Gay & Bisex

Rehab


di crigio
30.01.2014    |    5.722    |    1 9.9
"“Dove eravamo rimasti?”, mi chiede..."
Una spiaggia tropicale. Caldo, tanto caldo. Sto sudando. Ho il fiato grosso, come se avessi appena fatto una lunga nuotata. Il sole picchia forte: lo fisso e la vista si appanna.
D’improvviso, qualcosa mi scuote da sotto la sabbia: il sole, il mare e la spiaggia lentamente svaniscono. Il disco di fuoco si trasforma nel lampadario della mia camera da letto.
Inclino il capo: ho le ginocchia al petto. Guardo in mezzo: la chioma fulva di Enrico è immersa tra le mie cosce.
“Finalmente… slurp!... ti sei svegliato?”, mi saluta.
“Ma… che… fai…?”, gli chiedo, ancora intontito.
“Tu che ne dici?... Slurp!”, mi chiede retoricamente, mentre continua a ravanarmi il solco. “Vedo che ieri sera… mmmmmmmm… ci hai dato dentro!”.
“Eheh!”, sorrido imbarazzato.
“Quanti… erano?… slurp!...”.
“Quattro… ooohhh!... o forse… cinque… mmmmmmmmm…!”.
“Che troia!”, mi insulta, e la sua lingua si fa più invadente.
Un suono acuto mi scuote definitivamente: il cellulare di Enrico sta squillando. Allungo un braccio per prenderlo dal comodino.
“E’… uff!... è Pino… aaahhh!...”, gli dico, dopo aver letto il display.
“Da’ qua!”, si affretta lui e mi strappa il telefono di mano abbandonando la mia rosellina.
Quando Pino chiama, lui corre! Forse dovrei esserne geloso…
“Pronto!... Sì… CHE COSA??!! Adesso??... Io lo ammazzo!... Arriviamo…!”. Poi, rivolgendosi a me, mi ordina: “Vestiti! Dobbiamo andare da lui!... Knut è a casa sua!”.
“Cazzo! E che vuole ancora?”, gli chiedo, non troppo meravigliato.
“Non lo so! Ma lo scoprirò presto! E dopo saranno cazzi amari!”, mi risponde lui, furioso.

Arrivati sotto casa di Pino, Enrico suona il citofono impaziente e, non appena entrati, va cercando Knut nervosamente.
“No, fermati…!”, lo richiama il biondino, ma lui è già nel salone e ha tra le mani il bavero del giubbotto del tedesco. Subito, però, si scosta, disgustato, e lo ributta sul divano. “E’ proprio di questo che volevo parlarvi. È ubriaco fradicio e pare che vada avanti così da mesi… Dobbiamo aiutarlo!”.
“Aiutare questo vigliacco?! NOI?! E perché mai?”, chiede Enrico, con gli occhi che sprizzano ira.
“Perché è un nostro amico, ecco perché!”, ribatte fermo Pino. Il gigantone sta per replicare, ma le parole gli rimangono in gola, perché Knut, ridestatosi un momento, mi guarda e, con la bocca grondante saliva, mi saluta lascivo.
“Ciao, amore…!”.
“Brutto stronzo!”, lo insulta Enrico e lo strattona di nuovo. Sta per dargli un pugno, quando Pino si frappone tra i due.
“Adesso basta! Si fa come dico io, CHIARO! Giò, vieni di là con me: facciamo un bel caffè forte! E tu”, prosegue rivolto a Enrico, “sorveglialo! Non voglio che si scoli qualcos’altro. E soprattutto, calma i tuoi bollori!”.
Una volta in cucina, il biondino, riempiendo il filtro della moka, mi dice piano: “Mi dispiace per ieri sera. Devi aver passato un brutto quarto d’ora…”.
Lo guardo e capisco a cosa si riferisce: Knut, tra i fumi dell’alcool, deve avergli spifferato qualcosa. “Beh, diciamo che non è stato molto bello ritrovarselo lì… Comunque, avevo capito anch’io che c’era qualcosa che non andava e sono d’accordo con te: bisogna che lo aiutiamo!”.
“Già! Però bisogna farlo capire a quella testa calda del tuo ragazzone!”.
“Tranquillo: ci penso io!”.
Poi, un po’ per sdrammatizzare, mi fa: “E così ieri sera ti sei dato da fare senza di noi!”.
“Eheh! Poi ti racconto… Anche perché voglio coinvolgere pure voi in questa cosa. Magari quando Knut sarà tornato in forma…!”.

Rientrati al mio appartamento, non appena chiusa la porta Enrico mi cinge la vita con un braccio e mi bacia con passione.
“Dove eravamo rimasti?”, mi chiede.
“Credo che stessi cercando qualcosa un po’ più giù…”, ammicco, e lui si china lentamente. Poi, mi sbottona i jeans e mi fa girare. In un attimo mi ritrovo con le chiappe all’aria e la sua faccia immersa in mezzo a frugare in cerca di una qualche zona erogena.
La trova. “Oh, cazzo, amore!... mmmmmmmmmm… Sì… lì, proprio lì… così… mmmmmmmmmmm…”, gemo, mentre la sua lingua titilla nervosamente un punto preciso della mia rosellina che lui ormai conosce bene. Ravanandomi nel solco, mi slaccia le scarpe, me le toglie e mi sfila anche i pantaloni. Mi afferra le caviglie e mi impone di divaricare le gambe. Le mie natiche si schiudono: la sua lingua attraversa l’anellino e le sue labbra mi succhiano la mucosa. Le mie ginocchia cedono.
“Vieni qua!”, mi sussurra, conducendomi al letto. Mi metto sopra a pecorina e lui riprende a lavorarmi il buco. “MMMMMMM… sei morbido… slurp!... e così aperto… slurp!... mi divertirò da matti… slurp!...”.
Si alza in piedi e si spoglia di gran fretta. Monta sul letto, piega le ginocchia e punta la verga al mio culo. Mi precipita in corpo e sospira di soddisfazione. Si china sulla mia schiena e mi abbraccia. Le sua mani raggiungono i miei capezzoli e li accarezzano con delicatezza. Mi bacia una spalla e inizia a muoversi nelle mie viscere.
“Quanto… sei… duro…!”, gli sussurro.
“E’ tutta colpa tua! Immaginarti troia in mezzo a una mandria di tori infoiati mi fa impazzire!”, mugugna lui.
“E ti assicuro che lo erano, tori!”.
“Vacca!”, mi insulta Enrico, e mi sferra un colpo dei suoi, secco e profondo. Poi torna indietro, piano piano, finché mi rimane dentro solo la cappella. Mi fotte con quella, prima lento, poi accelerando. Un fuoco divampa nel mio bassoventre. Mi sto bagnando: una spinta parte dallo stomaco e il mio sfintere si spalanca. La sua nerchia pulsante mi scivola negli intestini fino alla base. Una vampata di calore risale le mie membra e mi esplode in testa. Poi si ritira e scende fino alle gambe. Quindi, torna a corrermi lungo la schiena, i fianchi e il collo. Di nuovo si arresta al mio cervello e lo ubriaca di libidine.
“Che succede, tesoro?”, mi chiede Enrico, sorpreso.
“Sto… aaaaaaaahhhhhhhhh!!!... godendooooooooo…!”, ansimo.
“E da quando… uff!... godi così…?”.
“Da… ieri… seeeeeeeeeraaaaaaaaaa…!”.
Una sua mano scende fino alle mie cosce. “Cazzo! Sei fradicio!”, commenta, e i miei umori lo mandano in visibilio. Aumenta la frequenza della scopata: mi cavalca e mi strofina la rosellina. Le mie secrezioni schizzano dappertutto sul lenzuolo e riempiono la camera del mio odore, mentre un altro flusso di calore raggiunge la mia testa. Il caldo che sento si trasforma in sudore e la mia pelle si imperla di goccioline. La lingua di Enrico percorre la mia spina dorsale regalandomi un brivido intenso. L’effetto è un’ennesima ondata di calore.
Le mie mani non mi reggono più: piego i gomiti e mi accascio sul letto. Il mio culo si sporge. Enrico si tira su e, appoggiandosi ai miei lombari, si mette comodo per proseguire la monta.
“Cazzo, amore, ma non mi dirai che…?”, fa per chiedermi lui.
“… sì…. aaaaaaahhhhhhhh… sono orgasmi… mmmmmmmmmm… multipliiiiiiiiiiiii… uff! uff!... ieri… per la prima volta… ne ho… oooooooohhhhhhhhhhh… avuto uno… oooooooooo… ooooooooohhhhhhhhhhhhh…!”.
“Sei una continua sorpresa… uff!... Ma posso continuare a fotterti o… uff!... o ti faccio male?”.
“Oh no!... mmmmmmmmmmmmmmmm… mi fai tanto… ooooooooohhhhhhhhh… tanto bene… eeeeeeeeee… eeeeeeeeeeeeeehhhhhhhhhhhhh…!”.
“Allora ne approfitto…!”, ed estrae la mazza per piegarsi sulle mie terga ed abbeverarsi dal mio buco. “Slurp! MMMMMMMMMMMM!!! Buo… slurp!... buono! MMMMMMMMMMM!!!”, grufola, succhiando i miei umori. Poi scosta le labbra e con la punta della lingua lubrifica l’anellino. Comincio a sentire un lieve fastidio alla pancia. D’un tratto, tremo tutto: la mia schiena si inarca e il retto spinge in fuori. Mi apro come mai prima e fuoriesce dell’altro liquido vischioso che corre fino allo scroto. Enrico allunga la lingua e si precipita a raccogliere ogni goccia del mio nettare. Risale fino alla rosellina e la aspira per impossessarsi di tutte le mie secrezioni.
“Scopami! Scopami, altrimenti divento pazzo!”, lo imploro. Allora, lui mi prende una coscia e mi ribalta. Mi squarta, si posiziona tra le mie gambe e si appoggia sulle mani. Mi spennella un po’ il solco con la sua nerchia e, trovato il varco, mi riempie il budello.
“Dai, sfondami sfondami sfondamiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!”, gli urlo in faccia, mentre mi pistona gli intestini. Brucio tutto: stringo le lenzuola e le strappo via. Vampate di calore riprendono a salire e scendere dalla punta dei piedi al cervello, finché una convulsione mi fa irrigidire e mi costringe e sollevare il bacino dal materasso. I miei muscoli interni strozzano il cazzo di Enrico.
“Ti sborro tutto amore! Ti affogoooooooooooooooooooooo!!!”, rantola, e potenti schizzi irrorano le pareti del mio sfintere. Le mie chiappe sbattono con violenza contro il letto e mi contorco dominato dall’orgasmo.
“Sei pazzesco! Sei… fantastico…! Mio Dio se ti amo!... Uff!... Mio Dio quanto ti amo!...”, sibila Enrico, mentre mi guarda dimenarmi in preda al godimento.
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