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Il maestro di sci (2)


di crigio
02.05.2014    |    7.788    |    2 9.5
"Poi, prima che Knut concluda il suo orgasmo, si gira verso Enrico e gli fa: “Adesso è il tuo turno: sei pronto?”..."
Un raggio di luce che filtra dalla persiana mi colpisce direttamente gli occhi e così sono costretto ad aprirli e a spostarmi. Li stropiccio un po’ e poi guardo la sveglia: le 8,00.
“Vabbè, alziamoci!”, penso. Dall’altro lato del letto, Pino dorme ancora come un bambino. Lo lascio assorto nei suoi sogni e scendo dal letto. Apro la porta e faccio per entrare in bagno, quando delle voci provenienti dall’altra camera attirano la mia attenzione. Aggrotto le sopracciglia e mi dirigo in quella direzione. La soglia è ancora socchiusa. Sbircio dentro e, incredulo, vedo quella vacca del maestro di sci inginocchiata tra due poltroncine sulle quali sono seduti Enrico e Knut. Tra le sue mani stringe i loro cazzi, che masturba energicamente senza sosta. Sul suo volto un’espressione di lussuria mai vista.
Il gigantone e il tedesco si contorcono e si lamentano. “Che dolore, merda!”, sbraita Knut. “Basta! Fermati! Non ho più sborra da darti, lo vuoi capire?”.
“Non è vero! Non ci credo! Secondo me ne hai ancora tanta!”, ribatte la troia, continuando a smanettare.
“O lo buttiamo fuori a calci o lui fa fuori noi!”, suggerisce Enrico, ma il tipo non ha nessuna intenzione di assecondare la loro idea, tanto che si alza in piedi e monta sul tedesco. Si punta la sua nerchia tra le chiappe e ci si siede sopra. Quella gli sprofonda in corpo senza difficoltà e gli sparisce dentro fino alle palle.
“Oh no! NO!”, protesta lo stallone.
“Tranquillo! Vedrai che riuscirò a spremerti ancora!”, sussurra la puttana, che con l’altra mano continua a massaggiare la minchia del mio ragazzone. Apparentemente non succede nulla, ma dopo un po’, guardando Knut agitarsi, mi rendo conto che il maestro di sci sta contraendo e rilassando ritmicamente le chiappe.
“Oddio! Mi sta ciucciando il cazzo col culo!”, rantola il mio amico rivolto ad Enrico.
“Sì! E ti piace, vero?”, gli chiede la porcona.
“Oh sì! Porca puttana, sì!”.
“Dai, regalami altro seme, su!”, lo esorta quello, chino sul suo viso. Le natiche della troia si muovono sempre più velocemente e Knut reclina il capo indietro e trema tutto.
“Oh! Oh! OOOOOOOOOOHHHHHHHHHHH!!!”, grida alla fine. Il suo corpo si irrigidisce e sul volto della puttanella si dipinge un’espressione di giubilo.
“Sì, bravo! Hai visto che ce l’hai fatta ancora? Dammelo tutto, dai!”, chiede quella, godendosi gli schizzi di sperma nelle sue viscere. Poi, prima che Knut concluda il suo orgasmo, si gira verso Enrico e gli fa: “Adesso è il tuo turno: sei pronto?”.
Il mio ragazzone sembra terrorizzato: il cazzo deve fargli un male cane, ma, come c’è riuscito col tedesco, credo che la vacca riuscirà a fare venire di nuovo anche il gigantone.
Si tira su e smonta da Knut. Si sposta su Enrico e si mette a cavalcioni sulle sue cosce. Gli afferra la mazza e se la inghiotte completamente. Il mio ragazzone stringe forte i braccioli della poltrona e inspira profondamente, digrignando i denti per il fastidio che avverte all’asta. Quindi, le chiappe della troia riprendono a contrarsi come prima con Knut. La bocca di Enrico si spalanca per lo stupore: si volta verso il tedesco, con sguardo interrogativo, e quello risponde con un’espressione ebete del viso, come a dirgli che non è un’illusione, che sta proprio godendo e che alla fine anche lui cederà.
Gli occhi di Enrico tornano sulla puttana che lo incita: “Dai, bel maschione! Dammi altro nettare! Ne voglio ancora!”, il gigantone comincia a respirare più forte. Il suo petto si gonfia e infine un urlo strozzato gli esce dalla gola. Un sussulto testimonia il sopraggiungere dell’orgasmo e anche stavolta la troia si inorgoglisce per la sua prestazione: è riuscita a fare venire per l’ennesima volta (chissà quale?) entrambi i suoi stalloni.
D’improvviso, senza aspettare che Enrico smetta di schizzare, si sfila il suo cazzo dal culo e raccoglie i suoi vestiti: “E’ tardi! Devo andare! Alla prossima, ragazzi!”. Rapido, mi scosto dalla porta e mi rintano nella parte in ombra del corridoio. Subito, il maestro di sci esce dalla camera e corre verso l’ingresso. Si riveste alla buona e va via.
Io entro in bagno e rimugino su quello che ho visto. Non posso credere che abbiano scopato per tutta la notte! Quando gliel’ho sentito dire pensavo che scherzassero, ma, a quanto pare, l’hanno fatto davvero!
Ripassando per la loro camera, Enrico e Knut sono riversi sul letto, addormentati. Vado in cucina e preparo la colazione. Il primo a svegliarsi è Pino.
“Buongiorno! MMMMMMM! Che buon profumo di caffè! Me ne versi un po’, per favore?”, mi chiede.
“Certo!”.
“Ma dormono ancora?”.
“Sì…!”, abbozzo una risposta evasiva.
“Avranno fatto le ore piccole!”.
“Già…”, cincischio ancora. Poi, mentre sono al lavandino a pulire le posate, lui mi compare accanto.
“Mhm! Tu mi nascondi qualcosa!”, mi fa, sospettoso.
“Chi? Io? Ma no!”, ribatto, ridacchiando.
“Sì, sì! Ti conosco! Che hanno combinato quei due ieri sera?”.
“Ieri sera? Niente! Cioè… non lo so…!”. Pino non mi crede e, per costringermi a parlare, mi fa il solletico sui fianchi.
“Dai, lasciami! Ho un coltello in mano! Potrei tagliarmi!”.
“Parla!”.
“Ok ok!”, cedo, alla fine, e lui smette di punzecchiarmi.
“Allora?”, insiste.
“Ecco…”, inizio a confessare, ma un attimo dopo compaiono sulla porta della cucina i nostri due amici. Sbadigliano e si stiracchiano. Sono letteralmente stravolti.
“Mamma mia che facce! Ma che avete fatto ieri sera? Quanto avete bevuto?”, sbotta il biondino.
“Non abbiamo bevuto…”, biascica Knut, sbadigliando ancora.
“E allora perché state così?”.
“Diciamo che ci siamo divertiti!”, risponde sempre il tedesco. Enrico gli lancia un’occhiata: vorrebbe che stesse zitto, essendosi accorto delle attenzioni, non ricambiate, che Pino ieri ha rivolto al maestro di sci per tutto il giorno.
“Ah! E con chi? Lo conosco?”, chiede, curioso, il biondino.
“Sì, certo! Ieri gli morivi dietro!”, aggiunge Knut, stropicciandosi gli occhi.
“Ma che coglione!”, lo insulta il mio ragazzo. Pino sbianca in volto, stringe i pugni e corre fuori dalla cucina. Un secondo dopo si sente sbattere violentemente una porta, forse quella del bagno. Enrico gli va dietro.
“Ma che ho detto di male?”, si interroga il tedesco.
“Sei un idiota, lo sai?”, gli faccio io.
“Ma perché? Tanto quella è una troia infinita! Lui non ha nessuna speranza di farselo!”.
“Sì, ma un po’ di delicatezza in certi casi…!”.
“Ma va! Meglio essere chiari subito!”.
“Fa’ tu! È il tuo boy, quello! E poi, la sensibilità non è mai stata il tuo forte! A te non importa di niente e di nessuno!”, lo rimprovero, riprendendo a pulire le posate. D’un tratto, mi sento il suo fiato sul collo.
“Sai che non è vero”, mi sussurra alle spalle, e avverto la pressione del suo ventre su una natica.
“Dai, allontanati! Potrebbero tornare da un momento all’altro!”, gli dico.
“Sei uno stronzo!”, grida Pino rientrando in cucina. “Anzi: siete DUE stronzi!”, rimarca, guardando anche Enrico che gli viene dietro.
“Dai, amico! Tranquillizzati! Ti assicuro che quello lì non hai nessuna speranza di fartelo! È un puttanone come pochi!”, gli fa il gigantone.
“Ah sì? Non ci credo!”, si incaponisce il biondino. “Vedrete!”, insiste ed esce di nuovo dalla stanza. Qualche minuto dopo attraversa il corridoio, in tuta da sci, e si precipita in strada.
“Ma dove va?”, chiedo, ma Enrico e Knut sono troppo stanchi per interessarsene. Si siedono al tavolo e fanno colazione. Io, invece, mi vesto e vado a cercare Pino: non vorrei che facesse una sciocchezza.
Lo cerco in lungo e in largo, ma non riesco a trovarlo. Non c’è sulla pista da sci, né in paese, né al rifugio. Alla fine, stanco, mi infilo nei bagni pubblici per pisciare. Entro in una toilette e mi slaccio i pantaloni, quando un gemito proveniente da quella accanto richiama la mia attenzione. Come ieri, sbircio attraverso la crepa nel legno della parete divisoria. Un corpicino bianco in ginocchio sulla tavoletta del water, con le chiappe protese indietro si sta donando ad un tipo con la faccia tutta immersa nel solco. Sposto un po’ lo sguardo verso destra in alto e mi accorgo che la troia è Pino. Torno a guardare giù e il ragazzo che gli sta lavorando la rosellina scosta un momento il viso indietro. Cazzo! Ma è il maestro di sci!
La lingua si infila di nuovo tra le natiche e il biondino ansima di piacere. Le mani del maestro gli stringono le natiche e gliele tengono aperte.
“Così così così…!”, sussurra Pino. Poi, il maestro di tira su e si cala le braghe. Devo trattenere un urletto di meraviglia quando la sua nerchia sguscia fuori dalla tuta da sci. Stanotte e stamattina non mi sono accorto della sua dotazione: ero concentrato solo sul suo culo e non ho notato che ha anche un gran bel cazzo. Tra l’altro, è già duro: forse Pino lo ha pompato a dovere prima che io arrivassi.
Lo punta al solco del mio amico e gli struscia un po’ la cappella contro il buco. “Oh sì! Dammelo!”, mugola il biondino. Quindi, si stabilizza e spinge. “Oh! Oh! Oh!”, geme Pino, mentre l’asta si fa strada nel suo sfintere. Arrivato alla fine della corsa, il maestro si piega sulla schiena del mio amico e lo abbraccia. Poi, inizia a muoversi lentamente avanti e indietro.
“Sei una puttanella! Solo una puttanella!”, lo insulta.
“Sì, lo so!”.
“Hai fatto di tutto per abbordarmi! Ma che vacca che sei! Ti farò godere come una porcellina!”.
“MMMMM! Sìììììììì!!!”. Il maestro si rialza e afferra Pino per i fianchi, cominciando a scoparlo più forte. Il mio amico si stringe alla cassetta dello scarico e subisce i colpi alla prostata che quella troia, ora travestita da stallone consumato, gli sta inferendo.
Dopo un po’ che lo sbatte così, gli dice di spostarsi sulla parete divisoria. In alto, vedo le dita di Pino aggrapparsi all’asse, mentre il maestro lo prende pe le gambe e lo solleva. Gliele divarica e si avvicina a lui, infilzandolo di nuovo. Pino cerca di soffocare il suo godimento, per evitare che qualcuno che mai dovesse entrare nei bagni possa sentirlo, ma degli urletti striduli escono comunque dalla sua gola ogni volta che il ventre del maestro sbatte contro le sue natiche.
“Ma guardati! Che porcellina che sei!”, sibila il maestro, mentre fotte il mio amico. La parete si muove e cigola, ma nessuno dei due se ne cura. Per fortuna non entra nessuno, quindi possono dare sfogo liberamente alla loro libido. “Oh! Ma ti stai bagnando tutta, porcellina! Mi stai inzuppando il cazzo, sai?”.
“S… sì! Io go…do…!”, ansima Pino.
“Sì, lo sento! Dai, ancora, ancora! Fammi vedere quanto godi!”. Il maestro colpisce Pino sempre più forte, finché il biondino si irrigidisce e vibra tutto. Una mano si stacca dalla cima della parete, per poi riappendersi subito. “Ma sì! Brava la mia porcellina! Ciucciami la minchia col tuo culetto da troia, che ti riempio di tanta sborra calda! La vuoi la sborra in culo, eh? La vuoi?”.
“S… sì… La… voglio…!”, risponde Pino, con un filo di voce.
“Allora eccotela! E… cco… te… la… aaaaaaahhhhhhhhhhh!!!”, rantola il maestro, che scaricatosi i coglioni nelle viscere del mio amico, gli lascia andare le gambe e sfila il cazzo. Si tira su la tuta ed esce dalla toilette.
In pochi secondi penso che non posso lasciarmi sfuggire questa occasione. Esco anch’io e mi avvicino a lui ai lavandini. Mi giro a guardarlo e lui mi sorride. Si china verso il mio orecchio e mi sussurra: “Alle cinque nel mio bungalow! Ti farò toccare il cielo con un dito!”, e se ne va sghignazzando.
Per evitare che Pino mi veda, corro fuori dai bagni, ma il maestro è già sparito.
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