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Sviluppi imprevisti - Barcellona (8)


di crigio
07.01.2014    |    6.264    |    1 9.4
"Il ragazzo inginocchiato si stacca leggermente dal suo solco e gli saetta la rosellina con una tale velocità che faccio fatica a vedere la lingua..."
Rientrato in camera, approfittando del fatto che Enrico è ancora addormentato, faccio un doccia veloce. Non appena torno in camera da letto, sento bussare alla porta.
“Aprite, dai!”, sussurra Pino dal corridoio.
“SSSSSSCCCCCC!!”, lo ammonisco, facendolo entrare. “Dorme!”.
“Come dorme!!?? Ho importanti novità!”, dice ad alta voce.
Enrico mugola e si rigira nel letto. “Ma chi cazzo è?”, bofonchia.
“Ascoltate!”, prosegue il biondino, ignorando le proteste del gigantone. “Mi ha appena inviato un sms Carlo. Stasera sarà in sauna e vorrebbe che lo raggiungessimo. Che ne dite? Gli dico di sì, ovviamente!”, conclude senza aspettare la nostra risposta.
“Ok…”, gli faccio, ma solo dopo che ha spedito il messaggio. Enrico, invece, sembra essersi riaddormentato.

Mentre ci dirigiamo verso il locale in metropolitana, chiedo a Pino del tipo che ho visto uscire dalla sua camera stamattina.
“Ecco… ieri sera non riuscivo a dormire e così mi sono fatto portare un latte caldo. Il cameriere era talmente carino che non ho resistito…”, mi spiega, sfoggiando quel suo sorrisetto impertinente.
“Che troia!”, lo apostrofo.
“Ma va! Tu avresti fatto lo stesso!”.
“Sì… Hai ragione…!”. E scoppiamo a ridere così forte da fare voltare tutti i passeggeri del treno.
Arrivati alla sauna, andiamo direttamente negli spogliatoi. Carlo è già lì, nudo con un asciugamano intorno alla vita. Ci salutiamo e aspetta che anche noi ci svestiamo. Poi, insieme ci inoltriamo per i corridoi del locale, dove ci sono i camerini e le stanze a tema.
“Allora: che hai fatto ieri?”, chiede Pino a Carlo.
“Sono stato in un’altra sauna”, risponde. “Ragazzi: mi avete fatto scoprire un lato di me che ignoravo completamente! Ieri ero così infoiato che mi sono fatto sfondare da ben cinque cazzoni!”.
“CINQUE!”, esclama Pino.
“Sì…”, replica Carlo, imbarazzato dalla reazione del biondino, che si gira verso di me, incredulo. Effettivamente, è strano che un tipo macho come Carlo da un giorno all’altro possa essersi convertito così.

Beh, forse non è così strano… Dopotutto, è successo anche a me…
Passando davanti alla porta di una stanza, il nostro nuovo amico sembra prestare particolare attenzione a ciò che vede dentro. Si ferma e, come ipnotizzato, entra.
Lo seguiamo. Dentro ci sono due ragazzi appoggiati ad una parete, che si masturbano lentamente. Carlo si porta al centro della camera, davanti ad una panca. Si sfila piano il telo dando le spalle ai due tipi. Il suo culo si espone vergognosamente ai loro sguardi, prorompente per quelle rotondità perfette. Si accarezza l’addome scolpito e risale fino al petto. Raggiunti i capezzoli, li titilla. Reclina il capo per l’eccitazione che si sta procurando da solo, e poi si volta verso i due maschioni, ammiccando con un sorrisetto da gran porco. Quindi, si china sulla panca, ci sale sopra e si mette a pecora, tornando a guardarsi indietro. Si schiaffeggia una chiappa: la tira, schiudendo il culo, e negli occhi dei due ragazzi appare una luce.
Si staccano dal muro e gli vanno incontro: uno si posiziona davanti, all’altezza della sua bocca e gli dà il cazzo da succhiare. L’altro si ferma dietro e comincia a massaggiargli le natiche. Carlo ci lancia un’occhiata lasciva, impugna il cazzo e se lo inghiotte, spompinandolo con desiderio.
Intanto, il tipo alle sue spalle si inginocchia, gli spalanca le chiappe e ci affonda la faccia in mezzo. Al primo contatto, il corpo di Carlo vibra tutto e la sua bocca si schiude, mentre la verga continua a scorrergli dentro. Un rivolo di bava cola dalle labbra schiuse e si arresta sulla panca.
“MMMMMMMMMMMMMMM!!!”, muggisce, mentre riprende a succhiare. Il tipo che gli lecca il culo gli sferra una manata su una natica e il nostro amico impazzisce di lussuria. La sua mano stringe forte il cazzo. Il suo bacino si protende indietro, per cercare di ricevere sempre più lingua. Lo agita e si struscia contro la faccia del ragazzo inginocchiato, che grufola e tossisce perché la foga di Carlo a tratti lo soffoca. Quello che gli fotte la bocca ha capito qual è il punto debole del nostro amico: allunga le braccia e inizia a percuotergli le chiappe. Gli occhi di Carlo si sgranano e le sue mani stritolano il legno della panca. Il ragazzo inginocchiato si stacca leggermente dal suo solco e gli saetta la rosellina con una tale velocità che faccio fatica a vedere la lingua.
“’Orca vacca!”, sbotta il porcone, sputando il cazzo che gli riempie le fauci. Con gli occhi semichiusi e la bocca semiaperta respira affannosamente, mentre la sua pelle si accappona e il suo corpo trema. La panca comincia a dondolare, sollecitata dallo sconvolgimento delle sue membra, ma lui riesce a tenerla in equilibrio. Si volta verso di noi, leccandosi le labbra e mordendosi quello inferiore.
D’improvviso, un violento spasmo lo tira indietro: inspira rantolando e si porta una mano al petto, strofinandolo forte per disperdere la crescente eccitazione che non riesce a convogliare nel modo giusto.
Il ragazzo sul davanti gli gira intorno: spinge via quell’altro e indirizza il suo cazzo duro tra le chiappe di Carlo. Un colpo secco di reni e il nostro amico viene penetrato dallo stallone.
“Oh, che roba!”, esclama, mentre l’altro gli va davanti e gli offre la sua verga. Carlo si riempie di nuovo la bocca e succhia con più avidità, stimolato com’è dal pistone che gli sbraga il buco del culo. La sua bocca si gonfia velocemente: la mazza che gliela scopa sta assumendo dimensioni consistenti con gran velocità. Lui tossisce per la difficoltà di tenerla dentro e perché il tipo non si risparmia e gli affonda fino in gola.
Il suo corpo è come una corda di violino percorsa dall’archetto: vibra da almeno dieci minuti ininterrottamente, insieme con la panca che gli sta sotto, sempre sul punto di capovolgersi.
Ad un tratto lo stallone che lo sta sventrando impreca in spagnolo. Si contrae e sferra colpi più potenti alle chiappe di Carlo. Urla: sta sparando la sua sborra nelle viscere del porcone. Si incolla alle sue terga e si struscia in su e in giù. Lascia che i suoi coglioni si spremano del tutto e poi estrae lentamente il suo cazzo che gli pende tra le cosce insozzato di umori e sperma.
Libero dalla morsa dello stallone, Carlo smonta dalla panca e si dirige verso la parete. Appoggia le mani al muro e si piega a quarantacinque gradi inarcando la schiena. Guarda l’altro ragazzo con occhi vogliosi e quello gli va dietro, lo afferra per i fianchi e gli pianta in corpo tutta la sua virilità.
“OH DIO DIO DIO DIO DIO!!!”, sbotta il porcone, mentre riprende a tremare. Si regge in piedi a malapena e fa forza sulle mani per rimanere in posizione. Non ce la fa: cade a terra con un tonfo e ansima profondamente. Il cazzo si sfila dal culo, ma il ragazzo non demorde. Piega le ginocchia e torna dentro Carlo, mirando perfettamente al suo buco. Il nostro amico si volta ancora verso di noi: sembra quasi cercare aiuto. Allora, Pino, con un gesto rapido, si leva il telo dalla vita e gli corre incontro. Gli scivola sotto e gli cinge i fianchi con le gambe. Gli impugna il cazzo, rimasto duro per tutto il tempo, e, con grande maestria, se lo infila in corpo.
“Che… troia…! Che… puttana…!”, lo insulta, e inizia a scoparlo. Il movimento di bacino, però, lo costringe anche a fottersi il palo che ha nel culo e, così stretto a sandwich, subisce talmente tante sollecitazioni che perde il controllo. Scatena tutta la forza dei suoi muscoli sul povero biondino, il cui corpicino, sotto i colpi del suo ventre, viene sballottato sul pavimento. Anche il tipo che lo scopa fa fatica a reggere il ritmo e, infatti, ha il volto contratto e digrigna i denti cercando di resistere il più possibile.
Orai anch’io sono su di giri, e allora allungo una mano sul pacco di Enrico, che assiste alla scena accanto a me. Il suo membro dà al telo che gli avvolge la vita una forma a piramide. È teso e duro. Glielo tiro via e il suo obelisco schizza per aria, bello e prepotente. Lo agguanto e lo conduco verso il lettone appoggiato alla parete di fondo. Lo spingo, costringendolo a sdraiarsi. Mi piego a novanta e gli divoro il cazzone. Inspira a denti stretti. Alza la testa e mi guarda mentre lo spompino voracemente.
Poi, il suo sguardo va oltre le mie spalle. Qualche secondo dopo il mio asciugamano cade giù e una lingua percorre tutto il mio solco, lentamente, fino all’osso sacro, regalandomi un brivido di piacere. Mi giro: non riesco a vedere il volto del tipo, ma il corpo glabro, bianco e minuto, sembra essere quello di un ragazzino.
Quasi indifferente, torno ad occuparmi della mazza del mio gigantone, che mi pulsa nel pugno come se volesse esplodere da un momento all’altro.
“AAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH!!!”. Un urlo alle mie spalle mi distrae di nuovo. Mi volto. Lo stallone che sta fottendo Carlo non ce la fa più. Appoggiato con tutto il suo peso sui lombari del porcone, lo sta sferzando col suo ventre e si sta svuotando le palle nei suoi intestini. Sotto Carlo, Pino viene sbattuto di riflesso: il suo viso e perduto in chissà quale mondo. La lingua gli pende da un angolo della bocca. È stato letteralmente stuprato dal vigore dei due maschioni e, a quanto pare, non è ancora finita.
Infatti, mentre il ragazzo, esaurito il suo orgasmo, si allontana dai miei amici, Carlo si sdraia sul biondino e gli si struscia addosso, lentamente, ma con un movimento ampio che mi fa immaginare che il suo cazzone stia sprofondando completamente nel culo di Pino. Ciò è tanto vero, che il suo corpo si contrae e si rilassa allo stesso ritmo dell’ondeggiare della schiena di Carlo.
La lingua che mi tortura la rosellina cattura nuovamente la mia attenzione. Ricomincio ad occuparmi della verga di Enrico: la impugno con entrambe le mani e ne succhio avidamente la cappella, masturbandola contemporaneamente. Il gigantone chiude gli occhi e si gode il pompino. Il tipo alle mie spalle mi sfiora un punto che mi manda letteralmente in estasi: le mie labbra si stringono forte intorno al glande di Enrico e lui solleva di scatto il capo. Inizio a salire e scendere con le ginocchia, strofinando il mio solco contro la bocca del ragazzino, che però ha altre intenzioni. Mi prende le chiappe e me la apre: allunga la lingua e attraversa il mio buco. La muove lungo le pareti interne dell’anellino in senso orario. Le percorre più e più volte senza sosta e quelle si rilassano e si schiudono. Una spinta nel bassoventre mi fa spalancare la rosellina e adesso la lingua ha la strada più facile. Ne entra un altro pezzo e la punta raggiunge un tratto della mucosa percorso da non so quale nervo, la cui stimolazione mi fa irrigidire e tremare al contempo.
Mi porto una mano tra le cosce e mi sgrilletto come una troia navigata. Il massaggio insieme interno ed esterno dello sfintere è qualcosa che mi fa impazzire. Quasi incosciente, mi spingo tutto il cazzo di Enrico tra le fauci, fino in gola. Mi strozzo e sbavo abbondantemente, ma lui è sovraeccitato e mi afferra per i capelli e mi costringe a rimanere in quella posizione.
“Sìììììììììììì!!! DAMMI STO CAZZO, MASCHIONEEEEEEEEEE!!!”, urla Pino alle mie spalle, e le sue natiche vengono schiaffeggiate sonoramente dal bacino di Carlo, ormai infoiato e senza più freni. I due ragazzi che lo hanno appena fottuto sono tornati ad appoggiarsi alla parete e assistono impassibili allo spettacolo della monta del biondino.
La lingua dello sconosciuto esce dal mio sfintere. Con la coda dell’occhio lo vedo alzarsi in piedi. Quello che sembra un cuneo formato dalle dita di una mano preme tra le mie natiche. Allungo la mano che ho ancora tra le cosce per verificare la natura di quell’arnese. Mio Dio! Non sono dita! Una cappella delle dimensioni di una prugna pretende di attraversare il mio anellino. Mi libero del cazzo di Enrico e mi volto. Il tipo è solo un ragazzino di appena diciotto, venti anni. Abbasso lo sguardo alle mie terga e vedo che dal suo inguine si protende una proboscide da paura: lunga tanto che non saprei dire quanto, più scura della sua carnagione, pallida, e con una circonferenza esagerata.
La mia rosellina inizia a cedere: torno a guardare Enrico ed il mio viso si contrae per le sensazioni inaspettate che quell’enormità sta provocando al mio corpo.
“Che c’è, amore? È troppo piccolo per te?”, mi stuzzica il gigantone.
“Non… dire… min… chiate!”, singhiozzo, mentre il ragazzino mi lacera il buco del culo. “E’… eno… rme… eeeeeeeeee… eeeeeeeeeehhhhhhhh!!!”, urlo quando il glande passa completamente. Allora, lui, per verificare la situazione, si solleva quasi a sedere e inserisce una mano tra le mie cosce. Due dita scorrono ai lati dell’asta che mi sta penetrando e sfiorano il mio anellino sbragato.
“Non… fare… così…! Lo sai… che… potrei… esplo… dere…!!!”, gemo, ma Enrico se ne infischia delle mie proteste e continua ad accarezzarmi le labbra dilatate della rosellina. Una convulsione improvvisa mi fa vibrare tutto: un brivido mi corre dalla base del collo fino alle chiappe. Una nuova spinta al bassoventre mi fa aprire ancora e il ragazzino riesce a scivolarmi dentro un altro po’.
“Sì, tesoro! Prendilo tutto! Dai: puoi farcela!”, mi incoraggia Enrico. La sua mano risale lungo la mia pancia e fino al mio petto. Si ferma sui miei capezzoli e li strizza forte. L’altra mano si aggiunge alla prima e, con i palmi aperti, mi sfiora le aureole facendo un lentissimo movimento rotatorio.
“Che… stro… nzo…!”, biascico.
“Dovresti vederti: sei bellissimo, tutto preso dal godimento!”, aggiunge il gigantone. La verga del ragazzino continua la sua corsa nelle mie viscere: sembra non avere mai fine. Si arresta solo là dove il mio budello si stringe e non gli permette più di passare, ma io non sento il contatto col suo bacino, e questo vuol dire che c’è ancora un pezzo di mazza fuori. È spaventosa!
Avendo capito che non può più andare oltre, il tipo torna indietro, piano, finché rimane dentro solo la cappella. Sta così qualche secondo, poi spinge di nuovo. Adesso scorre più facilmente e alla fine riesco a sentire anche il suo ventre sbattermi contro le chiappe. Esaltato dalla mia dilatazione, il ragazzino comincia a scoparmi: il suo affare mi smuove tutti gli intestini, facendomi un potente massaggio interno.
“Hai visto, amore? Non era poi così difficile!”, mi fa Enrico, continuando a solleticarmi ogni centimetro della mia pelle. “Che ne dici di impalarti anche un po’ su di me, eh?”.
“O… ok…”, rispondo, e, facendomi in avanti, mi libero del tubo del ragazzino. Mi sistemo il cazzo del gigantone tra le chiappe e mi sfondo lo sfintere con un colpo secco. Dopo il membro sproporzionato dello sconosciuto, quello di Enrico mi scivola in corpo come mai prima d’ora.
“Sei spudoratamente spalancato!”, sbotta Enrico, valutando il traforo che sta percorrendo col suo attrezzo. Rimbalzo sul suo bacino: mi contorco per il piacere che mi procura. La mia testa si gira anche indietro, dove il ragazzino si masturba per mantenersi la verga in erezione. La sue manine sono quasi ridicole al confronto con il suo obelisco e gli servono entrambe per segarsi efficacemente.
Sollevo un po’ i fianchi e inarco la schiena: il cazzo di Enrico sguscia fuori. Con lo sguardo invito il tipo a prendere il posto del mio ragazzone e un attimo dopo la sua proboscide è di nuovo dentro di me. Stavolta è davvero infoiato, e ci va giù pesante. La prugna in cima all’asta mi percuote la prostata come una mazza percuote un tamburo. Le vibrazioni si trasmettono a tutte le mie membra e la temperatura del mio corpo comincia ad aumentare.
“Sì, amore! Sei un fuoco!”, commenta Enrico che, palpandomi dappertutto, capisce che cosa mi sta succedendo. “Torna da me, adesso!”, e, afferrandomi per le chiappe, mi tira più su infilandomi per la seconda volta il suo cazzo in corpo. Tenendomi per le cosce, inizia a sferrarmi dei colpi possenti e veloci in fondo alle viscere. Il godimento cresce esponenzialmente e il mio sfintere si rilassa e si dilata ancora.
D’un tratto, vengo spinto di lato. Mi ritrovo supino a gambe all’aria col ragazzino che punta al mio buco ed Enrico che mi sovrasta, mentre le sue palle scendono sulla mia faccia e il suo palo mi fa ombra fino al petto. Impugno la verga del tipo e me la pianto dentro. Lui mi tiene per le caviglie e si muove avanti e indietro, senza guardarmi. Mi scopa pensando solo che io sia un buco da riempire, e d’altronde è così che mi sento.
Pieno. Pieno fino allo stomaco. Un affondo più violento e mi aggrappo al cazzo di Enrico: lo masturbo e gli lecco e succhio i coglioni.
All’improvviso, l’affare del ragazzino si ingrossa ancora. Sollevo il capo e vedo che si contorce tutto. Sta per sborrare. Allora, abbandono il membro del gigantone, tiro giù le gambe e mi precipito in ginocchio ad inghiottire, per quanto possibile, quel pezzo meraviglioso di carne. Lo agguanto con tutte e due le mani, mentre il glande mi sbraga le fauci. Un fiotto, come lo spruzzo di un idrante, mi inonda la gola. È buono, ed io ho sete, tanta sete. Lo succhio per averne ancora e quello mi accontenta: una seconda, una terza, una quarta volta. Una quantità incalcolabile di sborra mi riempie la bocca e il suo aroma mi manda in delirio. Lo mungo per spremergli i coglioni fino in fondo e il ragazzino strattona per liberarsi dalla mia morsa. Intenerito dalle sue smorfie, mi alzo e, strusciandomi contro di lui, lo limono facendogli assaggiare il suo stesso nettare.
Alle mia spalle, Enrico mi stringe per i fianchi e con un colpo secco dal basso verso l’alto mi impala sul suo arnese. Cado all’indietro sul suo torso. Sballottato dai suoi fendenti, sono come in balia di un terremoto.
“Dai, amore, godi! Te lo meriti! Sei stato bravissimo!”, mi esorta. Sollevo le braccia e mi appendo al suo collo. Un brivido mi percorre da capo a piedi. Poi diventa un fremito: vibro, di più, di più. Tremo: le gambe non mi reggono, ma tanto è Enrico a tenermi. La testa mi cade in avanti: la bocca si apre lentamente e sbava. Uno spasmo e vado in apnea. Un altro e le mie cosce e il mio sfintere si stringono intorno al palo del gigantone.
“Sì, fammi sborrare, amoreeeeeeeeeeeeee!!!”, rantola Enrico, mentre i miei muscoli gli masturbano il cazzo. Il ragazzino davanti a me è terrorizzato: non capisce che cosa sta succedendo al mio corpo.
“Godo! Gooooooooooooodooooooooooooooooo!”, gli grido contro, e lui fa un balzo indietro per lo spavento. La mia schiena fa uno scatto indietro e sbatte addosso al mio ragazzone. Ci rimane incollata per tutto il tempo che ci vuole perché il mio orgasmo anale si sfoghi completamente.
“Sì, tesoro! Godi bene! Godi tanto!”, mi sussurra Enrico, e con un colpo più forte degli altri inizia a svuotarsi i lombi nelle mie viscere. Anche le sue gambe tremano, e cadremmo a terra se non fosse per i suoi possenti muscoli.
“Eccolo! Eeeeeeeeeeeccooooooooooooooolooooooooooooooooo!!!”, sbraita Pino, stridulo, dall’altra parte della stanza. Si dimena come un ossesso sotto Carlo, che lo sta letteralmente trivellando in culo. Il suo corpicino sussulta sul pavimento e l’energumeno lo rincorrere, cercando di rimanergli dentro. Sta subendo un vero e proprio stupro: Carlo è senza più controllo. Il suo bacino sbatte contro le chiappette di Pino con una tale violenza da farmi temere che possa davvero aprirlo in due. Eppure, dal biondino non trapela alcun segno di dolore o sofferenza.
Anzi! Sta godendo come una vacca! Il suo bacino colpisce più e più volte a terra. Le sue braccia si agitano per aria in cerca di chissà che cosa. Le sue gambe si aprono per ricevere tutta la virilità di Carlo, che appare instancabile. Continua a fottere Pino con inesauribile energia, e, da come trema, sembra in preda ad un orgasmo, ma non saprei direi di che tipo. Forse di tutti i tipi insieme.
L’orgasmo di Pino, invece, viene prolungato interminatamente, oltre che dalla scopata, anche dalla sua stessa mano, con la quale si sta sgrillettando come un forsennato.
“ODDIO ODDIO ODDIO ODDIO!!! UN ALTRO UN ALTRO UN ALTRO UN ALTROOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”, urla di nuovo. A quanto pare, un secondo orgasmo, attaccato al primo, lo sta sconvolgendo. “NO! BASTA! BASTA! BASTAAAAAAAAA!!!”. Uno spasmo più violento dei precedenti lo sbalza lontano da Carlo. Il cazzo si sfila dal suo sfintere. Si gira sulla pancia e trema spaventosamente.
“Dove vai, puttanella!”, lo insulta l’energumeno, e, riposizionandosi sopra di lui, lo infilza di nuovo, riprendendo a stantuffarlo. “Toh! Toh! Ecco che ti sborro tutta! Prendi! Prendi! Strizzami i coglioni, troiaaaaaaaaaaaaa!!!”. La testa di Pino sbatte in tutte le direzioni. Le sue braccia si allungano per cercare di aggrapparsi a qualcosa di immaginario e poter sfuggire al suo violentatore.
Infine, il ventre di Carlo rimane incollato al culo del biondino, nel cui corpo scarica tutto il suo seme. Poi, si accascia su di lui, seppellendolo sotto la sua mole. Entrambi vibrano per l’orgasmo che va ormai scemando, finché si calmano completamente.
Ne abbiamo avuto tutti abbastanza. Facciamo una doccia e torniamo negli spogliatoi a rivestirci, per poi uscire dalla sauna, barcollanti ma appagati.
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