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Mio nipote (3)


di crigio
05.11.2013    |    24.198    |    8 9.4
"“Ciao, amore! Non puoi capire che cosa è successo!”..."
Ancora riverso sul tavolo della cucina, prendo il cellulare e lo accendo. C’è già un messaggio di chiamata di Enrico e allora gli telefono.
“Ciao, amore! Non puoi capire che cosa è successo!”.
“E’ tutto a posto?”, mi chiede preoccupato.
“Sì sì, tranquillo!”, lo rassicuro. “Mio nipote…”.
“Tuo nipote?! E’ successo qualcosa a tuo nipote?”, insiste.
“Ma no! Ti ho detto di stare tranquillo! Dicevo: mio nipote è una gran troia!”.
“Ma… che vuoi dire?”.
“Proprio quello che ho detto! Ho appena finito di scoparmelo, insieme col suo amichetto!”.
“Davvero?! MMMMMM, interessante!”.
“Sì, e mi sento una merda! Se mia sorella sapesse questa cosa, mi ucciderebbe!”.
“E chi vuoi che glielo dica?”.
“Nessuno, spero!”, rispondo quasi tra me e me. “Senti: stasera vieni a cena da me?”.
“Ma sì, dai! L’ultimo appuntamento è alle 18. Non dovrei metterci molto”.
“Ok, allora a più tardi. Bacio!”.
“Bacio!”.
Chiudo la telefonata e Gabriele e Fabio escono dalla doccia.
“Zietto! Andiamo al campo ad allenarci un po’. Poi Fabio torna a casa. Noi ci vediamo dopo, ok?”.
“Ok. Divertitevi!”. Quindi si vestono ed escono.

Trascorro la giornata cercando di distrarmi il più possibile per non pensare a mio nipote. Chiama perfino mia sorella per chiedermi di lui e, parlando, ho paura che possa scoprire qualcosa dal tono della mia voce, ma è solo una mia impressione.
Nel pomeriggio comincio a preparare qualcosa per cena e dopo poco Gabriele rincasa.
“MMMM, che profumino! Ma aspetti qualcuno?”.
“Sì. Verrà Enrico”.
“Enrico?! Ah il tuo boy!”.
“Eh sì, il mio boy!”, rispondo con un certo imbarazzo. Mi fa strano parlarne con lui.
“Bene, così finalmente lo conosco!”.
“Già!”. Continuo a trafficare tra i fornelli, mentre Gabriele si ritira in camera a giocare al pc. Alle 20,30 suona Enrico.
“Puoi aprire tu, per favore?”, chiedo a mio nipote. Dopo un paio di minuti due braccia muscolose mi abbracciano da dietro, mentre sto ultimando i piatti.
“Ciao, amore!”, mi saluta stringendomi.
“Ehi! Com’è andata?”.
“Bene, bene! Anche oggi mi sono guadagnato da vivere!”, risponde. Poi aggiunge: “Il nipotino è proprio carino!”, e mi lancia uno sguardo furbetto. Secondo me ha qualcosa in mente!
Ci mettiamo a tavola e parliamo dei risultati della gara di Gabriele, di computer e di altro. Ad un tratto mio nipote chiede ad Enrico di aiutarlo a risolvere un problema che ha con un programma ed insieme vanno in camera, mentre io sparecchio.
Finisco di lavare i piatti e i due ancora non si vedono. Allora li raggiungo: mi affaccio sull’uscio e Gabriele è in ginocchio che si dà da fare col cazzone di Enrico.
“Amore, non mi avevi detto che tuo nipote era così bravo di bocca!”.
“Come no!”, esclamo.
“No no! Mi hai detto solo che è carino!”.
“Beh, allora devo farmi perdonare!”, e mi avvicino, unendomi a Gabriele nello spompinare il gigantone. Il membro di Enrico è ancora solo barzotto, per cui Gabriele riesce a succhiarlo per intero. Ce lo scambiamo e lo lappiamo e ciucciamo a dovere. Quando lo restituisco al piccoletto, lui se lo inghiotte di nuovo e dopo qualche secondo sgrana gli occhi e tossisce. La verga sta prendendo corpo e lui fa fatica a tenerla in bocca. Se la tira fuori e la guarda: un’espressione di sbigottimento e paura si dipinge sul suo volto.
“Che c’è?”, gli chiedo. “Non ti piace?”.
“S… sì… ma… è enorme!”.
“E non è ancora al massimo!”.
“Davvero?!”.
“Già!”. Gliela levo di mano e comincio a succhiarla con avidità. Gabriele mi osserva leccandosi le labbra. Allora gliela cedo e lui avvolge la grossa cappella con le sue labbra rosee. Non riesce ad andare molto a fondo: si strozza facilmente e la cosa eccita sia me che Enrico. Con una mano sulla nuca, lo spingo perché ne prenda sempre di più, e lui continua a rantolare e sbavare. Intanto, io lecco le palle del gigantone, raccogliendo la saliva con cui mio nipote sta bagnando il cazzone. Enrico muove il suo ventre incontro alla gola di Gabriele, il cui viso sta diventando paonazzo e il cui corpicino sta vibrando. Sembra che goda con la bocca, nonostante i conati. Anzi, sembra che li vada cercando, proprio perché gli danno piacere. Più ne ha, più trema.
D’un tratto, lo tiro per i capelli facendogli abbandonare il cazzo e la sua lingua si allunga per cercare di raggiungerlo. È infoiato e ubriaco di lussuria. Mi guarda come se mi pregasse di lasciarglielo succhiare ancora, ma io continuo a tenerlo lontano dall’oggetto del suo desiderio, per fare in modo che la sua voglia cresca sempre più.
Quando lo mollo, si precipita ad ingoiare la mazza e di nuovo si affoga. Sbava dalla bocca e del muco gli esce dal naso. Gli occhi gli lacrimano. La sua schiena comincia ad inarcarsi e poi uno spasmo gli fa schizzare la testa all’indietro e rivoltare la pupille nelle orbite. Con le mani stringe forte il palo di Enrico, mentre un orgasmo orale gli scuote tutto il corpo. Emette un lamento soffocato e mi guarda spaventato: non sa neanche lui cosa gli stia succedendo.
“Tranquillo, piccolo! Godi bene, dai!”, lo rassicuro. Allora torna ad ingoiare il cazzone e lo spompina energicamente. Altri spasmi lo sconvolgono e la sua pelle si imperla di sudore. Ogni convulsione viene accompagnata da un urletto acuto e strozzato dal glande di Enrico che gli sbatte sull’ugola. Poi, la stretta intorno all’asta si allenta e smette di succhiare. Appoggia le mani a terra ed infine stramazza su un fianco, mentre altre scosse lo percorrono da capo a piedi. Si stringe il petto con le mani: i capezzoli devono essere durissimi e fargli male. Gli tolgo la maglia e le aureole sono completamente turgide. Ne lecco una e lui, puntando spalle e piedi, si inarca spaventosamente per abbattersi un secondo dopo pesantemente sul pavimento. Lecco l’altra e di nuovo si solleva, contrae il ventre due o tre volte ed infine si accascia giù con un tonfo. Si strizza le tettine, forse per paura che gliele stuzzichi una terza volta. Stringe le cosce e si contorce, e tutti e tre aspettiamo che il suo piacere si esaurisca.
“Cazzo, che roba!”, ansima. Enrico, più duro che mai, si alza dalla sedia e va a levargli i jeans e gli slip. Gli allarga le gambe e si tuffa tra le chiappe iniziando a torturargli la rosellina. Anch’io mi spoglio e mi accovaccio sulla faccia di mio nipote per farmi leccare a mia volta. Il gigantone è eccitato all’ennesima potenza e grufola rumorosamente, mentre si ciba del culo di Gabriele. Poi si solleva in ginocchio, si sputa su una mano e spalma la saliva sul buco. Infila dentro uno dei suoi ditoni e lo rigira. Mio nipote mugola. Poi anche un secondo dito si fa strada nello sfintere, e il verso di Gabriele diventa più acuto.
Enrico massaggia il buco di mio nipote sia dall’interno, sia dall’esterno accarezzandolo con il pollice. Fa impressione vedere la mano grande del gigantone accanto al culetto di Gabriele. Per non parlare della verga di Enrico, che tra un po’ finirà in mezzo a quelle chiappette, aprendole a dismisura.
Quasi leggendomi nel pensiero, il mio amore estrae le dita e punta la cappella alla rosellina di mio nipote. Questo, sentendo il contatto, si allarma e prova e divincolarsi. Allora, aumento la pressione delle mie terga per farlo stare fermo e annuisco rivolto ad Enrico, perché lo penetri. Lui spinge e, a fatica, il glande passa la barriera dell’anellino. Gabriele lancia un urletto soffocato. Enrico si muove piano e mio nipote a poco a poco sembra abituarsi alla dilatazione.
Sputo sul cazzone e spalmo la saliva meglio che posso. Enrico apre al massimo le cosce di Gabriele e, dopo essersi sistemato bene, assesta un colpo profondo nello sfintere del piccolo. Subito non succede nulla, ma, dopo qualche secondo, sento un terremoto sotto di me e un suono terribile uscire dalla bocca di mio nipote. Enrico estrae lentamente la verga e poi la fa nuovamente sparire dentro Gabriele, che si agita e cerca di sfuggire alle nostre prese.
Per attenuargli il dolore, comincio a massaggiargli il buco, strofinandolo con la mano. Sembra che vada meglio, perché smette di contorcersi. Sputo ancora sul cazzo e quello inizia a scorrere più agevolmente. Per farlo eccitare e dilatare, Enrico lo scopa solo per metà, facendo crescere il desiderio di Gabriele. Il nuovo massaggio funziona: lo capisco dalla lingua di mio nipote, che riprende a muoversi intorno al mio buco.
Di tanto in tanto Enrico dà dei colpi più profondi per poi riprendere il movimento a metà asta. Quando capisce che la dilatazione è massima, estrae completamente la mazza e possiamo vedere il buchino rosa del tutto slabbrato. Ci sputa della saliva dentro e la sparge con la cappella, finché, a forza di strofinare, il cazzo sparisce di nuovo nel culo. È incredibile con quanta velocità si è abituato alle dimensioni della verga!
Smonto dalla faccia di Gabriele e mi chino per baciarlo e leccarlo.
“Sei bravissimo, piccolo! Ti piace adesso?”, gli chiedo.
“Sì… sì…”, ansima lui. “E’ grossissimo! Mi sento così pieno!”, aggiunge.
“Ti va di guardarti?”. Mio nipote annuisce e lo tiro su per le spalle. Lui si appoggia sui gomiti e può vedere il cazzone di Enrico che entra ed esce. Poi continuo: “Che ne dici se aumentiamo la velocità e l’intensità?”.
Gabriele, un po’ dubbioso, dice sì con la testa. Faccio un cenno ad Enrico e lui, appoggiandosi sulle mani, comincia a trivellare lo sfintere di Gabriele che, subito, ricade sulla schiena e mi afferra e stringe le cosce, temendo di provare dolore. Invece, lui stesso si stupisce del piacere che quella mazza enorme gli sta trasmettendo.
“Zietto, io godo! Oh, come godo!”, esclama. Il suo cazzo si indurisce rapidamente per i colpi che riceve alla prostata. Lo impugna con una mano e comincia a masturbarsi. Enrico si risolleva in ginocchio, senza smettere di percuoterlo a fondo, mentre io mi piego sul ventre di Gabriele aspettando di ricevere il suo seme in gola. Qualche secondo e spara fuori la sborra. Dopo alcuni schizzi, ingoio il membro e lo ripulisco per bene.
Le contrazioni dell’orgasmo si riverberano sullo sfintere ed anche Enrico viene costretto ad eiaculare. Strappa via il suo cazzo e fiotta lo sperma sulla mia faccia e tra le mia labbra. Agguanto la verga e svuoto completamente i coglioni anche a lui.
Infine, mi intrufolo tra le cosce di Gabriele per leccare il buco, in modo da lenirne il bruciore e assaporarne gli umori.

L’indomani, mio nipote torna a casa, con mio enorme sollievo.
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