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Gay & Bisex

Budapest (4)


di crigio
15.04.2014    |    6.303    |    0 9.9
"La vedo solo con la coda dell’occhio, dal momento che Csaba continua a tenermi avvinghiato a sé e a limonarmi..."
Dopo essersi ripreso dalla monta, il ragazzo ungherese ci invita ad entrare e a scambiare quattro chiacchiere con lui. Cioè, chi ci parla è solo Pino, l’unico che sa conversare fluentemente in inglese. Gli stalloni, intanto, sono in bagno a darsi una sistemata e, dalla camera da letto, li sentiamo scherzare e scambiarsi complimenti sulle rispettive prestazioni di poco fa.
Pino racconta al ragazzo che siamo i compagni dei quattro maschioni che lo hanno scopato prima e quello finge una certa invidia, dovuta al piacere che loro gli hanno fatto provare. Finge, a mio parere, perché se è vero che è un attore porno, chissà quanti cazzi di quelle stesse dimensioni avrà già preso.
“Chiedigli se è chi penso io!”, interviene, d’un tratto, Enzo, e Pino traduce.
“Sì, è proprio lui!”, ci conferma, dopo che il ragazzo ha risposto. Quindi, ci presentiamo: lui si chiama Arpad ed è magiaro purosangue. Ci confessa che prendere cazzi è la sua passione.
“Ah, lo so bene!”, sbotta sempre Enzo, e giù tutti a ridere. Poi, Arpad ci dice che, se vogliamo, può ricambiare il favore che noi quattro gli abbiamo fatto consentendogli di farsi sbattere dai nostri boys.
“Dice che ha qui con sé un book fotografico in digitale con tutti i porno attori della scuderia della casa di produzione di cui fa parte anche lui”, ci spiega Pino. “Se lo desideriamo, possiamo sceglierne uno e lui farà da tramite e fisserà l’appuntamento”.
“Certo che lo desideriamo!”, esplode ancora quella gran troia di Enzo, che li lecca i baffi al pensiero di quello che accadrà. Allora, Arpad prende il suo I-Pad e ci mostra le foto dei suoi colleghi. Sono tutti degli strafighi pazzeschi, tanto che sospetto che siano ritoccate. Ciascuno di noi sceglie quello che lo aggrada di più e devo dire che si tratta di tipi piuttosto simili: mori, muscolosi e villosi al punto giusto.
Mentre stiamo ancora a visionare il book, i quattro stalloni escono dal bagno. Parliamo loro degli sviluppi della nostra conoscenza con Arpad e quelli si compiacciono di quanto siamo intraprendenti.
“Non avete perso tempo, eh?”, ci fa Knut. “Però proporrei una variante: noi saremo presenti in un angolo della stanza a guardare il toro che vi sfonda, ok?”.
“Ok, si può fare”, risponde Pino per tutti. Poi salutiamo il nostro ospite con l’impegno che ci chiamerà per farci sapere quando sarà l’incontro. Io e Pino torniamo ciascuno nelle nostre stanze, accompagnati da Enrico e Knut, mentre Enzo e Seby restano nella suite con Tony e Paolo, che si offrono di riportare Arpad a casa.
L’indomani pomeriggio, mentre io e il gigantone stiamo riposando sul letto, arriva la telefonata di Seby. “L’appuntamento è per stasera, ognuno nella propria stanza col suo stallone, ok?”.
“Bene!”. Riferisco ad Enrico e lui sembra accendersi di lussuria.
“Non vedo l’ora!”, mi sussurra, avvicinandosi a me e limonandomi intensamente.
Arriva l’ora e qualcuno bussa alla porta. Il mio ragazzone va ad aprire e fa accomodare l’ospite. Appena si affaccia nella camera sospiro di sorpresa: è esattamente come nella foto, quindi mi sbagliavo di grosso sull’uso di programmi di alterazione dell’immagine. Si chiama Csaba e, dopo avermi stretto la mano, si leva la giacca di pelle appendendola all’attaccapanni dietro la porta. Sotto ha solo una canottiera che mette ben in evidenza i muscoli delle sue braccia e del suo torace. È alto quanto Enrico e porta la barba leggermente incolta, il che lo rende molto più affascinante. Il gigantone si accomoda sulla poltrona e invita Csaba ad approfittare di me come meglio crede. Mi sento tanto una puttana offerta al drago dal suo pappone, e questo mi eccita ancora di più.
Il nostro ospite mi si avvicina e con una mano mi stringe la mascella. Mi attira a sé e rimane immobile fissandomi e respirandomi in faccia. Poi schiude le labbra e le incolla alle mie. La sua lingua si apre un varco nella mia bocca che viene letteralmente avvolta dalla sua. Mi bacia con un profondo risucchio e sento l’altra sua mano premermi contro la schiena perché mi stringa a lui. È forte e i suoi palmi sono enormi. Dalla mascella passa alla nuca e mi blocca contro le sue labbra, continuando a lavorarmi le fauci con la lingua: sembra quasi una sonda che sta cercando qualcosa, ma devo ammettere che mi fa accendere tutto.
Intanto, gli accarezzo i bicipiti e i pettorali: sono gonfi e potenti. Lui mi afferra un polso e mi costringe ad andare più in basso. Si ferma solo quando raggiungo la sua patta. Allora i miei occhi si sgranano e lui sorride a mezza bocca, mentre mi sta ancora baciando. Anche il suo cazzo è bello gonfio e pulsa e si ingrossa sempre di più. Gli slaccio i jeans e libero la bestia, che ora rimane avvolta solo dal cotone dei boxer. Preme forte per uscire e allora levo anche quell’ultimo ostacolo, abbassando l’elastico.
Una biscia di proporzioni rare sguscia fuori e ricade penzolante tra le sue cosce. La vedo solo con la coda dell’occhio, dal momento che Csaba continua a tenermi avvinghiato a sé e a limonarmi. Alzo lo sguardo verso Enrico, che si sta massaggiando il pacco, e non nascondo tutta la mia preoccupazione per quello che la nerchia dell’ungherese potrà farmi. Lui, però, non sembra capire, o forse se ne infischia. Intanto, la mano che ho dietro la schiena scende piano piano e si insinua nei miei pantaloni. L’altra abbandona la mia nuca e mi slaccia il bottone sul davanti. I jeans cadono giù e ora l’enorme palmo di Csaba mi agguanta una chiappa, strizzandola e palpandola.
Lentamente mi spinge verso il letto, finché arrivo alla sponda e sono costretto a caderci sopra. Adesso riesco a vedere completamente la sua virilità e la sorpresa è massima. La mia bocca si riempie velocemente di saliva per la voglia di gustarla e, quella che poco fa era paura, si trasforma in profondo desiderio. Ma, invece di offrirmi la sua mazza, Csaba si inginocchia a miei piedi, prende l’orlo dei miei jeans e me li sfila. Poi, afferra le mie mutande per l’elastico e mi spoglia del tutto. Mi stringe la caviglie e mi squarta, affondando la faccia nel mio solco, facendo esattamente la stessa cosa che ha fatto poco fa sulla mia bocca. Incolla le labbra alla mia rosellina e con la lingua si fa strada attraverso l’anellino. Rimane fermo qualche secondo e poi comincia a succhiare. Le sue guance si incavano e nella stanza risuona il rumore del suo risucchio. La punta della lingua mi titilla la parte superiore della mucosa facendo aumentare la mia eccitazione, mentre le sue labbra mi massaggiano e mi mangiano l’anellino.
Mi sollevo sui gomiti per avere una visione migliore e rivolgo nuovamente lo sguardo ad Enrico, con la bocca aperta e gli occhi sbarrati. L’ungherese mi sta facendo un anilignus da paura: sembra quasi che stia ciucciando un clitoride e, pur non avendolo, l’effetto è molto simile. Si stacca un momento da me e si sputa sul pollice. Torna a lapparmi e mette il polpastrello del ditone sul mio perineo, iniziando a strofinarlo intensamente. Il collo non mi regge più il capo, che ricade pesante indietro, dal mia bocca esce un gemito continuo e pari più ad un lamento. Istintivamente apro ancora le mie cosce, permettendo a Csaba di penetrare più a fondo con la lingua e, quando rialzo la testa, lo sorprendo a sghignazzare, contento di essere agevolato nel suo lavoro, ma anche dell’eccitazione che mi sta provocando.
Scolla di nuovo la bocca dal mio buco e ci fa scorrere sopra il pollice, che dopo qualche su e giù, attraversa l’anellino e lo massaggia con delicatezza. Da sopra, l’indice preme contro il polpastrello che ho dentro, strizzandomi quella porzione di mucosa. Vado in visibilio e tutto il mio corpo è percorso da una scarica. Un fuoco mi riempie lo stomaco e subito dopo me ne libero attraverso il retto. Il ditone dell’ungherese si insozza dei miei umori, che lui, rapido, si precipita a succhiare, sia direttamente dalla mia rosellina che dal suo pollice. Con la lingua tutta aperta mi lappa il buco, ripulendomi completamente delle mie secrezioni, per poi titillarmi velocemente con la sola punta. La mia libido si riacutizza improvvisamente e i miei capezzoli si induriscono ed escono fuori, puntando verso l’alto. Lo stallone se ne accorge e si tira su: si stende su di me e mi fissa il petto muggendo di desiderio. Si china su un’aureola e la avvolge tra le labbra ricominciando a succhiare con avidità. Sento i suoi denti mordicchiarmi la punta, mentre la bocca mi divora la tettina. Tra le cosce avverto la potenza del suo cazzo che si struscia voglioso di violarmi: sale e scende proprio come il capo di Csaba sul mio petto.
Da un capezzolo passa all’altro e la carezza si ripete pari pari. Quando ne ha abbastanza di ciucciare, si risolleva e mi fissa per un po’. Quindi, si alza in piedi, si afferra l’asta e se la scuote, invitandomi a prenderne possesso. Non mi lascio certo pregare e, mettendomi in ginocchio a terra, impugno tutta la nerchia e me la porto alle labbra. Mentre schiudo la bocca per inghiottirla, sposto lo sguardo su Enrico e, con un verso da gran troia, mi lascio scorrere la minchia fino in gola. Csaba appoggia una mano sul mio capo e accompagna il mio lento andirivieni. Mi torna in mente quello che ha fatto poco fa alla mia rosellina e ai miei capezzoli e questo si induriscono di nuovo, mentre sento il buco del culo dilatarsi. I miei addominali si contraggono e i muscoli del retto spingono in fuori. Una mano corre tra le mie cosce, quasi voglia arrestare l’incessante apertura dell’anellino. Non appena sfioro la mucosa un brivido sale lungo la schiena e, raggiunto il cervello, mi fa irrigidire per qualche secondo. Quando di nuovo mi rilasso, vengo some spinto verso il basso: sputo la nerchia e mi accascio a quattro zampe sul pavimento, respirando pesantemente.
Le mani grandi di Csaba mi prendono per le ascelle e mi tirano su. Mi costringono a voltarmi e mi fanno piegare contro il muro. Il glande cicciuto si insinua nel mio solco e preme contro il buco penetrandolo con facilità, vista la dilatazione appena avuta. La sensazione è comunque di una profonda lacerazione, e accompagno lo sfondamento con un flebile gemito. Il cazzo dell’ungherese arriva piano piano in fondo al mio sfintere e il suo ventre spinge contro le mie chiappe. Poi torna indietro con la stessa lentezza, fino al prepuzio. Di nuovo solca le mie viscere finché la cappella percuote la mia prostata e per la seconda volta si ritrae completamente. Questo “vai e vieni” continua per un po’ e via via Csaba accelera il movimento del suo bacino.
Giro il capo e guardo Enrico con viso sofferente, mentre il mio corpo inizia a provare un crescente godimento. Mi accorgo che il gigantone mi fissa tra le gambe con espressione sbigottita e allora anch’io abbasso la testa. L’interno-cosce è fradicio di umori e le ginocchia tremano pericolosamente. Solo guardandole mi rendo conto di non riuscire a reggermi in piedi. Torno a guardare Enrico e la sua immagine mi appare sempre più sfuocata: ondeggia e si duplica, per poi sparire quando sui miei occhi cala un velo nero.
Mi risveglio dopo non so quanto, steso sul letto. La prima cosa che vedo è la faccia di Enrico ad un centimetro dalla mia. Il mio ragazzone mi chiama e mi sorride, contento che mi sia risvegliato. Più giù ho ancora la sensazione che Csaba mi stia succhiando la rosellina. Poi abbasso lo sguardo ed effettivamente l’ungherese è tra le mie cosce a dissetarsi con i miei umori.
“Ti vuole ancora. Te la senti?”, mi chiede Enrico, indicandomi Csaba con un cenno del capo. Lentamente annuisco e, non appena il mio mento cala per la seconda volta, lo stallone è già in ginocchio tra le mie gambe a smanettare sol suo attrezzo per impalarmi. La sua mazza mi entra tutta in corpo e il gigantone aggiunge: “Prima ti ha scopato per il tuo piacere, adesso lo farà per il suo”.
Queste parole mi inquietano, perché se penso a ciò che ho provato prima, chissà che succederà ora!
La minchia dell’ungherese arriva fino in fondo; poi torna indietro fino al glande e rimane così qualche secondo. D’improvviso, un fuoco mi pervade le viscere: la nerchia mi riempie completamente lo sfintere e la mia prostata viene martellata con violenza. Non una, ma diverse volte. È come se Csaba scaricasse tutto il peso del suo corpo nei miei intestini, tanto che, ad ogni colpo, mi sento scorrere sul letto verso la sponda.
“Amore!”, mi sussurra Enrico. “Ma vedo che hai un buco libero!”, e con uno scatto felino mi monta sul petto sbattendomi la sua mazza in faccia. Non mi ero accorto che fosse nudo: deve essersi spogliato mentre ero svenuto. Mi tappa il naso stringendolo con le dita e mi costringe ad aprire la bocca. Mi spinge il cazzo nelle fauci e, piegandosi in avanti e appoggiandosi con l’altra mano sul letto, comincia a stuprarmi fino in gola. Poi, lascia andare le mie narici ed io inspiro avidamente, mentre lui continua a cavalcarmi la faccia con violenza.
I due stalloni abusano dei miei due buchi, incuranti del mio piacere, ma preoccupandosi solo del loro. La saliva inizia a fuoriuscirmi dalle labbra e riversarsi sulle guance e sul mento. Sto insozzando il pelo pubico di Enrico che, come posseduto, mi sbatte il ventre contro il muso, mentre, contemporaneamente, sento quello di Csaba percuotermi le natiche con la stessa potenza. D’un tratto, la mia gola si gonfia e quasi non respiro più. Il mio stomaco si riempie di un calore che cresce ad ogni affondo dell’ungherese. Mi sento come quegli elettrodomestici con batteria ricaricabile collegati ad una presa della corrente: ad ogni colpo la mia carica aumenta e so che presto esploderò.
La bava continua ad uscirmi dalla bocca e mi ottura le narici. La mancanza di ossigeno mi fa stranamente provare sensazioni più dirompenti: un colpo improvviso al petto mi fa sobbalzare sul letto, e poi un secondo più violento del primo. Altri ne seguono e spaventato porto le mie mani al petto di Enrico, cercando di spingerlo via. Lui mi afferra i polsi e, allargandomi le braccia, mi ammanetta al letto con le sue mani.
“Sta’ fermo e godi, puttana!”, mi insulta, ormai preda totale della lussuria. Quasi insieme, i due cazzi si gonfiano: quello di Enrico mi irrora la gola di caldo e succoso nettare, mentre la minchia di Csaba viene espulsa dal mio sfintere e spara abbondanti e lunghi fiotti contro la mia rosellina. Poi, l’ungherese precipita per l’ultima volta dentro di me, dilaniandomi le viscere, per svuotarsi definitivamente i coglioni nelle mie parti più intime.
“Sei stato grande!”, sibila il gigantone ad un mio orecchio, quando, scaricatosi completamente le palle, mi smonta di dosso e si sdraia accanto a me, che giaccio stremato in uno stato di semi-incoscienza. Le mie cosce sono ancora aperte e Csaba ci si sta abbeverando, ripulendomi della sua sborra. Infine, i miei due stalloni si caricano il mio peso e mi conducono al bagno, dove mi lavano e mi asciugano. Poi si fanno una doccia e ci rivestiamo.
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