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A caccia! (1)


di crigio
04.02.2014    |    16.879    |    0 9.5
"Abbasso lo sguardo: c’è quasi più di metà cazzo fuori! Lo spompino per qualche secondo, ma è talmente appetitoso che mi stimola la produzione di saliva e, se..."
Sono trascorsi circa tre mesi da quando Knut ha iniziato la riabilitazione. Stasera ci vediamo in una pizzeria del centro per cenare insieme, io, Enrico, Pino e lui.
“Novantatré giorni!”, ci annuncia orgoglioso il tedesco, nel bel mezzo della conversazione, mentre aspettiamo il cameriere per ordinare. Devo ammettere che è davvero cambiato: il viso è più disteso e i suoi modi sono più tranquilli. Nonostante questo, continua a lanciarmi le stesse occhiate di quando mi corteggiava: temo che il debole per me non si sia mai sopito.
“Novanta… che?”, chiede Enrico, distratto.
“Sono novantatré giorni che non bevo neanche un goccio!”, precisa Knut.
“Ah, ecco!”, mormora il gigantone, senza dare troppo peso alla cosa. “Allora, che pizza prendete?”, aggiunge, cambiando discorso.
“Ma amore! È una notizia fantastica!”, intervengo io, tirando una gomitata ad Enrico.
“Grazie! Ne sono fiero!”, fa Knut.
“Devi esserlo! Sono contento per te!”, gli sorrido, appoggiando la mia mano sulla sua.
Errore madornale! Enrico si scompone e, sbuffando, si rivolge a Pino: “Che prendi tu?”.
“Saprei bene cosa prendere…!”, risponde il biondino, e il suo sguardo segue il passo di un cameriere che porta dei piatti al tavolo accanto.
“Ma non sapete pensare ad altro, voi??!!”. Il gigantone dà segni di irritazione: meglio cambiare discorso.
Ordiniamo e poi parliamo del tempo e del lavoro: quello di Knut va meglio e questo contribuisce molto alla sua ripresa, mentre la squadra di Enrico e Pino ha vinto le ultime tre partite. C’è da sperare in una buona posizione in alta classifica per la fine del campionato.
“Veniamo a noi!”, dico, richiamando l’attenzione di tutti. “Mesi fa ho conosciuto due fratellini veramente porci che mi hanno telefonato proprio ieri: avrebbero un’ideuzza da sottopormi ed io ho pensato di coinvolgere anche voi, se vi va!”.
“Ma sono quei due con i quali hai scopato la sera della nostra partita?”, mi chiede Pino.
“Esatto! Vorrebbero vederci questo fine settimana: pare che abbiano in mente un piccolo giochino… Che ne dite?”.
“Certo che ci va! Non è vero?”, salta su il biondino, cercando le risposte dei nostri partner. Knut sembra avere qualche perplessità: la presenza i Enrico lo mette in soggezione e forse ha paura che, ritrovandosi a contatto stretto con me, possa avere, per così dire, una ricaduta. Il gigantone, invece, sembra sfidarlo: vuole che sia lui il primo a rispondere, per vedere se ha il coraggio di partecipare di nuovo alle nostre orge e magari scopare anche con me.
“Non fate così, vi prego!”, li supplico, allora, io. “Lo abbiamo sempre inteso come un divertimento. Facciamo in modo che rimanga tale, per favore”, e stringo il braccio di Enrico.
Lui sospira e si rilassa. “Sì, hai ragione”, e si volta sorridendomi.
“Ok. Anche per me va bene…”, dice Knut, un po’ intimorito.
“Bene!”, esplode Pino, entusiasta.

Il sabato successivo andiamo a casa di Enzo e Seby. Naturalmente ci sono anche Tony e Paolo.
Fatte le presentazioni, Enzo inizia ad illustrarci la loro idea.
“Pensavo”, dice, “che potremmo fare un bel giochino e trasformarci tutti in cacciatori. Mi spiego meglio: andiamo in un locale e cerchiamo le nostre prede. I nostri stalloni”, e ammicca ad Enrico, Knut, al suo ragazzo e a quello di suo fratello, “dovrebbero cercare una puttanella da farsi in quattro, mentre noi dovremmo abbordare un maschione che ci fotta a dovere! Che ne pensate?”.
“MMMMM! Interessante!”, commenta Pino, leccandosi i baffi.
“Che diavoletto che sei, tesoro!”, sussurra Tony al nostro ospite.
“Naturalmente”, si inserisce Seby, “non sono esclusi sviluppi di qualsiasi tipo. Inoltre, porteremo le nostre prede qui e ci divideremo in due stanze. Come Giò sa bene, si tratta di camere comunicanti, perciò ci guarderemo gli uni gli altri mentre scopiamo”.
“Come… comunicanti?”, chiede Enrico, guardandosi intorno e non vedendo porte.
“Gli armadi… ecco… non sono armadi…”, gli faccio notare.
“Ah no?”, si stupisce, ed Enzo solleva una mano e preme un bottone su un telecomando. Le ante di uno degli armadi si aprono. “Wow! E chi l’avrebbe mai detto!”, sbotta il gigantone.
“Allora: siete d’accordo?”, chiosa uno dei fratelli. Da ciascuno di noi arriva una risposta affermativa e allora si parte per la nostra meta.
Ovviamente, si va con due auto ed entriamo nel locale separatamente. Alla porta c’è un collaboratore di Knut che ci fa passare senza problemi. La pista è piena di ragazzi e Pino e i due fratelli si lanciano subito nella mischia, dimenando i fianchi e facendosi notare. Li seguo a ruota. Enzo mi getta le braccia al collo e si muove sinuosamente; Pino e Seby si strusciano uno contro l’altro a ritmo di musica.
Mi volto e i nostri stalloni sono già spariti: hanno iniziato la caccia. Allora, torno a guardare Enzo: annuisco e ci capiamo. Mentre balliamo, scrutiamo l’ambiente e di tanto in tanto facciamo dei segnali ai nostri due amici per capire se i nostri gusti su questo e su quel maschio sono condivisi anche da loro.
Impieghiamo un po’ a trovare qualcuno che ci soddisfi tutti: si tratta di un ragazzo moro, piuttosto giovane appoggiato di spalle al bancone del bar che sorseggia un drink. Lo squadriamo dalla testa ai piedi e rimaniamo a bocca aperta: spalle larghe e pettorali perfettamente disegnati dal cotone della t-shirt. Vita stretta e jeans che fasciano come una seconda pelle due cosce toniche e voluttuose. Mi soffermo sull’inguine e per poco non sbavo: un’evidente protuberanza preme e tende i calzoni.
La mano di Enzo mi risolleva la mascella: “Riprenditi!”. Poi, ci fa segno con la testa di avvicinarci al tipo. Pino e Seby si siedono alla sua destra; io e l’altro fratello alla sua sinistra. Chiediamo da bere e intanto sbirciamo con la coda dell’occhio. D’un tratto, quello sfacciato di Pino si china verso lo sconosciuto e gli sussurra qualcosa all’orecchio. Lui sgrana gli occhi, si irrigidisce e si volta verso di noi. Poi, dopo aver maturato l’idea, sorride e acquista boria. Si tira su, posa il bicchiere sul bancone e, con la mano, ci dice di seguirlo.
Superata una tenda, ci troviamo in un privé. “Che avete in mente?”, ci chiede il tipo.
“Di farci sbattere da te!”, gli risponde Pino per tutti, accarezzandogli il petto con una mano. “Credi di farcela?”.
“Tsk! Certo…!”, ribatte lui, fiero. “Dove?”.
“Vieni con noi!”, fa Enzo, e ci dirigiamo al parcheggio. Saliamo in macchina e rientriamo a casa. Durante il tragitto, arriva un sms al cellulare di Seby: anche i nostri stalloni hanno trovato la loro preda.
Entriamo in casa e ci accomodiamo in una camera. Enzo spinge il ragazzo verso il letto. “Come ti chiami?”, gli chiede.
“Filippo”, risponde lui, che inciampa nella sponda del letto e ci cade sopra a sedere. Il nostro ospite lo monta a cavalcioni e lo tasta dappertutto tenendo il viso ad un millimetro dal suo. Gli agguanta il petto e gli affonda la lingua in gola. Filippo gli cinge la vita e gli palpa il culo, mentre ricambia con passione il bacio. Si leva la t-shirt e il suo torso si offre alla nostra vista in tutta la sua potenza. Io e Pino ci mettiamo di lato a loro e partecipiamo alla pomiciata, chinandoci a leccare e succhiare i capezzoli di Filippo. Seby, invece, rimane un po’ distaccato a godersi la scena.
Poi, Enzo scende dal letto e tira su Filippo per un braccio. Ci inginocchiamo ai suoi piedi e gli sbottoniamo i jeans. Li tiriamo giù e il suo pacco emerge più gonfio di prima, sotto il cotone degli slip. Io e Pino gli lecchiamo le cosce muscolose, mentre Enzo strofina la faccia contro la sua patta. Questa pulsa e si ingrossa ancora. L’elastico delle mutande si scosta un po’: non riesce più a contenere quell’enormità. Tutti e tre afferriamo gli slip e li tiriamo giù lentamente. L’asta si scopre piano: è larga e solo quando spogliamo Filippo completamente ci rendiamo conto che, ancora barzotta, arriva già fino a metà coscia.
“Oh porca puttana!”, sbotta Seby alle nostre spalle. Mi volto: ha le mani davanti alla bocca e gli occhi sgranati per la meraviglia dello spettacolo di quel cazzone. Rapidamente, il suo viso si arrossa e, tolte le mani, vedo che si lecca i baffi.
Torno a guardare la verga di Filippo ed Enzo è lì che la impugna e se la porta alle labbra. Le schiude e la cappella le attraversa. Comincia a muovere la testa in avanti e indietro in un pompino da maestro, sebbene la nerchia gli sprofondi in bocca solo per metà. La ciuccia e la mastica mugolando: se la gusta per bene. Poi la abbandona e quella si riaffloscia, anche se adesso appare più tosta. Allora, Pino si precipita a sostituire Enzo: la stringe in mano e se la inghiotte. Cerca di prenderla tutta, ma anche lui, arrivato a metà della lunghezza, tossisce e la sputa.
È il mio turno: con due dita la indirizzo alle mie labbra. Avvolgo il glande e prendo le misure. Me la spingo tra le fauci ma, dopo qualche centimetro, raggiunge già la mia gola e devo fermarmi. Abbasso lo sguardo: c’è quasi più di metà cazzo fuori! Lo spompino per qualche secondo, ma è talmente appetitoso che mi stimola la produzione di saliva e, se non voglio che mi soffochi, sono costretto e sputarlo.
“Ehi, fratello!”. È Enzo che chiama Seby. “Perché non ci fai vedere come si pompa un calibro come questo?”.
Mi giro: il fratello minore si sta spogliando ed è veramente infoiato. Non distoglie lo sguardo dalla mazza neanche per un momento e, quando è completamente nudo, si avventa sullo stallone e lo fa sdraiare sul letto. Gli monta su a sessantanove e si impossessa della nerchia con entrambe le mani. Si lecca di nuovo i baffi e, a labbra protese, ingoia il glande. Lo assapora, e abbondante saliva fuoriesce dalla sua bocca e cola sulle sue dita. Una mano si stacca dall’asta e la testa di Seby scende ancora verso il ventre di Filippo. Arrivato a metà minchia si ferma. Mi volto verso Enzo e gli sorrido, intendendo dire: “Non ce la farà mai!”.
“Tsk!”, mi risponde lui. “Guarda, uomo di poca fede!”. Mi giro nuovamente: Seby ha staccato anche l’altra mano dall’asta. Ha il viso paonazzo e lentamente sta inghiottendo altri centimetri di cazzo. Più ne prende, più il suo respiro si fa pesante.
“MMMMMMMMMM!!!”, strilla d’un tratto, con quell’affare piantato in gola. Il suo corpicino trema. Poi, riprende la corsa della sua testa verso il pelo pubico di Filippo. Alla fine vedo il labbro superiore raggiungere lo scroto. Seby si arresta e tutto il suo corpo diventa rosso. Ansima e vibra, forte, sempre più forte.
“MMMMMMM!!! MMMMMMMM!!! MMMMMMMMMMM!!!”, mugola. Stringe le lenzuola, poi le percuote con le mani, ma non molla il malloppo. Anzi: le sue guance si incavano, segno che sta aspirando con energia.
Le gambe e il busto di Filippo si sollevano. Il suo corpo si contrae. “Che troia succhiacazzi!”, sbraita, mentre Seby si scuote con maggiore violenza e alza gli occhi verso suo fratello.
“Sì, godi, piccolo!”, lo esorta Enzo. Solo adesso mi rendo conto, infatti, che il sucaminchia è in preda ad un vero e proprio orgasmo orale. Sbava sui coglioni dello stallone, suda e geme.
“Mollalo! Mollalo! Nooooo! Noooooooooooooooo!!!”, si agita Filippo. Poi emette un lungo rantolo e vedo il gozzo di Seby salire e scendere nella sua gola: sta ingoiando la sborra della sua vittima e il tutto dura per un tempo infinito. Quelle palle devono essere belle piene!
Quando finalmente lo stallone si accascia sul letto, stremato dopo la sborrata, Seby rilascia lentamente il cazzo, che rimane lordo di saliva e di sperma. Enzo si precipita a baciare suo fratello e a succhiare dalla sua bocca l’aroma di Filippo, mentre io e Pino ci fiondiamo sull’asta per ripulirla.
“Mio Dio!”, ansima lo stallone. “Sono sfinito!”.
“Non dire minchiate!”, lo riprende Enzo. “Devi ancora scoparci!”, e alza un braccio e preme il pulsante del solito telecomando per fare aprire le ante dell’armadio.
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