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Puttane! (4)


di crigio
24.06.2014    |    6.291    |    0 9.5
"Mi corre incontro, estrae qualcosa dal marsupio che porta a tracolla e me lo lancia addosso..."
Non appena si spengono le luci sul palcoscenico, tutti si alzano dai tavolini e si formano dei capannelli di corpi nudi o seminudi che si strusciano gli uni contro gli altri. Il suono di gemiti e respiri pesanti si diffonde nella sala e diversi ragazzi sono già inginocchiati a praticare intense fellatio allo stallone di turno.
Mi volto alla mia destra a cercare il mio vicino di tavolo, ma a quanto pare si è già confuso nella mischia e l’ho perso di vista.
“Che ne dici di andare di là?”, mi chiede Enrico, indicando col capo la direzione verso la quale Andrea ci ha detto trovarsi il privé.
“Perché no?”, rispondo, e anche noi ci alziamo dalla sedia e ci incamminiamo verso la tenda che separa la sala principale da quello che mi immagino essere un postribolo di periferia.
Poco prima di scostare il telo, Enrico mi blocca: “Ah, scusa! Ho visto un collega! Vado a salutarlo e ti raggiungo, ok? Tu va’ avanti intanto!”.
“O… ok…”, mormoro, titubante per quello che potrei trovare oltre l’uscio. Lo vedo dirigersi verso il bancone e poi distolgo lo sguardo da lui e continuo la mia esplorazione.
Arrivato alla tenda, allungo un braccio e la apro. Immediatamente fatico a mettere a fuoco, a causa della differenza nell’illuminazione. Infatti, il “retrobottega” mi acceca, tanto è forte l’intensità dei fari. Poi, il primo stimolo che mi arriva è più sonoro che visivo. Diversi mugolii di piacere mi giungono alle orecchie incitandomi a stropicciarmi gli occhi per schiarirmi la vista. Allora, riesco a vedere una serie di divani addossati alle pareti della stanza e sopra, stesi a gambe sollevate e a cosce spalancate, numerosi ragazzi in attesa di qualcuno che li faccia godere. Alcuni di loro sono già tra le grinfie di qualche stallone che infila le sue mani e le sue dita in ogni buco libero. Ma ce ne sono anche di liberi, totalmente abbandonati, frementi e desiderosi di attenzioni, che si dimenano in preda ad attacchi di libido, forse per le scene che si offrono ai loro sguardi e delle quali vorrebbero essere protagonisti.
“Wow!”, esclama, d’un tratto, Enrico, sopraggiunto alle mie spalle.
“Mi raccomando: se vuoi farti scopare da qualcuno qui dentro, devi farti pagare, chiaro?”, mi sussurra ad un orecchio Andrea, arrivato subito dietro il mio ragazzone.
Io mi volto e lo guardo allibito. “Che cosa???!!!”, sbotto, tra l’incazzato e l’incredulo.
“Beh! Non fare la santarellina, adesso! Tanto, dei soldi che prendi solo una piccola parte rimane a te. Il resto è mio!”.
Io rimango senza parole. Sposto lo sguardo su Enrico, che però non sembra altrettanto sbigottito. Anzi, sulla sua faccia si dipinge un sorriso furbetto, di chi già si immagina la scena del proprio ragazzo sbattuto da chissà quanti uomini e poi pagato per le prestazione offerte.
Andrea esce dalla stanza. Enrico mi si accosta e mi fa: “Ehi! Ma che problema c’è? Ha ragione lui! Per te è come al solito! Devi solo godere!”.
“Che problema c’è? Io non sono una puttana! Posso fare la puttana, ma non lo sono!”.
“Beh, se ti crea disturbo prendere i soldi, lo faccio io per te! Tu non te ne accorgerai nemmeno! A quello stronzo interessa solo quello: noi non prenderemo un euro. Li daremo tutti a lui, ok?”.
Stranamente, mi sorprendo a riflettere sulla proposta di Enrico: è vero che io non prenderei i soldi, ma li farei guadagnare ad Andrea e alla fine sarei comunque una prostituta. Per la precisione, una prostituta sfruttata!
“No no!”, ribatto, rimanendo fermo sulle mie posizioni.
“Eddai! Non fare il difficile! E poi mi sono accorto come guardavi il cazzone del nostro vicino di tavolo! Non ti piacerebbe farti scopare da lui? Guarda: è proprio lì che si sta facendo spompinare da quel ragazzino. Che troia quello scricciolo!”. Allunga il collo e commenta la ciucciata di un tipetto pallido in fondo alla stanza. Anch’io mi soffermo a scrutarlo e lo spettacolo mi eccita, anche perché la verga del mio vicino di tavolo è diventata davvero grossa sotto i suoi colpi di lingua.
“Uffa! Sei un diavolo!”, rispondo alla fine. “Come al solito mi hai convinto! Dove mi metto?”.
“Che ne dici di sdraiarti lì, vicino ad Enzo e Seby?”, mi dice Enrico, entusiasta, indicandomi i nostri amici.
“Cazzo! Non mi ero accorto che c’erano anche loro! Ma quando li hai visti?”.
“Ma come! Erano di là, in sala, che servivano ai tavoli! Sei diventato cieco?”. Devo essere stato rapito così tanto dalla performance sul palcoscenico che non ho badato a chi si aggirava tra i tavoli. “Guarda come si fanno montare! E, a quanto pare, hanno già guadagnato un mucchio di soldi!”, mi fa notare il mio ragazzone. Ed effettivamente, sui corpicini ossuti dei due fratelli sono adagiate diverse banconote di ogni colore e ogni stallone che si avvicina loro per possederli getta loro sopra altri cinquantoni o centoni.
“Ma qua dentro c’è un giro di soldi pazzesco!”, esclamo. “Se arriva la polizia siamo finiti!”.
“E qui sta il bello! Non è eccitante?”, chiosa Enrico. “Dai, spogliati e comincia ad ammiccare a qualcuno. Io prendo i soldi, ok?”.
Ancora un po’ controvoglia assecondo il gigantone. Mi levo i vestiti, appoggiandoli sullo schienale di un divano, e poi mi stendo e tiro su le gambe. Le mie cosce si aprono e contemporaneamente sento anche la mia rosellina sgranarsi. Tutto sommato sono eccitato anch’io ed il mio buco percepisce il mio stato e si comporta di conseguenza. Enrico monta sul divano e si mette a sedere sullo schienale sopra di me.
D’improvviso, un tipo ben impostato e col cazzo dritto mi nota: spalanca la bocca e dal labiale capisco che esplode in un “wow!”. Mi corre incontro, estrae qualcosa dal marsupio che porta a tracolla e me lo lancia addosso. Sono due banconote da 50 euro. Enrico le raccoglie, mentre lo sconosciuto si inginocchia sotto di me e inizia a ravanarmi nel solco con bocca e lingua.
“Che figa celestiale! Slurp!”, sbotta, leccandomi di gran gusto.
“Ti piace?”, gli chiede Enrico. “Sai: più la lecchi e più si apre! Non puoi immaginare come può diventare!”. Sollevo lo sguardo e lancio un’occhiata stranita al mio ragazzone, il quale, portandosi un indice davanti alla bocca, mi fa segno di tacere e di stargli dietro. Sta cercando di eccitare il più possibile quel porcone, sperando che poi mi fotta e mi faccia godere.
“Sì, è bellissima… slurp!”, bofonchia lo sconosciuto, mangiandomi letteralmente la rosellina. D’un tratto, si rimette in piedi e vedo la sua minchia alzare la testa a scatti. È talmente eccitato che il sangue affluisce fino al glande con una frequenza esagerata. Si avvicina al mio culo e mira al buco. Sono così fradicio che mi sprofonda dentro con facilità.
“Oh, cazzo! Che meraviglia!”, rantola, mentre mi percorre il budello fino in fondo con tutta la sua asta. Di colpo, un altro tizio salta sul divano alla mia sinistra, in ginocchio, e la sua verga mi sbatte contro il naso.
“Succhiala, puttana!”, mi insulta, lanciandomi addosso un centone. “Succhiala, che poi ti sfondo come ti meriti!”. Senza farmi pregare, imbocco il glande e lo ciuccio intensamente incavando le guance. “Oddio! Che sucaminchie sublime!”, si complimenta il secondo stallone, reclinando indietro il capo e abbandonandosi alle mie fauci golose. Intanto, il primo tipo mi sta solcando lo sfintere, avanti e indietro, lentamente ma con profonda intenzione. Mi fissa affannato e si trattiene dal venire subito. Il mio culo lo deve eccitare all’inverosimile, tanto che mi sembra di vederlo tremare tutto. Una goccia di sudore gli imperla la tempia sinistra e le sue narici si aprono per prendere più ossigeno. Le sue mani mi stringono forte le chiappe e sento le unghie incidermi la pelle.
“Merda! Sei troppo arrapante! Mi fai sborrare, TROIA!”, esclama alla fine, e il suo andirivieni accelera e inizia a fiottarmi caldo nettare nelle viscere. Uno spasmo lo fa piegare in avanti e dalla bocca semiaperta gli cola un rivolo di bava, mentre i suoi occhi si rivoltano nelle orbite. Quando si riprende aggiunge con un filo di voce: “Ti meriti una mancia”, e dal marsupio tira fuori altri 50 euro che Enrico gli strappa rapido dalle mani.
“Ora è il mio turno, puttana!”, dice il tipo in ginocchio sul divano. Scende a terra, si carica le mie gambe sulle spalle e mi precipita in corpo con estrema sapienza. La sua bega è ben lubrificata dalla mia saliva e quindi mi scivola in culo con facilità, aiutata anche dal liquido vischioso che il primo stallone ci ha riversato dentro. “Porca vacca! Sei un forno!”, soggiunge, e, appoggiandosi con le mani sulla seduta e puntando i piedi, comincia a scoparmi di gran lena. Da sopra Enrico mi massaggia il petto e mi titilla i capezzoli. Io lo guardo con gli occhi lucidi della lussuria e mi lecco le labbra per il crescente piacere che questo secondo toro mi sta regalando.
“Vedo che stai godendo tanto, amore!”, mi sussurra il gigantone. “Dai, ancora di più! Di più, di più!”. Il suo incitamento sembra influenzare il mio respiro: sento aumentarne la frequenza, mentre tutte le membra sembrano estraniarsi dalla mia mente. Si scuotono con sempre maggiore violenza, ma la mia testa compie viaggi infiniti. Sto andando in estasi e vedo tutto bianco. Mi risveglia una convulsione devastante che mi sbalza di qualche centimetro sopra il divano. Le mie chiappe si stringono forte attorno alla minchia dello stallone, che urla di dolore.
“Me lo stacchi, puttana!”, mi urla contro. “Oh no! Noooooooooo!!!”, sbraita poi. “Sbooooooooooorrooooooooooooo!!!”, grugnisce, e mi crolla addosso, non riuscendo più a reggersi sui propri arti. Struscia il proprio ventre contro il mio culo, mentre si scarica i coglioni ed emette dei suoni indecifrabili. Infine, lo vedo sparire verso il basso ed accasciarsi sul pavimento in preda a degli spasmi da fine orgasmo.
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