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Gay & Bisex

Pensieri nascosti (2)


di crigio
17.02.2014    |    6.608    |    1 9.5
"Inforca la strada che va al “fortino” (una zona militare dismessa) e dopo un paio di chilometri si ferma sul ciglio di un burrone..."
Faccio un balzo sulla poltrona quando, assorto su una pratica, sento ticchettare sul vetro della porta del mio ufficio. Knut ha un sorriso smagliante e con i pugni mima un volante: vuole offrirmi un passaggio fino a casa. Gli rispondo alzando entrambe le mani: dieci minuti ancora. Col pollice in su mi fa capire che mi aspetterà.
Non appena si allontana prendo un respiro profondo: non si può andare avanti così. Prima o poi Enrico e Pino verranno a sapere che il tedesco mi tampina e potrei andarci di mezzo pure io che non ho fatto nulla.
Ho deciso: mentre mi accompagna a casa gli dico che deve lasciarmi in pace.
Prendo la giacca ed esco. Trovo la sua macchina nel parcheggio, la raggiungo e salto su. Lui mi fa un altro sorriso e poi avvia il motore. La serata è tiepida e, tutto sommato, non c’è nebbia. Il traffico è scorrevole. Di tanto in tanto Knut accenna un discorso, che però rimane quasi sempre interrotto a metà. Si percepisce l’imbarazzo di entrambi, ma devo farmi forza.
Prendo fiato e, quando sono pronto per fargli la mia bella predica, mi accorgo che, ad incrocio dove avrebbe dovuto svoltare a destra, invece gira a sinistra dirigendosi verso le colline.
“Do… dove si va?”, gli chiedo.
“E’ una bella serata e ho pensato che il panorama deve essere stupendo da lassù!”, dice lui senza guardarmi.
“No, dai! Portami a casa! Sono stanco!”, protesto.
“Solo qualche minuto, ti prego!”, aggiunge, stavolta voltandosi verso di me.
Forse, se restiamo soli, lontani dai rumori della città, riesco a fargli capire meglio che deve smetterla di perseguitarmi. Perciò mi lascio portare.
Inforca la strada che va al “fortino” (una zona militare dismessa) e dopo un paio di chilometri si ferma sul ciglio di un burrone. Aveva ragione: la vista è pazzesca.
“Allora: che ne pensi!”, mi chiede.
“E’ magnifica!”, sussurro, riferendomi alla città puntellata di luci.
“Già… Ouch!”, urla lui.
“Che c’è!”, gli faccio, preoccupato, vedendolo chino su se stesso.
“Ni… niente…!”, ma, seguendo il suo sguardo, noto il bozzo che gli gonfia i pantaloni. Lui alza la testa e mi sorride di nuovo. “E’ colpa tua, sai?”.
“M… mia?”.
“Sì! Non riesco a levarti dalla mente e ogni volta che ti penso mi succede questo. Sta diventando insopportabile starti lontano senza poter esprimere quello che sento! Non è giusto! Perché deve andare così?”.
“Lo sai perché!”.
“Ma io… io ti voglio! Ti desidero! Che c’è di male in questo?”.
“C’è di male che non è un desiderio disinteressato! Finché facevamo solo sesso, anche in gruppo, era tutto ok, ma da quando hai iniziato a provare qualcosa per me non possiamo più permetterci di abbandonarci l’uno all’altro!”.
“Ma è davvero quello che vuoi?”, mi dice, con voce dolce, non adeguata alla sua massa corporea.
Imbambolato dalla soavità di quel suono, rispondo titubante: “S… sì…”. Lui si avvicina a me e questa volta il suo fiato non è solo un’allucinazione: lo sento a pochi millimetri dalla mia faccia, ma non mi scosto. È caldo e invitante. Una sua mano mi cinge la nuca e mi attira verso di lui. Le sue labbra si incollano alle mie e la sua lingua mi scava nelle fauci. La pressione nella mia bocca fa cadere tutte le mie barriere e un brivido mi scuote.
“No: non è quello che vuoi!”, sibila Knut, mentre io, ancora ad occhi chiusi, mi lascio andare alle sensazioni di quel bacio. Le sue labbra avvolgono nuovamente le mie e una sua mano prende una delle mie e la conduce alla sua patta. È grossa e pulsante, e al contatto col mio palmo la frequenza aumenta vertiginosamente. Il suo viso si contrae: i jeans stringono troppo e vorrebbe che lo liberassi, ma ho ancora qualche remora.
“Fallo!”, mi incita. Apro gli occhi e lo fisso. Istintivamente le mie dita gli sbottonano i calzoni e tirano giù la cerniera. Il cotone degli slip si tende e lui sospira di sollievo. Il calore del suo cazzo è davvero eccitante e non resisto. Sollevo l’elastico delle mutande e la testa della verga schizza per aria. È dura e prepotente e la luce della luna si riflette sulla cappella inumidita dal precum. Spingendomi verso il basso, mi costringe a chinarmi sul suo ventre finché raggiungo la sua asta. Schiudo le labbra e imbocco quella meravigliosa albicocca. Il suo sapore è inebriante. Inspiro profondamente e succhio con avidità. Knut si scuote e si abbandona contro lo schienale del sedile.
“Oh, porc…!”, esclama, mentre io comincio a salire e scendere lungo il suo palo, avvolgendolo tra le mie fauci. Una sua mano si insinua nei miei jeans e nei miei slip, arriva al mio solco e mi accarezza il buco del culo.
“MMMMMMMMMM!!!”, mugolo, e il mio pompino si fa più insistente.
“Sì, ciucciami il cazzo, tesoro! Quanto sei bravo! Così! Così!”, mi esorta. Ribalta il sedile e si sdraia completamente, senza smettere di torturarmi la rosellina.
“MMMMMMMM!!!”, muggisco ancora, quando il suo dito si infila su per lo sfintere. Allora, con una mano gli stringo l’asta e inizio a masturbarlo e succhiarlo contemporaneamente.
“Oddio!”, rantola lui, e mi preme il capo contro il suo bacino perché ingoi tutta la sua mazza. Lo faccio, e quando mi arriva in gola, tremo dalla libidine.
D’improvviso, la nerchia ha una pulsazione e s’ingrossa spaventosamente. Mi soffoca e tossisco. La sputo e Knut, prendendomi il viso tra le mani, mi tira su verso di lui. “Scusa, amore. Ti ho fatto male?”. Io, senza rispondere, fisso la sua verga e mi rendo conto di non averla mai vista così grande. “Hai visto cosa mi fai?”, mi chiede.
“Ma… ma è enorme!”, sbotto.
“La vuoi?”. Abbasso lo sguardo. “Tranquillo: farò piano”.
“N… no… non è quello… Non è giusto, capisci?”.
“Dai: non lo diremo a nessuno! Non vedi quanto ti desidero?”, e le sue mani corrono a sbottonarmi i jeans. “Su, che ti preparo bene, così non avrai dolore”. Mi tira giù i calzoni e ribalta anche il mio sedile. Si inginocchia sotto il cruscotto e mi spalanca le cosce, affondando la faccia tra le mie chiappe.
“Oh, merda!”, esclamo non appena la sua lingua comincia a percorrere il mio solco. Arrivato al buco, ci sputa sopra e con un dito spalma ben bene la saliva. Mi penetra e, contemporaneamente, mi ciuccia con le labbra. “Oh sì! Leccami, succhiami, fammi godere!”, lo esorto, senza più controllo. L’altra sua mano mi accarezza un fianco e risale fino al mio petto. Lo strizza e poi mi titilla un capezzolo. “No… nooooooooo!!!”, urlo, mentre i due massaggi simultanei mi mandano in estasi. Una contrazione mi fa espellere umori dallo sfintere e sento Knut abbeverarsi con voluttà.
“MMMMMMMMMM!!! Ma che… slurp!... bontà… slurp!...”, bofonchia. Poi si tira su e mi si sdraia sopra, continuando a torturarmi l’anellino con le dita. Quello si schiude e lui mi sorride, contento della risposta del mio corpo alle sue sollecitazioni. Il suo glande si accosta alla mia mucosa, ma qualcosa lo frena.
“Sta’ giù!”, mi ordina, e un attimo dopo i fari di un auto illuminano l’abitacolo della nostra. Ci guardiamo e ridiamo per la situazione.
“Erano secoli che non scopavo in macchina!”, gli dico. “Ho sempre pensato che fosse una cosa da amanti… ed eccoci qua!”, aggiungo, con amarezza. Lui, però, sembra non aver notato il mio tono, perché riprende da dove era stato interrotto. La cappella mi attraversa il buco e un’espressione beata gli si dipinge in volto.
“Sei morbido! E caldo! Ch’è bello, amore!”, mi sussurra, baciandomi e cominciando a muoversi dentro di me. Io, invece, resto qualche secondo col fiato mozzato per le dimensioni mai provate della sua nerchia.
“E’ troppo…!”, sibilo.
“Tranquillo: faccio piano!”, mi rassicura, ma finita la frase, un nuovo effluvio di secrezioni va a lubrificargli l’attrezzo. “Sì! Stai godendo, lo sento!”, aggiunge, soddisfatto di sé, e spinge ancora. La mia schiena si inarca e mi irrigidisco. “Dai: prendilo tutto! Vedrai che meraviglia!”, e, centimetro dopo centimetro, arriva fino in fondo. I suoi coglioni strusciano contro le mie chiappe e capisco che ho tutto il suo cazzo in corpo. “Oh sì, tesoro! Bravissimo! Ora ci divertiamo, ok?”.
“O… ok…!”, gli rispondo, col fiato corto. Lui solleva il bacino ed estrae la mazza fino a tenermi dentro solo il glande. Poi, con un colpo secco, mi sbraga le viscere. “OOOOOOOOOOOOOHHHHHHHHHHHHHHH!!!”, urlo, e provo a spingerlo via per le spalle. Subito dopo, inizio a provare un piacere diffuso e le mie mani corrono alle sue chiappe. Gliele stringo e lo premo contro di me tenendomelo piantato in corpo. Con uno strattone lui si libera dalla mia morsa e di nuovo mi colpisce fino in fondo.
“Godi bene, amore? Godi bene?”, mi chiede, ansioso.
“Oh sì! Sìììììììììììììì!!!”, rantolo con gli occhi sgranati e digrignando i denti. Allora, galvanizzato dalla mia risposta, inizia a montarmi come un toro, affondando la testa nel mio collo. Più mi fotte, più il suo respiro si fa affannato. Quasi senza rendermene conto, gli infilo un dito tra le chiappe e lo penetro. Lui si ferma un secondo e la sua minchia ha un nuovo sussulto. Si gonfia ancora e mi dilania lo sfintere.
“AAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH!!!”, grido, infischiandomene che qualcuno possa sentirmi. Poi, Knut riparte con la sua monta e più mi chiava più la mia temperatura corporea aumenta. Le solite ondate di calore si impadroniscono delle mie membra e spasmi violenti nel mio culo masticano il cazzo del mio stallone.
“Sì, amore! Godi! Godi!”.
“Brucio! Brucio!”, piagnucolo, e un tremore violento mi scuote da capo a piedi. La faccia del tedesco si ingrossa e diventa paonazza. Si tira un po’ su e, strattonando indietro, mi priva della sua virilità. Diversi schizzi di sborra innaffiano la mia rosellina martoriata e, finito di svuotarsi le palle, Knut mi impala di nuovo. La sorpresa di questa nuova penetrazione mi fa sobbalzare e mi avvinghio a lui. Rimaniamo per un po’ abbracciati l’uno all’altro, tremanti per le ultime scariche dei nostri orgasmi.

Rientrato a casa, trovo Enrico in camera da letto intento a svestirsi per andare a dormire.
“Ehi, bentornato!”, mi saluta con affetto, e si avvicina per baciarmi. Le sue labbra si incollano alle mie e restano così per un tempo infinito. Quando si staccano lui mi guarda interrogativo. Non dice più nulla e si infila sotto le lenzuola.
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