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Gay & Bisex

Scambio di coppia (1)


di crigio
01.12.2015    |    8.899    |    6 9.7
"“Lui è Giò, il mio ragazzo”, mi presenta Enrico..."
“Domani arriva in città una coppia di miei amici”, mi annuncia Enrico mentre ci risvegliamo da una notte di sonno profondo. “Ti va di conoscerli?”, continua, con tono sornione.
Nonostante sia ancora in dormiveglia, capisco che c’è sotto qualcosa. Mi giro verso di lui e rispondo: “Certo!”.
Il gigantone tentenna un po’, poi singhiozza: “Bene”.
“Bene”, faccio eco io, e lui scende dal letto ed entra in bagno. Non si aspettava che fossi così accondiscendente, anche se ormai dovrebbe conoscermi. D’altro canto, le persone che mi presenta di solito sono dei gran fighi, quindi non mi tiro più indietro.
Esce già vestito della sua tuta. “Vado in palestra. Ci vediamo più tardi”.
“Ok”, e mi rimetto a sonnecchiare.
È già l’indomani e sono tutto un fremito. Ieri ho fantasticato tutto il giorno su come possano mai essere questi amici di Enrico e adesso manca ormai poco e potrò toccarli con mano. Ha detto che li avrebbe portati a casa, nel pomeriggio, così saremmo stati più comodi.
Dopo ore di attesa, finalmente sento la chiave girare nella toppa. “Prego accomodatevi”. La voce garbata del mio boy introduce gli ospiti nell’ingresso. “Amore, siamo arrivati!”. Varco la porta del soggiorno e li raggiungo.
Davanti a me si stagliano tre pezzi di ragazzo da urlo! Cioè, oltre ad Enrico (che per me è un pezzo di ragazzo!), posso ammirare un biondone dai capelli rasati ai lati e quelli sopra ingellati verso destra, dai muscoli guizzanti e che prorompono fuori dalla t-shirt forse anche troppo stretta, e un morone meno esplosivo ma comunque interessante. Il biondo ha una cicatrice che corre verticalmente sulla guancia sinistra e uno sguardo vitreo, tanto sono chiari quei due occhi che si ritrova.
“Lui è Giò, il mio ragazzo”, mi presenta Enrico. “Loro sono Hektor”, continua indicandomi il biondo, “e Juan”, facendo cenno all’altro. Hektor allunga impaziente il braccio verso di me e mi stringe la mano con energia, sussurrando uno strascicato “Piacere” che sa già di “Ti apro in due come una cozza”. Un brivido mi sale lungo la schiena e solo il saluto di Juan mi distrae da tanto testosterone vomitatomi addosso all’improvviso.
“Accomodatevi”, dico, strozzandomi con la saliva per l’emozione.
“Tutto ok?”, mi chiede sottovoce Enrico, superandomi mentre entriamo in soggiorno, con i nostri ospiti che ci seguono.
“Sei uno stronzo!”, lo riprendo scherzosamente, alludendo alle doti fisiche del biondo. Tra l’altro, camminando verso il divano mi sento i suoi occhi addosso e non è solo un’impressione, perché voltandomi, mi accorgo che mi fissa con insistenza. “Posso offrirvi qualcosa da bere?”, chiedo. Tutti accettano e vado in cucina. Faccio un respiro profondo che mi viene spezzato dall’abbraccio del mio ragazzone.
“Allora? Ti piacciono?”, mi fa.
“E me lo chiedi? Il biondo però ha un’aria strana. Sembra quasi un avanzo di galera”.
“Lo è”.
“Come lo è?”.
“Sì, si è fatto qualche mese per una rissa, quando stava ancora in Germania”.
“Cazzo! E tu mi porti questa gente in casa?”, mi innervosisco.
“Ma dai! Parliamo di molti anni fa! E poi sai come vanno queste cose: si sta in discoteca, si alza un po’ il gomito, ci si lancia battutine e poi tutto degenera. Storie di ordinaria follia!”.
Sbuffo e verso l’analcolico nei bicchieri. Torniamo in soggiorno e porgo il vassoio ai nostri ospiti.
“Allora: Enrico mi diceva che tu sei tedesco!”, introduco la conversazione, rivolgendomi ad Hektor.
“Sì”, risponde lui, stavolta con voce calda e profonda. “Ma vivo in Italia da dieci anni ormai”.
“E tu?”, chiedo al morone.
“Io sono di origini sudamericane, ma sono nato qui”.
Enrico, allora, si alza dal suo posto e va a sedersi accanto a Juan. “Quindi devi essere un tipo molto caliente”, lo provoca, cingendogli le spalle con un braccio. Poi si avvicina e, inclinando il capo, incolla le sue labbra a quelle del nostro ospite, le schiude e gli infila la lingua in bocca.
Hektor appoggia il bicchiere sul tavolino, si alza a sua volta e mi viene incontro. Mi prende le mani e mi fa mettere in piedi. Mi abbraccia e comincia a limonarmi. Le sue mani scendono lungo la mia schiena e si fermano al mio culo. Lo stringono e lo palpano sfacciatamente. Alcune dita si infilano tra le chiappe e ci scorrono in mezzo, sopra il tessuto dei pantaloni. La sua bocca mi trasferisce un aroma di tabacco: deve essere un fumatore, forse non di sigarette, ma di sigari.
La stessa mano che mi stava accarezzando il solco si infila nei miei jeans e fruga per cercare la mia rosellina. La trova e la solletica senza riguardo, mentre la lingua dell’energumeno perlustra ogni centimetro del mio cavo orale. Poi, lascia le mie labbra per dirigersi verso l’orecchio sinistro: mi succhia il lobo e mi sussurra: “So che sei una gran troia!”.
Ho un sussulto che è una reazione tra terrore ed eccitazione per il tono usato dal mio stallone. Quando poi mi infila son forza un dito su per il culo, mi esce spontaneo un lamento dalla gola e mi abbandono contro il suo corpo possente. “Lo sapevo”, continua a sibilarmi. “Senti qua come sei già bollente!”, e il suo dito fa la stessa cosa che la sua lingua ha fatto tra le mie fauci. Lo rigira in lungo e in largo come in cerca di qualcosa, ma il risultato è una stimolazione completa dei nervi del mio sfintere. “Stai muggendo come una vacca! Vedrai quanto ti faccio godere!”.
Devo ammettere, tornando in me per un momento, che sto gemendo tra le sue braccia come non mi capita quasi mai. Questo ragazzo ha un sex appeal impressionante e la sua faccia da ex galeotto mi accende ancora di più. D’un tratto si stacca da me e si sfila la maglietta. Davanti ai miei occhi è tutto un trionfo di membra tese e gonfie di duro lavoro in palestra. Afferra i lembi della mia maglia e me la tira su. Si tuffa sul mio petto e addenta un mio capezzolo, il sinistro, quello più sensibile.
Un altro mugolio mi esce dalla gola e lui ne è soddisfatto. Schiudendo gli occhi, ora che l’energumeno non mi copre la vista, scorgo Juan in ginocchio sul divano e chino sul ventre di Enrico, intento a praticargli un pompino da maestro. Il gigantone ha le braccia aperte sopra la spalliera e si gode la bocca calda del morone, inspirando profondamente ogni volta che quello si ingozza con la sua invitante virilità.
Hektor, intanto, si rialza e mi stringe forte a sé, penetrandomi nuovamente con la lingua fino in gola. Le sue mani armeggiano con i miei calzoni: li slaccia e me li tira giù. Mi fa girare e si inginocchia dietro di me. Mi costringe a chinarmi in avanti e affonda la faccia tra le mie chiappe, iniziando a grufolare come un maiale. La sua lingua, stavolta, cerca di oltrepassare la mia rosellina, e ci riesce. Rischio di cadere a terra se non mi reggo dai braccioli del divano che mi sta di fronte. Le gambe mi diventano subito molli e lui non accenna a ridurre il ritmo dell’anilingus. Mi prende le natiche tra le mani, le apre e, mentre continua a lavorarmi con la lingua, le sue labbra mi succhiano l’anellino.
“Che bella fica…Slurp! MMMMMMM!!!”, commenta e mugola, senza smettere di torturare le mie intimità. Poi, le sue mani abbandonano il mio culo e un tintinnio di cintura mi annuncia che si sta sbottonando i pantaloni. Sparisce dalle mie chiappe e mi strattona per i capelli. “Succhiami, troia! Dai!”, mi insulta, spingendomi a terra.
Mi ritrovo davanti alla faccia il suo cazzo. Ma che dico “cazzo”: un cannone lungo almeno quanto quello di Enrico, ma grosso quasi il doppio, che dondola sul mio naso, scosso dal sangue che gli arriva a litri pulsato da un cuore che deve aver raggiunto una frequenza molto elevata. Stupito e stordito da tanta abbondanza schiudo le labbra e lui ne approfitta subito per attraversarle col suo attrezzo spaventoso. Per poco non mi sloga la mascella e, comunque, mi strozzo quando mi sbatte contro la glottide.
“Su, non fare storie!”, mi riprende l’energumeno. “Ne avrai presi anche di più grossi!”.
“Confermo… AH!”, rantola Enrico più in là, mentre Juan continua a banchettare con la sua verga. Si sente il risucchio della bocca del morone, tutto intento a spompinare il mio boy, che vedo agitarsi sul divano nel tentativo, riuscito al momento, di non cedere all’orgasmo. Quel sudamericano lì deve avere una bocca divina per fare godere così tanto il mio ragazzone, che ha fama di essere molto resistente.
“Non distrarti, puttana!”, continua ad insultarmi Hektor. “Succhia, da bravo!”, e mi prende per le orecchie, dettandomi il ritmo della pompa. Una lacrima mi scende dall’occhio destro, estrattami a forza dalla violenza che subisco dall’energumeno.
“Basta!”, sbraita all’improvviso. “Ora te lo sbatto nel culo! Lo vuoi nel culo, non è vero?”.
Istintivamente, mentre lui mi fa alzare e mettere a pecorina sulla poltrona, rispondo: “Sì, lo voglio nel culo! Prendimi tutto!”, e, voltandomi indietro a vedere quello che fa il mio stallone, incrocio lo sguardo di Enrico. Per un momento provo imbarazzo, tanto mi sento troia, ma lui, col viso paonazzo e gli occhi a fessura, mi sorride complice. Poi, Hektor mi si avvicina e spinge diverse volte la grossa cappella che sormonta la sua asta contro la mia rosellina. Solo dopo una decina di tentativi quella riesce a superare l’ostacolo del mio anellino apparentemente restio a lasciarla entrare.
Dico apparentemente, perché, una volta che ci riesce, il minchione del tedesco trova strada facile nei miei intestini. Eppure, lo stallone si china sulla mia schiena, mi abbraccia e con le dita raggiunge i miei capezzoli. Li stringe tra pollici e indici e li tira forte. Gemo di godimento e spingo in fuori. Il mio sfintere si rilassa e si allarga, cosicché la nerchia mi scivola in corpo senza più alcun ostacolo.
“Eccola la mia porcona! Adesso ci divertiamo!”, esclama l’energumeno, ormai privo di ogni controllo. Torna indietro col bacino, finché non ho dentro solo il suo grosso glande, e poi mi riaffonda in corpo con tutta la sua forza, che per un ragazzo muscoloso qual è lui, non è certo poca. E infatti, mi sento proiettato in avanti fino alla spalliera del divano. Lui mi recupera e mi sussurra: “Dove vai? Mi vuoi scappare?”, e nel mentre estrae di nuovo il cazzo per metà e torna a penetrarmi con violenza.
“AAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHH!!!”. Non posso evitare di emettere un urlo straziante e poco mi importa che la vecchia dirimpettaia mi senta. Ho in corpo un cazzo che farebbe invidia a quello di un elefante e che quella vecchia si è sognata in tutta la sua lunga vita.
“Sì, prendilo, porcellina mia! Prendilo tutto!”, mi esorta Hektor. Mi volto e annuisco sofferente. Al contempo, vedo che Juan si è spogliato completamente e si sta posizionando sopra Enrico, armeggiando col suo arnese. Lo afferra con una mano e se lo infila su per il culo con grazia e gran maestria. Sospira reclinando la testa indietro e poi inizia a cavalcare il mio ragazzone, accarezzandosi il petto e titillandosi un capezzolo. Ogni tanto si porta due dita alla bocca, le succhia e poi torna solleticarsi l’areola. Quindi, si contorce tutto e lavora l’asta di Enrico con i suoi muscoli interni. Nonostante la sua muscolatura sia un po’ appannata (a differenza di quella del tedesco), il suo culo è rotondo e burroso, del tutto privo di peluria e accogliente. Enrico starà impazzendo di piacere!
Mentre continua a martellarmi la prostata, il tedesco allunga un po’ il collo e raggiunge la mia bocca. Mi infila dentro non so quanti centimetri di lingua e mi abbandono a questa “doppia penetrazione” orale ed anale che mi fa godere davvero come una vacca, proprio quello che lui mi sta dicendo che sono.
Poi si tira su, mi afferra per i fianchi e comincia a sbattermi a ritmo sostenuto, imprecando alla luna, finché, dopo circa un minuto di dentro e fuori, strattona indietro, quasi asportandomi un pezzo di viscere, e mi abbandona carponi sul divano. Finalmente sembra che sia arrivato un momento di pausa e sento il mio e il suo respiro pesanti fare eco nella stanza.
D’un tratto, però, mi monta dentro un calore che cresce a vista d’occhio. È come se fossi una dinamo e lui mi avesse caricato. Il mio ventre si riempie in pochi secondi di un calore invadente che si allarga verso lo stomaco e le gambe. Queste iniziano a tremare e così anche le braccia. Faccio fatica a reggermi e poi il calore raggiunge il mio petto. Mi spezza il fiato: vado in apnea e mi si appanna la vista. La poltrona trema, ma in realtà sono io a vibrare da capo a piedi e provoco un terremoto sotto di me.
La voce dell’energumeno alle mie spalle mi rimbomba in testa. “Godi, puttanella! Dai godi così!”. Un colpo al bassoventre mi fa saltare sulla poltrona: è uno spasmo, e qualche secondo dopo ne segue un altro. Sento la mia rosellina pulsare e contemporaneamente dilatarsi di pochi millimetri alla volta. Gli spasmi iniziano a farsi più frequenti e dopo poco diventano un'unica convulsione. Le mie membra si scuotono come impazzite e sento un fischio nelle orecchie: devo avere la pressione a mille! I capezzoli diventano duri come il marmo e mi fanno un male bestia!
Erano secoli che non provavo un orgasmo anale così potente, ma quello stronzo di Hektor non si accontenta di vedermi godere in questo modo. Si riavvicina e mi infila qualcosa su per il culo. Nell’intontimento totale, credo di capire che si tratti di due dita: mi fruga dappertutto e poi comincia a pistonarmi dentro. Le tira fuori e me le porta alla bocca, costringendomi a succhiarle, mentre nello sfintere me ne introduce due dell’altra mano. L’aroma forte dei miei umori amplifica ancora di più il mio piacere, semmai fosse possibile. Poi, le falangi liberano insieme le mie due cavita, alternandosi nell’una e nell’altra. L’energumeno è un esperto nel dare piacere: sa che sentire il sapore delle mie secrezioni aumenta il godimento a dismisura.
“Che vaaaaaaccaaaaaaaaaa!!!”, sbraita, posseduto, finché si allontana di nuovo da me e stavolta lascia che il mio orgasmo si esaurisca da solo, senza interferire più.
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