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Gay & Bisex

Il barista (1)


di crigio
03.07.2014    |    15.232    |    0 9.1
"“Lasciatemi chiudere il locale, prima..."
“Ehi, ciao ragazzi!”. Con la sua solita esuberanza, Enzo entra nel bar, seguito dal suo fratellino, e saluta me e Pino attirando l’attenzione di tutti i presenti.
Io e il mio amichetto siamo andati al cinema e, non avendo voglia di tornare a casa, ci siamo fermati a bere qualcosa. Poi, il biondino aveva voglia di sentire il racconto della serata al locale di Andrea e, allora, perché fosse più completo e ricco, ho deciso di chiamare Seby ed Enzo a darmi una mano a ricordare tutti i particolari.
“A un certo punto sono svenuto, come mio solito…”, ho detto a Pino prima che i fratellini arrivassero.
“Sempre la stessa pappamolla!”, mi schernisce lui.
“Beh, sta’ di fatto che ho dimenticato alcune cose e altre me le sono perse. Enrico, vedendomi in quello stato, mi ha portato via di peso”.
“Ah! Che cavaliere!”, si sbraccia Pino, facendo la parte di Rossella O’Hara.
“Cretino!”, lo apostrofo, e gli do uno scappellotto sulla nuca.
È proprio in quel momento che Enzo e Seby fanno il loro ingresso nel bar e si precipitano al nostro tavolo. Sono ormai le 23 e di gente ce n’è poca, ma si sono voltati tutti a guardarli.
“Anche meno!”, li rimprovera Pino.
“Meno che?”, chiede Enzo ignorando le sue parole e passando subito ad altro. “Beh? Come ti senti oggi? Cazzo, Giò, mi hai ubriacato l’altra sera! Che fregna saporita che avevi!”.
“SSSSSSSSSSSSSHHHHHHHHHHHHHH!!!”, gli faccio, mettendomi l’indice davanti alla bocca, dopo aver notato che i tipi seduti nel tavolo accanto al nostro hanno storto i musi.
“Ma dai! Come se quelli non avessero mai scopato!”, ribatte, aumentando via via il volume della voce. Allora, quelli lasciano i soldi sul tavolo, si alzano e se ne vanno. Mi guardo un attimo intorno e capisco che abbiamo fatto fuori tutti.
“Adesso che siamo soli puoi scatenarti!”, dico ad Enzo.
“Ti ha raccontato tutto?”, chiede allora a Pino.
“Quasi… Anche che a un certo punto è svenuto…”.
“Già, peccato! Comunque, è stato grande! E poi, con quella figa che si ritrova, ormai può fare godere chiunque!”.
“Sì, me l’hanno raccontato. Ma io non ho ancora avuto l’onore di vederla da quando è rientrato da Malta!”.
“NO??!! Ma questo è grave! Dobbiamo rimediare subito!”, chiosa Enzo, e si guarda intorno.
“Che fai?”, gli domando.
“Cerco un posticino in cui appartarci… A meno che tu non voglia farlo qui!”.
“Ma… che cosa?”.
“Ma come che cosa??? Fargli vedere la tua bella rosellina spampanata! È una delizia, amore!”.
“Tu sei matto! Io non mi spoglio in un locale pubblico!”.
“Beh, l’altra sera l’hai fatto!”, ammicca, riferendosi a me scosciato, sdraiato sul divano del locale di Andrea.
“Ma che c’entra! Lì erano nudi tutti quanti!”. Mentre dico queste ultime parole mi accorgo che il suo sguardo è fisso su un punto del locale. “Neanche mi guardi più quando ti parlo?”.
“Zitto zitto, che ho trovato il modo di fare vedere a Pino il tuo bel buchetto!”. Seguiamo la direzione verso cui è orientata la sua testa e i nostri occhi si posano sul tipo che sta dietro il bancone a pulire i bicchieri.
“MMMMMM!!! Però! Niente male!”, mugola Pino.
“Già! Slurp, slurp!”, aggiunge Seby, finora in silenzio ad ascoltare i nostri discorsi.
“Che intenzioni hai?”, chiedo ad Enzo.
“Guarda e impara!”, fa alzandosi dalla sedia. Poi si gira e continua: “Tra cinque minuti raggiungetemi!”, e, con passo sicuro, arriva al bancone. Si siede sullo sgabello e appoggia il mento sulla mano, fissando il barista in modo imbarazzante.
“Ma non ha nessun ritegno!”, commento.
“No, nessuno…”, bofonchia Seby, quasi sbuffando.
“E’ proprio una troia… ehm… Scusa Seby!”, conclude Pino, e ridacchiamo piano per non farci sentire.
D’un tratto, Enzo smonta dallo sgabello, gira intorno al bancone ed entra in una porta. Il barista lo segue. La situazione non sembra ancora scabrosa: forse il biondino gli ha chiesto dov’è il bagno e quello si è offerto di accompagnarlo.
Noi tre guardiamo l’orologio: aspettiamo impazienti che passino i cinque minuti. Sembra un tempo interminabile durante il quale nessuno pronuncia una parola. Il barista non rientra, perciò deve avere sicuramente abboccato all’amo di Enzo. Quando finalmente scatta l’ora “x”, saltiamo giù dal divanetto e corriamo nel retrobottega. Apriamo lentamente la porta ed entriamo in cucina. Sulla sinistra, un cartello ci indica la toilette. Andiamo in quella direzione e, in fondo, vediamo un’altra porta socchiusa.
Pino dà una sbirciatina. “Sono qui!”, sussurra tirando fuori il capo. Entriamo.
“Oh, cazzo!”, sbotta il barista, affrettandosi a rimettersi l’uccello nei calzoni.
“Tranquillo, tranquillo! Sono amici miei!”, lo rassicura Enzo. “Questa è la tua serata fortunata, carino! Hai ben quattro puttanelle in calore a disposizione, pronte a soddisfare ogni tuo desiderio!”, aggiunge, strusciandosi contro di lui e tenendogli la minchia fuori dalle mutande.
Immediatamente Seby si inginocchia e inghiotte il pene ancora un po’ moscio, mentre Pino si accosta al bellimbusto e lo limona profondamente. Enzo gli addenta il lobo di un orecchio e glielo succhia sonoramente. Io gli giro dietro e gli sollevo la maglietta, scoprendo il suo torso. Allora, Pino si precipita a leccargli e mordicchiargli i capezzoli.
“Merda! Ma siete dei professionisti!”, ansima il tipo.
“Non ancora, tesoro!”, gli risponde Enzo. “Ma se vuoi pagarci non ci dispiace!”, prosegue, ammiccando a me e riferendosi con ogni probabilità all’altra sera. Poi, torna a masticare l’orecchio del povero barista che barcolla e cerca una parete dalla quale reggersi. Io mi scosto e lascio che si appoggi al muro con la schiena, mentre il suo bacino rimane proteso in avanti e dà a Seby la possibilità di ciucciare meglio. Gli alzo un braccio e gli lecco l’ascella con voluttà. Quindi, scendo con la lingua lungo il fianco e raggiungo il fratellino, il quale mi cede la mazza già bella dura.
“MMMMMMM!!! Niente male!”, commento, prima di inghiottirla per intero.
“Oh, porca puttana!”, esclama il malcapitato non appena le mie labbra toccano il suo ventre. Trattengo tutta la sua asta nella mia bocca e aspiro con ingordigia, e il barista si piega su se stesso sforzandosi di mantenere il controllo per non sborrare subito. “Aspettate… uff!... Aspettate…!”, ci dice poi. “Lasciatemi chiudere il locale, prima. Potrebbe entrare qualcuno…”, e, uscendo dal bagno, si rialza i pantaloni.
“Non farci attendere troppo, stallone! Siamo tutt’e tre in calore per te!”, lo adula Enzo. Allora anche noi usciamo dalla toilette e raggiungiamo uno spazio più ampio: la cucina. “Dai: tirate fuori il culo!”, ci ordina Enzo, che veloce si spoglia e si mette a pecorina su un tavolo di alluminio.
Noi tre facciamo lo stesso e, quando il barista torna, vedendo quattro paia di chiappe al vento, non trattiene un’espressione di giubilo: “Quanto ben di Dio, ragazzi!”. Senza indugio, si tuffa nel solco di Pino e comincia a grufolare.
“Sì, maschione! Dammi quella lingua, dai!”, lo esorta il mio amico. “Così, tutta, dai! Oh sì! Lì, proprio lì! Leccami lì! MMMMMMMMMM!!!”, geme quella troia, e subito Enzo manifesta la sua invidia.
“Mi raccomando, conserva un po’ di lingua anche per noi!”, gli fa, e il barista abbandona Pino e passa a Seby. Il fratellino, che come al solito sembra quello più timido, quando viene stimolato si scatena: inizia a contorcersi sul tavolo e a mugolare come una gatta in fregola; si infila una mano tra le cosce e si strofina la rosellina, mentre il barista gliela ripassa da cima a fondo.
“MMMMM!!! Che bella micetta che sei… slurp!... a te ti scopo per primo… slurp!”, gli fa, e quindi passa a perlustrare il culo di Enzo.
“Oh, stallone! Che bella bocca che hai! Sì succhiami tutto! Succhiami anche l’anima, cosììììììììììììììì!!!”, strilla quella gran troia del biondino, e il barista, infoiato da tanta esultanza, comincia a sculacciarlo fino a fargli diventare le chiappe paonazze.
“Tu, invece,… slurp!... sei la più puttana… slurp!... non è vero?... slurp!”, chiede, continuando a leccargli il buchetto.
“Sì… mmmmmmmmmmm!!!... sono tanto puttana! Sono la tua puttana, maschione! AH! AH! AH! Lecca lì, lì, lììììììììììììììììì!!!”, lo incita Enzo, lanciando un acuto da soprano.
Quando finalmente è il mio turno, decido di fare impazzire completamente il nostro ragazzone e allora mi sdraio sulla schiena e, non appena il tipo ha la faccia davanti alle mie natiche, inizio a divaricare le cosce. Lo guardo, e il suo volto si illumina di lussuria.
“Cazzo! Ma questo non è un buco di culo! È una figa!!!”, commenta, e si getta a capofitto sul mio fiore cibandosene a sazietà.
“Ah, come sei irruente!”, lo richiamo, facendo le moine. D’improvviso, le sue labbra si staccano dalla mia mucosa e mi infila in corpo due dita, senza neanche lubrificarle. Quelle mi attraversano senza trovare alcun ostacolo e lui non si contiene più.
“Sì, siete delle professioniste, non ho più alcun dubbio! Questo culo è stato ripassato da tanti di quei cazzi che ormai non ti fanno né caldo e né freddo!”, mi fa.
“Credi?”, interviene Enzo. “Prova a scoparlo e vedrai se è insensibile! Ma poi non dire che non ti avevo avvertito!”.
“No, aveva detto che sarei stato io il primo!”, protesta Seby, ancora tremante per la leccata di prima.
“Resisti, fratellino. Arriverà anche il tuo turno!”, lo tranquillizza Enzo. Allora, il barista si alza in piedi, si carica le mie gambe sulle spalle e mi affonda la nerchia in culo.
“Oddio! Ma sei un forno!”, sbotta, notando subito la mia elevata temperatura interna. Con la coda dell’occhio vedo Pino scendere dal tavolo: vuole assolutamente vedere com’è diventata la mia rosellina. Mi viene accanto e si china sul mio ventre martellato dai colpi di cazzo del barista.
“Merda, amico! È diventata bellissima!”, commenta con stupore, e me la accarezza con tre dita, mentre torna su e mi bacia, limonandomi profondamente.
“Ti… piace…?”, gli chiedo, ansimando.
“”Sì. E a te piace come ti sta fottendo sto stronzo?”.
“S… sì… non è male…”, rispondo. Il barista sente e, un po’ ferito nell’orgoglio, accelera l’andirivieni. Mi afferra per le spalle e inizia a sbattermi il ventre contro le chiappe con violenza. Il glande mi percuote la prostata e la sollecita con maggiore frequenza. La sento palpitare e così tutto il mio stomaco.
“Che c’è, tesoro? Sta già arrivando?”, mi domanda Pino.
“Credo di… ah!... di sì…”, rispondo a fatica.
“Chi…? Chi…?”, chiede il barista.
“Non chi! Che cosa, idiota!”, lo cazzia Enzo, ed il mio sfintere comincia a pulsare.
“Ma che…?”, si agita lo stallone, che tuttavia non smette di scoparmi. “Ma che fa? Cazzo: si apre e si chiude!”, esclama, accorgendosi delle contrazioni della mia rosellina.
“Preparati: stai per sborrare, tesoro!”, lo avverte ancora Enzo.
“Ma che dici!!! No, no… io non sono ancora pronto…”, lo contesta il barista, ma subito dopo deve correggersi. “Oh, porca puttana! Me lo stringe… me lo mangia… mi sta spompinando col culo… AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!”, urla, e i miei muscoli interni gli mungono la verga e lo portano all’orgasmo.
Si accascia su di me e, tutto tremante, mi insulta: “Troia! Zoccola, mi hai fatto venire! Ma che mi hai fatto??!! Questo non è un culo: è una trappola!!!”. Si tira su di nuovo e, con uno strattone, estrae la minchia. Se la guarda un po’ e, dopo aver accertato che è ancora tutta intera, si rilassa. Poi, ci guarda, uno dopo l’altro, e si passa una mano sulla faccia, asciugandosi il sudore. “Siete pazzeschi! Siete…”. Non trova le parole per concludere la frase e, retrocedendo, trova una sedia e ci si lascia andare sopra, rimanendo basito per quanto appena accaduto.
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