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Come divenni una Signora 1


di Membro VIP di Annunci69.it Efabilandia
16.07.2025    |    80    |    1 8.7
"Vidi possibilità, desiderio, una libertà che mi spaventava ma che desideravo disperatamente..."
Mi chiamo Walter, ho cinquantadue anni, e la mia vita, fino a poco tempo fa, era un mosaico di routine scolpite nella normalità. Una moglie, Laura, che amo con quella quieta devozione che si costruisce in anni di matrimonio, una casa nel cuore di Prati, a Roma, con le sue strade eleganti e i balconi fioriti, e un lavoro da commercialista che mi tiene occupato senza mai accendermi davvero. Ma dentro di me, da sempre, c’è stato un fuoco che non ho mai confessato, un desiderio che mi ha accompagnato fin da giovane, silenzioso ma inarrestabile: il mondo delle trav. Non so quando sia iniziato, forse una notte di vent’anni fa, in un locale notturno di Testaccio, quando uno sguardo rubato a una figura ambigua mi ha lasciato senza fiato, o forse in un sogno che mi ha svegliato con il cuore in gola. Le trav, con la loro grazia fluida, la loro capacità di danzare tra maschile e femminile, di essere tutto e niente allo stesso tempo, mi hanno sempre attratto. C’è qualcosa di ipnotico in loro, una sfida alle regole che mi fa tremare di curiosità e desiderio.Per anni, ho vissuto questo desiderio in segreto, lontano dagli occhi di Laura, lontano dalla mia vita “normale”. Il senso di colpa è una lama che porto nel petto, ma il richiamo è più forte, una fame che mi spinge a cercare, a esplorare. È così che ho conosciuto Claudia, una trav di trentacinque anni, in un bar discreto a Testaccio, un angolo di Roma dove le luci sono basse e i segreti restano al sicuro. Claudia è un’esplosione di vita: un corpo snello e sinuoso, capelli castani che le cadono sulle spalle come seta, occhi verdi che sembrano scavarmi dentro, e un sorriso che è un misto di dolcezza e provocazione. Con lei, tutto è iniziato come un gioco: qualche drink, chiacchiere che scivolavano verso l’intimità, poi incontri clandestini nel suo appartamento, momenti rubati che mi facevano sentire vivo come non mai. Ogni volta che lasciavo casa sua, il profumo di vaniglia del suo corpo mi restava sulla pelle, mescolato al sapore salato del desiderio e al peso della colpa.Una sera, dopo uno di questi incontri, Claudia mi guardò in modo diverso. Eravamo sdraiati sul suo letto, le lenzuola ancora calde, l’aria densa di quel profumo che era ormai diventato familiare: vaniglia, sudore, e un accenno di gelsomino che entrava dalla finestra aperta sulla notte romana. Mi accarezzò il petto, le sue dita che tracciavano linee lente, quasi ipnotiche, sulla mia pelle. “Sai, Walter,” disse, la voce morbida come seta, “col fisico che hai, potresti anche tu indossare. Hai dei tratti così… femminili. Un sedere tondo, perfetto. Perché non proviamo?”Le sue parole mi colpirono come un fulmine. Sentii il sangue affluirmi al viso, un calore che era un misto di imbarazzo e vergogna. “Cosa? No, dai, non scherzare,” balbettai, ridendo nervosamente, cercando di sviare il discorso. Ma Claudia non rideva. I suoi occhi brillavano di un’intenzione che mi spaventava e mi eccitava allo stesso tempo. “Non scherzo, tesoro,” sussurrò, avvicinandosi, il suo respiro caldo contro il mio orecchio. “Sarebbe divertente. Ti farei vedere come si fa. Fidati di me.”Mi schermii, scossi la testa, il cuore che mi batteva forte. L’idea mi terrorizzava. Io, un uomo di mezza età, con le rughe che iniziavano a segnarmi il viso, il corpo ancora tonico ma segnato dal tempo, trasformarmi in una donna? Era assurdo, ridicolo. Eppure, c’era una parte di me, nascosta, che tremava di curiosità. Una parte che voleva sapere cosa si provasse a varcare quel confine, a diventare ciò che avevo sempre ammirato da lontano. Claudia insistette, con quella dolcezza che sapeva essere irresistibile. “Solo una volta, Walter. Per gioco. Nessuno lo saprà mai.”Non so cosa mi convinse: il suo tono, il desiderio di compiacerla, o quella voce dentro di me che sussurrava di provare. Accettai, con il cuore in gola, sentendomi ridicolo, vulnerabile, ma anche inspiegabilmente eccitato. Claudia mi guidò verso il suo guardaroba, come un’artista che prepara la sua tela. Mi fece sedere davanti a uno specchio incorniciato d’oro, il riflesso che mi guardava con occhi incerti. “Rilassati, bébé,” disse, ridendo piano, e iniziò a trasformarmi.La parrucca castana, lunga e leggermente ondulata, mi accarezzava le spalle come un mantello di seta. Il trucco era un rituale lento, quasi sacro: fondotinta che uniformava la mia pelle, blush che scaldava le guance, eyeliner che trasformava i miei occhi in qualcosa di più profondo, più misterioso. Il rossetto rosso scuro mi fece trasalire quando lo vidi sulle mie labbra, come se fosse un sigillo di un’identità nuova. Poi vennero le calze nere, velate, che scivolavano sulle mie gambe come una carezza, un vestito aderente, nero, che abbracciava il mio corpo in un modo che non avrei mai immaginato, e un paio di tacchi bassi, perché, come disse Claudia, “per i tacchi alti ci vuole pratica, tesoro.”Quando mi fece alzare e mi mise davanti allo specchio, non mi riconobbi. Walter, l’uomo che ero sempre stato – il commercialista, il marito, il padre – era sparito. Al suo posto c’era una donna, con lineamenti delicati, un corpo che sembrava fatto per essere ammirato. Sentii un’ondata di vergogna, il volto che bruciava sotto il trucco. “Non sono io,” mormorai, la voce tremante. Ma Claudia si avvicinò, posandomi le mani sulle spalle. “Sei bellissima,” sussurrò, e in quel momento, per un istante, ci credetti. Sentii un brivido di piacere, un piacere masochistico, quasi, nel vedermi così trasformato, così lontano da chi ero. Era come se stessi violando un tabù, e quella violazione era inebriante, una danza pericolosa tra desiderio e vergogna.Ma il momento passò. La paura tornò, più forte, insieme al peso della mia identità. “No, basta, non voglio,” dissi, quasi correndo verso il bagno per struccarmi, per tornare Walter. Mi strappai la parrucca, il vestito, come se potessi cancellare quello che avevo visto, quello che avevo provato. Claudia non insistette, mi lasciò andare, ma mentre guidavo verso casa, il cuore mi batteva forte, e non era solo paura. Era un misto di desiderio, imbarazzo, e una curiosità che non riuscivo a soffocare. L’immagine di quella donna nello specchio mi perseguitava, e con essa la sensazione di essere stato, per un attimo, qualcun altro.I giorni successivi furono un tormento. La routine mi inghiottì: le cene con Laura, le serate davanti alla TV, le riunioni in ufficio. Ma ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo quella donna, e sentivo una stretta al petto, un desiderio che mi spaventava e mi eccitava. Non ne parlai con Claudia, non avevo il coraggio di dirle che ci pensavo, che forse volevo riprovare. Era come se ammettere quel desiderio significasse tradire non solo Laura, ma me stesso, l’uomo che avevo costruito per anni. Eppure, quella parte di me, quella curiosità, non si spegneva. Era un fuoco che bruciava piano, alimentato dalla vergogna e dal piacere di quella vergogna.Una sera, il telefono squillò. Era Claudia. “Walter,” disse, la voce dolce ma carica di quella malizia che mi faceva tremare, “voglio rivederti. Voglio vederti di nuovo donna. Eri così bella, sai? Voglio insegnarti a muoverti, a sculettare, a camminare sui tacchi. Dai, non fare il timido.”Arrossii, anche se ero solo. “No, Claudia, non so… è stato un errore,” balbettai, ma la mia voce tradiva un’incertezza che lei colse subito. “Non è stato un errore,” disse, ridendo piano. “Ti è piaciuto, lo so. Lo sento. Vieni da me, domani sera. Non te ne pentirai.”Accettai, contro ogni logica. Il giorno dopo, guidai verso il suo appartamento con il cuore in gola, il senso di colpa che si mescolava a un’eccitazione che non riuscivo a controllare. Quando entrai, Claudia era radiosa, con un sorriso che prometteva guai. Mi fece sedere di nuovo davanti allo specchio, e il rituale ricominciò. Questa volta, il trucco era più audace: ombretto scuro che rendeva i miei occhi magnetici, ciglia finte che li incorniciavano come un quadro, rossetto scarlatto che gridava desiderio. Indossai un corsetto nero che mi stringeva la vita, esaltando le curve che non sapevo di avere, calze a rete che mi accarezzavano le cosce, e un paio di tacchi alti, vertiginosi, che mi fecero sentire come se stessi camminando su un filo sospeso.Claudia mi insegnò a muovermi, a sculettare, a lasciare che il mio corpo parlasse. “Fai vedere chi sei, tesoro,” diceva, ridendo, mentre mi guidava per la stanza. Ogni passo era una lotta contro l’imbarazzo, ma anche una liberazione. Sentivo il corsetto che mi abbracciava, i tacchi che mi costringevano a muovermi con grazia, e quel piacere masochistico tornava, più forte, più incalzante. Mi guardavo nello specchio, e la donna che vedevo non era più un’estranea. Era una parte di me, una parte che desideravo esplorare, anche se mi terrorizzava.Poi, senza preavviso, Claudia aprì la porta del suo appartamento. Entrò un uomo, alto, sulla quarantina, con un sorriso sicuro e occhi che sembravano spogliarmi. “Ti presento Marco,” disse Claudia, con un tono malizioso. “È un amico… speciale.”Il mondo mi crollò addosso. Ero paralizzato, il cuore che batteva all’impazzata. Marco mi guardò, e invece di disgusto o scherno, nei suoi occhi c’era desiderio, crudo, diretto. “Sei stupenda,” disse, avvicinandosi, la sua voce bassa, carica di promesse. Sentii il panico montare, volevo nascondermi, scappare, ma non c’era dove andare. Le sue mani mi sfiorarono le braccia, poi scesero verso le mie chiappe, accarezzandole con una confidenza che mi fece tremare. “Non essere timida,” sussurrò, il suo respiro caldo contro il mio orecchio.Ero un groviglio di emozioni: vergogna, paura, ma anche quel piacere oscuro, quel desiderio di lasciarmi andare. Marco era gentile, il suo tocco fermo ma non invadente. Le sue mani si muovevano lente, esplorando il corsetto, scivolando sul tessuto delle calze, cercando di stabilire un’intesa. Sentivo il suo desiderio, e una parte di me, quella parte che avevo cercato di soffocare, rispondeva. Ma la vergogna era troppo forte. Il peso della mia identità – Walter, l’uomo sposato, l’uomo “normale” – mi schiacciava. Mi svincolai, balbettando scuse, il cuore che mi esplodeva nel petto. “Non posso,” dissi, la voce rotta, e corsi verso il bagno. Mi strappai di dosso il corsetto, la parrucca, il trucco, come se potessi cancellare tutto: il desiderio, la vergogna, il piacere che mi terrorizzava. “Devo andare,” mormorai, e Claudia, questa volta, non provò a fermarmi.Tornai a casa, ma l’esperienza mi aveva segnato. Nei giorni successivi, non riuscivo a smettere di pensarci. L’immagine di me come donna, il tocco di Marco, il modo in cui mi aveva guardato – tutto questo mi tormentava. Era un misto di vergogna e desiderio, un piacere masochistico che mi faceva sentire vivo e colpevole allo stesso tempo. Ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo quella donna nello specchio, sentivo le mani di Marco sul mio corpo, e il mio cuore batteva più forte. Non sapevo cosa fare, come conciliare quella parte di me con la vita che avevo sempre vissuto. Laura mi parlava, mi sorrideva, e io rispondevo meccanicamente, ma dentro di me c’era un caos che non riuscivo a controllare.Una sera, il telefono squillò. Era Claudia. “Walter,” disse, la voce dolce ma decisa, “so che sei confuso. So che hai paura. Ma non puoi scappare da ciò che sei. Torna da me. Non ti forzerò, ma voglio che tu lo faccia per te stesso. Voglio che tu sia chi vuoi essere, almeno per una notte.”Le sue parole mi colpirono come un pugno. Sapevo che aveva ragione. Quel desiderio, quella curiosità, non sarebbe mai sparita. Ma la paura era ancora lì, un’ombra che mi tratteneva. “Non lo so, Claudia,” dissi, la voce incerta. “Non so se ce la faccio.”“Ce la fai, Walter,” rispose lei, con una dolcezza che mi scioglieva. “Non devi essere perfetto. Devi solo essere te stesso. Ti aspetto domani sera. Porta solo il coraggio.”Chiusi la chiamata, il cuore che mi batteva forte. Passai la notte sveglio, combattuto tra il desiderio di tornare da Claudia e la paura di ciò che avrei potuto scoprire su di me. Ma quando l’alba arrivò, con la luce che filtrava attraverso le tende della mia camera, seppi cosa dovevo fare. Non potevo continuare a scappare. Non potevo continuare a negare quella parte di me che, per quanto mi spaventasse, mi faceva sentire vivo.Il giorno dopo, guidai verso l’appartamento di Claudia, il cuore in gola, ma con una determinazione nuova. Quando entrai, lei mi accolse con un sorriso che era un misto di complicità e sfida. “Sei tornato,” disse, posandomi una mano sulla spalla. “Sapevo che l’avresti fatto.”Mi fece sedere di nuovo davanti allo specchio, e il rituale ricominciò. Questa volta, però, non era solo un gioco. Era un passo verso qualcosa di più profondo, un’esplorazione di me stesso che non potevo più rimandare. La parrucca, il trucco, il corsetto, i tacchi – ogni elemento era un tassello che costruiva una versione di me che non conoscevo, ma che volevo scoprire. Claudia mi guidò, paziente, insegnandomi a muovermi, a sentirmi a mio agio in quel corpo nuovo. E quando mi guardai nello specchio, non vidi più solo vergogna. Vidi possibilità, desiderio, una libertà che mi spaventava ma che desideravo disperatamente.“Sei pronta,” disse Claudia, usando il femminile con una naturalezza che mi fece tremare. “Pronta per essere chi sei.”Non so se fossi davvero pronto, ma in quel momento decisi di smettere di combattere. Per una notte, volevo essere quella donna, volevo lasciare che il desiderio vincesse sulla paura. E quando Claudia mi prese per mano, promettendomi una serata che non avrei mai dimenticato, sentii che stavo finalmente iniziando a capire chi fossi davvero.

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