Gay & Bisex

Gigolò


di crigio
24.09.2013    |    14.118    |    2 9.5
"Aspetta cinque minuti”, e, preso il borsone, torna in bagno..."
Rientrati dalla serata a casa di Andrea, durante la quale abbiamo dato un bella lezione a quella puttanella di Marco, Enrico si ferma a dormire da me.
La notte trascorre tranquilla ed io dormo profondamente.
Il mattino dopo mi sveglio che Enrico è già sotto la doccia: lo scroscio dell’acqua mi ridesta dolcemente e la luce che filtra dalla finestra mi vuole dire che è ora di alzarsi e di preparare qualcosa per colazione anche per il mio ospite.
Scendo dal letto, nudo. “Merda! Questa stanza è un casino!”, penso e raccolgo i panni sparsi sul pavimento, rimettendo nei cassetti quelli ancora puliti e ammucchiando su una sedia quelli da lavare.
Mentre sono chino su un cassetto del comò l’occhio mi cade sul borsone di Enrico. “Cos’è questa roba?”, mi chiedo esaminando una specie di cintura borchiata che spunta dalla cerniera aperta. La afferro e me la rigiro tra le mani, scrutando la porta per stare attento che non entri Enrico. La rimetto dentro la sacca e guardo gli altri oggetti.
“Ti piacciono?”, mi sorprende una voce alle spalle.
“Oh cazzo! Sc… scusa… non volevo… è che… beh… stavo sistemando la mia roba e l’occhio mi è cascato… ehm… lì…”, provo a giustificarmi.
“Ehi, tranquillo! Ormai direi che tra noi c’è una certa intimità, no? Allora, ti piacciono?”.
“Beh, ma… che cosa sono?”.
“I miei strumenti di lavoro!”.
“Lavoro?! Che lavoro?”, gli chiedo stupito e incuriosito al tempo stesso.
“Sono un gigolò… o un escort, come si dice oggi. Ma io preferisco gigolò. È più elegante”.
“Ah! Non lo immaginavo. Se l’avessi saputo… ecco… io…”.
“Cosa? Mi avresti pagato tutte le volte che ci siamo visti?”.
“Beh, sì! È il tuo lavoro!”.
“Ma stai scherzando? Non te l’avrei mai permesso! Il lavoro è una cosa, il divertimento un’altra. E con te mi diverto…”.
“O… ok…”.
“Dai, ti faccio vedere come mi stanno. Aspetta cinque minuti”, e, preso il borsone, torna in bagno.
Dopo un po’ si riaffaccia all’uscio della porta della mia camera: indossa un paio di stivali che gli fasciano perfettamente i polpacci muscolosi, uno slip e dei lunghi guanti di latex e un harness pettorale borchiato (ecco cos’era quel cinturone!). In mano tiene un gatto a nove code che fa fischiare nell’aria percuotendosi l’altra mano.
È bellissimo! Di una bellezza maschia! Rimango impalato per l’imbarazzo, mentre lui torna a chiedermi: “Allora, ti piacciono?”.
“Ehm… ecco… s… s… sì… credo…”.
“Non sarai mica rimasto senza parole?”.
“Beh… ecco…”.
“Ecco, ecco! Ecco che?”, mi provoca lui, avvicinandosi a me. Mi si ferma di fronte, continuando a frustare l’aria. Poi mi solletica il petto con le nove code, concentrandosi su un capezzolo. Quindi, mi gira intorno facendo scivolare l’attrezzo sulle mie spalle. “Beh? Non rispondi?”, continua a stuzzicarmi, mentre un brivido mi percorre la schiena. Quando torna davanti a me fa scorrere la frusta giù lungo il mio stomaco e fino al mio ventre. Il mio cazzo inizia a inturgidirsi e lui lo accarezza con lo scudiscio. Io sospiro. Il suo volto è a un centimetro dal mio: “Che c’è? Dai, dimmi se ti piacciono!”,
“Eheh, s… sì… mi piacciono…”.
“Bene, non era difficile, no?”.
“N… no”, balbetto, mentre il mio imbarazzo aumenta. Ha un fascino nuovo in quella veste ed io mi lascio prendere completamente. La frusta risale fino al mio petto, scavalca la mia spalla sinistra e scende giù lungo la mia schiena. Mi irrigidisco e chiudo gli occhi. Le mie labbra si inumidiscono. Rialzo le palpebre e lui mi sta baciando. È un contatto delicato e dolce. Poi, prima di staccarsi, mi lecca con la lingua il contorno della bocca.
“Hai goduto tanto ieri quando ti ho scopato?”, mi chiede con un tono che da quel timidone non mi sarei mai aspettato. Quella tenuta gli fa cambiare non solo l’aspetto, ma anche il modo di fare. È un professionista e come tale si sta comportando.
Con gli occhi sbarrati per lo stupore di quel suo nuovo atteggiamento, gli rispondo: “S… sì… tanto…”.
“Bene, perché adesso voglio farti scoprire un modo nuovo di provare piacere”.
“Eh?! Che intendi?”.
“Sta’ tranquillo e fidati di me, ok?”.
“O… ok…”, e la frusta ripercorre la mia schiena verso l’alto. Io, ipnotizzato da quella statua di carne, sollevo le braccia e appoggio le mani sul suo torace armato. Sento tutta la virilità che questo ragazzone mi sta trasmettendo e che nel mio corpo si trasforma in profonda eccitazione. Gli accarezzo i pettorali e scendo lungo i fianchi. D’un tratto fa una smorfia.
“Che c’è? Ti ho fatto male?”, gli chiedo.
“No, è che questi maledetti slip non li fanno della mia… misura… Capisci che intendo?”.
“Sì, certo”, sorrido, ma questo inconveniente non lo fa desistere dal suo intento.
“Sdraiati”, mi sussurra. Mi stendo lasciando le mie gambe penzoloni lungo il bordo del letto. Il mio cazzo svetta eccitato. Enrico si inginocchia accanto a me e riprende il suo massaggio con la frusta. La fa scorrere per tutto il mio corpo soffermandosi sulle zone erogene: le orecchie, le labbra, il collo, i capezzoli, il glande.
Poi la inserisce tra le mie cosce e quelle, per riflesso, si aprono e si sollevano. Lui scende dal letto, si accovaccia tra le mie gambe e comincia a leccarmi il buco, mentre l’attrezzo continua a scorrermi addosso.
Questa combinazione di carezze accresce la mia libidine: brividi ininterrotti mi attraversano il corpo, le mie mani stringono le lenzuola, la mia testa sbatte a destra e a sinistra. Ogni tanto lascia lo scudiscio su un capezzolo e facendolo roteare, me lo tortura solleticandolo. Quello si impenna e si indurisce. Poi scende più giù e fa lo stesso con il mio prepuzio: lascia ricadere le nove code sulla mia asta e la sventola stimolandomi il glande.
Naturalmente, durante queste stimolazioni non abbandona la mia rosellina che viene inumidita dalla sua lingua, che lenta la percorre in ogni dove. Perdo il contatto con la realtà e mi sembra di galleggiare.
“Tu vuoi farmi morire”, ansimo.
“No, non morirai, tranquillo!”, mi rassicura Enrico. La frusta mi sfiora il frenolo proprio quando la sua lingua stimola l’ultimo centimetro del mio anellino e uno scossone mi fa sussultare sul letto. “Ecco, sta funzionando”, dice Enrico, mentre lo guardo con le labbra spalancate di desiderio e la bava alla bocca. Poi torna su un capezzolo e con la lingua rigida mi penetra la rosellina. Il mio corpo salta di nuovo.
Ora lo scudiscio e sul mio collo: scende giù fino al torace, circumnaviga il pettorale, arriva al fianco e scende fino ad una natica. Passa sotto la coscia e si inserisce tra le mie chiappe solleticandomi il buco. Un altro sussulto. E poi un altro ancora. E altri a seguire.
Enrico si alza in piedi e mi guarda così in preda al mio piacere intenso, si apre lo slip e la sua mazza balza fuori enorme e dondolante. Si leva quella mutanda di latex e si fa ammirare in tutta la sua potenza: sa bene che anche la stimolazione visiva ha una parte rilevante nel rapporto sessuale.
“Ti voglio”, rantolo. Lui si sputa sul cazzo e si spalma la saliva lentamente. Quindi, con la mazza lucida avanza verso di me, si carica le mie gambe sulle spalle e intrufola la sua cappellona tra le mie chiappe. Agita il bacino a destra e a sinistra per farsi strada tra le mie rotondità e poi mi spennella il buchino muovendosi in su e in giù.
Io gemo. Lui ride di soddisfazione. “Dai, scopami!”, lo supplico.
“SSSCCCCC!!! Sta’ zitto e goditi i miei servigi!”, mi rimprovera. Poi si ferma e spinge per entrare in me. Il glande mi penetra ed Enrico continua ad affondare piano piano fino a metà asta. Quindi, con la stessa lentezza torna indietro.
“No!”, protesto.
“Vuoi tacere! Devi avere pazienza. Ti ho detto che stavolta godrai in un modo diverso”, dice e si arresta quando solo la cappella mi rimane dentro. Spinge di nuovo ed io riesco a sentire ogni centimetro della sua grossa verga. Anche questa volta si ferma quando arriva a metà.
“MMMMMM”, mi lamento io, ma lui mi ignora.
Va così, avanti e indietro, accrescendo la mia libidine e a me sembra quasi di esplodere, tanto non riesco a contenerla. All’improvviso, col suo cazzone piantato per metà nel mio sfintere si arresta e vi rimane per un tempo che mi sembra infinito. Faccio per muovere il mio bacino verso il suo e penetrarmi completamente, ma lui è pronto e si ritrae: “Quante volte devo dirti di pazientare!”, e mi stringe il viso con una mano, senza farmi male ma solo per farmi capire bene il concetto.
Quindi, torna dentro di me e si blocca. Dopo qualche secondo il mio sfintere si contrae ritmicamente.
No! Un momento! Non sono io, ma lui! Enrico sta gonfiando e sgonfiano il suo cazzo, che, come fosse un cuore, pulsa dentro di me, massaggiandomi le pareti del culo.
“Oddio, ma che cosa mi stai facendo?”, gli chiedo meravigliato.
“Mi senti? Ti piace?”.
“Oh, sì, sìììì!”, gemo. Poi lui esce da me, sempre lentamente, ma nel mio sfintere è come rimasto il ricordo di quel movimento, tanto che continua a pulsare autonomamente. “Oh, ooohhh, oooooooohhhhhhhh!!!!”, godo.
Enrico mi lascia contorcermi un po’ e poi mi torna dentro, mai completamente, e riprende a giocare col suo cazzo e col mio culo. Lui se la ride, mentre io sono in preda alla lussuria più totale. Adesso quella pulsazione si ripercuote per tutto il mio corpo: mi sento il cuore il testa, le mie pupille rientrano nelle orbite, la vista si annebbia e svengo lentamente.

Un dolore al petto mi ridesta: è Enrico che, per farmi riprendere, mi sta mordendo forte un capezzolo. Mi risveglio e ansimo profondamente. “Che è successo?”, gli chiedo.
“Hai perso i sensi. Ma tranquillo: è normale!”, mi sussurra lui, mentre continua a torturarmi dentro.
“Basta, ti prego! Non resisto più!”, protesto.
“E allora non resistere! Lasciati andare!”, mi dice Enrico. All’inizio non capisco, poi sento che il suo cazzo si gonfia, il mio piacere monta ed uno scossone parte dal ventre, risale lungo la schiena ed mi esplode nella testa.
“Bravo, così!”, mi esorta lui. Quindi, un’altra pulsazione della sua verga e i nervi del mio sfintere trasmettono al mio cervello, e questo al mio corpo, il messaggio di godere.
E godo: la salivazione si azzera, le mie labbra si inturgidiscono, inizio a sudare. I miei occhi si sgranano e fissano Enrico che mi guarda sereno e annuendo: “Sì, così. Lascialo andare completamente, dai!”, mi dice, mentre continua a muoversi e pulsare lentamente dentro di me.
Godo ancora: una convulsione e il mio buco si dilata. Enrico estrae la sua mazza e schizza fiotti si sborra nelle mie viscere. Poi, prima che un nuovo spasmo faccia ricontrarre il mio sfintere, mi penetra e aspetta che il mio culo gli strizzi il cazzo. Ora sono le mie contrazioni a fare godere lui, che rantola con la faccia affondata nel mio collo.
Ma la potenza sessuale di questo ragazzone è impressionante: si risolleva sulle mani e, guardandomi, sibila: “Ehi, non è mica finita!”, e inizia a fottermi fino in fondo, approfittando della vischiosità del suo sperma, che, nonostante il mio sfintere si sia ristretto per la convulsione, gli permette di scivolare facilmente dentro di me. È riuscito a sfruttare gli effetti che l’orgasmo ha sul mio corpo per escogitare un nuovo modo di provare piacere. È stupefacente!
Mi percuote col suo bacino ed ogni volta il mio corpo si sposta un po’ lungo il letto, ma lui lo segue, ci sale sopra, lo violenta, lo dilania. Il godimento è padrone delle mie membra e vorrei che Enrico non smettesse mai di scoparmi.
D’improvviso, però, cambia di nuovo movimento: torna a tenere il suo cazzo in me solo a metà facendolo pulsare.
“No, no, non di nuovo!”, protesto quasi incazzato, ma lui non se ne cura. Anzi si solleva in ginocchio e, così mezzo piantato nel mio culo, mi osserva mentre la mia schiena si inarca pericolosamente e poi sbatte violentemente sul letto. È come se la sua verga, gonfiandosi e sgonfiandosi, mi trasmettesse una corrente a 220 V, e intanto lui, a braccia conserte se la ride e si gode lo spettacolo del mio corpo in fregola. Con le mie gambe gli cingo le terga e provo a tirarlo dentro di me, ma lui riesce a rimanere saldo nella sua posizione.
Mi accascio stremato ed Enrico si appoggia delicatamente sul mio corpo, baciandomi con estrema dolcezza. Il suo ventre riprende a muoversi ed il suo cazzo entra ed esce per intero dal mio sfintere e, quando credo che tutto sia veramente finito, una coda di orgasmo mi sconvolge il corpo come un crescendo rossiniano.
Un lamento aumenta di volume ed in pochi secondi si trasforma in un urlo lancinante. Il mio busto di solleva e mi stringo ad Enrico, piantandogli le unghie nella schiena. Vado in apnea. Gli spasmi mi fanno sussultare. Un’ultima convulsione e stramazzo senza forze sul letto.
Riapro gli occhi e incrocio quelli di Enrico, che mi fa: “Mi piaci… tanto…”.
Torno in me, per un momento ho lo guardo stranito: quelle parole significano più di quello che si può credere.
Poi rifletto un secondo e me ne convinco: “Sì, anche tu mi piaci… tanto…”.
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