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Gay & Bisex

Quattro tori per due vacche (1)


di crigio
19.10.2014    |    12.024    |    9 9.4
"“Ma sì: posso stare tranquillo..."
È lunedì mattina e, dopo il finesettimana di fuoco passato nel locale di Andrea, si torna al lavoro. Arrivato in ufficio, mi rintano nella mia stanza e inizio ad esaminare le pratiche.
D’improvviso, sento un brusio provenire da fuori. Mi distraggo e mi innervosisco. Spalanco la porta per urlare qualcosa ai miei rumorosi colleghi, ma davanti a me non vedo nessuno. Mi volto a sinistra e, in fondo al corridoio, un capannello di persone sta facendo le feste a qualcuno. Mi avvicino e mi sovviene che per oggi era previsto l’arrivo di un nuovo dirigente. Scruto in mezzo alla folla, curioso, e, appena fuori dall’ascensore, compare la figura di un ragazzo moro, con un po’ di barbetta, in giacca e cravatta, che saluta tutti stringendo loro la mano.
Via via che si presentano, i miei colleghi si fanno da parte, finché non arriva il mio turno. Quando mi ritrovo faccia a faccia col nuovo capo mi sento mancare.
“Io questo lo conosco”, penso, e anche lui sembra sbigottito, tanto che inghiotte a fatica e quasi si strozza. Si allenta il nodo della cravatta e poi allunga il braccio per stringermi la mano, esattamente come ha fatto con gli altri. Ci salutiamo e poi qualcuno lo accompagna al suo ufficio, mentre io rimango in piedi vicino all’uscita rimuginando sul volto che ho appena visto.
Torno nella mia stanza, ma ancora non riesco a ricordare dove possa averlo incontrato. Eppure anche lui ha avuto un attimo di turbamento, quindi mi deve conoscere!
Mi siedo, ma non riesco a concentrarmi. Appoggio la testa allo schienale della poltrona e rifletto ad occhi chiusi. Chissà perché mi torna in mente la scopata dell’altra sera al locale di Andrea e rivedo il viso dello stallone che mi ha montato nel privè.
“Oh cazzo!”, esclamo ad alta voce tirandomi su. “Ma è lui!”. Mi alzo e corro alla vetrata oltre la quale c’è il resto dell’ufficio. Sbircio attraverso le tendine: il nuovo dirigente si trova proprio nella stanza di fronte alla mia, ancora in compagnia di alcuni colleghi che gli descrivono la situazione della società. Lo fisso: non ho alcun dubbio! È proprio lui!
“E ora che faccio?”. Mi prende il panico. Poi ci penso: neanche lui ha intenzione di scoprirsi, quindi di che mi preoccupo? Anzi: è parso più sorpreso e sconvolto di me. Mi ha salutato in tutta fretta e si è lasciato trascinare via.
“Ma sì: posso stare tranquillo. Figurarsi se quello ha voglia di sputtanarmi e di sputtanarsi!”. Torno ai miei doveri e il tempo passa in fretta, preso come sono da tutte queste scartoffie. Un collega bussa alla porta e mi chiede se voglio andare a pranzo con lui, ma io rifiuto gentilmente: “Devo assolutamente finire un lavoro”, gli dico.
Dall’una e mezza alle tre l’ufficio si svuota completamente. Ognuno torna a casa per mangiare oppure si dedica ad altro. D’improvviso, però, due colpi alla porta mi fanno sobbalzare sulla sedia.
“Avanti!”, faccio, riprendendo fiato.
“Ciao…”, mi saluta timidamente Claudio.
“C… ciao”, rispondo intimidito.
“E’ tutto ok?”, mi chiede.
“S… sì. Credo di sì. E tu? Tutto ok?”.
“Sì, certo”, ribatte, assumendo un’aria autorevole. Poi, si avvicina alla mia scrivania e sussurra: “Naturalmente, io sono il tuo dirigente e tu un mio sottoposto”, cerca di intimorirmi. Vuole mettere in chiaro che non devo neanche provare a metterlo nei guai.
“Puoi stare tranquillo”, lo rassicuro. “Non ho intenzione di creare problemi, né a te, né a me”.
“Bene. Ma non era questo che intendevo”, aggiunge girando intorno alla scrivania e venendomi accanto. Afferra un bracciolo della mia poltrona e mi fa voltare verso di lui. Mi ritrovo all’altezza della sua patta. Lui si porta le mani alla cintura e se la slaccia. Poi sbottona i calzoni e tira giù la lampo. Il cazzo preme sotto il cotone dei boxer.
“Ce l’ho così da stamattina, da quando ti ho visto. Devi fare qualcosa. Se sei bravo, dopo ti faccio un bel regalo”. Devo ammettere che la proposta è allettante, ma mi guardo in giro per verificare che non ci sia nessuno. “Sono usciti tutti”, precisa lui, e mi prende una mano e se la porta al pacco, strofinando energicamente. “Dai, datti da fate!”, mi incita, e con l’altra mano mi prende per la nuca e mi incolla il muso al suo inguine. Ispiro sentendo l’afrore delle sue intimità e mi eccito a tal punto che il buco del culo comincia a pulsare. Infilo le dita nell’elastico delle mutande e le tiro giù. La verga sguscia fuori con un balzo e mi dondola davanti al naso. La impugno e la inghiotto in un sol boccone. “Oh!”, esclama lui, piegandosi leggermente in avanti e premendomi la testa contro il suo ventre. “Così, bravo… uff!... Prendilo tutto! MMMMM!”.
Le mie guance si incavano e inizio a succhiare. La mia bocca si riempie presto di saliva: il sapore del cazzo stimola le mie papille e un rivolo di bava esce dalle mie labbra e cola fino al mento. Poi, le sue mani allentano la presa e riesco a staccarmi e a riprendere fiato, mentre la sua mazza pulsa di fronte ai miei occhi.
“Sì, ti stai guadagnando il premio. Continua e vedrai che cosa ti aspetta!”, bofonchia Claudio, proprio quando io torno ad ingoiare la sua minchia. Muovo il capo avanti e indietro e lo pompo a ritmo costante, aumentando via via la velocità. “Ah! Che bocca sublime!... Leccami le palle… ora…”, e mi sottrae l’asta, sollevandola e mettendo in evidenza il pesante scroto. La mia lingua si allunga sui coglioni e li sferza alternatamente. Lui reclina la testa e si abbandona alle mie lappate, piegando leggermente le ginocchia, che ora sembrano anche tremare per la crescente eccitazione. “Mi fai morire! Ti ho pensato per tutto il weekend. Sono anche tornato al locale a cercarti, ma tu non c’eri. Ho dovuto soddisfarmi con una troietta da quattro soldi: niente in confronto a te. Sei un succhiacazzi da paura!”, borbotta, mentre si gode la mia lingua. Io la estraggo ancora di più e raggiungo il suo buchino. Non appena sfioro la mucosa lui sussulta, ma non protesta. Allora, decido di osare: mi bagno un dito e, tornando a leccare le palle e la verga, insinuo la falange tra le sue cosce e gli accarezzo la rosellina.
“MMMMMMMMMM!!!”, mugola subito, sotto l’effetto di questa nuova carezza. Premo il polpastrello contro l’anellino e cerco di penetrarlo. Lui non si oppone. La punta del mio dito lo viola. Claudio china il capo ed espira forte a bocca spalancata. Risalgo con una lunga lappata tutta l’asta e, arrivato in cima, inghiotto il cazzo con voluttà, mentre il mio dito continua la sua corsa nel suo sfintere. Lui allarga le braccia e si abbandona alle mie attenzioni.
“Che stronzo!”, mi insulta bonariamente, muovendo il bacino avanti e indietro. Così facendo, mi scopa le fauci e contemporaneamente si fotte con la mia falange. Col culo penetrato, il suo palo diventa ancora più duro. Il glande sembra voler esplodere.
D’un tratto, si tira indietro, si gira e si abbassa i pantaloni. “Leccami!”, mi ordina, piegandosi in avanti e offrendomi le sue chiappe pelose. Con le mani gliele agguanto e gliele apro, scoprendo una rosellina scura e raggrinzita. Affondo il viso nel solco e do un prima lappata per assaggiare quel fiore apparentemente vergine. Claudio trema tutto e ansima. “Così… dai, così!”, geme. Poi, lascio andare una natica e cerco l’asta: la stringo e la masturbo lentamente. Con la lingua scorro dal buchino verso il basso, fino ai coglioni. Ci faccio un giro e poi torno su a titillare l’anellino. Lui si appoggia alla scrivania ed il suo corpo continua a vibrare. “Sei un diavolo!”, mormora, godendosi le mie pratiche. “Dai, lecca! Lecca ancora! Oh sì… Lì, proprio lì…”, mugola quando mi soffermo sul perineo.
Scosto un momento la testa e vedo che dalla sua cappella scende un filo di precum. Allora, spingo indietro la poltrona e mi siedo a terra tra le sue gambe. Sollevo il busto e gli imbocco la mazza, assaporando il suo seme. Lui inizia a scoparmi la bocca, muovendosi in su e in giù, mentre io riprendo a massaggiargli le rosellina con un dito. Il cazzo gli è diventato davvero grosso: mi dilata le labbra e mi spinge la saliva in gola che quasi mi fa strozzare. È così infoiato che se ne infischia di me: mi usa solo per il suo piacere.
Cerco di forzare di nuovo il suo anellino, ma stringe troppo forte le chiappe perché è concentrato sulla minchia. Mi lubrifico le dita con la bava che cola dall’asta e ci riprovo: strofino un po’ la rosellina e poi cerco di aprirmi un varco.
Il dito affonda e Claudio emette un rantolo, scuotendosi tutto. “Brutto stronzoooooooo!!!”, mi insulta, mentre io lo fotto sempre più veloce. “Così mi fai impazzire!”, sbraita ancora, stantuffandomi fino in gola. “Io godo così! Gooooooodooooooo!!!”, urla. Mi afferra per la nuca e mi costringe a tenere l’asta completamente conficcata nella mia bocca. La sento gonfiarsi e subito dopo sputare un primo fiotto di sborra. “Devi ingoiare tutto! Non farmi sporcare i calzoni, capito!”, mi intima. Non c’è problema: non avevo la minima intenzione di lasciarmi sfuggire la più piccola goccia di sperma.
Il sapore dolceamaro del suo seme mi manda in estasi, tanto che spingo il mio dito fino in fondo alle sue viscere. Anzi, provo anche ad aggiungerne un altro. All’inizio non sembra voler entrare, ma sono così eccitato che me ne frego e gli allargo il buco di forza.
“Che strooooooooooonzooooooooooo!!!”, grida ancora Claudio, accelerando lo stantuffo e continuando a schizzarmi tra le fauci.
Alla fine, stremato, si accascia sulla scrivania. Solo il suono del campanello dell’ascensore lo risveglia. I colleghi stanno rientrando dalla pausa pranzo e lui si tira su e si riabbottona i pantaloni.
“Mi complimento con lei!”, mi fa uscendo dalla mia stanza, con voce stentorea di modo che gli altri lo sentano. “E’ così che si lavora!”, e chiude la porta alle sue spalle.

E il regalino che mi aveva promesso?
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