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Sviluppi imprevisti - Barcellona (3)


di crigio
23.12.2013    |    6.610    |    4 9.7
"“Ciao, amore! Questo maschione mi sta facendo godere tanto, sai? È veramente grosso!”..."
Carlo alza lo sguardo e mi vede pronto a riceverlo. Si tira su e rimane in piedi a fissarmi, così a cosce larghe.
“Che c’è? Non ti piaccio?”, ammicco. Lui non risponde: sta con le mani lungo i fianchi e il cazzo duro a guardarmi mentre mi sfioro in attesa che lui mi prenda.
“Dai, fammi tuo! Non vedi che ti voglio?”, insisto, ma Carlo non fa una piega. Solo i suoi occhi si spalancano e si iniettano di sangue: è talmente eccitato che il suo sguardo si infuoca. La sua mazza sballonzola per i colpi che la pressione sanguigna gli provoca. Un rivolo di bava gli cola dal lato della bocca: se lo asciuga col dorso della mano.
La visione di questo stallone infoiato e possente mi fa crescere un certo calore dentro: dal bassoventre mi parte una spinta che percorre tutto il retto e arriva allo sfintere. Sento la mia rosellina aprirsi e una corrente d’aria la attraversa. L’energumeno se ne accorge e fa un passo nella mia direzione, lento. Io mi sollevo sui gomiti, poi mi appoggio su uno soltanto e allungo l’altro braccio per raggiungere il suo cazzo e tirarlo verso il mio buco. Mi sforzo ma non ci arrivo.
“Dai, non farmi soffrire così? Sto impazzendo di desiderio!”, lo imploro, e allora lui fa un altro passo. Adesso riesco a toccargli la cappella. La stringo tra le dita e lo attiro verso di me. Lui si avvicina ancora.
“Così, bravo! Vedrai: ti farò godere tantissimo!”, aggiungo. Il suo glande viene a contatto col mio anellino. Carlo spinge e comincio ad allargarmi. Mollo l’asta e lascio che continui da solo. Mi apro ancora. E ancora.
“Oddio! Ma quanto è grossa?! Uff!”, sospiro. Quando il glande passa completamente, il mio buco gli si stringe attorno. Poi la verga mi scivola piano dentro. Dopo qualche centimetro, però, lo stallone non riesce più ad andare avanti.
“Troietta!”, dico rivolgendomi a Pino ancora stremato e sdraiato accanto a me. “Vieni a dargli una mano!”.
Il biondino si tira su a fatica, si inginocchia sul letto e affonda la faccia tra le mie chiappe. Estrae la lingua e inizia a titillarmi la rosellina dilatata.
“Oh, sì, così!”, gemo, e sento un’altra spinta partirmi dallo stomaco. Il mio sfintere si estende ancora e Carlo riesce ad aggiungerci altri centimetri. Sollevato sui gomiti posso vederlo penetrarmi finché il suo ventre non tocca le mie natiche. Si ferma un po’ e poi torna indietro, con la stessa lentezza. Tira fuori tutto il membro e rimane ad osservare il mio traforo spennellato dalla lingua del mio amico. Ha il respiro affannato ed è sempre più rosso in viso. Si riavvicina e mi torna dentro: stavolta la penetrazione è facilitata dal precedente passaggio e dalla mia maggiore eccitazione, tenuta viva dalla bocca di Pino che, prendendomi in parola, non smette di darsi da fare, passando le sue labbra anche sulle mie palle e lungo la mia asta.
Carlo riprecipita in me lentamente: la sua grossa cappella fa attrito sulle pareti delle mie viscere, stimolandole in ogni anfratto. La sua minchia sparisce nei miei intestini: vedo solo la peluria del suo pube.
D’improvviso, succede qualcosa: delle pulsazioni, dentro. Alzo gli occhi e lo stallone sogghigna. Sta contraendo la mazza e quella si ingrossa e si ritrae, ed è come se avessi un cuore nel culo. Questo massaggio interno mi fa impazzire: il mio respiro aumenta di frequenza e comincio ad accaldarmi. I miei capezzoli si induriscono. Li guardo: si stanno increspando e le punte stanno venendo su, prepotenti.
“MMMMM!!! Vedo che funziona!”, mi provoca Carlo.
“S… sì… funziona… Ma ora fottimi, dai!”, gli chiedo.
“No, ancora no!”, risponde secco, e di nuovo torna indietro e mi priva della sua virilità. Non appena sento l’aria passarmi per il buco, un’altra spinta mi fa sollevare il busto e dilatare lo sfintere.
“AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH!!!”, urlo. Mi sento come una gestante nell’atto di espellere il feto, solo che da me non esce niente, se non qualche umore che Pino si affretta a leccare e risucchiare. “Non resisto più! Pe favore, scopami!”, prego Carlo.
“Per favore?!”, mi sfotte lui. “MMMMM, mi piace così! Dai: supplicami, puttana!”.
“Sì, sì! Dammi il cazzo, per favore! Ho voglia di cazzo, io! Di cazzo nel culo! Tutto nel culo, ti prego!”.
“Ma guardati! Sei proprio in fregola! Stai smaniando tutto! E per cosa? Per questo?”, aggiunge indicandosi la verga sempre più tosta.
“Sì, sì, per quello! Lo voglio tutto, per favore!”. Allora, lui afferra per i capelli Pino e lo scaraventa lontano. Appoggia le mani sulle mie cosce, tenendole divaricate, e mi sprofonda dentro con violenza. Scivolo dai gomiti: la mia schiena sbatte sul letto e poi si inarca.
“Che c’è?”, mi chiede sfacciato l’energumeno. “Non era questo che volevi?”. Io non riesco a rispondere: ho il fiato spezzato dal colpo che mi ha inferto. “Se vuoi te ne do ancora!”, aggiunge. Lo guardo con occhi sgranati e faccio di no con la testa. Ma lui se ne infischia: estrae il cazzo e quindi per la seconda volta mi dilania le viscere.
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”. Un grido disperato mi esce spontaneo dalla gola. Mi brucia lo stomaco. Stringo forte le lenzuola e le strappo via. Poi, un calore improvviso mi arriva al cervello: spingo con le spalle sul materasso e alzo il petto. I capezzoli sono di marmo e mi fanno male. Qualcosa entra in contatto con loro: sollevo il capo e vedo Carlo chino su di me che li lappa e lo ciuccia. Uno spasmo mi fa stringere le cosce intorno alla sua vita: intreccio le caviglie sui suoi lombari e lo tengo incollato alle mie chiappe.
“MMMMM!!! Slurp! Non temere!”, mi rassicura. “Non vado via, ancora!”, e continua a torturarmi le aureole grinzose. Il massimo è quando le mordicchia con i denti: le rughe che le solcano mi regalano un piacere immenso e anche le mie braccia si avvinghiano al mio stallone. Le mie mani scorrono lungo la sua schiena fino a raggiungere le sue natiche: le stringo e le spingo verso il mio culo, suggerendogli di scoparmi.
“Va bene, puttana! Adesso ci facciamo una bella cavalcata, eh?”, e, staccandosi dal mio busto, si appoggia sulle mani, iniziando a montarmi pesantemente.
“Oh, finalmente!”, esulto. Il letto cigola sotto i suoi colpi e la sponda sbatte contro la parete. Le mie gambe sono aperte quasi in spaccata, per ricevere tutta la verga del mio uomo. Lui ci dà dentro di brutto e la sua fronte comincia ad imperlarsi di sudore. Digrigna i denti e rantola, ma non desiste, aumentando sempre più l’intensità dei colpi.
“Cazzo! Ma non ti basta mai!”, sbotta Carlo.
“No… uff!... no, mai! Dammelo tutto! TUTTO!”, lo incito.
D’un tratto, bussano alla porta. Carlo si blocca e guarda Pino. Il mio amico scende dal letto e va ad aprire.
“Ma chi è?”, mi chiede lo stallone.
“Boh!”, rispondo. Un attimo dopo, Enrico entra in camera. “Ciao, amore! Questo maschione mi sta facendo godere tanto, sai? È veramente grosso!”.
“Sono contento, amore! Fagli vedere che succede quando ti scopano bene!”.
“Sì. Lo dedico a te, ok?”, e il gigantone mi sorride complice. Carlo mi guarda stranito: non sa di che parliamo, anche se poco fa ne ha avuto un piccolo assaggio da Pino. I miei orgasmi, però, sono più potenti di quelli del biondino ed è difficile per chi mi scopa sottrarsi alla morsa in cui il mio sfintere stringe il suo cazzo.
“Perché ti sei fermato?”, rimprovero Carlo. “Sei già stanco?”. Un moto di orgoglio lo fa accigliare e riparte subito con la sua cavalcata devastante. “Oh… sì… bravo… uff! mmmmm! Vedrai tra poco…!”. Lui è sempre più basito e curioso al tempo stesso. Non capisce a cosa mi riferisca.
“Ecco… ecco…”, aggiungo, quando una massa calda comincia ad accumularsi nei miei intestini. Cresce velocemente e si irradia in tutte le direzioni. Le mie gambe vibrano.
“Che… che cazzo fai?”, mi chiede Carlo.
“Sta’… ah!... sta’ zitto! Pensa solo a fottermi, stronzo!”, e l’offesa lo fa incazzare di brutto. Si sistema meglio e mi assesta un fendente che mi sventra. È il colpo che rompe la bolla in cui è racchiuso tutto quel calore, tutto quel piacere. Dalle gambe il tremore risale lungo il mio corpo. Arrivato al bacino, il mio sfintere si allarga ancora. Poi, su su fino alla testa: la mia bocca si spalanca e schiumo.
“Sco… pa… mi… Non… fe… rma… rti… iiiiiiiiiiii… iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiihhhhhhhhhhhhhhhhh!!!”, e un terremoto mi scuote da capo a piedi, finché, tutto di seguito, una convulsione mi fa stringere il culo che poi comincia a contrarsi, aspirando profondamente la mazza di Carlo.
“Merda! Ma che cazzo succede!”, si impressiona lui. “Me lo stai stritolando! Me lo stai… succhiando… col culo… No! Nooooooo!!! NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”, e si chiude su se stesso per cercare di trattenere l’imminente orgasmo. Ma, poiché i miei muscoli non smettono di massaggiarlo, né lui riesce a liberarsi dalla mia stretta, un secondo dopo esplode: “Porca vaccaaaaaaaaaaa!!! Io sbooooooorrooooooo!!!”. Il suo cazzo si gonfia. Si carica di sperma e alla fine mi inonda. È caldo. Anzi, è bollente. Lo sento scorrermi dentro. Un fiotto mi colpisce in fondo, potente. Mi riempie. Il mio solco si bagna: del seme sta colando fuori, ma Carlo non smette di regalarmene ancora e ancora.
“Minchia! Non… riesco… a… fer… ma… rmi…!”, singhiozza. Con le mie contrazioni lo sto mungendo bene, fino a fargli svuotare completamente i coglioni.
Poi, avverto un contatto: Pino si è intrufolato tra le gambe dello stallone e sta raccogliendo il nettare che fuoriesce dalla mia rosellina. “MMMMM!!! Quant’è buono!”, mugola, mentre lo assapora avido.
“No, no! Le palle no!”, si lamenta Carlo. “Oddio! E lì neanche… eeee… eeeeeeeeehhhhhhhhhh!!!”.
“MMMMM!!! Hai anche un bel buchino, maschione… slurp!...”, commenta il biondino, mentre gli lavora il solco. Con questa nuova stimolazione il suo cazzo continua a pulsare ed il suo orgasmo viene prolungato. Travolto dal godimento, Carlo digrigna i denti e con una mano afferra la testa di Pino e se la spinge a fondo in mezzo alle chiappe.
“Lecca bene, stronzetto! Uff! Credo che… mmmm!!!... non… finirà… mai…!”, ansima, riferendosi al suo coito incessante.
D’un tratto, stremato, si abbandona su di me, con un sorriso stampato sulla faccia. Si sta godendo le lappate di Pino, e allora mi viene un’idea. Guardo oltre il suo corpo fino ad Enrico, e ci intendiamo.
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