gli invitati, tra cui tante giovani, agghindate in maniera provocante, quasi a voler sfidare la bellezza della "sposa", ma che, di fatto, si propongono, a loro volta, come future aspiranti a quel sacrificio, facendosi notare dai tanti giovani che ronzano loro attorno, come api sul fiore.
Il quadretto che mi sovviene è quello tratteggiato da Lorenzo il Magnifico nella sua "canzone di Bacco e Arianna: "questi lieti satiretti, delle ninfe innamorati, per caverne e per boschetti, han lor posto mille agguati".
Di questa mia idea di matrimonio, trasformato in orgia collettiva, nel mio racconto sopra richiamato, ne parlavo con la mia Loredana, cui riferivo quanto mi sarebbe piaciuto, se fosse stato possibile, vederla nuda, come una baccante, in mezzo a quanti le tributavano omaggi e ammirazione.
Quella fu anche l'occasione in cui conobbi l'amico "dicarino", con il quale, unitamente all'amante di nome Maria, si sviluppa la storia lì narrata.
Ora si avvicinava, per me e Loredana, la data delle "nozze d'argento" e volevo festeggiarla secondo i canoni che avevo sempre vagheggiato.
Avevo, sì, diversi amici tra coppie e singoli, cui estendere l'invito, ma non li giudicavo idonei, tranne Victor, il black conosciuto a Creta (vedi racconto), entrato a pieno titolo nelle grazie di mia moglie.
Preferivo che i partecipanti al festino fossero sconosciuti, di cui non conoscevamo nemmeno il nome di battesimo e, per questo, mi rivolsi all'amico "dicarino", molto più avanti di me in materia di libertinaggio, cui esposi la mia idea ed egli si dichiarò disponibile a realizzarla, purché gli avessi dato carta bianca.
Detto, fatto: alla domanda di Loredana sul dove, come e con chi, avremmo festeggiato il nostro 25° anniversario, risposi che ci avrebbe pensato l'amico, per cui, al momento, ancora non sapevo chi fossero gli invitati, a parte Victor e Maria, né il luogo, in quanto sarebbe stata una sorpresa.
Loredana, ben conoscendo quelle che erano le mie idee in ordine ai festini di nozze e sentendo che ad organizzare il tutto era "dicarino", per lei decisamente depravato, mangiò la foglia sul "come" e "con chi", dicendomi:
-- Avrete organizzato un'orgia? C'era da aspettarselo da due porci come voi. Beh, se è così, avrò, finalmente, modo di farti assistere dal vivo a ciò che ti raccontai ebbe a succedere a Creta, quando, con Fabio, andai a quel raduno di medici.
In fondo ero contento che l'avesse presa così, anche perché non avrei avuto il coraggio di esortarla a ripetere quella che, a suo dire, non fu un'esperienza goduriosa, quanto, trattandosi di competizione, dovette affrontare e subire vari dolori fisici.
Il giorno arrivò e, pronti a partire con la mia auto, feci sedere accanto a me "dicarino", perché doveva farmi da navigatore verso la meta che non conoscevo, e sul divano posteriore trovarono posto Victor, beato fra le donne Maria e Loredana.
Maria non perse tempo con Victor e fu duro convincerla a soprassedere per il momento, atteso che, in seguito, ognuno avrebbe potuto dar fondo ai propri impulsi, come e con chi voleva.
Giungemmo in una villa, nell'hinterland napoletano, circondata da piante e siepi che ne occultavano la vista a estranei curiosi.
Al nostro arrivo c'erano già alcune auto parcheggiate nel piazzale ghiaioso e, infatti, quando fummo accolti all'interno, diverse persone, assolutamente sconosciute, e per lo più maschi, erano sedute su divani e poltrone antistanti il bar a chiacchierare e bere cocktail già pronti.
Per il tramite di "dicarino" fummo presentati ai padroni di casa, Roberto e Malvina, i quali, a loro volta, ci presentarono agli altri loro amici.
Nel frattempo arrivarono altre persone, tutte gradevoli, garbate e ne contai una trentina in tutto. Si presentava come un party come tanti altri, ma gli invitati sapevano, perché sentii dire da uno di loro che la festa era dedicata ad una coppia di coniugi, la cui lei, in occasione delle sue nozze d'argento, sarebbe stata a disposizione di chiunque l'avesse voluta, né più e né meno di una "puttana da strada".
Oltre Maria e mia moglie, c'erano altre donne, per cui non era facile, sul momento, individuare chi fosse la "sposa".
Maria e Victor erano spariti dalla circolazione: probabilmente stavano limonando o scopando da qualche parte, continuando quello che avevano iniziato in auto; dicarino discorreva con i padroni di casa, ricordando piacevolezze di precedenti festicciole libertine; Loredana era stata monopolizzata da uno che, seppi poi, essere uno scrittore, con il quale conversava amabilmente e, quando questi le tolse il bicchiere di mano, la abbracciò e baciò con passione, si abbandonò con evidente languore.
Quella scena calamitò la mia attenzione: la mia Loredana stava vivendo con uno sconosciuto quelle stesse emozioni provate quando ci eravamo conosciuti e ci eravamo scambiati il primo bacio, almeno era quella l'impressione che ne ebbi dal suo darsi in maniera totale.
Loredana indossava una gonna lunga, molto elegante, con spacco fin sopra il ginocchio. Allo scrittore fu sufficiente percorre quella strada per intrufolare una mano ed afferrare il pube di lei, cui non parve sconveniente fare altrettanto. Si palpavano a vicenda, come per accertarsi del loro reciproco gradimento.
Guardandomi attorno, mi accorsi che la stanza si era svuotata e, avvicinatomi a Lory, la esortai a riunirci agli altri.
Lei, tenendo per mano lo scrittore, mi seguì ed entrammo in una sala più grande, i cui lati erano arredati con tanti salottini, dove sedevano gli ospiti.
In uno vi era il padrone di casa, con ai suoi piedi una donna che sembrava dormire con il capo appoggiato sul suo grembo: in realtà stava procedendo ad una fellatio in grande stile, con conseguente succhiata dei testicoli.
Di fronte a lui, c'era una signora molto distinta, che mai avrei ritenuto dedita al libertinaggio, se non fosse per il fatto che era nuda fino alla cintola e porgeva le sue matronali mammelle alla bocca di "dicarino, sul cui grembo era seduta perché da lui penetrata, da sotto.
Poco più in là, nel successivo salottino, vi era Maria in piedi per aver lasciato il posto a Malvina, che si era impalata sull'asta svettante di Victor, seduto su una sedia. La padrona di casa, priva di gonna e mutandine, saltava allegramente sulla verga, cosicché tutti gli amici intorno, potevano osservare i suoi glutei che battevano la sella.
Queste eccitanti visioni, mi avevano distolto l'attenzione da mia moglie: dov'era finita?
Volgendo lo sguardo intorno, la scorsi in un angolo, quasi buio della sala, dove c'era un tavolo dal panno verde, di quelli usati per il gioco delle carte.
Vidi che lui aveva sistemato due sedie di quel tavolo a mezzo metro fra loro. Sfilò le mutandine a mia moglie, le fece mettere i piedi sulle sedie, le alzò la gonna e la fece sedere sull'orlo del tavolo; poi, si inginocchiò fra le cosce di Loredana e prese a martoriarle la fica con la lingua. Mia moglie era scossa da continui fremiti: sembrava una foglia smossa da aliti di vento. Quando gli sembrò il momento, egli si alzò e penetrò nella sua bollente natura.
Fu a questo punto che Loredana, come presa da un raptus, si sfilò la camicetta ed il reggiseno, lanciandoli lontano e disse:
-- Eccoti anche il seno! Tutto devi avere di me; queste sono le mammelle di una signora perbene, che mai si sognerebbe di offrirle ad uno sconosciuto, se non fosse perché questa è la mia festa, le mie nozze d'argento. Guarda, tocca, sentimi i capezzoli, guardami anche in mezzo alle cosce, perché sono qui come una "puttana", per dare piacere a tutti quelli che vorranno godermi; guarda bene e ricordati che stai scopando una signora nella ricorrenza dell'anniversario delle sue nozze ed hai il preciso compito di farla godere".
Quello scoppio di parole, che tuonarono in un silenzio rotto solo da sospiri e mugolii vari, smossero Malvina dalla sua galoppata su Victor e, avvicinatasi agli amanti che scopavano alla grande, disse:
-- E brava! Visto che ci tieni tanto, andiamo a dire a tutti chi è e cosa ci fa qui questa signora "perbene".
Prese per mano i due e, così come si trovava, con la sola gonna fino ai piedi, la fece passare da un gruppo all'altro, presentandola praticamente a tutti, maschi e femmine.
A dire di Malvina, sempre nuda dalla cintola in giù, Loredana era stata scortese nei confronti degli altri, defilandosi a copulare in un angolo buio, mentre, proprio perché era la festeggiata in assoluto, la "sposa", la signora perbene, doveva godere con tutti e sotto gli occhi di tutti.
Quando Malvina fece ritorno al posto precedentemente occupato, cioè la nerchia di Victor, trovò che Maria ne aveva approfittato per fagocitarla nella sua fica e, complimentandosi con lei per la tempestività tenuta, rivolse la sua attenzione sull'amante di mia moglie, avendo cura, però, di offrirla ad altri due baldi giovani che, lì affianco, si stavano segando.
Loredana allora si liberò della gonna e nuda, come natura l'aveva creata, prese a pompare con mani e bocca le cappelle dei due, divenute paonazze per l'eccitazione.
L'esempio di Loredana fu seguito dalle altre due donne, Malvina e Maria, che, a loro volta, si offrirono alla vista dei presenti nella loro totale nudità e divennero subito preda di questo o di quello.
Ad un certo punto sembrava quasi che ognuna delle tre donne avesse assunto un compito specifico: Malvina, dopo essersi fatta lubrificare entrambi gli orifizi dallo scrittore, si fece sodomizzare da Victor, dimostrando a tutti che quello era il rapporto che preferiva; Maria, detronizzata, ancora una volta, dalla padrona di casa dal pene di Victor, andò a mungere quelli offerti a Loredana e, mentre era scopata in fica a pecorina da uno, succhiava l'altro con tutta la bravura che le era congeniale, fino a farsi irrumare in bocca e berne il frutto.
Loredana poté finalmente proseguire e portare a termine il rapporto interrotto con lo scrittore.
Notai che il padrone di casa, Roberto, così come "dicarino", esternavano la loro bisessualità lavorando di bocca tutti i maschi che avevano bisogno di ritrovare consistenza ed energia dopo il primo orgasmo.
Lo stesso facevano le due donne che, all'inizio, avevo visto deliziare, ognuno per la sua parte, i due bisex., non senza sottrarsi ad altri tipi di piacevolezze.
Insomma tutti i maschi presenti, e non erano pochi, in numero di circa 8 per donna, a seconda se preferivano il culo di Malvina, la bocca di Maria o tutto il resto di Loredana, potevano farsi avanti e cogliere ciò che più desideravano.
Vi era, poi, una ragazza, anch'essa completamente nuda, dall'aspetto mascolino: viso ossuto, occhi spiritati e capelli a caschetto incolti. Costei girava tra le tre donne e quando qualcuna fosse stata riempita dal seme dell'amante, provvedeva a ripulirla, aspirando con la bocca ogni umore. Provò a farlo anche con la bocca di Maria, ma, in quel caso, dovette immettere ciò che aveva aspirato dalla fica di Loredana, perché Maria, come un aspirapolvere, ingoiava tutto e subito.
La lingua di quella ragazza, mi dirà poi mia moglie, era un linimento, un balsamo che placava l'irritazione delle mucose continuamente sollecitate.
L'orgia, ormai, era totale e in pieno svolgimento. Da quel momento in poi persi il conto di quanti scoparono mia moglie, anche perché vi erano di quelli che, riconquistate le forze, la scopavano di nuovo.
Vidi Loredana piegata, aperta all'inverosimile, capovolta e lei rispondeva dimenandosi, abbandonandosi, lasciandosi consumare.
Vidi il suo pudore calpestato con la stessa spensieratezza e invadenza con la quale fu violato il suo corpo.
Gli ultimi della serie, per Loredana, fu prima Roberto e poi io; per Malvina, grondante sperma da ogni foro, con l'ano ridotto ad un traforo, ancora Victor; per Maria, il buon "dicarino" pensò bene di eiacularle in bocca.
La nostra notte brava era ormai finita e cominciava ad albeggiare, quando, in auto, stavamo facendo rientro a casa.
Lungo la strada dovemmo fermarci per un rigurgito che era venuto a Maria: infatti ebbe ad espellere come una palla di sperma e la considerazione fu "ma quanto ne aveva ingurgitato?"
Arrivati a casa ci mettemmo subito a letto e Loredana, abbracciandomi e ricoprendomi il viso di bacetti, mi chiese:
-- Com'è andata? Sei soddisfatto per le nostre nozze d'argento?
-- Sì, tantissimo, anche se dovresti essere più tu a rispondere a questa domanda. Ciò che mi è dispiaciuto è che non ho avuto modo, per tutta la serata, di stare un momentino vicino a te, a causa di tutta quella gente che ti si assiepava intorno.
-- Eh, già - rispose - ma non era forse la festa della "sposa"? Di quella che doveva fare la "puttana" per te?
-- Certo!... e sapessi in quanti (qualcuno anche con ironia nel raffigurarmi come il "magnifico cornuto") sono venuti a congratularsi con me per la compiacenza e la voluttà infinita di mia moglie.
Ci addormentammo come due angioletti, l'uno tra le braccia dell'altra, in completa pace con il mondo intero, quasi avessimo debellato la cattiveria che ci circonda.
Il mattino successivo, si fa per dire perché, in realtà, era pomeriggio, fummo svegliati da una scampanellata alla porta.
Chi poteva essere? Andai ad aprire, pronto a scacciare in malo modo chi, di domenica, ci disturbava.
Era Victor con in mano un vassoio fumante, al cui interno c'era un pollo allo spiedo e tante patatine al forno. Andammo in cucina e chiamai Loredana, affinché ci raggiungesse. Mangiammo con appetito e bevemmo una buona bottiglia di "Merlot", mentre allegramente ricordavamo qualche particolare più lezioso della serata precedente.
Dopo il caffè, tornammo a letto, ancora disfatto, ma poco importava: ciò che diede come una scossa elettrica a tutto il mio corpo, fu vedere l'enorme e potente verga di Victor che entrava, tra i sospiri ed i mugolii di mia moglie, nella sua ospitale fica.
Victor era decisamente di casa.
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