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Quella gran troia di Ahmed! (Giò) (4)


di crigio
04.03.2019    |    1.415    |    2 9.8
""Cazzo, che meraviglia!", esclama lui, sorpreso dalla mia disponibilità..."
Quando Faruk rientra in sala, dopo essersi rassettato e aver lasciato Pino esanime sul divano, Ahmed è ancora lì in mezzo che prende cazzi a tutta forza. Impalato sempre sullo stesso, viene riempito anche da dietro via via da diversi altri stalloni che si svuotano dentro di lui, farcendolo come un cannolo siciliano. Anche la sua bocca non si risparmia e succhia e lecca nerchie e palle con tale voluttà che i maschioni sgomitano per mettersi davanti a lui.
Ormai non soffre più la penetrazione e offre i suoi pertugi come una bagascia di strada, chiamando ogni volta il prossimo quando lo vede esitante. Non ha nemmeno bisogno di lubrificarsi, tanta è la sborra che ha già ricevuto. Quando una nuova minchia gli viola la rosellina, scivolando sopra quella su cui è seduto, litri di latte caldo fuoriescono dal suo sfintere e colano tra le sue chiappe e lungo l'asta dello stallone sdraiato.
Quest'ultimo, peraltro, se la gode moltissimo: ha la visione piena della sua troia che succhia verghe e inghiotte sborra. La stimola strizzandole le tettine e schiaffeggiandole le chiappe. Le stringe le natiche attorno ai cazzi che la penetrano, così facendo sentire bene a se stesso e all'altro maschione il bel culo che stanno stantuffando.
Il viso del turco è una maschera di cera: il nettare di tutti quei cazzi è finito in gran parte sul suo bel volto, sugli occhi, nelle narici. Deve respirare a bocca aperta e questo è un incentivo per il successivo energumeno per riempirgli le fauci col suo nerchione. Di tanto in tanto tossisce, perché lo sperma gli impedisce di respirare dal naso e la bocca è occupata da un bel pezzo di carne pulsante. Vomita saliva e sborra, insozzandosi il mento. Lo stallone sdraiato raccoglie quel bendidio e glielo spalma sul petto e sulla pancia, usandolo come lubrificante per titillargli meglio i capezzoli.
C'è nella sala un odore acre di seme, al tempo stesso fastidioso ed eccitante. D'un tratto, dalla seconda cameretta vengono fuori Seby, Enzo e il tipo "nervosetto" di cui si sono occupati, che barcolla verso la camera-spogliatoio, respirando affannosamente. Così come ha fatto prima Giò, anche loro hanno adempiuto al loro compito con dedizione. Hanno sguardi esaltati: devono aver goduto parecchio, nonostante abbiano dovuto "sacrificarsi" perché la serata non venisse rovinata. Indossano ancora il loro tanga, ma suppongo che se lo siano rimesso su dopo essersi fatti scopare dal loro stallone. I loro corpi, d'altronde tradiscono il recente amplesso: sono lucidi di sudore e di macchie di sperma sparse qua e là.
"Niente male!", si complimenta Tony, che li teneva d'occhio mentre si facevano il tipo. Al complimento seguono due pacche sulle loro chiappette diafane che li fa sobbalzare all'unisono e ridacchiare.
"Oh, merda!", esclamo all'improvviso.
"Che succede?", mi chiede Enrico, preoccupato. "Altri problemi?".
"No... non del tipo che intendi tu, almeno".
"E allora?".
"Lo vedi quell'uomo di mezza età coi baffi? Quello che sta per inculare Ahmed da dietro?".
"Sì... Beh?".
"E' un mio cliente, cazzo! Hai una mascherina, presto!".
"Sì, nella sacca in cameretta!". Rietro nella stanza e cerco il suo zaino. Frugo dentro e trovo una fascia nera di tessuto con due buchi. La indosso e torno in sala.
"Il tu cliente ci sa fare, eh?", fa Enrico.
Aguzzo la vista ed effettivamente ammetto che non è niente male. Ha un corpo asciutto e in forma e un cazzo dritto che usa con maestria, mentre pratica al turco un dentro-e-fuori che lo fa impazzire, nonostante sia già pieno di un'altra nerchia. Lo strattona per i capelli e lo monta come un toro al rodeo. Dopo qualche minuto estrae la minchia e schizza sulla schiena inarcata del troione, innaffiandola di tanto latte bollente. Poi si rialza e si allontana.
"Amore! Ti dispiace se mi assento un attimo?", chiedo ad Enrico. Lui capisce perfettamente le mie intenzioni, mi lancia uno sguardo torvo e mi fa cenno di andare. Inseguo il mio cliente nella camera-spogliatoio e fingo di cercare i miei abiti. Mentre lui è seduto a riprendersi e a rivestirsi, scavalco diversi zaini dandogli le spalle e sbattendgoli le mie chiappone in faccia.
"Oh, scusa!", recito. Mi chino per raccogliere qualcosa che non esiste e sento le mie natiche aprirsi e prendere aria. Il filo del tanga si infila nella rosellina e mi dico che se non capisce dove voglio arrivare è proprio tonto.
No, non è tonto. La pressione di qualcosa di viscido e umido sul mio buco mi fa intendere che ho colpito nel segno. Poi un titillare nervoso e rapido mi strappa un gemito e un profondo sospiro. Uno schiaffo violento mi percuote una natica e urlo come una troia. Le sue unghie affondano nella mia carne e così fa la sua lingua nella mia fregna.
"Vieni qua, puttana!", mi insulta, facendomi girare e appoggiare a pecorina sulla poltrona sulla quale era seduto. Mi sputa nel solco e ci struscia la nerchia per lubrificarla. Quindi punta all'ingresso e spinge. Mi scivola dentro senza difficoltà. "Cazzo, che meraviglia!", esclama lui, sorpreso dalla mia disponibilità. Si china sulla mia schiena e mi passa le mani sotto afferrandomi le tette. Me le stringe e me le impasta, raggiungendo poi le areole con gl'indici. Me le solletica vorticosamente e intanto mi monta come una vacca. Solleva una gamba e appoggia il piede sul bracciolo della poltrona, per agevolare il suo movimento che difatti diventa più sciolto e incisivo. Lo sento fino in fondo: i suoi coglioni sbattono ritmicamente contro le mie chiappe e il suo glande mi colpisce la prostata senza sosta.Una sua mano abbandona un mio seno e scende verso la rosellina.
"Merda! Sei fradicio!", si stupisce, e mi infila una falange in culo, mi arpiona la mucosa e tira per dilatarla. Mi sgravo e il suo dito si insozza. "Che porcona!", mi insulta ancora, sentendo i miei umori colare. La cosa lo eccita particolarmente, perché mi spinge in ginocchio sulla seduta, sale con entrambi i piedi sui braccioli e, sempre chino sulla mia schiena, mi fotte come un caprone.
Guardandomi tra le cosce, vedo che il suo pistonare mi fa spurgare umori dallo sfintere. Schizzi di liquido biancastro si spargono per ogni dove e il piacere crescente mi fa spingere i muscoli in fuori e aprire sempre di più. Mi infilo una mano tra le chiappe e mi trastullo. Sono davvero un colabrodo: la mia mucosa è fradicia di succhi, compresa la sborra dello stallone di prima. All'improvviso la mia gola si restringe e respiro a fatica; i muscoli dello sfintere iniziano a pulsare e a contrarsi. Uno spasmo li fa tendere di colpo e strozzare la verga dello stallone.
"AAAAAARGH!", rantola lui. Bofonchia qualcosa e poi sento un lungo schizzo colpirmi il fondo degli intestini. Ne segue un altro e un altro ancora. Alla fine, stremato, si accascia su di me, si sfila lentamente, mi schiaffeggia una chiappa, raccoglie le sue cose e si dirige verso il bagno.
Io rimango col culo per aria, con la rosellina che si riapre piano piano. Sputo la sua sborra e me la sento colare lungo il perineo. La raccolgo con una mano e me la porto alla bocca, leccandola di gran gusto. Quando sento che alcuni stalloni stanno rientrando nella camera per rivestirsi, corro a nascondermi dietro la poltrona. Quando loro escono io reindosso il tanga e torno in sala.
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